giovedì 31 ottobre 2019

ANTISEMITISMO di Sandokan

[ giovedì 31 ottobre 2019 ]

Vado subito al punto.

Fossi stato un senatore ieri mi sarei astenuto (in senato l'astensione equivale a voto contrario) sul disegno di legge che istituisce la "commissione contro razzismo e antisemitismo". 

La ragione è presto detta. In nome della sacrosanta battaglia contro razzismo e antisemitismo, questo disegno istituisce un organismo orwelliano in stile "Grande fratello" preposto al "controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo", tenuto quindi "alla raccolta dei dati e la loro periodica pubblicazione".

Un atto simbolico e politico gravissimo poiché di null'altro si tratta se non di un organismo preposto a spiare i cittadini e poi a suggerire la censura, con quindi la facoltà di suggerire sanzioni penali.

Si tratta, a ben vedere, di un provvedimento repressivo e anticostituzionale.

Mi fa specie dirlo ma Salvini ha ragione: "Non vogliamo bavagli e stato di polizia", salvo dovergli rinfacciare che proprio lui, coi suoi "decreti sicurezza", ha alimentato la paranoia sicuritaria e dato una spinta allo Stato di polizia che oggi biasima. 

Dietro alla maschera del "politicamente corretto" la commissione stabilirà cosa è lecito e cosa non lo è, chi potrà esercitare il diritto della libertà di parola e di pensiero e chi invece dev'essere messo a tacere.

La decisione presa dalla maggioranza dei senatori, impossibile non vederlo, è ispirata ad un principio giuridico fascista (quello dell'odio), per la precisione s'ispira al Codice Rocco in particolare al dispositivo dell'art.415:
«Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico , ovvero all'odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni».
Le due parole chiave sono infatti "istigazione all'odio". Cosa debba intendersi per "odio" saranno beninteso lorsignori a stabilirlo, quindi a decidere quali testate, quali siti o blog, quali pagine facebook o account twitter chiudere de jure.

Come ieri non potevi dire o scrivere, che so,  "borghesia razza bastarda", "vorrei ammazzare tutti gli sfruttatori", "viva la lotta di classe contro il capitalismo"; lorsignori vorrebbero mettere fuori legge non solo chi rifiuta l'atto metafisico di giurare amore eterno verso la setta religiosa ebraica, bensì tutti coloro che
ritengono Israele uno stato illegittimo fondato sull'apartheid — Salvini ricordi quando a Gerusalemme facesti questo giuramento?. Vorrebbero spazzare via chi considera, giustappunto, il sionismo, un'ideologia razzista e suprematista. 

Proprio come diceva Orwell il regime istituisce qui, in verità, una "neolingua" come mezzo per rimpiazzare le vecchie abitudini mentali per rendere impossibile ogni altra forma di pensiero. 

In nome dell'antifascismo, ecco a voi il fascismo, beninteso politicamente corretto... 



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mercoledì 30 ottobre 2019

TASSE ED EVASIONE, LA VERITÀ di Enrico Gatto

[ mercoledì 30 ottobre 2019 ]
L'Italia dal 1992 è in avanzo primario (a eccezione di un disavanzo dello 0,9% nel 2009). Questo significa che le entrate fiscali (tasse) sono superiori alla spesa pubblica (in soldoni a noi cittadini torna indietro meno di quanto paghiamo).
Al contrario di quanto racconta la vulgata ideologizzata "terrorista" e autorazzista del siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità, perciò, il nostro è un Paese assai virtuoso da quasi 30 anni (nessuno al mondo ha fatto meglio nello stesso periodo).



Fatta questa premessa passiamo ad analizzare le vere funzioni delle tasse (esse non servono infatti a pagare la spesa pubblica).
Lo Stato impone tasse ai propri cittadini:
1. Per imporre la moneta a corso legale (obbligando di fatto i cittadini ad utilizzarla in quanto l'unica accettata per il pagamento, appunto, degli oneri fiscali);
2. Per controllare l'inflazione (tassando più o meno si riduce/aumenta la massa monetaria e si regolano i prezzi);
3. Per redistribuire la ricchezza.
La spesa pubblica è fatta a monte del prelievo fiscale e si sostiene con l'emissione monetaria (fatta d'imperio e sovranamente dallo Stato*, dal nulla).
Prima si spende e si mette in circolazione la moneta e solo poi si raccoglie tassando.
A questo punto è evidente che evadere le imposte non sottrae soldi alla spesa pubblica (ospedali, scuole, strade, servizi, ecc.) in quanto le tasse non servono a quello scopo e anzi l'evasione, mantenendo una maggiore quantità di denaro in circolo nell'economia reale (gli evasori quei soldi li spendono o li investono), contribuisce un po' a ridurre la deflazione e a impedire una più brutale crisi e recessione. Non suggerisco assolutamente di lodarla ma quantomeno di valutare bene i motivi che spingono a tale pratica e, in parte, a giustificarla perché una pressione fiscale che supera il 60%, e spesso costringe a chiudere e spinge a suicidarsi, è immorale (le multinazionali, invece, "eludono a norma di legge" pagando meno del 5% - o addirittura zero - di oneri, facendo quindi concorrenza sleale, costringendo a chiudere migliaia di piccole e medie imprese e riassorbendo molti meno lavoratori - e a condizioni peggiori - rispetto ai posti che distruggono).
La stigmatizzazione e persecuzione del piccolo evasore, ovviamente, non è la soluzione (è una falsa soluzione a un problema distorto) ma fa presa sul senso comune (artatamente confezionato); serve solo a distrarre dalla necessità di altri veri interventi di natura macroeconomica e ad alimentare la guerra orizzontale tra gli ultimi (il sempiterno divide et impera).
* Nella scellerata €urozona, per scelta politica, si è demandato questo ruolo a una Banca Centrale privata: gli Stati debbono elemosinare a prestito la moneta dalle banche commerciali private tramite l'emissione e la vendita di titoli del debito pubblico sul mercato. Il debito è inestinguibile (ma nemmeno deve essere ripagato) per una questione di matematica finanziaria sugli interessi compositi (dal 1980 abbiamo pagato 3900 miliardi di €uro di interessi a fronte di un debito che oggi è di quasi 2500 miliardi) e così si è ingabbiati e ricattati (da gruppi bancari e finanziari), grazie ai trattati, in secula seculorum.

