[ 16 settembre ]
«Bastano pochi euro per creare lavoro in Africa e rallentare il flusso. Perché a nessuno piace emigrare. Ma i rari progetti italiani vengono chiusi dall’Europa. Mentre Parigi e Londra sfruttano le risorse dei Paesi che erano loro colonie. Però respingono i profughi. (...)
Ridotta al caos la Libia, quello del Niger è il primo governo che si incontra a Sud di Lampedusa. Dovremmo chiederci perché negli ultimi quindici anni, da quando l’Africa ha cominciato a sbarcare, i progetti efficaci come quello di Makalondi siano rimasti una rara eccezione. E la risposta non è difficile da trovare. Eccola in bella mostra sotto i 47 gradi all’ombra del piazzale dell’aeroporto internazionale di Niamey. A sinistra, dalla pancia di un gigantesco aereo da trasporto, l’esercito di Parigi sta scaricando armi, container e mezzi per l’operazione militare “Barkhane” che dalla scorsa estate attraversa Ciad, Niger e Mali».
Ridotta al caos la Libia, quello del Niger è il primo governo che si incontra a Sud di Lampedusa. Dovremmo chiederci perché negli ultimi quindici anni, da quando l’Africa ha cominciato a sbarcare, i progetti efficaci come quello di Makalondi siano rimasti una rara eccezione. E la risposta non è difficile da trovare. Eccola in bella mostra sotto i 47 gradi all’ombra del piazzale dell’aeroporto internazionale di Niamey. A sinistra, dalla pancia di un gigantesco aereo da trasporto, l’esercito di Parigi sta scaricando armi, container e mezzi per l’operazione militare “Barkhane” che dalla scorsa estate attraversa Ciad, Niger e Mali».
«L’alternativa all’emigrazione in Europa, al caos umanitario, ma anche all’idea di bombardare i barconi in Libia, costa davvero poco.
Con venticinquemila euro, a Sud del deserto del Sahara si possono creare venti posti di lavoro. Con i 746 milioni consumati dall’Italia per l’emergenza sbarchi nel 2014, daremmo un’attività duratura a 597 mila persone.
Con i due miliardi e 288 milioni spesi dal nostro governo negli ultimi quattro anni, avremmo potuto far lavorare un milione e 830 mila uomini e donne. E garantire una ricaduta positiva sulle loro famiglie per un totale di dodici milioni e ottocentomila persone. In altre parole, con un investimento di 180 euro per persona in Africa e un progetto decente, e soprattutto gestito dai beneficiari, potremmo alla fine fermare al via gran parte degli emigranti in cerca di lavoro. Destinando così l’accoglienza in Europa a quanti chiedono asilo o protezione umanitaria perché davvero in fuga da guerre o dittature: come siriani, eritrei e somali...».
* Fonte: L'Espresso 15 giugno 2015
1 commento:
Articolo interessante e che condivido.
Vorrei però far notare che oltre ai migranti per fame ci sono anche quelli per persecuzioni politiche e militari ad opera delle varie milizie irregolari, "signori della guerra" e pseudogoverni vari foraggiati e/o installati dall' imperialismo.
Tenuto conto di questo, secondo me chi fa di più per risolvere il problema é certamente Putin, con l' invio di militari per aiutare il governo legittimo e "voltaireiano" di Assad in Siria.
Giulio Bonali
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