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mercoledì 28 agosto 2019

SINEDDOCHE BIBIANO di Il Pedante

[ mercoledì 28 agosto 2019 ]



Un patologia sociale?


Confesso che quando alcuni amici mi hanno chiesto un commento strutturato sull'inchiesta di Bibbiano, ho dubitato di potercela fare. Perché se fosse confermata anche solo una frazione di ciò che i magistrati contestano agli operatori sociali, alle famiglie affidatarie e agli amministratori della Val d’Enza, ci troveremmo di fronte alla più pura epifania del male. Da quei fatti emergerebbe una volontà sadica e più che bestiale di traumatizzare a vita i più innocenti e di gettare le loro famiglie in uno strazio senza fine e senza scampo – perché imposto dalla legge – spezzando in un sol colpo i vincoli sociali e della carne. Per un genitore è insopportabile il pensiero di quei piccoli che si addormentano tra le lacrime, lontani da casa, indotti a odiare chi li ama, in certi casi maltrattati, affidati a squilibrati o molestati sessualmente (!), mentre padri e madri inviano lettere e regali che non saranno mai recapitati e pregano di uscire da un incubo che non osano denunciare per non perdere l’ultima speranza di riabbracciare i loro figli. Con buona pace del codice penale, i reati qui ipotizzati superano per gravità l’omicidio: perché fanno morire l’anima, non il corpo. Svuotano le persone e le lasciano vivere nel dolore.

I presunti abusi della Val d’Enza sono, appunto, presunti fino a sentenza. Ma il loro modus operandi e il ricorrere di alcuni protagonisti hanno fatto riemergere il ricordo di altri allontanamenti famigliari poi rivelatisi, anche in giudizio, gravemente ingiustificati, e dell'irreparabile scia di dolore che hanno inciso nelle comunità colpite. Il clamore delle cronache ha inoltre ridato forza alla denuncia di poche voci finora isolate, di un sistema che anche quando resta nel perimetro di una legalità formale conferisce agli operatori sociali un potere senza effettivi contrappesi in grado di strappare i figli alle famiglie per anni con le più arbitrarie delle motivazioni: dalla «inadeguatezza educativa» all'indigenza, dalla conflittualità tra i coniugi al disordine domestico, dalla «ipostimolazione» dei figli alla «immaturità» dei genitori. Queste fattispecie non sarebbero residuali ma prevalenti, come si apprende da un'indagine parlamentare conclusasi nel 2018:



Da un lato appare perciò urgente mettere in mora ogni altra priorità per emendare questo sistema partendo dai gradi più alti dell’amministrazione dello Stato, perché sarebbe vano e penoso discettare in prima serata di rinascite politiche, economiche e culturali mentre si erodono le basi biologiche della comunità. Sarebbe – come di fatto è – la metafora più calzante dell’impotenza etica e civile dell’umanità a noi coeva, che mentre blatera di salvare il mondo non riesce a proteggere la vita dei suoi figli da una carta bollata. Dall'altro, è però utile riflettere sulle salvaguardie culturali che da anni presidiano questo sistema. Superando le circostanze della cronaca, il dibattito sui dintorni e i precedenti di Bibbiano ha suscitato in molti il sospetto di una civiltà che non fa argine all'orrore ma lo veste con le sue procedure e i suoi feticci. Indagando su questi ultimi ci si accorgerebbe che gli abusi qui accertati, denunciati o ipotizzati possono alludere a problemi più radicali.

* * *

Secondo chi ha condotto le indagini, i responsabili dei servizi sociali della Val d’Enza avrebbero agito «in modo tale da sostenere aprioristicamente e in modo privo di qualsivoglia minimo equilibrio, le tesi o i sospetti… che i bambini avessero subito abusi sessuali» anche quando le presunte vittime negavano e imploravano di ritornare in famiglia. Avrebbero cioè anteposto all'indagine psicologica un'ideologia dell’abuso da «dimostrare» a tutti i costi. Un'ideologia, aggiungiamo noi, che nelle sue motivazioni e verbalizzazioni ambiva a collocarsi nel più ampio alveo di una precisa area politica e culturale, come si evince dagli scritti e dalle scelte di alcuni dei principali protagonisti dell'inchiesta: dalla retorica femminista e già marxista del maschio-padrone («In questo Paese è ancora troppo forte l’idea della famiglia patriarcale padrona dei figli», commentava l'assistente sociale Anghinolfi su La Stampa, nel 2016) all'attivismo per i diritti e la genitorialità LGBT, dal sostegno alle ONG del Mediterraneo alla partecipazione a incontri, convegni e audizioni organizzati dalla sinistra locale e nazionale.

È tutto legittimo e nulla aggiunge ai reati contestati. Né implica che esistano oggi schieramenti politici «che rubano i bambini» come una volta si diceva che li mangiassero. Qui non mi interessano i mandanti morali - qualsiasi cosa significhi, peraltro - ma il modo in cui queste vicende sono state recepite e tradotte in simboli da parte del corpo sociale, e la solidità dell'ipotesi che gli eccessi riconosciuti in parte a Bibbiano (sette minori affidati sono già rientrati nelle famiglie di origine) e certificati altrove si siano fatti scudo, nel loro reiterarsi, di una rispettabilità non solo scientifica, ma anche etica e culturale.