CHE RIVOLUZIONE ABBIAMO ALLE PORTE? di Piemme

[ mercoledì 30 ottobre 2019 ]

"Degno erede dei padri fondatoriȓ", "l'uomo che tiene alto il sogno europeo", "Colui che ha salvato l'euro".

"C'è molto di più", scrive tuttavia Repubblicanella cerimonia svoltasi a Francoforte con cui Draghi ha lasciato il testimone alla Lagarde.

Sì, c'è molto di più.

La cerimonia, presenti tutti i primi ministri ed capi di stato dell'Unione è stata la più plastica raffigurazione di cosa essa sia: una confederazione slabbrata di regni e feudi il cui principale collante è la moneta unica, di qui la figura del banchiere centrale come reale imperatore. 

Spesso, per raffigurare il sistema neoliberista globale e individuare i membri della sua cupola pensante e strategica, si è ricorsi all'analogia storica con la Chiesa cattolica durante il Medioevo. Un nuovo clero si è scritto spesso, un ordine sacerdotale, con in cima una vera e propria curia. La cerimonia dell'altri ieri è stato infatti come un vero e proprio conclave, l'adunanza solenne con cui cardinali scelgono il Papa. Il super-banchiere non solo come imperatore, ma Papa allo stesso tempo, anzi uno stregone dai poteri straordinari e salvifici poiché in grado di padroneggiare le facoltà magiche di quel mistero che è la moneta.

Ciò che accade, detto per inciso, anzitutto nell'Unione europea, a dimostrazione che quest'ultima, del sistema neoliberista globale rappresenta la sua più avanzata depravazione bancocratica e finanziarista. A dimostrazione di una specie di circolare "eterno ritorno", di una ripetizione di ciò che l'Europa ha già vissuto. Più il capitalismo avanza, ovviamente in nome del progresso, più esso sembra invece condannato a ricalcare un ordine politico e di classe piramidale di tipo feudale.


Io non so se si attagli a questa configurazione destinale la categoria di "capitalismo assoluto". Quale che sia il nome che vogliamo dare all'ordine di cose esistenti, una cosa è chiara, esso non è solo post-democratico, esso è per sua natura anti-democratico.

Qui ci spieghiamo le fortissime spinte popolari e "sovraniste" che si fanno largo in Occidente e soprattutto dentro l'Unione europea. A dispetto del colore politico che esse assumono, la loro sostanza è intimamente democratica.

La rotta di collisione tra quest'ordine neo-feudale e le spinte "sovraniste" dei popoli è ineluttabile. Quale potrà essere l'esito di questa collisione? Sarà una rivoluzione popolare che come uno tsunami spazzerà via l'ordine di cose esistenti e con esso la sua onnipotente casta clericale di bancocrati.

Un nuovo 1789 più che un altro 1917.
Nessun dorma.



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martedì 29 ottobre 2019

UMBRIA: ROSSO A CHI? di Carlo Formenti

[ martedì 29 ottobre 2019 ]

Un brivido mi corre lungo la schiena leggendo sui giornali titoli come il crollo del fortino rosso (?) a commento della disfatta elettorale della coalizione giallo fucsia in Umbria. 

Rosso a chi? Sono più di vent'anni che questa attribuzione cromatica riferita agli eredi del Pci (non solo il Pd, ma Leu e compagnia cantante) suona come un insulto alla memoria dei movimenti operai del 900 (al pari del sottotitolo quotidiano comunista sotto la testata del Manifesto). 

Ciò detto, ieri, per una curiosa coincidenza, nel mondo si sono verificati contestualmente i seguenti eventi: secca sconfitta del candiato neoliberista Macri nelle elezioni presidenziali argentine (in quelle uruguaiane si andrà al ballottaggio ma il candidato di sinistra è in netto vantaggio), vittoria della Linke in Turingia, con i socialdemocratici che, al pari dell'M5S in Umbria, scendono sotto il 10 per cento e i democristiani sorpassati dall'estrema destra. 

Quest'utimo evento sembra fatto apposta per legittimare gli allarmi dei partiti tradizionali (coalizioni di centrosinistra di varia composizione in testa) contro la montante marea "rossobruna". In questo baccano non si sente una parola di autocritica sulle politiche economiche che alimentano la rabbia popolare e producono questi risultati (assieme alle insurrezioni in Cile ed Ecuador e ai gilet gialli francesi). 

Questo perché coloro che (almeno per ora) occupano i posti di comando non è che non vogliano, non letteralmente non possono cambiare linea politica perché gli interessi della finanza globale che li manovrano non glielo consentono. Che poi la rabbia trovi espressione nei populismi (di destra e sinistra) dipende dalla perdurante mancanza (soprattutto in Europa e ancor più in Italia) di una credibile guida politica unitaria in grado di unificare un blocco sociale anticapitalista. 

Chiudo con un accenno al dissolversi del capitale di consenso che l'M5S aveva accumulato negli anni scorsi: non so se le spallate di Paragone riusciranno prima o poi a incrinare il patto opportunistico che tiene assieme il cerchio magico che sorregge la leadership di pinnocchietto Di Maio, gli interessi della Casaleggio e gli umori ciclotimici di un Grillo che gioca a fare Joker (il quale, se davvero esistesse, gli avrebbe già fatto pagare l'insulto). Sta di fatto che, più presto avverrà, meglio sarà per il recupero dello spazio politico necessario alla costruzione di un polo alterntivo a neo lib di centrodestra e centrosinistra.

