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lunedì 6 novembre 2017

ELEZIONI AD OSTIA: CICLONE CASA POUND?

Il candidato di Casa Pound Luca Marsella
[ 6 novembre 2017 ]

Astensionismo in massa. 
Questo è il dato più eclatante che emerge dalle elezioni per il "sindaco" di Ostia, popoloso sobborgo sul litorale romano. Ricordiamo che la giunta piddina venne sciolta e quindi commissariata per inflitrazioni mafiose.

L'affluenza finale è stata del 36,15%, ben 20 punti percentuali in meno del primo turno delle comunali del 2016 quando la partecipazione era stata del 56,11%.
 
Hanno votato 67.125 persone su 185.661 aventi diritto, a fronte di 231 mila residenti nel territorio: in pratica quasi 2 elettori su tre sono rimasti a casa. La partecipazione è più alta sul lungomare, con punte di affluenza superiori al 40% mentre nell'entroterra più popolare ci sarebbero delle sezioni attorno al 30%!
Monica Picca (FdI) e Giuliana Di Pillo (M5S)

Nel vuoto surreale segnato dall'astensione  in massa 
( e dagli allagamenti davanti ai seggi) la candidata pentastellata Giuliana Di Pillo risulta la più votata con il 30,21% delle preferenze, davanti a Monica Picca, responsabile locale di FdI (in coalizione con Lega e Forza Italia) al 26,68%. Il Partito democratico con Athos De Luca, raggiunge il misero 13,61%.

Da segnalare il previsto tonfo (forse meno grande del previsto) dei Cinque Stelle: meno 19 mila voti — alle passate comunali la Raggi ottenne ad Ostia il 46% e addirittura il 74% al ballottaggio.

Per quanto concerne il centro-destra è significativo che Fratelli d'Italia pur tenendo in termini percentuali, passa dal 9,99% al 9,68, perde qualcosa in termini assoluti scendendo da 8.809 voti a 6.118. Noi con Salvini cresce dal 2,89 al 4,16% passando da 2.546 voti a 2.632.

Non c'è stato —malgrado il sostegno conclamato della malavita locale ed i tanti pacchi viveri distribuiti "al popolo" in stile democristiano—, il da tutti previsto "ciclone Casa Pound". Luca Marsella conquista il 9,08, ma grazie anche alle altre due liste collegate —nel 2016 con Simone di Stefano prese ad Ostia 1.750 voti, pari all'1,99%, mentre oggi sale a 4.862, Il 7,69%.

Facciamo i conti della serva. 
Quanto fa in percentuale 4.862 voti presi dai neofascisti rispetto agli ostiensi aventi diritto (185.661)? Fa il 2,61%.

Un po' pochino per parlare di ciclone.

martedì 13 giugno 2017

LA VITTORIA DI PIRRO DI MACRON, LA CAPORETTO DI GRILLO E L'ITALIA RIBELLE di Piemme

[ 13 giugno 2017 ]

La stampa di regime italiana inneggia alla "enorme vittoria" delle liste di République en marche (Lrm), ovvero dello pseudo-partito di Macron. Questa esultanza è ingiustificata. Quella di Macron si rivelerà molto presto una vittoria di Pirro.
Scrive Le Monde di ieri:
«Con un tasso del 51,29% al primo turno, l'astensione ha stabilito, Domenica 11 giugno, un nuovo record nelle elezioni parlamentari nella storia della Quinta Repubblica. Nel 2012, l'astensione era "solo" al 42.78%. Domenica scorsa, solo 59 dipartimenti hanno registrato una partecipazione oltre il 50%». 
Tanto per fare un esempio eclatante, nel popolare e popoloso dipartimento di Seine-Saint-Denis, l'enorme periferia Nord-Est di Parigi gli elettori sono stati il 39,3%. 

E' solo grazie allo schifo antidemocratico del sistema elettorale maggioritario vigente nella V. Repubblica —chi vince in un collegio conquista lo scranno—, che Macron, col 15% di consensi (un sesto degli aventi diritto!!) potrà aggiudicarsi —ammesso che vinca i ballottaggi—, una maggioranza schiacciante in Parlamento. Una situazione che se non fosse tragica è addirittura comica: il Front National, dati alla mano, potrà conquistare 5 o 6 seggi al massimo, nemmeno questa volta potendo costituire un suo gruppo parlamentare. Ci riuscirà forse France Insoumise.

