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Manolo Monereo |
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giovedì 13 febbraio 2020
DOPO LA BREXIT, LA RUSSIA COME ALTERNATIVA? di Manolo Monereo
sabato 31 agosto 2019
IL POPULISTA PERFETTO
[ sabato 31 agosto 2019 ]
Tanto si è discusso e si discute negli ultimi anni sul populismo. Le letture del fenomeno sono diverse, quanti i giudizi.
Per quanto ci riguarda il nostro lo abbiamo riprecisato giorni addietro parlando di Matteo Salvini e della sua Lega.
Non parliamo quindi del populismo in America latina, dov'è risorto nel secolo scorso, quanto di quello che va oggi per la maggiore nell'Occidente capitalistico, venuto alla ribalta come fenomeno politico dopo la grande crisi esplosa nel 2007-2008 negli Stati Uniti.
Non sarà un caso che proprio al centro dell'Impero, sconquassato da quella crisi, abbiamo avuto il fenomeno Donald Trump, con la sua sorprendente ascesa al potere. Vale la pena riascoltare, proprio per capire cosa il populismo sia, uno dei discorsi che fece durante la campagna elettorale del 2016 per la presidenza della repubblica.
Un attacco durissimo all'élite e all'establishment, alla globalizzazione e alla finanziarizzazione dell'economia.
Se non si trattasse di un miliardario di fede liberista sembrerebbe di ascoltare un leader del movimento Occupy Wall Street nato nel settembre 2011...
Tanto si è discusso e si discute negli ultimi anni sul populismo. Le letture del fenomeno sono diverse, quanti i giudizi.
Per quanto ci riguarda il nostro lo abbiamo riprecisato giorni addietro parlando di Matteo Salvini e della sua Lega.
Non parliamo quindi del populismo in America latina, dov'è risorto nel secolo scorso, quanto di quello che va oggi per la maggiore nell'Occidente capitalistico, venuto alla ribalta come fenomeno politico dopo la grande crisi esplosa nel 2007-2008 negli Stati Uniti.
Non sarà un caso che proprio al centro dell'Impero, sconquassato da quella crisi, abbiamo avuto il fenomeno Donald Trump, con la sua sorprendente ascesa al potere. Vale la pena riascoltare, proprio per capire cosa il populismo sia, uno dei discorsi che fece durante la campagna elettorale del 2016 per la presidenza della repubblica.
Un attacco durissimo all'élite e all'establishment, alla globalizzazione e alla finanziarizzazione dell'economia.
Se non si trattasse di un miliardario di fede liberista sembrerebbe di ascoltare un leader del movimento Occupy Wall Street nato nel settembre 2011...
sabato 16 marzo 2019
MEGLIO LA CINA CHE GLI U.S.A. di Piemme
C'è qualcosa che non quadra nel casino sul Memorandum of Understanding (MoU –Memorandum d’Intesa) che l’Italia
dovrebbe sottoscrivere con la Cina in merito alla “Nuova via della seta“ o Belt and Road Initiative (BRI) — il grande progetto con cui Pechino punta a rilanciare la connettività infrastrutturale e commerciale della grande massa continentale eurasiatica e a edificare una nuova architettura economico-commerciale. Conviene all'Italia diventare un partner strategico di Pechino? Secondo noi certamente sì.
* * *
Come un sol uomo, contro l'accordo tra Italia e Cina, stanno lanciando strali la Casa Bianca e la
Commissione europea —quindi in Italia Pd e camerieri vari, tra cui Matteo
Salvini e la Meloni. Due le parole chiave: “minaccia” e “rischio”: “Sono
minacciati i valori economici dell’Occidente democratico” e “col 5G della
Huawei è a rischio la sicurezza nazionale”
La piddina Mogherini, “Alto” commissario, e Katainen
rincarano la dose:
«La Cina è oramai un avversario sistemico che ha modelli di governance diversi, dobbiamo difendere principi e valori… sono a rischio la prosperità, il modello sociale e i valori della Ue nel lungo periodo…. Nessuno può effettivamente raggiungere i propri obbiettivi con la Cina da solo, tutti hanno la responsabilità di assicurare il rispetto del diritto e delle pratiche europee»
[Corriere della sera del 12 marzo]
Che è come dire che all’Italia, già duramente penalizzata
dalla moneta unica e dalle regole euriste, dev’essere impedito di perseguire
una politica commerciale ed estera sovrana.
Quindi la Commissione si lamenta che le aziende europee
«… scontano un deficit di competitività poiché quelle cinesi hanno alle spalle o lo Stato o enormi sussidi pubblici oltre che differenti standard aziendali e sindacali».
Quel che si dice far la pipì fuori dal vaso. Senza
accorgersene i soloni della Commissione europea ammettono che il loro tanto
decantato efficientismo liberista ha fatto
fallimento, che non regge lo scontro
col capitalismo made in China, a
causa del ruolo centrale dello Stato che là non si genuflette al mercato ma
tenta di regolarlo, e perché Pechino ha il pieno controllo non solo della banca centrale ma di tutto il sistema bancario e se ne sbatte del “pareggio di bilancio”. Per quanto concerne i salari ed i
diritti dei lavoratori vale ricordare che essi in Cina sono triplicati in un
ventennio e mentre qui da noi i salari stanno scendendo a picco ed i diritti che
c’erano una volta sono oramai solo un miraggio.