Reductio ad pueros


Da anni mi colpisce l’attenzione ossessiva, ma insieme chirurgicamente selettiva, che i progressisti riservano all'infanzia sofferente. In un articolo di qualche tempo fa coniavo il termine «reductio ad pueros» per denunciare l’uso di asservire la rappresentazione delle tragedie che colpiscono i più piccoli alla promozione di un obiettivo politico. È vivo il ricordo del giovanissimo Alan Kurdi, annegato nel 2015 durante un tentativo fallito di raggiungere clandestinamente le coste greche al seguito del padre. La foto straziante del suo corpo fu riprodotta ovunque e quasi ovunque accompagnata da inviti ad «aprire le frontiere» e ad allargare le maglie del diritto d’asilo per evitare il ripetersi di tragedie simili. Qualche anno dopo Beppe Severgnini teorizzava sul Corriere della Sera la liceità, anzi il dovere, di «mostrare la foto di un bimbo che muore» per denunciare misfatti come quello di Douma, dove il governo siriano avrebbe usato il gas nervino contro il suo stesso popolo. Per crimini di questa portata, spiegava il giornalista, «non può esistere il sospetto che sia un modo di speculare sui minori». Purtroppo (per lui, non per i siriani) l’Organizzazione per la proibizioni delle armi chimiche avrebbe di lì a poco certificato che quell’attacco chimico non era mai avvenuto. Ma non è un caso, né un’eccezione.

Nello stesso articolo osservavo che spesso le rappresentazioni della sofferenza puerile, oltreché accuratamente filtrate per rinforzare un messaggio, risultano a una più attenta analisi stiracchiate, esagerate o semplicemente inventate. Il piccolo Kurdi, ad esempio, non poteva essere stato vittima del negato diritto d’asilo in quanto la sua famiglia fuggita dalla Siria godeva già da tempo della protezione internazionale in Turchia. E tante altre piccole presunte vittime delle bombe o dei cecchini siriani erano in realtà attori, protagonisti di videoclip o testimonial delle fazioni ribelli. Così come non sono mai esistite le centinaia di bambini inglesi morti di morbillo ripetutamente citate dall’ex ministro Lorenzin in televisione per sostenere l’urgenza del suo decreto vaccinale. Così come non è credibile che i nostri bimbi «ci chiedano» di ridurre il debito pubblico o, se stranieri, di ottenere la cittadinanza italiana prima dei diciotto anni, a parità di diritti.

Nel concludere con la massima «ubi puer ibi mendacium», avanzavo l’ipotesi che il dolore dei bambini – vero o più spesso inventato – servisse a disattivare le resistenze razionali del pubblico per indurlo ad accettare proposte politiche altrimenti controverse, agganciandole a un’emozione innata, immediata e profonda. Il facile successo di questa operazione, non dissimile da quella di chi sceglie un corpo avvenente per reclamizzare un prodotto, è tale da avere spinto qualcuno addirittura ad auspicare quel dolore. Così accadeva ad esempio allo scrittore Edoardo Albinati, che un anno fa confessava in pubblico di avere «desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aquarius. Ho detto: adesso, se muore un bambino, io voglio vedere che cosa succede per il nostro governo».

Aggiungo qui una terza proprietà della reductio ad pueros: che nel selezionare (prima proprietà) una disgrazia minorile in termini iperbolici, deformanti o fantasiosi (seconda proprietà) per dissimulare un fine ideologico (movente), promuove quasi sempre una disgrazia di molti ordini più grave. Questa disgrazia maggiore, per effetto della prima proprietà, resta in sordina e può così dispiegarsi in tutta la sua atrocità senza resistenze o rimedi. Consideriamo l'esempio fondativo della Guerra del Golfo, quando un'attricetta quindicenne seminò raccapriccio in mondovisione spacciandosi per un'infermiera sotto i cui occhi sarebbero stati barbaramente uccisi alcuni neonati kuwaitiani. Quella testimonianza (falsa) ebbe l'effetto di convincere l'opinione occidentale della necessità di muovere guerra contro il governo iracheno. La conseguenza (vera) fu che decine di migliaia di bambini (veri) persero la vita sotto le bombe e centinaia di migliaia (veri) per le privazioni causate dal successivo embargo. In un esempio più recente, la necessità di agevolare il trasferimento di massa di esseri umani dall'Africa all'Europa (movente) è stata in certi casi sostenuta rappresentando le sofferenze (presunte) patite dagli immigranti minorenni (presunti) in patria e in viaggio, con la conseguenza di consegnare molti di loro a un destino (vero) di sfruttamento lavorativo e sessuale, o alla sparizione.


Il fenomeno degli allontanamenti famigliari per motivi futili o inesistenti, per errore o per dolo, può soddisfare i requisiti della reductio ad pueros. In questi casi la giusta attenzione rivolta al fenomeno degli abusi in famiglia e della loro eventuale sottostima (prima proprietà) si è accompagnata all'urgenza di ingigantirne o immaginarne i segnali se non addirittura, come ipotizzano i magistrati reggiani, di «supportare in modo subdolo e artificioso indizi, o aggravare quelli esistenti, nascondendo elementi indicatori di possibili spiegazioni alternative» (seconda proprietà). La fabbricazione della falsa sofferenza da abuso ha infine prodotto la sofferenza vera dello sradicamento affettivo e della conseguente distruzione di vite e famiglie (terza proprietà).

Resta da indagare il movente.


Familles je vous hais!


