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giovedì 12 dicembre 2019

POTERE AL POPOLO: CORNUTI E MAZZIATI di Sandokan

[ giovedì 12 dicembre 2019 ]


Sabato prossimo — chiuso in fretta l'incidente compiuto da uno dei loro portavoce romani — le Sardine occuperanno Piazza san Giovanni a Roma. Il sostegno del Pd, dei sindacati di regime, quindi delle classi e delle élite dominanti, com'è evidentissimo, è manifesto, addirittura sfrontato. L'anti-salvinismo —ultima metastasi dell'anti-berlusconismo — maschera il vero volto: l'europeismo, il globalismo e l'antisovranismo.

E' quindi ovvio che la sinistra patriottica non sarà a piazza San Giovanni.

Ci sarà invece, ahimé, ciò che resta della sinistra antagonista che fu.

L'altro ieri Leonardo Mazzei ci segnalava infatti che la moribonda estrema sinistra (riunitasi in concistoro il 7 dicembre scorso) ha deciso di accodarsi al branco delle Sardine nella speranza di incontrare acque più nutrienti e ospitali. Speranza vana a quanto sembra, visto quanto affermato a la Repubblica il 9 dicembre scorso dal leader sardinico e renziano Mattia Santori.

Dopo aver precisato che le Sardine "non diventeranno mai un partito" (eh certo! i voti non vanno "dispersi", contro i "sovranisti" debbono andare tutti a Pd e centro-sinistra) Santori esclama:
«Mi ha stupito che il Pd e i 5 stelle, il cui elettorato rappresenta gran parte delle nostre piazze, abbiano rispettato la nostra autonomia. I partiti più piccoli invece hanno provato a strumentalizzarci. Potere al popolo, in maniera sporca, si è infilato nella piazza di Firenze. Così Rifondazione che è venuta a fare volantinaggio dove non doveva».
Un attacco esplicito, sardo-piddinico: per l'estrema sinistra, per quanto innocua essa possa essere, non ci sarà entro il branco agibilità politica. Da notare, a conferma di chi sia davvero questo neo-paninaro Santori che poche righe sopra aveva dichiarato:
«In Emilia abbiamo una fortuna che non tutte le Sardine d'Italia hanno: siamo rappresentati da un centrosinistra senza estremismi».
Con il centro-sinistra quindi, ma senza "estremismi" (sic!).
I boccheggianti pesci di Potere al Popolo hanno risposto il giorno stesso con un post sulla loro pagina facebook.

Leggendolo viene da mettersi le mani nei capelli. Non un contrattacco contro l'arroganza sardo-piddinica ma il segnale di un mesto chinare la testa. "Toc, toc, si può entrare?"
Una prolisssa,  ecumenica litania in cui si chiede clemenza e che così pateticamente si conclude:
«Da ragazzi che come te ci tengono al futuro del paese, ti chiediamo un confronto. Siamo sicuri che c’è qualcosa che c’è sfuggito e che ci potrai chiarire senza alcun dubbio.Ci scuserai per la lunghezza, ma meglio esser precisi...Liberi di nuotare in mare aperto!»
Come si dice, cornuti e mazziati!



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lunedì 28 gennaio 2019

PaP: ALLA CORTE DI GIGGINO di Leonardo Mazzei

[ 28 gennaio 2019]

Come nel gioco dell'oca, Pap (Potere al popolo) torna alla casella di partenza. In autunno aveva rotto con Rifondazione per non andare alle europee con De Magistris; oggi torna invece a bussare da Giggino per entrare nella Sua lista. In questo modo la sinistra europeista aggancia l'ultimo vagone che gli mancava...
Come volevasi dimostrare, alla fine tanto tuonò che non piovve. Ai proclami autunnali - "Non torniamo indietro", "Pap si presenterà alle elezioni europee", "non facciamo inciuci col vecchio ceto politico" - ha fatto seguito un mesto ritorno nell'ovile della sinistra sinistrata.

Mentre scrivo non ci sono ancora comunicati ufficiali, ma solo questo video di Giorgio Cremaschi e Viola Carofalo. Ma basta ed avanza per capire lo stato di Potere al Popolo.

Alla fine di dicembre commentando il documento di Pap, preparatorio della consultazione online degli aderenti, rilevavo come la posizione assunta fosse ormai quella del "ridisegno dell'architettura europea".