* Fonte: Carlo Formenti

LIBERIAMO L'ITALIA: VERSO L'ASSEMBLEA COSTITUENTE

[ martedì, 29 ottobre 2019 ]

Sabato 26 ottobre, a Firenze, si è riunito il Coordinamento nazionale di Liberiamo l’Italia, i promotori della manifestazione del 12 ottobre scorso. 
La riunione ha approvato all’unanimità la risoluzione con cui si da avvio al processo costituente per fare di Liberiamo l’Italia un movimento politico popolare alternativo al centro destra e al centro sinistra.
Ecco il testo della risoluzione

«Il prossimo 7 dicembre si svolgerà a Roma l’assemblea con cui verrà pubblicamente aperto il processo costituente di LIBERIAMO L’ITALIA come movimento politico democratico basato sulla partecipazione attiva dei cittadini nei Comitati Popolari Territoriali già in via di formazione.

Per partecipare all’assemblea è necessario registrarsi sul sito web liberiamolitalia.org, segnalando così la propria partecipazione.

L’Assemblea del 7 dicembre deve:


(1) Approvare per acclamazione una mozione politica d’indirizzo con cui viene dato avvio al processo costituente di LIBERIAMO L’ITALIA come movimento politico indipendente. Questa deve contenere i principi del modello organizzativo che dovrà darsi LIBERIAMO L’ITALIA e le regole basilari che accompagnano il Movimento fino alla sua effettiva fondazione (primavera 2020).

(2) Approvare nelle linee generali la bozza di Manifesto politico del Movimento, che dovrà contenere la nostra visione sociale e politica. Manifesto che appunto sarà sottoposto al vaglio del processo costituente ed ai vari Comitati Popolari Territoriali.

(3) Eleggere per acclamazione il Coordinamento nazionale.

(4) L’Assemblea si concluderà con un giuramento solenne di fedeltà alla Costituzione del 1948 e l’impegno di ognuno che la lotta continuerà fino a quando la Repubblica italiana non diventerà pienamente sovrana, libera e democratica».

* Fonte: LIBERIAMO L'ITALIA:

lunedì 28 ottobre 2019

UMBRIA: DIETRO AL TRIONFO di Piemme

[ lunedì 28 ottobre 2019 ]

L'enorme avanzata elettorale delle destre nelle elezioni in Umbria, tanto più dato l'alto afflusso alle urne rispetto alla precedente tornata elettorale, si spiega solo a patto di di considerare che, come un'alluvione, essa è stata possibile perché alimentata da molti rivoli.

Voglio provare ad indicarli, seguendo un ordine sregolato che solo col tempo, quando l'alluvione sarà passata e avremo sotto gli occhi il paesaggio che ne verrà fuori, sarà possibile mettere in ordine per importanza. Sia come sia il dato umbro ha un rilievo che va ben oltre la portata regionale, ci dice anzi molte cose sul Paese e cosa bolle in pentola.

(1) GUERRA PER BANDE NEL PD. Lega e FdI stravincono perché una parte consistente dei notabili piddini, non solo renziani, ha voluto punire Zingaretti ed il nuovo gruppo dirigente del PD — esso, chiedendo le dimissioni della Marini, causò la caduta della giunta regionale.

(2) SUICIDIO M5S. Lega e FdI stravincono perché buona parte degli elettori pentastellati, e anzitutto dei pochi attivisti di peso rimasti, hanno voluto condannare, assieme all'alleanza col Pd — furono i 5 Stelle a sollevare contro il Pd lo scandalo di "sanitopoli" — la propria cupola dirigente nazionale.

(3) BOCCIATO IL GOVERNO CONTE. Lega e FdI stravincono perché i cittadini hanno voluto bocciare non solo il Governo Conte bis, ma la sua grottesca Legge di bilancio. 

(4) COME SI PRENDONO I VOTI. Lega e FdI stravincono perché sia Salvini che la Meloni hanno fatto una campagna elettorale vecchia maniera, martellante, generosa, esemplare, mobilitando zona per zona, comune per comune i loro militanti. Altro che facebook...


(5) VOTO DI PROTESTA. Lega e FdI stravincono perché sono riusciti ad incamerare un massiccio voto di protesta sociale e popolare degli strati più umili della popolazione, usciti massacrati da un decennio di gravissima crisi economica.

(6) SOVRANITÀ NAZIONALE. Lega e FdI stravincono perché sono apparse come forze sovraniste, dando così voce al diffuso sentimento patriottico.

(7) ODIO DELL'ÉLITE. Lega e FdI stravincono perché la maggioranza dei cittadini ha voluto così condannare l'inciucio romano che ha dato vita al Conte bis, impedendo con una brutale manovra élitaria e di palazzo le elezioni anticipate.

(8) ORDINE E SICUREZZA. Lega e FdI stravincono perché sono percepiti come destra vera, paladini di un'idea sicuritaria e autoritaria dello Stato.

(9) CENTRO-SINISTRA SENZA TESTA. Lega e FdI hanno vinto perché il candidato di Pd e 5 Stelle (Bianconi) è stato considerato dagli umbri una mezza tacca senza arte né parte,  rappresentante di interessi di classe antipopolari, con la sconfitta scritta in fronte. 

(10) CONTRO LA CORRUZIONE.  Lega e FdI hanno stravinto perché hanno incamerato il diffuso senso di schifo verso il sistema marcio, depravato e nepotistico di cui il Pd era diventato simbolo, quindi il desiderio di una classe politica pulita e onesta.

(11) LA FIGURA DEL CAPO.  Quella di ieri è anzitutto la vittoria indiscutibile di Matteo Salvini. I cittadini non soltanto apprezzano il suo stile populista e politicamente scorretto, sono ammaliati dal suo carisma.