Due pesi e due misure
Non si potrebbero dunque, per gli eurocrati, fare affare con la
Repubblica popolare cinese, anche perché, dice sempre la Commissione europea,
ci sono di mezzo “i diritti umani che la Cina calpesta” e infine, udite! udite!
per una questione di “cambiamenti climatici, visto che la Cina sarebbe “il più
grande produttore di emissioni di carbonio”.
Ci sarebbe da far notare a lorsignori che gli Stati Uniti,
tanto più dopo che Trump ha stracciato gli accordi di Parigi sul clima, sono il
secondo produttore di Co2 subito dopo la Cina, e malgrado ciò non solo si fanno
affaroni con gli Stati Uniti, ma si continua, in nome dalla “solidarietà
atlantica” ad essere loro strettissimi alleati. Per non parlare degli affari, e
dei legami strategici, che l’Unione europea, Italia compresa, intrattiene col
fior fiore dei paesi in cui i diritti umani vengono calpestati o sono responsabili
di politiche razziste e guerrafondaie, tre esempi su tutti: Israele, Arabia Saudita
e Ucraina.
Senti chi parla!
Ci sono altre chicche nelle raccomandazioni della
Commissione europea al governo italiano per impedirgli (anche in questo campo)
di perseguire l’interesse nazionale.
Ad un certo punto si dice che l’espansione cinese sarebbe
dannosa per i paesi africani poiché
«gli investimenti cinesi si trasformano spesso in alto livello di indebitamento e nel trasferimento del controllo di risorse e asset strategici».
Ah! Ah! Ah! I lupi di Bruxelles, travestiti da agnelli che
compiono una descrizione perfetta delle politiche colonialiste e poi
imperialiste con cui l’Occidente, depredando le genti del Sud del mondo, ha
alimentato la bestia del suo capitalismo vorace. Davvero formidabile la chicca
sul debito: vero che la Cina non va in Africa (e altrove) a far regali, che
segue un modus operandi che pone i propri interessi davanti a
quelli dei partner (per alcuni anche predatorio), che vende i suoi investimenti a prezzi salati (sempre
meno di quelli occidentali). Ma che dire del capitalismo casinò, del
capitalismo iper-finanziarizzato, che proprio sul ricatto del debito si basa?
Che col debito ricatta stati e compra governi di mezzo mondo? Che dire dell’Unione europea che
a causa del pretesto del debito ha affondato una intera nazione, la Grecia, e
che col motivo del debito ha sequestrato la sovranità italiana e di altri paesi?
Chi spia chi?
L’ultimo motivo di chi vuole far recedere il governo Conte,
ed anzitutto i 5 Stelle, costringendoli a stracciare l’Intesa con la Cina è
quello del 5G, lo standard di ultima generazione dove Huawei e Zte sono aziende
fortissime in termini di competitività e brevetti.
Com’è noto la Casa Bianca ha già stabilito che Huawei negli
USA non entra perché “con i suoi telefoni la Cina spia il mondo”. Gli americani
vorrebbero che il colosso cinese fornisse loro le chiavi di decriptazione dei
loro sistemi. Richiesta che Huawei si rifiuta giustamente di soddisfare, per la
semplice ragione che ove lo facesse finirebbe per azzerare il vantaggio che
oggi ha sui suoi concorrenti (americani).
Sta di fatto che l’amministrazione americana ha apertamente
messo in guardia l’Italia (e nel caso la Germania), pena ritorsioni,
dall’adottare le tecnologie cinesi per il 5G — il che significa utilizzare solo
quella a stelle e strisce. C’è chi fa notare la natura pretestuosa della
pressione americana, visto che Huawei vende già in Italia telefoni e router a
migliaia di aziende, Tim compresa.
Ammettiamo ora che sia vero che via Huawei Pechino voglia
spiarci. Che forse oggi gli americani non ci spiano? E’ un segreto di
pulcinella non solo che Google, facebook, Amazon, Apple e Microsoft origlino e
sorveglino miliardi di cittadini, che questi colossi passino poi le loro
sterminate informazioni agli organismi di sicurezza come Nsa, Cia ecc. E non è
un segreto che l’Unione europea dovette sostituire tutti i computer Microsoft a
Bruxelles poiché attraverso essi gli USA spiavano sistematicamente i lavori
della Commissione europea e tutti i suoi dipartimenti. Com’è altrettanto noto che i servizi segreti americani abbiano spiato addirittura governi e capi di stato — tra cui
la stessa Merkel. Vogliamo poi parlare della NATO e delle centinaia di basi
militari americani disseminate in Europa? Non si tratta forse di strumenti con
cui gli USA ci obbligano ad una sovranità limitata?
Insomma, gli americani sono gli ultimi a poter dare lezioni
di fair play, non credibili quando chiedono il rispetto delle regole. Essi sono
i primi a violare la sicurezza e la sovranità degli altri stati.
Salvini l'atlantista
Per cui è davvero patetico che anche Matteo Salvini si sia
allineato al “partito americano”, mettendo in difficoltà non solo Conte e Di
Maio ma lo stesso Michele Geraci che per mesi han lavorato all’intesa con
Pechino. C’è chi si era illuso su questo “sovranista” e si stupisce per l’atto
di fede atlantista di Salvini, — già dimenticato
ha dimenticato il suo viaggio Israele? Già scordato il voltafaccia
salviniano sulle sanzioni alla Russia ed altre porcherie in politica estera?