Così scrivevo un mese fa:
«Avete capito bene. L'obiettivo è quello di ridisegnare "l'architettura europea", ovviamente stravolgendola da cima a fondo. Ora, se si fa per discorrere poco male, ma chi mai darebbe credito ad una simile impostazione ove vi fosse la pazienza di volerla prendere sul serio? Dovessimo stare alla lettera non potremmo che classificare quanto scritto da Pap come una sconclusionata versione estremista del sempre inconcludente altreuropeismo. Ma siamo generosi, e comprendiamo come questa confusione sia figlia tanto dei tabù cui abbiamo già accennato (la questione nazionale, ndr), quanto delle diverse posizioni esistenti all'interno di Potere al popolo. Sta di fatto che nel documento di Pap il "Piano B" è scomparso del tutto. E questo non può essere certo un caso, anche se la cosa non potrà piacere ad Eurostop. E sta di fatto che in questo modo si resta agganciati al resto di quella sinistra sinistrata che pure a parole si critica. Sarà così forte questo aggancio da riaprire la partita con la "Lista De Magistris"?  
Ebbene sì, la domanda di dicembre ha avuto la risposta che sospettavamo a gennaio.

Ora Cremaschi ci dice che la situazione è complicata (a dicembre non lo era?), che le europee saranno caratterizzate dallo scontro (a suo avviso "falso") tra l'europeismo alla Macron ed il sovranismo di destra alla Salvini. Che dunque ci vuole un'alternativa (e fin qui saremmo d'accordo), ma che questa avrà il volto di Giggino (e qui ci scappa da ridere).

Ma ci scappa da ridere non per Giggino, che vuole la Sua lista europeista e l'avrà, ma per Cremaschi e gli altri che dovranno solo masticare amaro. Giggino noi lo disapproviamo ma lo rispettiamo. Non ci sono invece parole per chi si dice per l'uscita dall'euro e dalla UE (Eurostop, la Rete dei Comunisti, lo stesso Cremaschi) e poi finisce in questo modo.

Di sicuro molti compagni di Pap non saranno d'accordo con questa deriva. Ma così vanno le cose quando non si fanno fino in fondo i conti con i problemi del presente. Quando i tabù identitari prevalgono sull'analisi concreta della situazione concreta. Quando si ha paura di affrontare la questione nazionale, mentre invece i comunisti dei tempi in cui i comunisti contavano (e qualche volta vincevano) l'affrontavano eccome.

Sinceramente questo spiaggiamento di Potere al popolo ci dispiace. Ci dispiace, ma non ci stupisce, ed in ogni caso conferma quanto andiamo affermando da tempo: che tra la sinistra sinistrata del "riformiamo l'Europa", e la Sinistra Patriottica che si batte per la riconquista della sovranità nazionale, non c'è e non può esserci spazio per vie di mezzo confuse ed inconcludenti.

sabato 29 dicembre 2018

POTERE AL POPOLO E IL "PIANO B" CHE NON C'È di Leonardo Mazzei

[ 29 dicembre 2018 ]

A sinistra si discute delle elezioni europee, ed è normale. Meno "normale", anche se assolutamente abituale, è il come se ne discute. Quel che pensiamo dell'operazione De Magistris, della sua lista  della sinistra europeista, l'abbiamo già scritto. Mentre un'idea su chi la sostiene, ogni lettore può farsela leggendo questo documento della Direzione del Prc, dove il passaggio più qualificante è la richiesta di "ricandidatura della compagna Eleonora Forenza"... Niente di male, ognuno ha le sue priorità.
Qui vogliamo invece occuparci di un'altra parte della sinistra, quella che si è appena separata da Rifondazione: Potere al popolo (Pap).



Parlando della riunione del Coordinamento nazionale di Pap, ne scrive su Contropiano Sergio Cararo. Riferendosi alle recenti vicende della Legge di bilancio, il suo editoriale sottolinea giustamente la necessità di un "Piano B" nel confronto con l'Ue, ma la formula utilizzata per descriverlo - la previsione della «rottura, anche unilaterale, con i Trattati europei» - è come sempre fumosa. Se si rompono i Trattati si esce dall'Ue ed a maggior ragione dall'euro. La verità è che un Piano B o include espressamente questa scelta o non è un vero Piano B. 


Fin qui, comunque, nulla di nuovo. Il punto è che al solito pasticciaccio di chi vede il problema ma ha paura ad affrontarlo per l'irrisolto tabù della questione nazionale, si aggiunge un'analisi della fase irrealistica assai. Non solo si dà un giudizio tranchant sul governo italiano, che avrebbe semplicemente "capitolato" al pari di Tsipras, ma per Cararo questa valutazione si inserisce in un quadro europeo dove: «la contrapposizione tra europeisti liberalprogressisti ed europeisti della destra nazionalista è del tutto ingannevole».

Chiaro che, così ragionando, si considera ormai chiusa la vicenda populista, che si vorrebbe in tal modo archiviare come un momentaneo accidente, una parentesi mai davvero compresa (e questo è il fatto), nel normale scorrere delle vicende politiche e sociali, italiane e del continente. E' questo un tipico caso di wishful thinking, o "Pensiero illusorio", che unisce non a caso i commentatori mainstream a tanti esponenti della sinistra.