(12) IL TRADIMENTO. Molti dei cittadini umbri hanno votato a destra pur essendo di sinistra ovvero avendo a cuore principi come l'eguaglianza sociale e ripugnanza per le classi dominanti. Col voto essi hanno voluto condannare come grandi traditori i partiti della sinistra, storica e non.

*  *  *

Se quanto detto è corretto, se nel giustificare la vittoria delle destre concorrono così tanti fattori, generali e peculiari, serve dire che questa vittoria ha una sua intrinseca fragilità. Dentro una crisi sistemica e con la recessione in arrivo, tutto è destinato a dileguarsi ed a lasciare il posto a nuovi assestamenti.

Addendum

— Il sottoscritto ha votato Rossano Rubicondi, candidato del Partito comunista. Lo scarso radicamento sociale del partito non ha consentito una campagna elettorale capillare. Il grosso del lavoro è caduto infatti sulle spalle di Rubicondi. Non ha pagato, come noi avevamo detto, il testardo identitarismo ideologico e simbolico. Non ci sono più contadini che usano il falcetto, o operai che picchiano col martello. Non si può, come ha fatto pubblicamente Marco Rizzo, sostenere che il "socialismo" sovietico era il regno di Bengodi. Non ha pagato una campagna elettorale oltre che timida nei toni (la radicalità affidata miracolisticamente alla presunta efficacia, che non c'è più, del simbolo) di mera testimonianza.

— Quando cadde la giunta regionale con la possibilità di elezioni anticipate a stretto giro, la nostra proposta fu quella di dare vita, coi 5 Stelle (c'era ancora, anche se fibrillava il governo giallo-verde), ad un "terzo polo" popolare indipendente e opposto al centro-destra avanzante e al centro-sinistra declinante.  Come dimostrarono le elezioni comunali a Foligno, era realistico pensare di ottenere e superare il 10% e forse più. La nostra proposta cadde nel vuoto.

— L'occupazione da parte delle destre del governo regionale (dopo quelli nelle principali città) non produrrà alcun stravolgimento. I poteri forti regionali che per decenni hanno sostenuto il notabilato piddino, ora hanno scelto un referente per non cambiare nulla. Gli umbri hanno votato per il cambiamento, avranno né più e ne meno che la conservazione dell'esistente.

— L'Umbria non cessa con queste elezioni di essere un laboratorio di rilevanza nazionale. Proprio qui si deve sperimentare una nuova via. Come scritto ieri da un lettore:
«Un'opposizione potrebbe sorgere attorno a quella che chiamiamo "sinistra patriottica", nazionale-popolare. La posta in palio non è, nei prossimi anni, ricavarsi una nicchia per tirare a campare, raccattare voti nostalgici di un passato che non tornerà più, ma sfidare in campo aperto le destre, contendendo loro l'egemonia politica».
Può sembrare follia, ma è la follia, il coraggio di osare e di pensare in grande, il solo sentiero da percorrere.



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domenica 27 ottobre 2019

UMBRIA: L'ARIA CHE TIRA

[ domenica 27 ottobre 2019 ]

Riceviamo e volentieri pubblichiamo


Non è, quello accanto, un fotomontaggio per dileggiare Matteo Salvini. Nient'affatto. Bastardo è il nome di un frazione di uno dei comuni più piccoli della mia regione, per la precisione Giano dell'Umbria. Fino a lì a giunto Matteo Salvini, a conferma di una campagna elettorale martellante, sistematica, debordante, tracotante.

Se il centro-destra vincerà sarà anzitutto grazie a questa capacità, sua e della Lega, di aver coperto la regione in lungo e in largo. 
Il problema non è se la coalizione di centro-destra vincerà. Avrebbe vinto anche senza lo scandalo "sanitopoli". Ce lo dicono non solo le ultime elezioni europee — Lega al 38% e centro-destra oltre il 50 % — nonché quelle recenti nei comuni — le tre principali città, Perugia, terni e Foligno già espugnate.

Il problema è la dimensione di questa vittoria.
Se il distacco tra centro-destra e centro-sinistra ricostruito (coi grillini) andrà ben oltre il 10% esso avrà un impatto sicuro a livello nazionale poiché ci dirà che il governo Conte Bis e l'inciucio Pd M5s sono due cadaveri che camminano.

Vedremo. Vada come vada, in barba al demenziale autogol di Conte — "In Umbria sono solo 700mila elettori meno che nella provincia di Lecce" — per la mia regione questo 27 ottobre 2019, sarà una data di valore simbolico e storico: crollata una delle tre roccaforti di quella che viene chiamata "sinistra". Su scala certo microscopica sarà come il crollo del muro di Berlino. Salvini lo sa e su questa chiave simbolica ha fatto campagna e giocato tutte le sue carte.  

E' da questo sentimento di vendetta tutta politica verrà la sua vittoria. Una vendetta sociale e non solo politica, visto che soprattutto la povera gente, tradita dalla sinistre (tutte, non solo il Pd) darà un voto alla destra. 

Altro che "sanitopoli" e corruzione. E' la crisi economica e sociale (-17% del Pil), la disoccupazione, la povertà crescente, la precarizzazione per chi il lavoro ce l'ha, lo sfascio del vecchio tessuto sociale e industriale (aggravato da un'immigrazione sregolata), i giovani che emigrano, l'agricoltura che boccheggia, lo spopolamento delle aree appenniniche, una ricostruzione delle zone terremotate mai iniziata davvero, un sistema dei trasporti allo sfascio. In due parole il senso di abbandono avvertito dalla maggioranza del popolo.

Questi sono i veri carburanti dello sfondamento di Salvini e della meritata e inevitabile  sconfitta storica della "sinistra". E non si pensi che questo voto di vendetta sia solo un voto per dispetto, che sia una specie di sbandamento passeggero del "popolo bue", o di cittadini disinformati e inconsapevoli. Non è affatto così. La svolta a destra è reale, viene da lontano, ha cause profonde, ha una portata ideologica, la sua onda è destinata durare a lungo. 