Facile prevedere che ai ballottaggi di domenica 18 giugno i votanti precipiteranno molto più in basso. Risultato: la Francia avrà un'Assemblea Nazionale che rappresenterà una penosa minoranza del popolo francese.

A sentire le cassandre di regime che vorrebbero importare in Italia il sistema elettorale francese viene da mettere la mano alla pistola....

Astensione in crescita, anche in Italia...

Oltr'Alpe e da noi il distacco tra l'establishment politico e il popolo, anzitutto gli strati che più soffrono a causa delle politiche austeritarie neoliberiste, si approfondisce, inesorabilmente —istruttive la analisi dei flussi dell'Istituto Cattaneo. Le amministrative han mostrato che vittima di questo divorzio tra chi sta in basso e pena e le élite è anzitutto il Movimento 5 Stelle, poi il Pd renziano, e infine la sinistra sinistrata. M5s ha perso infatti enormi consensi, anzitutto verso l'astensione. Andrà fatta un'analisi dettagliata, ma la flessione elettorale di M5S è addirittura macroscopica.

Ad un anno dai folgoranti successi a Roma e Torino il Movimento non solo non è andato ai ballottaggi da nessuna parte, ha perso in proporzione più voti dei due blocchi sistemici di centro-sinistra e centro-destra. Non stiamo dicendo affatto che si torna ad un "equilibrio" bipolare, non ci torneremo affatto, altri occuperanno semmai l'area vasta dell'indignazione sociale, dell'Italia Ribelle, fin qui presidiata monopolisticamente dai Cinque Stelle.

Facciamo due conti, comparando i voti presi domenica da M5s rispetto a quelli che ottenne nelle elezioni del 2013. Sappiamo bene che questa comparazione è discutibile data la natura diversa della competizioni, ma guardare queste cifre fa impressione.

A Verona M5S è passato da 34mila voti a 10mila, a Genova da 112mila a 39mila, a Palermo da 105mila a 26mila, a Taranto da 28mila a 8mila voti, a Trapani da 13mila a 3mila, a Catanzaro da 12mila a 1500, a Piacenza da 11mila voti a 3500.

Una vera e propria Caporetto. 

Le cause di questo tonfo sono molteplici ma se la maggior parte dei voti sono andati verso l'astensione un'idea noi ce l'abbiamo: dopo 5 anni dal loro exploit anche quello a cinque stelle è percepito come ceto politico arrogante, vieppiù incapace di rappresentare le istanze di cambiamento radicale che furono il loro carburante.

L'Italia Ribelle saprà trovare presto una strada per scendere in campo?

lunedì 12 giugno 2017

ELEZIONI COMUNALI: NELLA VALLE DI LACRIME LA SPERANZA CHE SALE DALLA SICILIA di Programma 101

[ 12  giugno 2017 ]


Avremo modo, come del resto abbiamo sempre fatto, di trarre un bilancio complessivo delle elezioni municipali svoltesi ieri. Un'analisi per niente facile. Vanno tenuti in considerazione, com'è ovvio, i molteplici che entrano in gioco nei casi di elezioni locali. Ed anzitutto va tenuto in debito conto il meccanismo elettorale maggioritario, che tende a premiare le coalizioni più forti ed i candidati di regime (di centro-sinistra o centro-destra) a discapito delle forze di sovranità popolare.

Ad un primo sguardo d'insieme ci pare emergano cinque fattori fondamentali: (1) un aumento dell'astensione; (2) l'inceppamento della spinta propulsiva dei Cinque Stelle —che vanno al ballottaggio solo in 8 centri su 140; (3) la generalizzazione della modalità delle "liste civiche" —anche da parte dei vecchi ceti politici di regime; (4)l'affermazione del blocco di centro-destra-di-regime, grazie alle stampelle di Lega e Fratelli d'Italia ;  (5) le difficoltà del Pdr (Partito di Renzi) che va ai ballottaggi solo ove è a sua volta sostenuto dalla "sinistra Radicale".


Ci sarà consentito esprimere, in questo quadro confuso ed in cui nessuno può davvero esultare, esprimere la nostra soddisfazione per l'affermazione in sei comuni siciliani delle liste civiche popolari e sovraniste sostenute dagli amici di Noi Mediterranei di Beppe De Santis (uno dei perni della CLN, Confederazione per la Liberazione Nazionale). 

Lo segnalavamo il 9 giugno scorso.