Ma che c'entra tutto ciò con l'approccio di Pap alle elezioni europee? C'entra eccome, dato che il report della riunione di Potere al popolo, muove - peraltro amplificandole - dalle stesse identiche premesse. Più esattamente dalle stesse identiche illusioni. Secondo il coordinamento di Pap: «la stessa incapacità del governo di risolvere i problemi degli italiani e di far ripartire il paese, lascia aperto uno spazio politico enorme». Di più, siccome il governo fa schifo, ma l'opposizione pure, Pap scrive alla lettera che si tratta di due "buone notizie". Da qui l'idea di verdi praterie da conquistare, annunciata con un solo dubbio: «Insomma: la situazione sta lavorando per noi, ma noi sapremo lavorare per la situazione?». Se non è autoreferenzialità questa non sappiamo più cosa sia l'autoreferenzialità.

Detto questo, Pap ha due problemi: cosa dire sull'Europa agli italiani, come presentarsi all'appuntamento elettorale di maggio. Se sul primo punto la risposta è vuota, sul secondo è comica. Ma vediamoli entrambi.

Come sempre nella multiforme tradizione massimalista il vuoto della proposta è riempito da parole scarlatte ed altisonanti. Leggiamo:
«Pensiamo che si debba denunciare il meccanismo del debito, che serve solo a nutrire le banche e le istituzioni finanziare con il lavoro delle classi popolari, rompere con i trattati UE, rimettere in campo un’alternativa alle istituzioni esistenti, ridisegnando l’architettura europea, abolendo il Fiscal Compact, cancellando i piani per le Grandi Opere; abrogando la legge Fornero e varando un progetto europeo di riduzione degli orari di lavoro; reintroducendo l’articolo 18 e un piano europeo di diritti per il lavoro; controllando i movimenti di capitali e vietando le delocalizzazioni e il dumping fiscale tra gli Stati; nazionalizzando i servizi pubblici in Italia e cancellando il divieto di aiuti di Stato nella UE; lasciando libertà per le politiche di bilancio di ogni Stato e superando il divieto per la BCE di sostenere gli stati in difficoltà».

Avete capito bene. L'obiettivo è quello di ridisegnare "l'architettura europea", ovviamente stravolgendola da cima a fondo. Ora, se si fa per discorrere poco male, ma chi mai darebbe credito ad una simile impostazione ove vi fosse la pazienza di volerla prendere sul serio? Dovessimo stare alla lettera non potremmo che classificare quanto scritto da Pap come una sconclusionata versione estremista del sempre inconcludente altreuropeismo. Ma siamo generosi, e comprendiamo come questa confusione sia figlia tanto dei tabù cui abbiamo già accennato, quanto delle diverse posizioni esistenti all'interno di Potere al popolo.

Sta di fatto che nel documento di Pap il "Piano B" è scomparso del tutto. E questo non può essere certo un caso, anche se la cosa non potrà piacere a Cararo e ad Eurostop.

E sta di fatto che in questo modo si resta agganciati al resto di quella sinistra sinistrata che pure a parole si critica. Sarà così forte questo aggancio da riaprire la partita con la "Lista De Magistris"? Personalmente mi è difficile crederlo, ma sul punto la lettura del documento di Pap lascia alquanto sconcertati.

Il coordinamento nazionale lascia infatti aperta, almeno formalmente, la questione del come presentarsi: col simbolo di Pap o insieme ad altri? Già, ma altri chi? Curiosamente, e qui siamo alle comiche, Cararo dice che l'alternativa è quella di: «guardarsi intorno per verificare se ci sono altre forze disponibili ad un programma di aperta rottura con i Trattati dell’Unione Europea». Naturalmente, il "guardarsi intorno" di Cararo non è certo in direzione della sinistra patriottica, ci mancherebbe! Ma allora, quali sono i possibili interlocutori?

Non meno criptico il resoconto di Potere al popolo. Anzi, qui neppure ci si guarda intorno, ma si passa direttamente ad indicare le modalità della decisione:
«Chiaramente, la decisione finale spetta alle assemblee territoriali e a tutte le aderenti e gli aderenti, e per questo motivo si dibatterà nelle assemblee in tutta Italia fino al 5 gennaio, e poi dal 6 al 12 gennaio ci potremo esprimere tutte e tutti sulla piattaforma poterealpopolo.net. Nella votazione verranno poste due domande. La prima: Potere al Popolo deve partecipare alle elezioni europee? SI o NO? La seconda: nel caso Potere al Popolo partecipi alle elezioni europee, deve partecipare con il suo simbolo e il suo programma, o entrare in un cartello elettorale con altre forze della sinistra?».

"Altre forze della sinistra", ma quali non si sa. Una cosa del genere non si era mai vista. Ovvio che si stia parlando della Lista De Magistris (la chiamiamo così perché al momento altro nome non c'è), ma perché non dirlo? Ora, i casi sono due: o questa alternativa demagistrisiana è puramente teorica essendo già scartata in partenza per ragioni di leadership, nel qual caso la domanda non avrebbe alcun senso; oppure la cosa è seria, ma allora perché non esplicitare il nome dell'innominato interlocutore ed i relativi problemi politici? 