Secondo gli inquirenti, in Val d'Enza le «false rappresentazioni della realtà» sarebbero state «tese in ogni caso a dipingere il nucleo famigliare originario come connivente (almeno se non complice o peggio) con il presunto adulto abusante». Altri autorevoli commentatori hanno denunciato più direttamente una «cultura molto invadente che vede nella famiglia... un luogo potenzialmente oppressivo e perciò da colpire». Secondo altri, esisterebbe un piano per «distruggere la famiglia» tout court.

All'estremo opposto leggiamo le parole di Claudio Foti, lo psicanalista (anche della citata Anghinolfi) e direttore scientifico dell'associazione Hansel e Gretel che collaborava con i servizi sociali di Bibbiano, secondo il quale il problema sarebbe invece che
per una parte della comunità sociale la famiglia è sacra ed intoccabile. E guai a chi la tocca! La famiglia è sempre e comunque un microcosmo idealizzato dove i bambini sono protetti e benvoluti! E gli operatori che si occupano di tutela,di abusi, che mettono in discussione l'immagine sacra ed idealizzata della famiglia diventano il bersaglio di una rabbia talvolta cieca e distruttiva!

Il professionista oggi sotto inchiesta, nel riconosce nella famiglia «la più straordinaria risorsa educativa dei bambini», ritiene che tra chi oggi si indigna per le cronache bibbianesi vi sia «un'area vasta di persone... che tendono a schierarsi a priori a difesa dei genitori e della famiglia (“un padre ed una madre non possono aver fatto questa cosa terribile!”)» e che la loro reazione violenta «si [sia] sviluppat[a] mano a mano che crescevano gli interventi sociali e psicologici per sostenere i genitori, ma anche per limitare la loro onnipotenza e... nella società maturava una consapevolezza critica nei confronti della famiglia».

Queste contrapposizioni segnalano senz'altro una radicalizzazione del dibattito, sia pure nella forma speciale della reciproca accusa di ideologia. A essere onesti, è però difficile imbattersi in qualcuno che voglia distruggere tutte le famiglie in quanto tali, inclusa la propria. E ancora più difficile è che altri le considerino tutte sante e immacolate in quanto tali. A quali persone si riferisce il dottor Foti? Pur frequentando sponde politiche molto lontane dalle sue non ne ho mai Incontrata una, neanche tra coloro che oggi augurano i peggiori supplizi agli indagati di Bibbiano. Il mio sospetto è che qui si faccia confusione tra sostanze prime e seconde in senso aristotelico: la sacralizzazione o quasi-sacralizzazione dell'istituto famigliare (sostanza seconda), in senso religioso (Gen 2,24, Mc 10,6-9) o civile (Cost. art. 31), non esclude che se ne possano criticare i singoli σύνολαgenitoriali (sostanza prima), e che anzi lo si debba fare se indegni. Persino la sacralità intrinseca del sacerdozio non impedisce alla dottrina di condannare i cattivi sacerdoti, anzi lo impone. Il peccato che dissacra il progetto divino è una condizione ineliminabile dell'uomo e il peccato più grave è anche quello originario, di presumere che le cose degli uomini possano diventare sacre nel senso di fregiarsi della perfezione divina (ὕβϱις).

Quelli di Foti e dei suoi eventuali nemici massimalisti sembrano perciò essere argomenti fantoccio le cui iperboli alludono a scontri culturali più profondi, alla dialettica tra la ragion di Stato del princeps e le ragioni del sangue del pater familias e, in radice, tra legge (νόμος) e natura (φύσις) umana. Oggi il polo normativo, quello del dover essere, vive una fase ipertrofica e le sue invasioni nel campo dell'essere sono evidenti. Ambisce a istituire la genitorialità di chi non può generare, a promuovere o imporre la bioingegneria di massa, a comprimere la realtà fisica in algoritmi e flussi di dati, a sostituire i sessi biologici con accrocchi culturali (ruoli e identità di genere) e altro, ma le sue pretese non sono nuove.


Né è è nuova l'idea a cui Foti sembra aderire, che il progresso sociale debba reclamare anche la demistificazione, il contenimento e la critica dei diritti familiari. Nel 1958 il sociologo Edward Banfield coniava la fortunata definizione di «familismo amorale» per spiegare come l'arretratezza materiale e morale di certe aree del nostro Meridione trarrebbe origine dalla centralità assunta dai rapporti famigliari stretti a scapito di una socialità più strutturata, cooperativa e solidale. Il binomio arretratezza-famiglia trova sponda nel sentire comune, ad esempio quando si identificano le economie famigliari con mafie, corruzione e favoritismi (mentre le imprese familiari sono le più floride e resilienti) o si formula l'auspicio che i nostri giovani abbandonino presto le famiglie di origine per rendersi indipendenti e incrementare la forza lavoro nazionale, poco importa a quali condizioni. Che smettano, diceva un ex ministro di famiglia ricchissima, di fare i «bamboccioni» per consegnarsi a una più salutare «durezza del vivere». O ancora, quando si subordina l'integrazione dei giovani immigrati alla loro emancipazione da retaggi famigliari «arcaici» e «oppressivi», cioè al loro sradicamento affettivo.