L'Umbria diventa a maggior ragione da domani un laboratorio politico.

Come, con che profilo, con quali uomini si costruirà l'opposizione politica e sociale al governo delle destre? Un'altra cosa che ci dice la mia regione è che la vecchia sinistra radicale, in tutte le sue articolazioni, coi suoi sepolcri imbiancati, è morta e sepolta. Guai a raccogliere il suo testimone.

Un'opposizione potrebbbe sorgere attorno a quella che chiamiamo "sinistra patriottica", nazionale-popolare. La posta in palio non è, nei prossimi anni, ricavarsi una nicchia per tirare a campare, raccattare voti nostalgici di un passato che non tornerà più, ma sfidare in campo aperto le destre, contendono loro l'egemonia politica.

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venerdì 25 ottobre 2019

SALVINI E IL SORRISETTO BEFFARDO DI DRAGHI di Leonardo Mazzei

[ sabato 26 ottobre 2019]



Questa mattina, in quel di Pescara, inizia l'annuale kermesse di A/SIMMETRIE, ovvero la cerimonia con cui Alberto Bagnai chiama a raccolta fedeli, chierici, gregari, quindi studenti e insegnanti affamati di crediti per dare spessore al loro curriculumQuale sarà ora la narrazione del nostro dopo il grande patatrac del governo giallo-verde e il voltafaccia di Salvini? Per farsene un'idea non serve andare in pellegrinaggio, basta leggere il programma. La parola magica è decommissioning. Un lemma che in inglese sta per disattivazione, disarmo, dismissione. Decommissioning globalism, deflation, european semester, potential output, banking union.... 
Se si voleva una prova provata che la giravolta della Lega sull'euro non è solo una paraculata, l'abbiamo in queste contorsioni pescaresi. Avendo il "grande" capo affermato che l'euro è irreversibile, di necessità si deve fare virtù. L'uscita dall'euro è rimpiazzata dalla "disattivazione", il sovranismo dall'altreuropeismo. E voi che pensavate che l'opportunismo allignasse solo a sinistra.


*  *  *

Il dietrofront di Salvini e l'imbarazzo dei suoi economisti




Nell'ultima conferenza stampa in qualità di uomo-euro, Mario Draghi ha così festeggiato le recenti retromarce di M5s e Lega sulla moneta unica: «Everybody in Italy says today that the euro is irreversible». Dunque «oggi in Italia tutti dicono che l'euro è irreversibile», laddove con quel "tutti" Draghi ha inteso riferirsi in primo luogo alle recenti dichiarazioni di Matteo Salvini.
Per togliere ogni incertezza ha infatti aggiunto che: «I dubbi ipotetici che c’erano in una parte della governance dell’Italia ora non ci sono più». E, per chi proprio non avesse capito, il solerte Corsera ci informa come la frase sulla "irreversibilità" sia stata pronunciata «sorridendo e certamente pensando a Matteo Salvini».



Ora, è chiaro come Draghi  abbia voluto strafare — anche secondo le statistiche di Eurostat l'Italia resta il paese più euroscettico dell'Unione — ma certamente ha colto il punto: la normalizzazione di M5s e della Lega. Ovviamente, come ogni normalizzazione, anche questa non può essere totale. Sia nei Cinque Stelle che, soprattutto, nel partito salviniano restano dunque settori sovranisti tuttora convinti della necessità di uscire dall'euro.

Ma, si sa, quel conta è la linea espressa dai gruppi dirigenti, ed essa non lascia spazio a dubbi. Tanti sono dunque i sovranisti delusi e spiazzati. Se nei Cinque Stelle si preferisce parlar d'altro, nella Lega si ricorre alla solita narrazione consolatoria, quella secondo cui il fine dell'uscita non sarebbe cambiato; cambiata sarebbe solo la comunicazione, adesso tesa a dissimulare quell'obiettivo.

Questa storiella è davvero avvincente. Ed ha il vantaggio di non poter mai essere smentita. Tu cominci a rinunciare ai tuoi obiettivi? Niente paura, è solo un modo per disorientare l'avversario, non facendogli conoscere le tue reali intenzioni. Tu finisci, via via, per assumere le posizioni del nemico? Perfetto, vuol dire che siamo vicini all'obiettivo! E più si rinnega quel che eravamo (o dicevamo di essere) e più si è vicini alla vittoria. Talmente vicini che non ci si arriva mai... E non arrivandoci chi potrà mai smentire la bontà di questa dissimulazione?

Un esempio di come funzioni questo meccanismo ci viene dalla storia del Partito comunista italiano (Pci). Negli anni settanta del secolo scorso questo partito operò una serie di svolte piuttosto pesanti, tutte presentate però ad una certa parte della base come semplici espedienti tattici. Proponiamo il "compromesso storico" con la Democrazia Cristiana (1973), ma solo per batterla meglio. Accettiamo apertamente la Nato (1976), ma al fondo restiamo filo-sovietici coi baffi. Diciamo sì alla politica dei sacrifici (governi Andreotti 1976-79 - svolta sindacale dell'Eur 1978), ma è solo perché la classe operaia deve ormai farsi Stato. Eccetera, eccetera, eccetera. Insomma, arretriamo di continuo, ma lo facciamo in nome della rivoluzione. Peccato che al posto della rivoluzione arrivò invece la Bolognina e lo scioglimento del Pci: chissà perché...

Naturalmente, come già detto, la narrazione di cui sopra riguardava solo ed esclusivamente una certa parte della base. Una parte via via sempre più minoritaria. L'altra, unitamente ai gruppi dirigenti ai vari livelli, ben sapeva dove si stava andando. E lo approvava. Ma chi lo sapeva ancora meglio era la classe dominante dell'epoca, tant'è che con la Seconda repubblica il personale politico ex-Pci (si pensi all'orrida figura di Napolitano) sarà quello prescelto da lorsignori per far digerire ogni porcata neoliberista al popolo lavoratore.