Del sindaco di Napoli si può pensare tutto il peggio possibile, e chi scrive lo pensa assai, ma non che non abbia parlato chiaro. Egli vuole una lista Sua (la S maiuscola non è un refuso), chiaramente posizionata nel campo europeista senza sé e senza ma. Perché non darne un severo giudizio politico, anziché fingere di ignorarlo?

Abbiamo detto in premessa che a sinistra si discute di europee, ma in modo assai poco "normale", cioè evitando scrupolosamente ogni serio confronto su linee e programmi. Potere al popolo riesce a fare anche qualcosa di più, perché un interlocutore Innominato è davvero una novità assoluta. Che non depone a favore di chi scimmiotta i Cinque Stelle e i loro clic. 

Non penso proprio possa andare così, ma cosa succederebbe se per ipotesi vincesse il SI' al cartello elettorale, senza ancora sapere quale, con quale simbolo, con quale profilo e con quale programma? 

Eh già, profilo e programma... che fatica discuterne seriamente! Magari verrebbero fuori nodi che non si risolvono con gli slogan, che la stagione del populismo non è certo alle nostre spalle, che solo una sinistra patriottica può contrastare una destra nazionalista. Certamente emergerebbero le divisioni in Pap. Meglio evitarlo e prepararsi ai festeggiamenti per un altro 1%.

domenica 2 dicembre 2018

"POTERE AL POPOLO": DELLE DUE, L'UNA di Leonardo Mazzei

[ 3 dicembre 2018 ]

A volte ci chiedono del perché parliamo di "sinistrati". Bene, nelle vicende tra Potere al popolo (Pap) e il Partito della rifondazione comunista (Prc) c'è una risposta a questa domanda che può essere sufficiente anche per chi la pensa diversamente da noi.

Dopo lo scontro sullo statuto, che ha portato all'uscita del Prc da Pap, siamo adesso al preannuncio delle carte bollate sull'uso futuro del simbolo. Se nel primo caso se ne erano viste di tutti i colori, sul secondo basta leggere il gentile scambio di letteretra i fondatori di Pap per farsi un'idea.

Molte sarebbero le cose da dire, ma di tutta questa vicenda una colpisce in modo particolare: la lotta a coltello tra due entità politiche che, stando ai documenti ufficiali, hanno analisi e programmi piuttosto simili tra loro. Nulla di quanto avvenuto stupirebbe più di tanto se al fondo si delineassero davvero due diverse visioni, due diverse strategie, due diverse linee politiche. Stanno così le cose? Al momento c'è da dubitarne assai, ma qualora venissimo smentiti saremmo i primi ad esserne felici.

Quel che sappiamo è che il Prc, assieme a Sinistra italiana (rieccoli insieme!), sponsorizza la scesa in campo del nuovo Salvatore, al secolo Luigi De Magistris. Insieme ai due tronconi della vecchia Rifondazione c'è poco altro. Ci sono i supporter di DemA, il partitino personale dell'ex magistrato (guardate il sito e fatevi un'idea), insieme agli ancora più sparuti residui dell'Altra Europa con Tsipras. A dispetto di ogni vergogna questi ultimi esistono ancora, ma più che altro sono utili, in quanto titolari del marchio 2014, ad evitare una difficile raccolta delle firme per presentarsi alle elezioni europee del prossimo maggio.

Quale sarà il profilo del nuovo carrozzone elettorale che si annuncia? L'unica cosa certa è che stavolta vi sarà un Capo con la C maiuscola, e gli altri dovranno solo accodarsi, cosa che peraltro hanno già fatto evidentemente in cambio di qualche garanzia sui seggi. Ma, visto che di europee si parla, che pensa il Capo dell'Europa, cioè dell'UE, dell'euro, dei diktat che ci vengono imposti?

Ufficialmente non si sa, ma all'assemblea di ieri i suoi attacchi sono stati rivolti unicamente al governo non certo a Juncker o Moscovici. Anzi, per la verità, nel suo lungo intervento conclusivo di Europa proprio non ha parlato, se non per dire che vorrebbe "l'Europa dei diritti". Sai che sforzo concettuale... Del resto, di che pasta sia fatto il personaggio ben lo si può capire da una recente intervista a l'Espresso, piuttosto imbarazzante sia per il livello delle domande che per quello delle risposte. Di certo un'intervista dalla quale non si cava fuori un'idea che non sia quella del proporre se stesso, il suo presunto fascino, il suo autocertificato carisma...

Ora, narcisismo a parte, De Magistris ha capito di avere potenzialmente un discreto spazio. Meglio, al di là di tanta retorica, egli sa di poter contare sul sostegno di una parte delle èlite, perché con la crisi del Pd e la scomparsa di Leu, a lorsignori una sinistra europeista, per quanto per alcuni aspetti "populista", va più che bene. Da qui lo spazio che una parte della stampa mainstream non gli farà certo mancare.