Mentre politici ed economisti di area liberale mettono i figli contro i padri e i padri contro i nonni insinuando che i più anziani starebbero «rubando il futuro» ai giovani con i loro «privilegi» pensionistici, le cure sanitarie di cui fruiscono e, a monte, il debito pubblico spensieratamente accumulato, negli ambienti accademici più blasonati raccoglie consensi l'idea di inasprire le tasse di successione affinché i nuovi lavoratori, non più protetti dal patrimonio di famiglia, si immolino nell'arena della competizione meritocratica «in un Paese dove spesso un giovane adulto conta troppo, volente o nolente, sulla casa e sui finanziamenti dei genitori o sulla raccomandazione del parente». Nel frattempo chi detta le riforme dell'istruzione chiede che i nostri figli trascorrano molto più tempo tra i banchi - e quindi meno in famiglia - con l'estensione dell'obbligo scolastico a partire dai tre anni e il tempo lungo obblgatorio fino ai quattordici. Ciò servirebbe, commenta candidamente il Corriere, «proprio a ridurre il peso(sic) dei condizionamenti ambientali e familiari».

Sul terreno della salute si osano gli esperimenti più audaci. Nel dibattito sorto attorno ai nuovi obblighi di vaccinazione per l'infanzia si è discussa con allarmante ossessione l'opportunità di sottrarre i figli ai genitori renitenti alle inoculazioni, accettando così la certezza di traumatizzare a vita i più piccoli (terza proprietà della citata reductio) per preservarli da rischi eventuali e remoti (seconda proprietà). Ricorderanno i lettori che questa opzione mai osata nel nostro ordinamento, di annichilire la dissidenza disgregandone gli affetti, era prevista a chiare lettere nel comma 5 dell'articolo 1 del decreto Lorenzin, poi abrogato nella conversione in legge. Per motivi analoghi, si reclama la facoltà dei minori, anche giovanissimi, di sottoporsi a test e trattamenti sanitari senza il consenso parentale, li si rappresenta come eroi quando si affidano agli apparati medici contro la volontà di genitori naturalmente retrogradi, si autorizza lo scempio chemioterapico dei loro corpi per sperimentare nuovi paradigmi sessuali e si patologizzano le loro difficoltà e il loro carattere per affidarli alle cure di appositi esperti, fin quasi dalla culla.

È difficile non vedere il filo rosso che lega queste e altre vicende. Il progressismo è la la volontà di imporre un progresso che, per il fatto di dover essere imposto, non è riconosciuto come tale dai suoi presunti beneficiari. Il suo momento propositivo è perciò eternamente posposto e schiacciato dall'urgenza preliminare di forzare le resistenze sociali al cambiamento e i sedimenti pregressi di costume e pensiero, tanto che finisce quasi sempre per identificarsi con la sola pars destruens, con una guerra al vecchio di cui il nuovo non è più il fine, ma il pretesto. Non può dunque sorprendere che il progressismo mal tolleri i diritti delle famiglie. Perché queste sono luogo della traditio letteralmente intesa in cui valori, rappresentazioni e credenze si «consegnano» da una generazione all'altra legandosi al veicolo inespugnabile e primordiale degli affetti. Chi vuole aggredire il vecchio deve aggredire le famiglie e spezzarne la catena di trasmissione: anche fisicamente, non disponendo gli uomini di surrogati pedagogici altrettanto incisivi (ma ci si sta lavorando).

* * *

Attraverso una minuziosa analisi di accordi, intese e raccomandazioni internazionali, Elisabetta Frezza ha ricostruito le tappe di un processo che dal dopoguerra a oggi ha preparato e promosso la progressiva esautorazione dei riferimenti pedagogici famigliari per favorire programmi di educazione pansessualista e di eroticizzazione precoce dei fanciulli a cura degli apparati scolastici. In un intervento recente la studiosa ha citato un passo da L'impatto della scienza sulla società (1951) di Bertrand Russel dove il filosofo britannico immaginava una «dittatura scientifica» in cui «i socio-psicologi del futuro» potranno «convincere chiunque di qualunque cosa», anche che «la neve sia nera... a patto di poter lavorare con pazienza sin dalla giovane età». In ciò il principale ostacolo da superare sarà, appunto, l'«influenza della famiglia».

Anche queste idee sono antiche. Se l'utopia è l'esercizio più estremo e trasparente di progressismo, la dissoluzione della famiglia era già predicata nel testo utopico più antico che conosciamo, la Repubblica di Platone. Nella polis dei sapienti (che oggi chiameremmo «tecnici» avendo messo la ragioneria davanti alla metafisica) le donne sono «tutte in comune», la convivenza coniugale è vietata e «il padre non conosc[e] il figlio, né il figlio il padre» giacché «autorità apposite... prenderanno in consegna i neonati» subito dopo il parto per indirizzarli all'educazione e alle carriere stabilite dai guardiani dell'oligarchia. Importante è il passaggio del libro VII dove si descrive il modo in cui avverrà questa rivoluzione. «I veri filosofi che prenderanno il potere nelle città», spiega Socrate a Glaucone,
manderanno in campagna tutti i cittadini al di sopra dei dieci anni, prenderanno in cura i loro figli ancora immuni dai costumi dei genitori e li cresceranno secondo i modi di vita e le leggi loro propri... Questo è il modo più rapido e più facile per istituire quella città è quella costituzione di cui abbiamo parlato.

Duemilacinquecento anni fa il testo platonico fissava così un archetipo, la scorciatoia contronatura che da lì in poi avrebbe sedotto tutti i rivoluzionari frettolosi e incompresi. Sulla china di quella tragica illusione, di rigenerare la società minando le basi biologiche del matrimonio «prima societas» e della famiglia «principium urbis et quasi seminarium rei publicae» (Cicerone, De officiis) furono in molti a seguire l'ateniese, dal Campanella de La città del sole ai socialisti utopici alla Fourier, ma purtroppo anche governi non letterari come quello cambogiano del quadriennio rosso o quello canadese, che strappava i figli agli indigeni per cancellarne anche fisicamente il retaggio.