Ora, i paragoni storici valgono quel che valgono, ma — mutatis mutandis — ho l'impressione che qualcosa del genere stia accadendo a quella parte della Lega che crede davvero alla battaglia per la sovranità nazionale e che dovrebbe adesso digerire la salviniana irreversibilità dell'euro come stratagemma, pensate un po', per arrivare all'uscita dall'euro. Caspita, che furbi! Chissà perché non ci avevano pensato finora!

Non so se questa favoletta verrà propinata in questo fine settimana, nell'annuale raduno pescarese organizzato da Bagnai. Probabile che si aggiri il tema parlando d'altro, un po' come quando nel Pci gli intellettuali organizzavano dotti convegni su Gramsci, proprio mentre la dirigenza politica si adattava sempre più al pensiero unico neoliberista. Insomma, un modo come un altro per tenere ancora in piedi una commedia ormai scaduta di livello.

Agli inizi di settembre mi ero permesso di rivolgere a Bagnai dodici domande. La dodicesima di queste domande, così riassumeva la questione: 
«Alla luce di quanto abbiamo visto finora, non è che nella Lega le posizioni di Bagnai sono state sonoramente battute?».
Ovviamente, ma questo era scontato, quelle domande non hanno avuto risposta alcuna dall'interessato. Adesso però, dopo l'uscita salviniana di metà ottobre, una risposta ce la dà Mario Draghi. Il quale sulla normalizzazione dell'Italia si illude (o finge di farlo), ma su quella della Lega salviniana sa quel che dice. Canta vittoria e nessuno gli replica, qualcosa vorrà pure dire.


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UMBRIA: PER CHI VOTIAMO NOI

[ venerdì 25 ottobre 2019 ]

Gli umbri vanno al voto prima del previsto a causa delle dimissioni della Giunta di centro-sinistra, travolta da "sanitopoli".

Non è difficile prevedere, anche visto com'è andata in diverse elezioni comunali, la vittoria del centro-destra a trazione leghista. 
Il tracollo della improbabile coalizione tra PD e 5 Stelle è quindi certo. Si tratta semmai di vedere quanto esso sarà grande.

Come sezione Umbra del Movimento Popolare di Liberazione - Programma 101 la nostra indicazione di voto è per Rossano Rubicondi, candidato Presidente del Partito Comunista. Decisione avvenuta dopo un incontro svolto con Rossano ed il segretario regionale del Pc.

Le ragioni sono presto dette.

(1) Rossano Rubicondi non è figlio di nessuno. Elemento di punta dell'opposizione interna alla CGIL, è stato protagonista di tante battaglie in difesa dei diritti dei lavoratori, e non solo di quelle. Mai colluso col corrotto sistema di potere del Pd. Rossano è quindi un simbolo, un simbolo della lotta per la giustizia sociale, di chi non ha tradito le proprie radici ideali. Per questo, malgrado le differenze, noi lo consideriamo non solo un compagno ma anche un fratello.

(2) Rossano è il candidato del Partito comunista. Per quante critiche si possano fare a questo Partito, esso è il solo, di quel che resta della sinistra, che ha il coraggio di rivendicare l'uscita dalla gabbia dell'Unione europea, dall'euro come pure dalla NATO.

(3) Tenendo conto del sistema istituzionale brutalmente presidenzialista, rafforzato da una legge elettorale ultra maggioritaria (voluta dal Pd), scarse sono le possibilità, per una forza popolare rivoluzionaria, di entrare nel Consiglio regionale. Per quanto appesa ad un filo, questa possibilità tuttavia esiste e va quindi perseguita con forza. Superare l'alto sbarramento elettorale sarebbe una grande vittoria, non solo per il Partito comunista, ma per tutta l'opposizione, sociale e patriottica della nostra regione. In vista del futuro c'è bisogno come il pane di un risultato positivo che attesti che c'è una minoranza consapevole che non ha portato la testa all'ammasso.

Sulla scheda gli umbri troveranno anche la lista del Fronte Sovranista Italiano con Martina Carletti candidata alla Presidenza della regione. Auguriamo agli amici del FSI un risultato dignitoso, ma per come stanno le cose e per l'estrema debolezza del gruppo, ciò è altamente improbabile. Si tratta di una candidatura di bandiera destinata all'irrilevanza. Non ci sono ragioni per cui noi, in questa fase in cui c'è invece bisogno di far fare passi avanti all'opposizione democratica e patriottica, si debba condividere una scelta minoritaria destinata alla sconfitta.


I compagni umbri del Movimento Popolare di Liberazione - Programma 101




giovedì 24 ottobre 2019

KURDISTAN: CHI LA FA L'ASPETTI

Quando Pentagono e curdi delle YPG camminavano fianco a fianco
[ giovedì 24 ottobre 2019 ]
La drammatica vicenda storica del popolo curdo ha origini lontane. 
Recita un antico e terribile proverbio arabo:«Tre calamità vi sono al mondo: le locuste, i topi e i curdi».
Approfittando del vuoto lasciato dall'implosione dello stato siriano, dilaniato da una guerra civile ben presto diventato campo di battaglia tra potenze regionali e mondiali, le minoranze curde delle zone del nord-est della Siria confinanti con la Turchia — area in cui vivono anche arabi ed assiri —, si sono ben presto autorganizzate de facto giungendo costituendo un loro stato. 
All'inizio del 2015 il braccio armato dei curdi, le Unità di Difesa Popolare (YPG), respingono a Kobane l'assedio dello Stato Islamico. Subito dopo avviene la svolta strategica. Con le YPG come spina dorsale nell'autunno del 2015 viene fondato il fronte delle Forze Democratiche Siriane (SDF). Le SDF diventano presto una longa manus degli USA nella guerra per annientare il nemico pubblico numero uno: lo Stato Islamico. E' grazie a YPG e SDF, sostenute dal poderoso supporto aereo, logistico e finanziario nordamericano, che venne lanciata l'offensiva finale di sterminio contro lo Stato Islamico, conclusasi con la conquista di Raqqa (letteralmente rasa al suolo dai bombardamenti yankee) nell'ottobre 2017. Impossibile dimenticare: in tutto l'Occidente salivano smodati peana per "l'eroica vittoria curda sui tagliagole islamisti".
Si sapeva che la Turchia non avrebbe tollerato a lungo questo equilibrio di forze.
Eccoci dunque all'oggi. L'offensiva turca per occupare una lunga striscia di territorio siriano di confine per espellere le forze curde affinché sia possibile, come attesta l'articolo più sotto, una colossale operazione di rimpiazzo etnico. Operazione, è sotto gli occhi di tutti, avallata non solo da russi e americani, ma pure dal governo di Assad.
I curdi, per l'ennesima volta, lasciati a se stessi. Solo Israele e l'Unione europea gridano allo scandalo e dicono di restare a loro fianco.