Detto del De Magistris, torniamo ora a Pap. All'assemblea del sindaco napoletano l'intervento di Potere al popolo non c'è stato. Il perché lo spiega Pap in un suo comunicato: «Noi avremmo potuto intervenire una volta, ma non presentandoci come Potere al Popolo!, non facendo parlare un napoletano (!), e non parlando come realtà politica, ma solo raccontando qualche lotta in cui siamo impegnati come singoli militanti». Insomma, piccole storie del consueto settarismo dei sinistrati. Nel caso Pap ha fatto certamente bene a non accettare il diktat del De Magistris, ma si tratta di pratiche non proprio estranee allo stesso piccolo mondo di Potere al popolo.

Ma veniamo adesso al dunque. Se chiaro è l'approccio di De Magistris alle europee, cosa intende fare invece Pap?

A differenza dell'ex magistrato e di chi lo segue, Pap propone perlomeno una traccia di discussione su come presentarsi eventualmente al voto di maggio. Di fatto le opzioni sono tre: presentarsi come Pap, accodarsi in qualche modo a De Magistris, saltare il turno ed aspettare il prossimo. Siccome la prima opzione è del tutto irrealistica a causa dell'elevato numero di firme da raccogliere, concretamente la scelta si ridurrà alle ultime due.

Sui contenuti e sulla linea politica purtroppo anche il documento di Pap è alquanto aleatorio. Se sul piano dell'analisi si cerca di mettere assieme Orban e Macron, Merkel e Salvini, in base all'ardito quanto comodo teorema che vorrebbe europeisti e nazionalisti uniti nella lotta; su quello della proposta si fa sì riferimento al "piano B", ma senza abbandonare l'idea di una riscrittura delle regole europee, stavolta frutto di un «movimento popolare di grandi dimensioni».

E' evidente come in Pap vi siano in effetti visioni assai diverse sulla questione europea. Da un lato un movimentismo che tende a rinunciare alla politica; dall'altro una maggiore consapevolezza del nodo europeo, ma impossibilitata anch'essa ad esprimere una linea compiuta per l'assoluta mancanza di coraggio sulla questione nazionale. Quel che ne viene fuori fino ad oggi è solo un gran pasticcio.

Eppure in realtà le cose sono assai semplici. Posto che la questione europea è senza dubbio quella centrale, tanto più che di elezioni europee stiamo parlando, due e solo due sono le opzioni politiche in campo a sinistra: quella della "sinistra del blocco eurista" ormai capeggiata da De Magistris, quella della sinistra patriottica.

Capisco che la mia possa sembrare una forzatura, ma se stiamo ai contenuti proprio non lo è: o si sta con "l'Europa" (certo, per riformarla: ci mancherebbe!), o si sta contro la gabbia eurista, per riconquistare la sovranità nazionale in una prospettiva socialista. Il resto possono essere solo le cinquanta sfumature della solita confusione della sinistra sinistrata, che se si trova lì dov'è una ragione ci sarà.

Dunque, cari compagni di Pap, bisogna scegliere, e delle due una: o con la sinistra eurista o con quella patriottica. Purtroppo, viste le premesse, non è difficile immaginare che si farà di tutto per rinviare - per l'ennesima volta - questa scelta. Ma un rinvio non è una soluzione, tantomeno in questi casi e di questi tempi.

sabato 1 dicembre 2018

PRC-PaP: VOLANO GLI STRACCI ....

 [ 1 dicembre 20018]

Dopo la rottura tra il Partito della Rifondazione Comunista e Potere al Popolo — per essere precisi, dopo che il PRC ha abbandonato PaP  — Rifondazione passa alle vie legali.
Con una lettera inviata dal segretario Maurizio Acerbo alla Viola Carofalo e Giorgio Cremaschi (vedi più sotto) Rifondazione intima ai due di non usare il simbolo di PaP e, in caso contrario minaccia di ricorrere in tribunale. Qui sotto la risposta della Carofalo e di Cremaschi.
Una storia triste, quando dirigenti che si considerano "compagni", ricorrono alla magistratura.
Non abbiamo condiviso le basi politiche su cui nacque Potere al Popolo. Dicemmo poi che quell'accordo era fragile poiché nato dalla fretta di presentare una lista elettorale unitaria.
L'insuccesso elettorale ha fatto venire a galla le divisioni, che son poi diventate esplosive.
Una domanda vogliamo rivolgerla tuttavia ai dirigenti del PRC: capiamo che vi siete sentiti buggerati sulla vicenda dello Statuto, ma c'era proprio bisogno di ricorrere al tribunale intimando gli altri a non usare il simbolo di PaP? Ci sembra, più che altro, una figuraccia, una palese prova di debolezza. Un atto, anzi, di arroganza, visto che non avete alcuna intenzione di usare quel simbolo e che anzi vi preparate, in vista delle europee, a far parte dell'ennesimo carrozzone elettorale arcobaleno con a capo De Magitris.
Un atto che puzza lontano un miglio di burocratica auto-preservazione del vostro gruppo dirigente che invece, vista come andò a finire con il voto sullo Statuto, se avesse avuto la necessaria onestà intellettuale, avrebbe semplicemente rassegnare le proprie dimissioni

*  *  *
LA LETTERA A MAURIZIO ACERBO DEL P.R.C.