Tra gli esponenti più citati, spesso a sproposito, di questa tendenza, Marx ed Engels non avversavano l'istituto famigliare in sé ma criticavano nella «famiglia borghese» uno strumento con cui le classi dominanti opprimerebbero sia le famiglie proletarie («sie findet ihre Ergänzung in der erzwungenen Familienlosigkeit der Proletarier») sia le mogli («ein bloßes Produktionsinstrument») e i figli («die Ausbeutung der Kinder durch ihre Eltern») propri. In seguito, seguaci e divulgatori più o meno consapevoli estesero gradualmente le definizioni di famiglia borghese, di classe dominante e di «padre-padrone» a tutte le famiglie convenzionali dell'emisfero ricco, quasi senza eccezioni, rendendole sistemiche e giustificando così la partecipazione in prima linea delle sinistre nelle battaglie per il divorzio, l'aborto e altre «conquiste» atte a indebolire un modello non più politico, ma antropologico.

Da questa breve e insufficiente antologia sembra emergere che l'idea di migliorare la società criticando la forma-famiglia o aggredendone l'integrità è antica e frusta, in qualche modo onnipresente, sempre pronta a infliggere i suoi fallimenti. Se non il fenomeno degli affidi troppo facili, può certo spiegare l'intensità delle reazioni che esso sta suscitando in entrambe le sponde del dibattito. Negare l'enormità della posta in gioco è tanto più disonesto se non si riconosce che queste cronache portano munizioni a una guerra in corso contro la definizione e il ruolo della famiglia. Una guerra che parte dai livelli più alti - precisamente quelli delle «classi dominanti», su scala mondiale - e si dispiega negli ambiti dell'istruzione, della salute e della sessualità, avendo già colpito quello della sussistenza con la deflazione di salari, occupazione e servizi. Al di là dell'oggetto, l'invito a «non parlare di Bibbiano» rischia perciò di apparire come un tentativo poco credibile di anestetizzare un conflitto che già divampa nelle retrovie e di normalizzare i tentativi sempre più audaci di espugnare una delle trincee psicologiche, assistenziali, culturali e spirituali più tenaci, perché prepolitica, di un popolo che si ostina a non voler prendere la medicina globale.

* Fonte: Il Pedante

lunedì 29 luglio 2019

VACCINI: CE LO CHIEDE L'EUROPA di M. Micaela Bartolucci

[ lunedì 29 luglio 2019 ]

CE LO CHIEDE L’EUROPA L’OBBLIGO VACCINALE COME SINEDDOCHE DEL VINCOLO ESTERNO



Venerdì 26 e sabato 27 luglio si sono svolte a Roma due importanti incontri organizzati dalla sezione del Lazio di COMILVA (Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà delle Vaccinazioni, per sapere chi sono e per cosa si mobilitano, vi invito a visitarne il sito https://www.comilva.org), la prima, presso la Regione Lazio, aveva come titolo Tutela della salute: scelte consapevoli e informate, nella seconda presso l’Olyhotel, il cui titolo era La nuova obiezione di coscienza, è stata anche presentata la seconda edizione del libro Immunità di legge, Il Pedante e P.P. Dal Monte, Arianna editrice.

Era importante esserci per molte ragioni, per informarsi, per conoscere, certo, ma anche, e soprattutto, per dissipare l’ignoranza, la superficialità ed il pregiudizio che, nonostante la possibilità di accedere ad un’informazione seria, ammantano ancora queste tematiche;

una ignoranza propagata dal pensiero dominante che ha lavorato alacremente per svilire, ridurre e ridicolizzare chiunque esprimesse un dubbio in merito, chiunque sollevasse perplessità o, semplicemente, chiedesse un’adeguata informazione. E’ utile ricordare che alcuni medici, che si sono macchiati della terribile colpa di aver sollevato dubbi in merito all’obbligo, sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari dall’Ordine e ci sono stati licenziamenti, a vario titolo, tra il personale ospedaliero, fatti di cronaca facilmente rintracciabili.

Streghe, maghi, ciarlatani, ignoranti, somari, imbonitori… questi sono gli epiteti usati dai servitori sciocchi di sistema per rivolgersi a chi, come me, ed altri 2 milioni di italiani si pone domande e chiede un’informazione più chiara. Costoro, dall’alto della loro supponente arroganza, stanno, con ogni mezzo, cercando di affossare la conoscenza, la consapevolezza ed il senso critico: la scienza che diventa dogma non è scienza, è fede, strumento di propaganda politica privato di ogni valore, usato in modo totalmente coercitivo per controllare, alienare e sottomettere.

Ecco perché è di fondamentale importanza capire ed analizzare cosa c’è dietro questo obbligo irresponsabile e lesivo della libertà, non solo di scegliere, ma di sapere, cosa si nasconde dietro la proposta, per esempio della Regione Lazio, di estendere l’esclusione dei bambini non vaccinati dalla scuola per l’infanzia alla scuole dell’obbligo, 6-14 anni, senza omettere che, nella sua forma iniziale, il DDl della Lorenzin (PD!) prefigurava la revoca della potestà genitoriale per i genitori non adempienti!