*  *  *


SIRIA, LA GRANDE SPARTIZIONE E' INIZIATA
Con Putin garante e Trump a rimorchio.
In morte del sogno curdo


di Umberto Degiovannangeli


Tradimenti e deportazione. L’Onu ridotto a spettatore inerme. La Nato che non muove foglia per non irritare Ankara. Trump che annuncia di aver deciso di togliere le sanzioni imposte alla Turchia il giorno dell’inizio dell’invasione in Siria. L’Unione Europea latitante. Uno Stato membro delle Nazioni Unite che si vede di fatto amputata una parte di territorio che resterà nelle mani turche con la Russia come garante.

Le cifre in ballo dicono molto sulle intenzioni del progetto: stanziare 3,5 milioni di persone in un’area di 32 km per 450 significa modificare completamente la demografia, la società, la cultura di quei luoghi. Sintesi della capitolazione della comunità internazionale e delle sue istanze rappresentative sul fronte siriano. Dove a dettar legge sono i contraenti del “patto di Sochi”: il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, e il suo omologo turco Recep Tayyp Erdogan. Il primo che sarà garante della spartizione dei pozzi petroliferi del Roiava con Bashar al-Assad e l’alleato iraniano. La morsa si è chiusa attorno ai curdi siriani. Il presidente siriano “sostiene pienamente” i risultati dell’incontro tra Putin ed Erdogan a Sochi. Lo afferma il portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov, parlando con i giornalisti. A detta di Peskov, Assad ha anche assicurato la disponibilità “delle guardie di frontiera siriane di pattugliare insieme alla polizia militare russa il

Rojava: le zone controllate dalle YPG nel giugno 2015
confine” tra Siria e Turchia. Tali affermazioni, dice il portavoce del Cremlino, sono state fatte nel corso di una telefonata che Putin ha avuto con Assad per informarlo dei contenuti del Memorandum sottoscritto al vertice di Sochi. Durante il colloquio, avvenuto su iniziativa russa, il capo del Cremlino ha anche informato Assad che la “principale priorità consiste nel restaurare l’integrità territoriale della Siria e di rafforzare gli sforzi di natura politica”. Il regime di Damasco, prenderà il controllo del nord del Paese con la benedizione di Mosca, che funge da garante per Ankara rispetto alle mosse del presidente Bashar al -Assad. Un ruolo di garante che si manifesterà nel rinnovato impegno della Russia a garantire la prosecuzione dell’accordo di Adana, con cui il padre di Bashar, Hafez, nel 1998 si impegnò a impedire attacchi dei curdi del Pkk alla Turchia dal proprio territorio (Ypg è considerata l’ala siriana del Pkk e la contiguità tra le due organizzazioni è per Ankara un dato di fatto)

Un’intesa, quella tra Russia, governo siriano e turco, che esclude come già annunciato il quarto soggetto in campo, le milizie e la popolazione curda, e rappresenta la diretta conseguenza della stretta di mano in dieci punti raggiunta ieri a Sochi tra Erdogan e Putin. La Turchia continuerà a mantenere il controllo di un territorio di 120 km di estensione e 30 di profondità, compreso tra le città di Tel Abyad (ovest) e Ras Al Ayn (est) sottratto a Ypg con l’offensiva “Fonte di pace” delle scorse settimane. A partire dalle 12 di oggi militari russi e siriani controlleranno l’effettivo abbandono della safe zone da parte dei miliziani Ypg, entro 150 ore al di fuori dalla suddetta area, destinata a rimanere sotto il controllo di Ankara. Mosca si è impegnata a garantire l’abbandono totale dei miliziani Ypg della città di Tal Rifat, ma soprattutto di Manbij. Quest’ultima si trova fuori dalla “safe zone”, a ovest dell’Eufrate ed è da sempre un centro che la Turchia ha insistito con gli Usa negli ultimi anni perché fosse abbandonato da Ypg. Pattugliamenti congiunti Russia-Turchia sono invece previsti per una profondità di 10 km, a est e ovest del territorio tra Tel Abyad e Ras Al Ayn sotto il controllo dell’esercito di Ankara, lungo tutto il confine turco, con esclusione della città di Qamishli. Un’azione congiunta per la quale sarà
Un terzo della Siria: le zone sotto controllo YPG nel 2019
costituito un meccanismo di coordinamento permanente. Il fine condiviso da Erdogan e Assad è lo sradicamento dei curdi e la loro sostituzione forzata coi profughi siriani, che curdi non sono, ma che verrebbero stabilizzati in quella striscia di territorio denominato “zona di sicurezza”, adiacente al confine tra Turchia e Siria. Il che, tradotto in denaro, significa 27 miliardi di dollari per costruire villaggi, moschee, ospedali e scuole, ovvero un tentativo di ripresa economica per un Paese in gravissima crisi. Tutto questo operando una mastodontica sostituzione demografica, che porterebbe due milioni di profughi siriani in una striscia di terra al confine con la Turchia, fino ad allora abitata storicamente dai Curdi. Due milioni di profughi costretti a tornare nella terra da cui sono fuggiti perché perseguitati dal feroce regime di Assad, e centinaia di migliaia di curdi sparsi non si sa dove e perseguitati ancora una volta per la propria ambizione alla libertà, all’essere un popolo. Quella che si sta per avviare è una enorme operazione forzata di “sostituzione etnica”.