Caro compagno Acerbo,
ti chiamiamo così anche se per te siamo diventati “signora” e “signore”, abbiamo da te ricevuto una lettera-diffida che preannuncia azioni legali. La rendiamo pubblica, primo perché non abbiamo nulla da nascondere e secondo per marcare le distanze abissali che ci separano da questo tuo modo di agire.
Visto che ci hai convocati come i soci di un’azienda, vogliamo ricordarti e dirti che:
1) Potere al Popolo va avanti e cresce e non saranno quattro persone e un tesoriere, seppure autorevoli, che potranno metterlo in discussione.
2) Il processo democratico che ha portato allo statuto di PaP ha visto la partecipazione di oltre quattromila aderenti. Tu assieme ad altri hai abbandonato tale processo dopo aver partecipato ad esso fino al giorno prima dell’inizio delle votazioni on line, affidate ad una piattaforma scelta e gestita di comune accordo.
Successivamente l’organismo dirigente del PRC ha deciso a maggioranza di abbandonare l’esperienza di Potere al Popolo, giudicandola non più rispondente ai suoi disegni.
3) È davvero singolare che si scelga (legittimamente) di separarsi da una forza di cui si é fatto parte fino ai massimi livelli, e poi (assurdamente) si pretenda che quella forza da cui ci si separa non esista più. Al di là della assoluta inconsistenza formale della pretesa, essa è alquanto azzardata sul piano politico. Tu vorresti che PaP cambiasse il proprio statuto, annullando il voto di migliaia di persone, sulla base delle tue indicazioni. Altrimenti Potere al Popolo dovrebbe rinunciare ad esistere. Sinceramente, non ti pare di esagerare?
4) A differenza della segreteria del PCI che, sulla base delle proprie decisioni congressuali, ha correttamente abbandonato PaP senza mettere in discussione il percorso dell’organizzazione da cui si separava, tu ora minacci di portarci in tribunale se non facciamo, in quattro più il tesoriere, il Potere al Popolo che vuoi tu. Bene, ti rispondiamo subito: vacci in tribunale.
Sai, noi siamo spesso coinvolti nelle aule di giustizia per lotte sociali e politiche, andarci anche per la denuncia aziendalista di un segretario di partito ci preoccupa solo per il ridicolo, senza precedenti nel nostro mondo. Però se di questo ridicolo vuoi proprio coprirti, noi non siamo in grado di impedirtelo.
5) Quanto a vederci il 10 dicembre come ci hai chiesto, siamo naturalmente disponibili ad incontrarci, però rendendo pubblica la riunione con diretta streaming… Sai, non siamo un’azienda…
Fraterni saluti
Viola Carofalo
Giorgio Cremaschi