I vaccini, in questo senso, per usare un’efficacie espressione di Pier Paolo Dal Monte, diventano una sineddoche di una trama più complessa che concerne il nostro diritto alla salute, ma anche, aggiungo io, un mezzo per far luce su qualcosa di ancora più profondo e coperto da assordante silenzio.

“Se una cosa non serve a niente, allora serve a qualcos’altro” (cit. da Il Pedante) questa, apparentemente, semplice affermazione deve spingere ad una riflessine più ampia, ad unire i puntini per vedere il disegno che viene fuori.

Il disegno è una tela di ragno, complessa ed invisibile agli occhi, come spesso lo è l’essenziale, che va mostrata perché ne venga compresa appieno la pericolosità e pervicacia: l’obbligo vaccinale espresso dalla legge 119 (Legge Lorenzin) non è una semplice scelta di un governo, irresponsabile ed asservito totalmente all’Unione Europea qual è stato quello Renzi, è molto di più, è parte di una serie di direttive europee che minano le fondamenta dello stato italiano, che erodono la politica come scelta. Che cosa dice, nello specifico dell’argomento, una di queste direttive? Leggendo un testo della Commissione europea, esattamente la RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 2018 relativa al rafforzamento della cooperazione nella lotta contro le malattie prevenibili da vaccino (2018/C 466/01), è possibile prevedere quello che accadrà, ciò che si chiede e si raccomanda agli sati non più sovrani, per comodità, quello che segue è un elenco di alcune delle “raccomandazioni” in essa contenute:

Da sinistra: Massimiliano Paolini (Presidente di COMILVA Lazio),
Il Pedante e Pier Paolo Dal MOnte
1) L’azione dell’Unione, destinata a completare le politiche nazionali, deve indirizzarsi al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale.

2) La rapida diffusione di informazioni inesatte attraverso i social media e da parte di ferventi antivaccinisti ha alimentato convinzioni errate che stanno allontanando l’attenzione del pubblico dai benefici individuali e collettivi della vaccinazione e dai rischi posti dalle malattie trasmissibili e stanno accrescendo la diffidenza e i timori nei confronti di eventi avversi non dimostrati.

3) I cambiamenti demografici, la mobilità delle persone, i cambiamenti climatici e il calo dell’immunità individuale contribuiscono ai mutamenti epidemiologici (?) nell’impatto delle malattie prevenibili da vaccino, il che richiede programmi di vaccinazione che prevedano un approccio alla vaccinazione sull’intero arco della vita, al di là degli anni dell’infanzia. Questo approccio mira a garantire una protezione adeguata per tutta la vita e contribuisce a una vita e a un invecchiamento in buona salute, nonché alla sostenibilità dei sistemi sanitari.

4) La direttiva 2000/54/CE (6) relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici durante il lavoro stabilisce le prescrizioni minime per assicurare la protezione dei lavoratori, compresa la necessità di offrire la vaccinazione ai soggetti non precedentemente immunizzati, e la direttiva 2010/32/UE del Consiglio (7) che attua l’accordo quadro, concluso da Hospeem e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario prevede che, qualora la valutazione dei rischi riveli la presenza di un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa della loro esposizione ad agenti biologici contro i quali esistono vaccini efficaci, a tali lavoratori sia proposta la vaccinazione.

5) In occasione dell’Assemblea mondiale della sanità del 2012, i ministri della sanità hanno approvato il piano d’azione mondiale sui vaccini per garantire che entro il 2020 nessuno resti escluso dalle vaccinazioni essenziali.

RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI:

1) di elaborare e attuare piani di vaccinazione a livello nazionale e/o regionale, laddove opportuno, volti ad aumentare la copertura vaccinale al fine di raggiungere gli obiettivi e i traguardi del piano d’azione europeo per i vaccini dell’OMS entro il 2020. Tali piani potrebbero comprendere, ad esempio, disposizioni per un finanziamento e una fornitura sostenibili dei vaccini, un approccio alla vaccinazione sull’intero arco della vita, la capacità di rispondere a situazioni di emergenza e attività di comunicazione e di sensibilizzazione;

2) di introdurre controlli di routine dello stato vaccinale e opportunità regolari di vaccinazione nelle diverse fasi della vita, mediante visite di routine presso il sistema di assistenza sanitaria di base e misure supplementari adottate, ad esempio, all’inizio del percorso scolastico (o prescolastico), sul luogo di lavoro o nelle strutture di assistenza, a seconda delle capacità nazionali;

3) contrastare la diffusione online di informazioni inesatte sui vaccini e sviluppare strumenti di informazione e orientamenti basati su dati concreti, per aiutare gli Stati membri ad affrontare l’esitazione vaccinale, in accordo con la comunicazione della Commissione relativa al contrasto della disinformazione online;

4) di convocare una coalizione per la vaccinazione al fine di riunire le associazioni europee di operatori sanitari, oltre alle pertinenti associazioni di studenti nel settore, affinché si impegnino a fornire al pubblico informazioni accurate, a sfatare i miti e a scambiare le migliori pratiche;

5) di elaborare orientamenti per superare le barriere giuridiche e tecniche che impediscono l’interoperabilità dei sistemi informativi nazionali sulla vaccinazione, tenendo debitamente conto delle norme sulla protezione dei dati personali, come indicato nella comunicazione della Commissione relativa alla trasformazione digitale della sanità e dell’assistenza sanitaria nel mercato unico digitale, alla responsabilizzazione dei cittadini e alla creazione di una società più sana;