E’ l’arabizzazione del Rojava. E’ la disintegrazione di un modello, oltre che di un territorio, Le conseguenze dell’accordo si sono già viste a Ginevra: un uomo di etnia curda si è dato fuoco di fronte alla sede dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati(Unhcr). Il manifestante, un 30enne che vive in Germania, si è cosparso di benzina nel cortile dell’Unhcr, tra Rue de Montbrillant e Avenue de France. I soccorsi lo hanno trasferito in elicottero al Chuv di Losanna, un ospedale specializzato nel trattamento dei grandi ustionati. Nel frattempo, sempre l’infaticabile portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che gli Stati Uniti hanno “abbandonato” i loro alleati curdi in Siria lasciandoli affrontare da soli l’offensiva turca. “Gli Stati Uniti sono stati gli alleati più stretti dei curdi. Eppure li hanno abbandonati, essenzialmente li hanno traditi e ora preferiscono mantenere i curdi al confine. In pratica, li costringono a combattere i turchi”, sentenzia il portavoce, citato dall’agenzia di stampa Sputnik. Secondo Peskov, è “ovvio” che, se i curdi non si ritireranno dalla cosiddetta zona sicura al confine, le guardie di frontiera siriane e la polizia militare russa dovrebbero lasciare l’area. In questo caso, i restanti gruppi curdi, ha affermato, verrebbero “annientati” dall’esercito turco. “I due più grandi Paesi al mondo”, Usa e Russia, hanno riconosciuto la “legittimità” dell’operazione Fonte di Pace lanciata dalla Turchia nel nord-est della Siria e gli accordi raggiunti da Ankara con le due potenze sono “successi politici”. A rivendicarli è il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa Anadolu. In merito all’accordo raggiunto ieri a Sochi, il capo della diplomazia di Ankara ha sottolineato che se le forze turche individueranno “elementi terroristici nell’area dell’operazione Fonte di Pace, li neutralizzeranno”. Secondo Cavusoglu, l’azione della Turchia ha impedito la nascita di uno “Stato terrorista” nel nord della Siria. Il ministro ha quindi definito l’operazione una “svolta” per il futuro del Paese arabo.

La striscia di occupazione turca
Una forzatura trionfalistica? Niente affatto. Perché ad esultare per la realizzazione della “safe zone” è lo stesso inquilino della Casa Bianca. Trump ha definito un “grande successo” la creazione di una zona di sicurezza in Siria”. “Grande successo al confine tra Turchia e Siria, creato zona di sicurezza!”, ha twittato il presidente Usa, secondo cui” Il cessate il fuoco ha retto e le missioni di combattimento sono finite”, ha scritto su Twitter il presidente degli Stati Uniti. Inoltre, “i curdi sono al sicuro e hanno lavorato molto bene con noi”. E “al sicuro” sono stati definiti anche i prigionieri dell’Isis catturati. Ed è solo l’antipasto. The Donald dà appuntamento ai giornalista sul prato della Casa Bianca per provare a trasformare un tradimento in una vittoria: “Il cessate il fuoco tiene, credo che la tregua sarà permanente”, per questo le sanzioni alla Turchia “saranno revocate, annuncia Trump, rivendicando come ”questo risultato sia stato creato da noi, non da altre nazioni″. “Ho chiesto al segretario del Tesoro – dichiara il tycoon - di revocare tutte le sanzioni imposte il 14 ottobre in risposta all’offensiva della Turchia”. “Questa mattina - ha reso noto il presidente - il governo turco ha informato la mia amministrazione che fermerà i combattimenti e l’offensiva in Siria e renderà il cessate il fuoco permanente. E credo lo sarà”. Così, ha continuato nella sua dichiarazione dalla Diplomatic Reception Room, “le sanzioni saranno revocate a meno che non succeda qualcosa della quale non siamo felici”. “Ci aspettiamo che la Turchia rispetti i suoi impegni riguardo all’Isis”, aggiunge, rivendicando “il grande lavoro fatto, abbiamo risparmiato migliaia di vite”.

Un piccolo numero di soldati Usa resterà in Siria nell’area dove c’è il petrolio e si deciderà in futuro cosa fare col petrolio, ha poi aggiunto. Ma quel “qualcosa” del quale “non essere felici” è già avvenuto. Quanto alle coraggiose combattenti curde che tanto avevano emozionato l’Occidente, come marchio d’infamia per una Europa incapace di andare oltre parole di condanna e uno stop tardivo e parziale alla vendita di armi alla Turchia, valga un video agghiacciante, che circola in rete. “Questa è una delle vostre puttane. Ora è sotto i nostri piedi”. Il video dell’infamia, rilanciato da analisti
internazionali come Mutlu Civirolu, mostra un gruppo di uomini appartenente alle fazioni supportate dalla Turchia, esultare per l’uccisione di una combattente curda tra Kobane e Tal Abyad. Il gruppo, in particolare, è quello di Faylaq Majid, coinvolto nella battaglia nella regione di Idlib contro il regime di Bashar al-Assad e alleato di milizie jihadiste come quella di Tahrir al-Sham e Ahrar al-Sham L’identità della milizia è rivelata, nel filmato dagli stessi aguzzini, e confermata dai ricercatori del Rojava Information Center. Milizie assoldate da Erdogan, con il sostegno di Putin e l’avallo di Trump. La vergogna si è consumata. Il cerchio si è chiuso. La “grande spartizione” può iniziare.

* Fonte: Huffington Post



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