[ 8 settembre ]
Com'è noto il 20 settembre i greci andranno a votare. Ci andranno perché chiamatici da Tsipras, il quale ha compiuto (senza nemmeno consultare la direzione di SYRIZA) la sua mossa certo di stravincere e di tagliare le gambe sul nascere ai suoi oppositori interni.
Com'è noto il 20 settembre i greci andranno a votare. Ci andranno perché chiamatici da Tsipras, il quale ha compiuto (senza nemmeno consultare la direzione di SYRIZA) la sua mossa certo di stravincere e di tagliare le gambe sul nascere ai suoi oppositori interni.
Che il suo obbiettivo sia quello di ottenere la maggioranza assoluta lo ha dichiarato anche l'altro ieri a Salonicco.
In verità Tsipras bluffa, sa bene che non otterrrà la maggioranza assoluta, che anzi perderà molti voti, che lo costringeranno a far parte di un governo di "larghe intese" (formula italiana) o meglio di "grande coalizione" alla tedesca.
Governo di "grande coalizione", ciò che era appunto nei desiderata di Berlino. In poche parole: pur di di restare al potere e di tenere fede al patto capitolardo siglato con gli eurocrati ad agosto Tsipras ha provocato la scissione del suo partito —scissione dalla quale è nata Unità Popolare/Laikì Enótita —Lae come viene chiamata oramai.
Unità Popolare che ci auguriamo ottenga un ottimo risultato elettorale, punendo così severamente la cricca alla testa di SYRIZA. Qual'è la soglia oltre la quale Unità Popolare avrà avuto un successo? Secondo i nostri compagni greci, che si sono alleati con Unità Popolare ed hanno diversi candidati nella lista, questa soglia simbolica è il 5%. Non sarà facile visti i tempi stretti e il boicottaggio mediatico. Questo auspicabile successo sarebbe un bel segnale, che travalicherebbe i confini greci.
Vale la pena riportare la parte conclusiva di un articolo di Vittorio Da Rold apparso oggi su Il Sole 24 Ore, perché descrive i tre scenari possibili post elezioni:
«1) Vince Syriza ma non ottiene la maggioranza assoluta. Probabilmente i suoi ex alleati, i Greci indipendenti di Panos Kammenos, non riusciranno a superare la soglia di sbarramento del 3% per entrare nel Parlamento. Quindi Tsipras dovrebbe cercare i voti mancanti dei socialisti del Pasok e del parito centrista To Potami di Theodorakis, ma non sarebbero sufficienti. Inutile chiedere i voti di Unità popolare, i ribelli di Syriza che potrebbero avere il 5% dei voti, né dei comunisti del Kke, che con un altro 5 % sono indisponibili a qualsiasi alleanza a sinistra. A quel punto Tsipras rimette il mandato al presidente della Repubblica e passa la palla al centro-destra di Nea Dimokratia: si torna al voto entro un mese come avvenne nel 2012 quando al secondo tentativo vinse Antonis Samaras.
2) Vince Nea Dimokratia di Vangelis Meimarakis ma non ottiene la maggioranza assoluta. Il partito che ha governato la Grecia prima della vittoria di Tsipras chiede i voti del Pasok e dei centristi di To Potami ma non bastano. Servono i voti di Syriza che non li concede. A quel punto si torna al voto come nel caso di vittoria di misura di Syriza.
3) I due partiti maggiori, Syriza e Nea Dimokratia, si rendono conto che l’unica soluzione è costituire un governo di unità nazionale che accetti il Memorandum e ne cerchi di limitare gli effetti sulla crescita economica. Si tornerebbe alla situazione prima delle votazioni di luglio dove Syriza votava i provvedimenti insieme a Nea Dimokratia e al Pasok in Parlamento - con l’esclusione dei ribelli di Lafazanis - tutte le iniziative prioritarie per far sì che Atene potesse ricevere gli 86 miliardi di euro di nuovi aiuti. Sarebbe la copia greca della Grande coalizione alla tedesca. Un paradosso per Atene, costretta a copiare la Merkel anche in politica interna».
1 commento:
E per gli aspetti italiani è da notare la posizione di Rifondazione che ancora sostiene Tsipras. Davvero indigeribile.
Potevano scegliere fra la rivoluzione ed un pranzo di gala, hanno scelto il pranzo di gala (credono loro), avranno la rivoluzione.
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