Insomma, ben fa il governo, in barba alle minacce USA ed ai
mugugni di Piddini, Berluscones e Salvini, ad allacciare più solide relazioni
commerciali con la Cina. Ciò non solo è nell’interesse del Paese, ma va fatto e
può essere fatto senza cedere ulteriori porzioni di sovranità nazionale. Basta
volerlo davvero, ovvero compiere un duplice gesto di disobbedienza, agli USA e
alla Commissione europea.
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giovedì 8 novembre 2018
PROVE DI GUERRA CIVILE di Moreno Pasquinelli
[ 8 novembre 2018 ]
No, la mappa che vedete sopra non raffigura l'esito delle elezioni di metà mandato. Rappresenta i due opposti schieramenti nella guerra civile americana la quale, per chi non lo sapesse, fu la più sanguinosa e spietata che l'umanità avesse mai conosciuto fino a quel momento — tanto per smentire, ove ce ne fosse bisogno, l'idea fasulla di Hitler che gli americani erano sì gangster ma non veri soldati.
Sarà chiaro che il trumpismo, in barba ai desiderata dei liberal, non è una meteora. E' piuttosto condannato a consolidarsi, e con ciò la frattura in seno alla società nordamericana diventerà sempre più grande. I due blocchi contrapposti si vanno lentamente configurando e la reciproca ostilità è destinata ad accentuarsi. Ne è prova che non appena conquistata la maggioranza nella Camera dei Rappresentanti i "democratici" — consapevoli appunto che quella del trumpismo è un'onda lunga — dicono che procederanno nella messa in stato d'accusa del Presidente il quale, come mossa preventiva e fulminea, ha messo alla porta il ministro della Giustizia, Jeff Sessions.
Il futuro potrà confermare o smentire quel che penso, ma voglio dire quel che penso, che siamo davanti alla avvisaglie di una guerra civile che travolgerà proprio il centro dell'impero. E siccome parliamo proprio della di gran lunga più grande potenza mondiale, ciò non potrà non avere devastanti ripercussioni geopolitiche globali.
E' un paradosso che rispetto alla guerra civile si assista ad un'inversioni delle parti. Allora quella progressista unionista guidata da Abraham Lincoln, per nome e per conto della borghesia industriale in ascesa, era rigidamente protezionistica, mentre quella dei federati sudisti, in rappresentanza di una borghesia cotoniera tutta votata all'esportazione, era fermamente liberoscambista. Oggi come allora: protezionismo contro liberoscambismo. Oggi come ieri si rifan la guerra due frazioni della grande borghesia americana, ed esse, pur essendo entrambi whasp, hanno bisogno di una narrazione, di un alibi ideologico per giustificare e camuffare la posta in gioco del conflitto, cioè quale cosca capitalistica debba avere il predominio. I liberoscambisti, per intruppare i cittadini nella loro armata, usano la maschera del multiculturalismo e del progressismo, i protezionisti, al contrario, debbono esaltare le radici bianche e puritano-calviniste.
La maschera non è un orpello, una decorazione accessoria. Popoli e nazioni si sono già combattuti in nome di Dio e di simulacri religiosi. E gli Stati Uniti sono il paese del mondo in cui proliferano sette e chiese d'ogni tipo.
Nel nuovo feudalesimo che colora il tramonto del capitalismo senescente, proprio al suo centro, vecchie pulsioni risorgono. E tutto diventa plausibile.
sabato 21 aprile 2018
CIA, NSA E CAMPO ANTIMPERIALISTA
[ 21 aprile 2018 ]
GRAZIE SNOWDEN!
di Campo Antimperialista Italia*
Si leggeva su la Repubblica del 1 aprile
Ambasciatore Sergio Vento
Ambasciata d'Italia
3000 Ehitehaven Street, N.W.
Washington, D.C., 20008
In ogni caso non lasciamo la ricostruzione della storia alle agenzie di intelligence dell'imperialismo. Quello che Edward Snowden ha coraggiosamente reso pubblico, se da un lato non ci sorprende di certo, dall'altro dovrebbe far suonare più di un campanello d'allarme sul controllo totalitario della società da parte di questi potenti strumenti dell'oligarchia al potere.
* Fonte: Campo Antimperialista - Italia
GRAZIE SNOWDEN!
di Campo Antimperialista Italia*
Si leggeva su la Repubblica del 1 aprile
«In un file del 2005, portato alla luce dall'ex analista Cia, rivelato il controllo dell'agenzia Nsa sugli appartenenti all'ala italiana di Campo Anti-Imperialista».Sapevamo dello spionaggio americano ai nostri danni. La conferma dall'ex analista della Cia e consulente della Nsa
La National Security Agency (NSA) ha spiato a lungo (e probabilmente non ha mai smesso di farlo) il Campo Antimperialista. Lo ha rivelato un file reso pubblico da Edward Snowden, l'ex consulente della stessa agenzia che nel giugno 2013 ha rotto con l'intelligence americana per rivelare molti documenti top secret, allo scopo di denunciare la minaccia alla libertà ed alla democrazia rappresentata dallo strapotere degli spioni a stelle e strisce. Tra questi documenti, quelli che riguardano lo spionaggio ai nostri danni, ed in particolare uno di cui dà notizia ai lettori italiani il quotidiano la Repubblica del 1° marzo scorso.