Ebbene, ad eccezione di Palermo, dove  la lista “La città futura” di Nadia Spallitta ha sfiorato il 2% —ci sarà da capire bene le ragioni di questo insuccesso—, nei cinque piccoli comuni restanti (Piana degli Albanesi, Pettineo, Ciminna, Campofelice di Fitalia ePetrosino), le liste civiche popolari e sovraniste hanno tutte ottenuto risultati a due cifre, con il caso eccezionale di Petrosino, dove si è andati al 40% (vedi più sotto).

Se dobbiamo comprendere le cause del modesto 2% di Palermo, a maggior ragione si devono capire quelle del successo di queste cinque liste civiche popolari e sovraniste. E capirle bene, al netto delle specificità, per vedere se queste esperienze sono estendibili e imitabili. Anzitutto in vista delle importanti elezioni regionali siciliane del prossimo 5 novembre —dove i Cinque Stelle sono dati per vincenti (ma è sicuro a questo punto?) e vista la spinta che i risultati di Palermo danno all'operazione (di trasformismo classico) di Leoluca Orlando.

A noi pare che le ragioni del successo delle liste civiche popolari e sovraniste siano, in linea di massima, le seguenti:
(1) protesta radicale contro l'ordine di cose esistente e i partiti di regime, come segno prevalente; (2) legame tra particolare e generale, tra gli obbiettivi locali praticabili per lenire le sofferenze sociali e l'orizzonte della sovranità popolare e nazionale; (3) forte radicamento territoriale delle liste e dei suoi candidati; (4) i giovani come forza motrice delle liste e delle campagne elettorali; (5) candidati a sindaco mai collusi con mafie e mafiette di regime.

Non pretendiamo affatto di chiudere con questo la riflessione, una riflessione che sta sulle spalle anzitutto degli amici siciliani, da una terra ferita a morte che forse indica il sentiero da seguire al resto d'Italia.


Ecco i risultati in dettaglio nei cinque comuni

1 - Piana degli Albanesi (Palermo)

Vincenzo Petta

Lista “Vincenzo Petta Sindaco”  = 14,57%





Giuseppe Rampulla (al centro)
2 - Pettineo (Messina)
Lista “Progetto Futuro” Sindaco Giuseppe Rampulla  = 38,5%








3 - Ciminna (Palermo)
Lista “Liberi e forti” - Sindaco Totò Mannina 13,5%










Andrea Piraino
4 - Campofelice di Fitalia (Palermo)
Lista “Campofelice in cammino"- Sindaco Andrea Piraino = 30%







Vincenzo D'Alberti (al centro)
5 - Petrosino (Trapani)
Lista “Adesso il futuro” - Sindaco Vincenzo D’Alberti = 40,7%

sabato 27 maggio 2017

LEGGE ELETTORALE: PERCHÉ NO AL MODELLO S/PROPORZIONALE TEDESCO

[ 27 maggio 2017 ]

Giorni addietro nell'articolo "Porcata alla tedesca", mettevamo in evidenza come lo sbarramento elettorale al 5% equivalesse de facto ad un grosso e grasso premio ai partiti maggiori.

Lo dicevamo agli amici a Cinque Stelle, che  che il modello tedesco sia accettabile —singolare sintonia con berluscones e renziani. Posizione purtroppo ribadita proprio ieri sul blog delle stelle.
Che invece quel modello sia un proporzionale camuffato, una truffa, ce lo ricorda candidamente il Corriere della Sera di ieri, con un articolo istruttivo di Dino Martirano. Leggiamo:
«Lo sbarramento al 5%, sotto il quale i partiti non hanno rappresentanza, produce un "premio" per le forze politiche più grandi. Si chiama "Tasso di disproporzionalità". il 22 settembre del 2013, la Cdu di Angela Merkel ottenne il 41% dei consensi nelle urne ma il suo partito ha avuto una rappresentanza parlamentare dl 49% grazie ai vuoti nell'emiciclo lasciati dai piccoli. i piccoli hanno lasciato nel frezeer ben il 15% dei voti utilizzati in buona parte per rimpinguare il gruppo Cdu».
NO! quindi ad un modello SPROPORZIONALE, spacciato per "proporzionale".

A maggior ragione se esso verrà "renzusconizzato".