*  *  *
LA LETTERA DI MAURIZIO ACERBO

Gentile Signora Viola Carofalo –—— Napoli
Egregio Sig. Giorgio Cremaschi –—- Brescia
Egregio Sig. Francesco Antonini –—- Roma
E p.c. Sig. Roberto Morea (tesoriere PAP) –—- Roma
Oggetto: convocazione dell’assemblea dell’associazione Movimento Politico Potere al Popolo” per il giorno lunedì 10 dicembre alle ore 15 presso la Sala Bianca a Via Flaminia 53 Roma.
Premessa
Il vigente atto costitutivo del “Movimento Politico Potere al Popolo “ (rogato dal Notaio Atlante in data 9 gennaio 2018) prevede all’art. 5 par.4 che l’assemblea possa essere convocata “oltre che per accordo unanime , anche da uno dei soci , con richiesta scritta da fare pervenire almeno 5 (cinque) giorni liberi dalla data di convocazione”.
Allo stato attuale, l’assemblea è composta da: Viola Carofalo, Giorgio Cremaschi, Francesco Antonini, Maurizio Acerbo. Gli stesso soggetti compongono l’organo associativo denominato ‘presidenza’ di cui all’art.7 dello statuto.
Ed, infatti, nell’unica assemblea dell’associazione formalmente valida, tenutasi il 19 luglio 2018, l’assemblea ha ratificato le dimissioni di Mauro Alboresi.
Allo stato attuale, in termini giuridici, l’associazione è, quindi, composta delle suddette quattro persone.
E’ opportuno ricordare che la previsione di cinque soci originari rispondeva ad una precisa logica e ragione, tipica della alleanze plurali, ogni socio, indipendentemente dalle dimensioni, rappresentava un gruppo, un movimento o partito di riferimento.
Per tale ragione Assemblea e Presidenza possono decidere le modifiche statutarie solo con la maggioranza dei 4/5, ai sensi degli art. 5 e 7 dell’atto costitutivo stesso. Tale previsione statutaria non è casuale. Infatti essa indica la volontà dei soci fondatori di non lasciare le decisioni sulle regole statutarie ad una maggioranza semplice, ma di rispettare non solo i diritti delle minoranze, particolarmente importanti quando si tratta di regole relative alla coesistenza, ma anche del carattere ‘federale’ dell’associazione.
Tutti i soci aderenti erano dunque consapevoli, al momento della fondazione, del fatto che modifiche statutarie non potessero essere effettuate con maggioranza semplice.
L’approvazione delle modifiche statutarie, poi, doveva essere approvata tanto dall’assemblea che dalla presidenza, sempre con tale maggioranza qualificata.
Per quanto riguarda gli associati, a norma dell’art. 5, è compito dell’assemblea deliberare sull’ingresso di nuovi soci.
Allo stato attuale, in via formale, nessun nuovo socio è stato approvato dall’assemblea.
Le norme dello statuto sono chiare, le modifiche statutarie hanno un quorum perfettamente determinato, e la coincidenza dei membri dell’assemblea con quelli della presidenza rende il computo ancora più semplice.
E’ appena il caso di ricordare poi che, sempre con maggioranza di 4/5, l’assemblea delibera in merito all’uso del simbolo (art. 5 ultimo paragrafo).
E’ ben noto come siano sorte diversità di vedute in merito alla prosecuzione dell’attività del movimento politico. L’ipotesi di abbandono del modello plurale, per costituire un’associazione di tipo diverso, non ha trovato l’accordo di tutti i soggetti fondatori. Non vi nascondo che molti hanno vissuto questa proposta di modifica come una forzatura.
Ciò che più conta è che oggi, alla luce di quanto accaduto, è opportuno assumere talune decisioni, anche di ordine formale, nella speranza che si possa giungere ad una soluzione condivisa.
Infatti nella modifica statutaria del 19 luglio si afferma che “L’associazione potere al popolo ha inoltre lo scopo di dar vita ad un movimento politico-sociale di alternativa dentro il quale convivono posizioni e culture diverse impegnate nella costruzione di uno spazio e un soggetto unitario. Con il nostro manifesto ci siamo infatti impegnati a costruire “un movimento popolare che lavori per un’alternativa di società ben oltre le elezioni (…) Un movimento di lavoratrici e lavoratori, di giovani, disoccupati e pensionati, di competenze messe al servizio della comunità, di persone impegnate in associazioni, comitati territoriali, esperienze civiche, di attivisti e militanti, che coinvolga partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale e politica, antiliberista e anticapitalista, comunista, socialista, ambientalista, femminista, laica, pacifista, libertaria, meridionalista che in questi anni sono stati all’opposizione e non si sono arresi”;
Riteniamo invece che la modifica statutaria proposta alla approvazione della piattaforma on line configuri un nuovo partito e non un soggetto unitario e plurale.
Per tutto quanto sopra, in ottemperanza ed applicazione dell’art. 5 par.4 dello statuto
convoca
l’assemblea dell’associazione Potere al Popolo, con sede a Roma Via Flaminia 53, per il giorno lunedì 10 dicembre alle ore 15 presso la Sala Bianca a Via Flaminia 53 Roma.
con il seguente ordine del giorno:
1. Deliberazioni inerenti al futuro associativo ed all’uso del nome e simbolo dell’Associazione;
2. Eventuali azioni di tutela avverso soggetti diversi dalla associazione Potere al Popolo che intendessero utilizzarne nome e/o simbolo;
3. Varie ed eventuali
In merito alle deliberazioni le opzioni sono essenzialmente due.
-Procedere con l’attuale statuto PLURALE, ed all’interno delle regole statutarie, trovare quelle eventuali modifiche che fossero largamente condivise.
-Separare le strade. In tale seconda ipotesi, tuttavia, è chiaro che l’esperienza Potere al Popolo va considerata finita, e non sarebbe giusto che alcuna delle sue componenti fondatrici continuasse ad utilizzarne il nome ed il simbolo, come se nulla fosse avvenuto.
L’assemblea è indispensabile per comprendere se vi sia una possibilità di intesa, anche mediatrice, sulle due opzioni.
Un’ulteriore puntualizzazione è d’obbligo. Ove, senza previa intesa, sorgesse una nuova associazione denominata Potere al Popolo è chiaro che dovrebbero essere adottati strumenti giudiziari di tutela della confondibilità. Lo stesso dovrebbe dirsi in caso di modifiche statutarie assunte in violazione del presente statuto. Violazione che sarebbe doppiamente grave se praticata da chi ha sottoscritto lo statuto vigente, e che si è obbligato anche in via negoziale al suo rispetto.
Fermo restando quanto sopra è chiaro che l’auspicio è quello di una intesa e di una soluzione concordata, che permetta di non disperdere il patrimonio politico che l’esperienza di Potere al Popolo ha comunque generato.
Per tali ragioni auspico realmente una vostra presenza all’assemblea sopra convocata. Ovviamente in caso di volontà di partecipare e di impedimenti potrà essere concordata una diversa data o orario.
Maurizio Acerbo
della Presidenza di Potere al Popolo