Il vincolo esterno dell’Unione Europea interviene nell’intera gestione della nostra vita, non è composto solo da stringenti trattati economici, un nodo scorsoio, che ci costringono ad una forsennata politica di austerità in base ad assurdi parametri, sono molto di più e riguardano moltissimi aspetti della nostra esistenza: dall’inserimento della Triptorelina (farmaco che blocca la pubertà) tra i medicinali presi in carico dal Sistema Sanitario nazionale, all’ecotassa sulle automobili, dalla Fatturazione elettronica all’Unione Bancaria, dal Macroregionalismo alla riforma del sistema pensionistico. Di queste cose non sentirete parlare, non fa comodo divulgarle ed anche cercarle in rete è piuttosto difficile: è un lavoro minuzioso, spesso insoddisfacente e scoraggiante, però portarle alla luce è il dovere di chiunque faccia attività, politica o sociale, per passione e non per gloria né per denaro.

Informarsi ed informare, far circolare la conoscenza perché la politica non abdichi più le proprie scelte ad una “scienza”, di qualsiasi tipo, che venga definita “non democratica”, perché si torni ad occuparsi dei nostri diritti, fondamentali ed inalienabili, non di cosmesi, in prima persona.



Ogni iniziativa volta ad aprire gli occhi sulla realtà è utile a svegliare le coscienze dal sonno in cui vorrebbero farci cadere gli strenui difensori delle élite europeiste del villaggio globale. Il vincolo esterno dell’Unione Europea si scontra spesso con la nostra Costituzione, ecco perché si è tentato e si tenterà ancora di cambiarla, a questo dobbiamo coscientemente opporci, contro questo nemico principale dobbiamo lottare, senza distinzioni politiche o di altro tipo, perché uniti, superando divisioni ideologiche, partitiche o di qualsiasi altro tipo, si può far leva sulle scelte programmatiche, si può far crollare il dividi et impera.

Il 12 ottobre, a Roma, si terrà la prima manifestazione trans-ideologica e trans-partitica contro ogni vincolo esterno dettato da questa non-Unione Europea, credo che sia importante esserci ed essere promotori di questa fondamentale iniziativa.

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lunedì 11 marzo 2019

I VACCINI, LA GRILLO, LA TRIPTORELINA di Alessandro Chiavacci

[ 11 marzo 2019 ]

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

*  *  *

Un governo ostaggio delle multinazionali del farmaco

il ministro Grillo se ne deve andare


Da domani i nostri figli, i nostri bambini, dovranno avere il certificato vaccinale, o non saranno ammessi a scuola. La non ammissione sarà automatica per gli asili nido e gli asili; sotto la sanzione di multe di 500 euro per gli alunni delle elementari e medie fino a 16 anni.

Abbiamo sbagliato: non abbiamo protetto i nostri figli, i nostri bambini dall’aggressione delle multinazionali del farmaco, e le conseguenze potrebbero essere catastrofiche in un futuro.

Non ha sbagliato solamente chi governa sotto il ricatto delle multinazionali, chi non si è interessato, chi non è informato, chi è pagato per dire quello che dice e privilegia il proprio tornaconto personale alla vita di milioni di bambini.

Ha sbagliato anche chi ha sottovalutato la questione, chi ha pensato “forse non se ne farà niente, siamo in Italia…”, chi ha pensato alla sovranità solo in termini economici, dimenticando quanto sia importante la sovranità di tanti milioni di bambini, e di 60 milioni di italiani sul proprio corpo. [1]

Il ministro Giulia Grillo, che prima delle elezioni si era schierato contro l’obbligo vaccinale della legge Lorenzin, ha fatto rapidamente marcia indietro. Così potenti sono le multinazionali del farmaco e in particolare la Glaxo-Smith Kline che finanzia centinaia di medici, decine di università, decine di associazioni mediche e perfino l’ Istituto Superiore della Sanità, per una cifra ufficialmente variabile fra i 13 e i 15 milioni di euro all’anno nell’ultimo triennio. [2]

Anzi, il ministro Giulia Grillo minaccia di estendere l’obbligo vaccinale a tutta la popolazione. Si punta ad installare in Italia, paese la cui popolazione gode di una delle migliori saluti al mondo, e il cui sistema sanitario è anch’esso ritenuto uno dei migliori al mondo, il sistema sanitario americano dove, secondo quanto afferma Robert Kennedy Jr, “oltre la metà dei giovani ha una malattia cronica”. [3]

E questo senza parlare, ancora, della recente scelta del ministero di inserire la triptorelina, cioè il farmaco che blocca lo sviluppo sessuale dei bambini, nel prontuario farmacologico nazionale, anzi di riconoscerne la cura e il relativo uso interamente a carico del sistema sanitario nazionale. [4]

Le conseguenze di queste scelte potrebbero essere drammatiche nel futuro. Anche se è drammaticamente tardi, è necessario che questo ministro, questo servo delle multinazionali del farmaco, sia messo in condizione di non fare più danni. Un governo che non rifiuta, nelle parole di Conte, l’aggettivo “sovranista”, non può essere servo ossequiente delle Big Pharma. 

Chiediamo le dimissioni immediate del ministro Grillo. Nessuna credibilità di fronte al popolo italiano può avere un governo che mantiene al posto di ministro della sanità questo irresponsabile burattino.