Per chi non lo sapesse la NSA è - per mezzi, budget e personale - la più potente agenzia di intelligence degli Stati Uniti e del mondo intero. Ben più potente della stessa CIA, ha tra le sue specialità lo spionaggio informatico.
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Parigi, gennaio 2003, congresso dell'Opposizione Patriottica Irachena |
«Snowden, nuove rivelazioni: nel mirino dello spionaggio Usa anarchici e no-global italiani», questo il titolo un po' fuorviante de la Repubblica. Ma già il sottotitolo chiarisce: «In un file del 2005, portato alla luce dall'ex analista Cia, rivelato il controllo dell'agenzia Nsa sugli appartenenti all'ala italiana del Campo Antimperialista».
L'articolo di Stefania Maurizi si basa infatti su un file top secret, uscito sul giornale on-line The Intercept, del giornalista del Guardian Glenn Greenwald, che ha pubblicato molti articoli basati sulle informazioni provenienti da Snowden, facendo vincere tra l'altro il Premio Pulitzer al giornale.
Questo il passaggio centrale dell'articolo della Maurizi:
«“Il Campo Anti-Imperialista e i suoi supporter sono finiti sullo schermo radar dell'antiterrorismo a causa della loro provocatoria retorica anti-americana, che usavano nei loro frequenti contatti con un altro [nostro, ndr] obiettivo: il gruppo terroristico “Paese Basco e Libertà” (Eta)”, recita il documento top secret, che continua: “Una prima verifica veloce sul Campo Anti-Imperialista ha rivelato che, sebbene il gruppo nutra un estremo disprezzo per gli Usa e le loro tendenze 'imperialiste', avesse comunque scelto di manifestarle con proteste legittime. Tuttavia, un esame più approfondito rivelava una natura duplice dell'organizzazione che, mentre in pubblico sposava la causa dell'azione politica legittima, in privato aiutava e supportava i movimenti di resistenza in Iraq e in Palestina, come anche numerosi gruppi terroristici, come l'Eta, il movimento turco DHKP/C, il Fronte di liberazione popolare della Palestina, Hezbollah e le Farc, tanto per citarne alcuni”».
L'accusa al Campo Antimperialista è chiara. Ad una attività pubblica che, bontà loro, riconoscono come legittima, per gli spioni della NSA avrebbe corrisposto «in privato» (sic!) un'attività non meglio precisata di sostegno alle resistenze. Attività che, si badi, neppure questi servi dell'ideologia imperiale arrivano a definire "illegittima", ma che qualificano come filo-terrorista, dato che per loro sono «gruppi terroristici» tutti i movimenti antimperialisti, di resistenza e di liberazione nazionale.
Sul punto cascano davvero male, dato che il Campo non ha mai nascosto il proprio sostegno alle forze rivoluzionarie ed alle resistenze antimperialiste, a partire da quelle che in Medio Oriente lottavano e lottano contro le invasioni americane ed occidentali e contro il sionismo.
Ma qui bisogna stare al contesto. Il documento della NSA è del 18 agosto 2005. Una data che spiega molte cose, e che rimanda al vero punto caldo di quel periodo: la coraggiosa resistenza opposta dal popolo iracheno all'invasione americana del proprio Paese. Lotta che il Campo Antimperialista, anche come principale promotore dei Comitati Iraq Libero, ha sempre sostenuto apertamente, pubblicamente ed orgogliosamente.
Ma qui bisogna stare al contesto. Il documento della NSA è del 18 agosto 2005. Una data che spiega molte cose, e che rimanda al vero punto caldo di quel periodo: la coraggiosa resistenza opposta dal popolo iracheno all'invasione americana del proprio Paese. Lotta che il Campo Antimperialista, anche come principale promotore dei Comitati Iraq Libero, ha sempre sostenuto apertamente, pubblicamente ed orgogliosamente.
Visto che si parla di cose non più recenti, può essere utile ricordare sommariamente le vicende di quegli anni, in particolare quelle che vanno dal 2003 al 2005.
2003
Come noto, nel marzo 2003 le truppe americane invadono l'Iraq. Sconfitto l'esercito di Saddam, con la presa di Baghdad nel mese di aprile, la resistenza all'occupazione inizia ad organizzarsi nei mesi successivi. E già nell'estate è chiaro che gli invasori avranno vita dura.
A settembre, il Campo Antimperialista lancia la campagna «Dieci euro per la resistenza irachena» e l'appello per una manifestazione nazionale a sostegno del «popolo iracheno che resiste». Le adesioni saranno migliaia. Un risultato straordinario se si tiene conto della campagna di demonizzazione dell'iniziativa. Il martellamento dei media è ossessivo: per loro quella degli iracheni non è resistenza bensì terrorismo. Aderiscono a questa impostazione anche le forze della sinistra precedentemente impegnate nel movimento pacifista. Rifondazione Comunista pretende - per la verità senza troppo successo - di impedire ai propri militanti l'adesione all'appello. La stessa cosa fanno i DS e la Cgil. Impressionante, su istigazione del governo Berlusconi, l'offensiva denigratoria dei media, tutti schierati contro la manifestazione, da Libero a Liberazione (passando
per Corriere e Repubblica) come rilevammo allora. Nonostante il clima da caccia alle streghe la manifestazione si svolgerà regolarmente e con successo a Roma il 13 dicembre 2003.