mercoledì 10 ottobre 2018

PaPATRAC di Piemme

[ 10 ottobre 2018 ]

Diversi lettori ci han chiesto un giudizio sulla scissione verificatasi in Potere al Popolo (PaP), in sostanza —dopo le annunciate defezioni del Partito Comunista Italiano e di Sinistra Anticapitalista — della rottura, ben più pesante con Rifondazione comunista.
La rottura del fidanzamento (che divorzio sarebbe stato solo se si fosse consumato effettivo matrimonio) è avvenuta nientemeno che sullo statuto.

Colpiscono i toni durissimi della contesa, segno di una rottura dolorosa quanto irreversibile. Ci pare che ciò stia ad indicare come la disputa sullo statuto nasconda differenze politiche profonde, che tirano in ballo natura, scopi e posizionamento politico. Non chiedeteci chi siano i "buoni" e i "cattivi", i "migliori" ed i "peggiori". Compagni che condividono il nostro punto di vista — quello che considera centrale la battaglia per uscire dalla gabbia dell'euro per la piena riconquista della sovranità nazionale, quindi la necessità di collocarsi in piena indipendenza nel "campo populista" contro l'élite eurocratica — ce ne sono, e stanno, come minoranze, in entrambi gli schieramenti che si sono dati battaglia. Qui l'interrogativo: com'è che i no-euro alloggiano su fronti contrapposti? Evidentemente, nella gerarchia dei fattori, l'uscita dall'euro e la battaglia per la sovranità nazionale non sono state considerate primarie, ovvero, al netto dello statuto, altre sono state le faccende su cui si è sviluppata la lotta, prima fra tutte la questione della forma/modello organizzativo. Una coalizione, per quanto fortemente unitaria, di organismi indipendenti (Statuto n.2 proposto da Rifondazione) oppure un partito de facto (Statuto 1 proposto da Jesopazzo e Eurostop)? Questa seconda tesi è quella che pare aver avuto la meglio nel referendum telematico conclusosi ieri (sotto i risultati annunciati).


I vincitori cantano impunemente vittoria per aver ottenuto l'82%. Sulla carta una schiacciante maggioranza. La sostanza però, siccome han votato solo la metà degli iscritti alla piattaforma, ci pare diversa. 

Nasce, da parto cesareo, un nuovo soggetto, ma i ginecologi, ostinati a farlo venir fuori anzitempo, l'hanno amputato in modo irreparabile. Abbiamo così una piccola testa innestata su un corpo rachitico. Un nuovo soggetto che avrà vita molto dura davanti. Esso risulta infatti da un assemblaggio frettoloso di correnti diverse, che domani potrebbero tornare a dividersi; un assemblaggio infine, la cui base programmatica (una versione postmoderna del vecchio massimalismo) è debole e del tutto inadeguata alle sfide del presente. 

Sui limiti profondissimi della linea politica di PaP abbiamo scritto mesi addietro ed in diverse occasioni:

JE SO' PAZZO: L'ESERCITO DEI SOGNATORI
VERSO LE ELEZIONI: POTERE AL POPOLO


Siamo contenti per questa ennesima puntata della saga della sinistra che va in pezzi? Per niente. Il casino, tanto più se incarognito di sinistre avvitate su sé stesse, non favorisce e forse pregiudica un confronto vero sulle questioni dirimenti. Per di più, come ogni scissione, essa avvelena il clima e rischia di lasciare per strada, per scoramento e sconforto, tanti militanti o semplici attivisti.

Per concludere. Chi esce con le ossa più rotte da questa vicenda è senza dubbio Rifondazione comunista. Un partito oramai allo sbando e la cui direzione nazionale, uscita addirittura umiliata dalla scissione in PaP, non da il benché minimo segnale di resipiscenza, continua anzi imperterrita sulla strada del proprio suicidio, quella di perseguire l'ennesimo opportunistico accrocchio elettorale. Un opportunismo che è causa della bruciante sconfitta di Rifondazione e che, un più che stagionato e consumato maggiorente, ha usato abilmente come arma per giustificare la rottura come inevitabile separazione "di giovani entusiasti e  senza macchia" da un "ceto politico decotto ed elettoralista".

Ognuno crede ciò che vuole credere...




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