Qui sotto la dichiarazione della Confederazione per la Liberazione Nazionale (CLN)




No a nuovi imbrogli
Per una legge elettorale proporzionale
Dichiarazione del Coordinamento della Confederazione per la Liberazione Nazionale
26 maggio 2017



A sei mesi dal referendum che ha rottamato la truffa dell'Italicum il PD ci riprova. Stavolta con una sorta di nuovo Mattarellum, addirittura peggiorativo della pessima legge che, nel 1993, aprì la strada alla Seconda Repubblica voluta dalle oligarchie finanziarie. Il peggioramento sta sia nell'eliminazione dello scorporo (che renderebbe ancor più maggioritario il sistema), sia nella determinazione dei seggi della quota proporzionale in base ai voti dei collegi uninominali (un enorme premio ai potentati locali, siano essi di carattere economico, clientelare o mafioso).

La forzatura di Renzi, e del sistema di potere che lo sostiene, va denunciata con forza. Poiché il Pd non ha i consensi per governare, si vuol trasformare una minoranza del 30% in una maggioranza assoluta. Poiché i partiti sistemici, quelli fedeli ai poteri economici nazionali ed esteri, sono tutti in declino, ecco che ci si inventa un sistema per tenerli a galla in ogni modo.

Tutto ciò è tanto più grave alla luce di tre fatti:

Il primo è che la riproposizione di un sistema maggioritario cozza frontalmente con la volontà popolare espressasi con tanta nettezza nel voto del 4 dicembre, con il quale gli elettori si sono pronunciati per una democrazia parlamentare basata sul principio della rappresentanza.

Il secondo è che si chiama a legiferare su questa decisiva materia un parlamento delegittimato, eletto con una legge dichiarata incostituzionale, formato in larga parte da deputati pronti a vendersi al miglior offerente per mettere magari in piedi risicatissime maggioranze, unicamente finalizzate a mandare in porto l'ennesima legge truffa.

Il terzo è che, al di là della sentenza pasticciata sull'Italicum, la stessa Corte Costituzionale ha più volte affermato la necessità di tutelare i principi della rappresentanza e dell'uguaglianza del voto, esattamente quelli che ci si vuol mettere sotto i piedi ancora una volta.

Chiari sono dunque i motivi per opporsi con tutte le forze al nuovo progetto truffaldino congegnato da Renzi e dalle èlite al potere. Ma il problema non è solo il Pd. Se la Lega salviniana si è messa a far da sponda al disegno renziano, ancor peggio fanno i Cinque Stelle con la loro proposta (esplicitata sia da Di Maio che da Grillo) di ripristinare l'Italicum, abbassandone addirittura al 35% la soglia per ottenere il premio di maggioranza al primo turno.

Ora, siccome le contraddizioni presenti tra e nelle forze politiche sono comunque notevoli, è possibile che si arrivi alla fine al cosiddetto "sistema tedesco" voluto dal redivivo Berlusconi. Un'ipotesi che trova estimatori anche in luoghi apparentemente insospettabili (vedi, ad esempio, le dichiarazioni del segretario di Sinistra Italiana).

E' quello tedesco un sistema democratico? No, non lo è. Lo sbarramento al 5% non solo terrebbe fuori dal parlamento forze politiche con 2 milioni di voti, ma determinerebbe di nuovo una forte accentuazione maggioritaria nella distribuzione dei seggi. Non solo, è pressoché certo che quel sistema verrebbe in qualche modo "italianizzato", o meglio "renzizzato" e "berlusconizzato" per favorire con trucchi e trucchetti i contraenti di questa possibile intesa.

In conclusione, la nuova legge truffa può assumere forme diverse, ma tutte volte a garantire gli attuali assetti di potere, a svuotare ancor di più la funzione del parlamento, a tenere a debita distanza dai palazzi dove si prendono le decisioni le istanze ed i bisogni popolari.

Per contrastare al meglio questo disegno oligarchico bisogna dire con chiarezza che l'unico sistema elettorale democratico è quello proporzionale. Occorre dunque contrapporre il principio della rappresentanza al dogma antidemocratico della "governabilità". E bisogna anche ricordare che le classi dominanti vogliono stravolgere quel principio democratico non tanto per ottenere la certezza di avere un governo, quanto piuttosto per assicurarsi che si tratti di un loro governo.

La Confederazione per la Liberazione Nazionale (CLN), nel denunciare il disegno antidemocratico in corso, figlio di una degenerazione della politica italiana del tutto funzionale al dominio delle oligarchie euriste di Berlino, Bruxelles e Francoforte, dice dunque no ad ogni forma di legge maggioritaria e sì invece al ritorno ad una legge elettorale proporzionale. Quella che non a caso vide la luce in parallelo con la Costituzione Repubblicana del 1948.


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