2004
A due mesi dall'attacco USA: Baghdad, gennaio 2003 |
2004
Sullo slancio di questo successo, si costituirà nel gennaio 2004 il coordinamento dei Comitati Iraq Libero, attraverso i quali verranno organizzate decine di iniziative pubbliche in tutta Italia, spesso anche con la partecipazione di esponenti della Resistenza irachena.
Per gli imperialisti ed i loro sostenitori italiani era troppo. Dalla campagna di stampa si passa così alla repressione. Il 1° aprile 2004, su mandato della Procura di Perugia,
vengono arrestati tre dirigenti del Campo Antimperialista: Moreno Pasquinelli (portavoce internazionale del Campo), Maria Grazia Ardizzone ed Alessia Monteverdi. L'accusa era quella di aver aiutato degli esuli turchi, ma evidente fu a tutti il tentativo di colpirci proprio nel cuore della mobilitazione sull'Iraq.
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Roma marzo 2003: alla immensa manifestazione contro l'aggressione USA all'Iraq |
Una valutazione che così esprimemmo a caldo già il giorno degli arresti:
«Gli arresti di questa mattina sono una chiara rappresaglia contro la realtà che si è maggiormente distinta nel sostegno alla Resistenza ed alla lotta di liberazione che il popolo iracheno conduce contro la barbara ed illegittima occupazione di quel paese da parte delle truppe americane e di quelle dei paesi alleati, tra i quali l’Italia».
Dal punto di vista del diritto le accuse erano manifestamente infondate, anche se i telegiornali non avevano perso l'occasione per dare come prima notizia lo «smantellamento di una centrale terrorista internazionale». Sta di fatto che il 24 aprile il Tribunale del Riesame di Perugia ordina la scarcerazione dei tre compagni, per i quali - anni dopo - arriverà la definitiva sentenza d'assoluzione.
Il crollo del castello accusatorio non fermerà però i soliti "giornalisti", diversi dei quali sul libro paga dei servizi. Costoro, dal 2003 al 2006, scrissero pagine e pagine contro il Campo Antimperialista ed Iraq Libero, indicandoci come amici dei terroristi e forza di collegamento tra vari gruppi armati. Ovvia conseguenza di questa campagna la continua richiesta di nuovi arresti, in cui si distinsero in particolare Libero e il Giornale.
Nell’estate 2006 divenne di pubblico dominio quel che sospettavamo da tempo. Il vicedirettore di Libero, quel sant’uomo di Renato Farina che tanto del suo tempo ci aveva dedicato, era un collaboratore del Sismi. Agente “Betulla” il suo nome in codice, l’addetto alla disinformazione Pio Pompa il suo diretto superiore. Da quella vicenda emersero anche altri nomi di “giornalisti” nell’elenco dei collaboratori del Sismi, diversi dei quali resisi protagonisti delle campagne di stampa contro il Campo Antimperialista. Avemmo così la conferma di chi costruiva le veline, le “analisi”, gli articoli prefabbricati che ci venivano scagliati contro.
Visto che questo articolo è dedicato agli spioni, ricordarlo è utile. Anche perché si tratta evidentemente di quello stesso Sismi che collaborava a pieno regime con la CIA e la NSA.
2005
A due anni dall'inizio dell'occupazione, la Resistenza in Iraq si allarga. Così pure la rete che ne sostiene le ragioni politiche, in Europa e nel mondo, rete di solidarietà che aveva proprio in Italia il suo centro propulsore.
Roma marzo 2006: grande manifestazione per la Resistenza Irachena Jabbar al-Khubaysi (a sinistra ) e Moreno Pasquinelli |
Nella primavera, un vasto schieramento di forze promuove una Conferenza Internazionale a sostegno della Resistenza irachena da tenersi agli inizi di ottobre in Italia. Oltre ad alcune componenti irachene (tra le quali l'Alleanza Patriottica Irachena di Jabbar al Kubaysi, di cui diremo dopo), a diverse organizzazioni arabe e di altri paesi asiatici, sono rappresentati tra i promotori parecchi paesi europei: Francia, Spagna, Germania, Austria, Danimarca, Ungheria, Grecia, Svezia, Norvegia, oltre naturalmente all'Italia.
L'importanza politica di questa iniziativa è evidente. Si trattava di dare riconoscimento politico alla Resistenza. A tale scopo erano invitati a partecipare numerosi esponenti delle resistenze medio-orientali (tra queste, ovviamente, quella palestinese e quella libanese), ma soprattutto qualificati rappresentanti della Resistenza e della società civile irachena quali Ayatollah Sheikh Jawad al Khalesi, leader del Iraqi National Foundation Congress; Ayatollah Sheikh Ahmed al Baghdadi; Salah al Mukhtar, già ambasciatore iracheno in India; Sheikh Hassan al Zargani, Portavoce internazionale del movimento di Muqtada al Sadr; Mohamad Faris, Comunista patriottico iracheno; Ibrahim al Kubaysi, fratello del segretario dell’Alleanza Patriottica Irachena, rapito dagli americani il 4 settembre 2004.
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La manifestazione del 2 ottobre 2005 per ottenere i visti ai compagni iracheni |
Per poter svolgere la Conferenza era necessario che il governo italiano concedesse i visti di ingresso agli ospiti mediorientali. Ma quando tutto sembrava procedere, ed era giunto anche il benestare dall'ambasciata italiana a Baghdad, arriva un pesante intervento dagli Stati Uniti. Siamo proprio agli inizi di quell'agosto 2005 del documento della NSA.
In quel testo, ripreso dall'articolo di Repubblica, si afferma che:
«La conoscenza del Campo Anti-Imperialista e delle sue connessioni ha prodotto, a quanto pare, una recente comunicazione diplomatica del governo americano a quello italiano, nella quale gli Usa hanno chiesto l'arresto di appartenenti all'ala italiana del Campo Anti-Imperialista».
In realtà l'annotazione degli spioni della NSA si riferisce alla lettera inviata da 44 membri del Congresso degli Stati Uniti all'ambasciatore italiano a Washington, Sergio Vento. La lettera reca la data del 28 giugno 2005, ma essa diviene di pubblico dominio solo il successivo 5 agosto. Questo il suo illuminante contenuto:
Congresso degli Stati Uniti
Washington, DC 20515
28 giugno 2005
Washington, DC 20515
28 giugno 2005
Ambasciatore Sergio Vento
Ambasciata d'Italia
3000 Ehitehaven Street, N.W.
Washington, D.C., 20008
«Caro ambasciatore Vento:Scriviamo per esprimere la nostra preoccupazione perché gruppi che appoggiano attività terroristiche hanno in progetto di incontrarsi prossimamente in territorio italiano per pianificare una campagna di appoggio finanziario al terrorismo. Come lei forse saprà, membri e simpatizzanti del "Campo Anti-imperialista" (AIC) stanno organizzando un incontro a Roma nei giorni 1-2 ottobre per una Conferenza Internazionale di Appoggio alla Resistenza Irachena.Noi riteniamo che l'AIC, che funge da coalizione di vari gruppi legati al regime di Saddam Hussein e agli insorti iracheni, faccia parte di una rete internazionale di finanziamento dei terroristi che si estende dall'Iraq all'Europa. In un convegno del settembre 2003 in Italia, vicino ad Assisi, città il cui nome è legato in perpetuo alla pace, il "Campo Anti- Imperialista" lanciò una campagna "Dieci Euro per la Resistenza Irachena", per inviare aiuti verso aree in cui è ben nota l'attività delle forze degli insorti, compresa la provincia di Al Anbar. Questo gruppo ritiene che la violenza per resistere al nuovo governo iracheno e ai suoi alleati della Coalizione sia legittima e ammette tranquillamente di essere favorevole all'utilizzo del denaro per acquistare armi ed equipaggiamento militare.Sulla base delle dichiarazioni pubbliche dell'AIC e di altri gruppi, riteniamo che la conferenza di Roma sarà utilizzata per raccogliere ulteriori fondi per il terrore in Iraq e per coordinare campagne simili in tutta Europa e nel mondo.L'Italia e gli Stati Uniti hanno una lunga storia di collaborazione per la libertà, dai giorni di Garibaldi fino alla Guerra Fredda. Attualmente americani e italiani operano in Iraq affrontando insieme il pericolo continuo di attacchi terroristici. Non lasciate che quanti odiano la coraggiosa lotta del popolo iracheno per conquistare la democrazia e la sicurezza possano usare l'Italia come base per le loro campagne di finanziamento. Siamo pronti a lavorare con i nostri governi per fermare il flusso di denaro ai terroristi e difendere i valori che condividiamo».
La Lettera dei 44 membri del Congresso USA
Cordiali saluti,Seguono 44 firme
Oltre alla solita retorica "democratica", che si commenta da sola; è da segnalare come - in mancanza di appigli giuridici per impedire l'attività degli antimperialisti - sia ricorrente il pretestuoso tema dei "finanziamenti", sempre utile per insinuazioni di ogni tipo.
Il comitato organizzatore della Conferenza denunciò subito la grave ingerenza americana con queste parole:
«Le pretese e l’arroganza della classe politica americana non hanno limiti. 44 membri del Congresso degli Stati Uniti hanno scritto una lettera all’ambasciatore italiano a Washington, Sergio Vento, con la quale chiedono in sostanza al governo Berlusconi di chiudere la bocca a chi, opponendosi con l’iniziativa politica alla strategia aggressiva e guerrafondaia degli USA, sostiene la legittima Resistenza del popolo iracheno. In particolare la lettera chiede di fatto la messa fuori legge del Campo Antimperialista, una delle componenti della coalizione che sta organizzando la Conferenza internazionale per la pace e la Resistenza in Iraq prevista per i giorni 1 e 2 ottobre proprio in Italia.
E proprio la conferenza è il bersaglio più generale dei parlamentari USA. La loro richiesta è che il governo italiano ne impedisca in ogni modo lo svolgimento. Proprio questa forsennata aggressività dimostra da un lato la natura totalitaria del disegno di dominio planetario di Washington e, dall’altro, l’assoluta centralità della lotta di liberazione condotta dal popolo iracheno contro le truppe di occupazione. Proprio per questo la Conferenza di ottobre assume una grande importanza anche come occasione per una pace giusta in Iraq. Il fatto che gli USA vogliano impedirla deve essere un grande stimolo per la sua piena riuscita.
Le pazzesche pretese degli Stati Uniti debbono essere respinte. E’ ora che il movimento contro la guerra faccia sentire la propria voce. E’ ora che tutti i democratici si mobilitino a difesa delle libertà costituzionali. Sostegno alle lotte dei popoli oppressi e difesa delle libertà democratiche sono infatti due facce della stessa medaglia, due aspetti di una stessa battaglia che devono vivere uno accanto all’altro. Vogliono chiuderci la bocca: non ci riusciranno!»
A seguito della diffusione della lettera dei congressisti USA, l'ambasciata italiana a Baghdad, con una comunicazione dell'8 agosto, si rimangiò il precedente "no problem" sui visti. Come era scontato che fosse il governo italiano si era immediatamente piegato al diktat di Washington.
In risposta a questo atto vergognoso, a metà agosto uscì un appello, rivolto al ministro degli Esteri Fini, per chiedere il rilascio dei visti. L'appello - sottoscritto da numerosi intellettuali - così si concludeva:
«La evidente pressione esercitata sul governo italiano dagli Stati Uniti, che ha portato alla negazione dei visti, rischia di rendere impossibile lo svolgimento di una conferenza che potrebbe contribuire alla ricerca di una pace giusta in Iraq, nel rispetto del diritto all’autodeterminazione dei popoli. I sottoscritti, di fronte a questa gravissima ingerenza negli affari interni del nostro paese che calpesta i diritti democratici sanciti dalla Costituzione, chiedono al Ministero degli Esteri a al governo italiano di garantire il rilascio dei visti richiesti».
Tra i primi firmatari il giornalista Giorgio Bocca, Gianni Vattimo, Giulio Girardi, Samir Amin, Luigi Cortesi, Falco Accame, Franco Cardini, Stefano Chiarini, Gianfranco La Grassa, Costanzo Preve, Jan Myrdal, Giovanni Franzoni, Don Andrea Gallo e (sorpresa, ma ne è passata di acqua sotto i ponti) Roberto Saviano.
Né questo appello, né il successivo sciopero della fame di 8 esponenti dei Comitati Iraq Libero, cambieranno la decisione del governo italiano. La conferenza venne così rinviata. Essa poté svolgersi solo nel marzo 2007, quando il nuovo ministro degli Esteri D'Alema concesse i visti, ottenendo però dai media un sostanziale oscuramento dell'evento.
Prima di chiudere alcune parole vanno dette sulla vicenda del compianto nostro fratello Jabbar al Kubaysi. Il documento della NSA parla dell'«arresto di un finanziatore di alto profilo della resistenza irachena». Prescindendo dalla loro ossessione per i "finanziamenti", è chiaro come gli spioni si riferiscano proprio a lui. Ma asserire di essere arrivati al suo arresto grazie allo spionaggio delle attività del Campo è semplicemente ridicolo. Al Kubaysi (scomparso nel 2011) era infatti un personaggio assolutamente noto in Iraq e completamente pubblica era la sua attività a favore della Resistenza in Europa ed in Italia, dove era stato nostro ospite per la prima volta già agli inizi del 2003.
Qui è chiaro come gli agenti della NSA abbiano voluto vantarsi un po'. In realtà Jabbar venne arrestato dagli americani il 4 settembre 2004 nei pressi di Falluja, la sua “città martire”, accusato di essere uno dei massimi esponenti del “terrorismo iracheno” in connubio, non solo coi fedeli di Saddam Husssein e al-Durri, ma pure con al-Qaeda. Sconterà un anno e mezzo di carcere duro, per poi essere liberato, anche grazie alla mobilitazione, sia irachena che internazionale. Una volta scarcerato egli venne espulso dall’Iraq per imboccare la via di un secondo esilio. Tornerà quindi in Italia diverse volte e parteciperà alla già ricordata Conferenza Internazionale del 2007.
Conclusione
Sia pure in maniera necessariamente sintetica, abbiamo cercato di ricostruire le complesse vicende di quegli anni. Anni in cui fummo sostanzialmente i soli ad alzare con forza la bandiera della Resistenza contro l'imperialismo e le sue guerre, mentre altri si crogiolavano nell'ebete formula del "né con la guerra né col terrorismo". E' vero, le resistenze (a partire da quella irachena) hanno registrato diverse sconfitte. Ma anche i progetti dell'imperialismo hanno subìto - proprio grazie ad esse - le loro battute d'arresto. E che il sostegno alla Resistenza irachena, di cui andiamo fieri, sia finito nel mirino della NSA è solo una conferma in più della giustezza e dell'importanza di quella battaglia.
In ogni caso non lasciamo la ricostruzione della storia alle agenzie di intelligence dell'imperialismo. Quello che Edward Snowden ha coraggiosamente reso pubblico, se da un lato non ci sorprende di certo, dall'altro dovrebbe far suonare più di un campanello d'allarme sul controllo totalitario della società da parte di questi potenti strumenti dell'oligarchia al potere.
* Fonte: Campo Antimperialista - Italia
domenica 15 aprile 2018
LA SIRIA, GLI U.S.A. E L'ABISSO NUCLEARE di P. C. Roberts
[ 15 aprile 2018]
In un suo articolo Luciano Barra Caracciolo cita quel che ha scritto e quel che si auspica il noto analista Paul Craig Roberts sull'escalation riguardo alla Siria.
In un suo articolo Luciano Barra Caracciolo cita quel che ha scritto e quel che si auspica il noto analista Paul Craig Roberts sull'escalation riguardo alla Siria.
Ci pare necessario riportalo, malgrado sia angosciante....
* * *
Siamo negli ultimi giorni prima che si scateni l'inferno
«...Risulta difficile non essere pessimisti quando apprendiamo che il manicomio di Washington ha inviato una portaerei da combattimento, accompagnata da sette navi missilistiche, per unirsi all'attuale unica nave del genere già al largo di fronte la base russa in Siria.
Se questi facili bersagli debbano sopravvivere all'affondamento, o se gli fosse permesso di lanciare un missile, o, alla portaerei, di inviare un singolo aereo da combattimento, è una faccenda che è lasciata interamente alla decisione dei russi.
I russi sanno che sono in grado, secondo la loro volontà e in pochi minuti, di affondare l'intera flotta USA, distruggere ogni aereo e vascello americano in Medio Oriente, e, entro il raggio dello stesso Medio Oriente, distruggere completamente l'intera capacità militare di Israele, spazzando via anche le forze militari dello Stato-teppista da quattro soldi Arabia Saudita.
Tutti i bersagli (inermi, cioè "sitting ducks") sono stati offerti alla Russia dagli stupidi e arroganti Americani.
Dopo pochi minuti dall'attacco russo tutta la capacità militare di condurre un conflitto sarebbe rimossa dal Medio Oriente. Questa sarebbe una cosa positiva.
Tutto quello che la Russia deve fare per assicurarsi che gli USA non abbiano altra scelta che accettare una sconfitta istantanea è porre le proprie forze nucleari russe in allarme rosso.
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[In conseguenza] ogni ricorso da parte degli idioti di Washington a un attacco nucleare significherebbe la fine degli Stati Uniti e dell'Europa occidentale così come del Regno Unito.
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La Siria non è già sufficientemente annichilita? |
Ciò significherebbe la fine totale dell'Occidente per sempre, un evento che il resto del mondo saluterebbe come una cosa buona. Auspicabilmente, i vertici militari statunitensi, l'ultima e costantemente assediata fonte di onore negli USA, ben comprende tutto questo e non si adeguerebbe a un ordine suicida impartito da un gabinetto di guerra di pazzoidi.
La mia opinione è che comunque i russi non si spingeranno così lontano, e negheranno a se stessi una vittoria decisiva, poiché non comprendono il male totale che è concentrato a Washington e in Israele.
Ci sono rimasti infatti, all'interno del governo russo, un numero sufficiente di ingenui "integrazionisti atlantisti" perché si arrivi a ritenere che la Russia debba concedere a Washington e all'Europa ancora un'altra chance per tornare al buon senso.
Ma una chance ulteriore è ciò che la Russia, e il mondo intero, non si possono permettere.
[In effetti] ci sono solo flebili possibilità che Washington e Israele possano arrivare a qualsiasi altra ragionevolezza che non sia l'egemonia.
Se Washington avesse una qualsiasi ragionevolezza, non avrebbe inviato navi da guerra per attaccare la Siria, o l'Iran allo scopo di sottrarsi alla proibizione russa di attaccare la Siria.
La Russia non può permettere che l'Iran sia ancora destabilizzato tanto quanto non può consentire che tale destino sia riservato alla Siria.
Il governo russo ha deciso di non includere l'Iran nella proibizione, e questo potrebbe rivelarsi un altro errore russo nel trattare con Washington.
Washington pensa che la solitaria USS Donald Cook, cacciatorpediniere "missile destroyer" che staziona al largo della Siria, possa essere affondata senza che ne risulti nulla più che un incidente — Israele distrusse la USS Liberty con gravi perdite di marinai senza che ne scaturisse un vero incidente militare (ndQ: episodio del giugno 1967, a suo tempo clamoroso) — perché per la Russia affondare 9 navi da guerra americane, inclusa una portaerei, sarebbe più di quanto la Russia avrebbe "lo stomaco" di fare.
Ci vorranno circa 10 giorni prima che le navi americane, tutte sitting ducks, raggiungano il punto dove possono essere dispiegate operativamente per un attacco.
Ciò dà allo US Joint Chiefs of Staff (gruppo dei capi di stato maggiore della difesa USA) 10 giorni per annullare le decisioni del folle gabinetto di guerra di Trump’s e affermare lo stop all'Armageddon da parte dei comandi militari.
Sarebbe di giovamento, alla loro decisione di ribaltare la decisione del folle gabinetto di guerra di Trump, se la Russia procedesse ad affondare lo USS Donald Cook e abbattesse ogni aereo israeliano che si alzasse in volo, anche quelli negli stessi cieli di Israele.
Ciò che restituirebbe la sobrietà a Washington è l'uscita della Russia dalla mera fase difensiva, assumendo l'iniziativa militare invece di limitarsi a reagire alla iniziativa di Washington.
Pregate che il Dio cristiano, e non quello ebraico assetato di sangue, prevalga nelle deliberazioni del gruppo dei vertici militari USA e che contrasti lo insane war cabinet di Trump.
Secondo la mia opinione, con la figura del servitore di Israele, John Bolton, quale ascoltato consigliere per la sicurezza nazionale, la guerra con la Russia è inevitabile.
Seguendo il consiglio di Doctorow [ndQ: esperto USA di cose russe, citato all'inizio dell'articolo per il suo pessimismo sulla escalation della crisi siriana], stapperò lo champagne; prospettiva per la quale Doctorow non vuole implicare un festeggiamento ma l'atto di godersi gli ultimi istanti di vita.
Rimane da vedere se il conflitto deliberatamente avviato da Israele e i suoi pupazzi dementi a Washington possa essere evitato.
Ma essendo Washington persa nella sua arroganza, soltanto un deciso e fermo schiaffo russo sulle facce da idioti di Washington può salvare la vita sulla Terra».
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