NOTE

venerdì 15 febbraio 2019

VACCINI: PERCHÉ NO AL DDL 770

[ 15 febbraio 2019 ]



Il 28 luglio 2017 entrava in vigore la famigerata Legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale. Sia il Movimento 5 stelle che la Lega, prima delle elezioni del 4 marzo, promisero che l’avrebbero cambiata a fondo. Invece… Invece, una volta saliti al governo leghisti e penta stellati, hanno fatto una clamorosa marcia indietro, sostenendo il Disegno di legge n. 770.
Il 770 era cofirmato dai capigruppo Stefano Patuanelli (M5S) e Massimiliano Romeo (Lega) e dai membri della Commissione igiene e sanità al Senato Pierpaolo Sileri (M5S), Maria Domenica Castellone (M5S) e Sonia Fregolent (Lega).
Il n.770, recante “Disposizioni in materia di prevenzione vaccinale“, pende a tutt'oggi in Parlamento, che dovrebbe discuterlo e votarlo.
Secondo il blogger IL PEDANTE questo Ddl farebbe addirittura rimpiangere la legge Lorenzin.
Contro il 770, a sostegno della Legge di iniziativa popolare “SOSPENSIONE DELL’OBBLIGO” vennero raccolte, in sole quattro settimane, più di 100mila firme, di cui 75mila regolarmente depositate, il 20 settembre 2018, alla Camera dei deputati.
Firme praticamente ignorate e passate sotto silenzio dai media.
Il Presidente della Commissione parlamentare igiene e Sanità, senatore Sileri, con altri esponenti M5s, avevano dato pubbliche assicurazioni che la Commissione medesima avrebbe ascoltato in sede di “audizioni” le ragioni dei promotori della Legge di iniziativa popolare contro il 770.
Invece niente. Per “mancanza di tempo” le audizioni si sono concluse ed i promotori non sono stati ascoltati.
QUI la versione integrale del “Dossier 770”, ovvero il documento che era stato preparato per sottoporlo all’attenzione della Commissione.
Più sotto la versione breve del Dossier.

*  *  *

Libertà di scelta
proposta di legge di iniziativa popolare
... per amore di tutti i figli


Gentile Senatrice, Egregio Senatore, 

il Comitato Libertà di Scelta, che ha riunito 69 realtà tra associazioni e comitati spontanei di genitori su tutto il territorio nazionale, si è fatto promotore della Legge di iniziativa popolare Sospensione dell’obbligo vaccinale per l’età evolutiva(AC1185), depositata alla Camera il 20 settembre scorso e accompagnata da 75mila firme raccolte in tutti i Comuni italianiin sole quattro settimane nel luglio 2018. 
La proposta di Legge di iniziativa popolare combina l’istituto della democrazia diretta previsto dalla nostra Costituzione con il c.d. “modello Veneto”, rappresentando così istanze care all’intera maggioranza di Governo. Nonostante ciò si è preferito, nell’ottobre scorso, assegnare alla XIIaCommissione del Senato il Disegno di Legge 770 “Disposizioni in materia di prevenzione vaccinale” a firma dei Senatori Patuanelli, Romeo, Sileri, Castellone e Fregolent. 

Con nostro rammarico, dalla lettura del testo non possiamo che constatare la perfetta continuità del DdL 770 con la ratioimposta dal Decreto Legge 73/2017 convertito con modificazioni nella Legge 119/2017, che ha comportato un crollo di fiducia nelle istituzioni, la rottura dell’alleanza terapeutica, l’applicazione arbitraria della norma da parte delle autorità sanitarie locali e discriminazioni ingiustificate di bambini negli asili e nelle scuole materne, il tutto in un clima da caccia alle streghe degno del Medioevo, alimentato dai mass media e da una gran varietà di testimonial

All’art. 1 (Finalità),lettera a) del DdL 770 si legge che il provvedimento ha “lo scopo di raggiungere e mantenere le coperture vaccinali di sicurezza, anche allo scopo di proteggere i soggetti per i quali le vaccinazioni sono controindicate in ragione di particolari situazioni cliniche documentate”; non si fa alcuna menzione del soggetto sottoposto a profilassi vaccinale, ovvero la stragrande maggioranza della popolazione pediatrica, la cui protezione individuale non sembra interessare, mentre si sottolinea che la norma è intesa a “tutelare soggetti per i quali le vaccinazioni sono controindicate in ragione di particolari situazioni cliniche documentate”, soggetti che secondo la rappresentazione del Governo sono dunque i principali destinatari della norma, in relazione ai quali non viene fornita però alcuna informazione, né sul numero stimato o reale, né sui benefici che concretamente potrebbero ricavare – in ragione di una diminuzione di rischi – dalla profilassi resa obbligatoria per la collettività. 
Le imponenti e invasive misure introdotte dal D.L. 73/2017, e così quelle del DdL 770, risultano destinate a imporre al singolo, contro il suo diritto all’autodeterminazione sancito dall’art. 32 Cost., un trattamento sanitario di cui forse, in misura minima e comunque del tutto non palesata, beneficerà anche la stretta cerchia di coloro che, per motivi di salute, non possono vaccinarsi, cerchia peraltro che lo stesso legislatore limita fortemente sia per la tenera età in cui impone le vaccinazioni, sia per la forte stretta sull’attestazione di omissione per motivi di salute, imponendo di fatto le vaccinazioni previste dal PNPV (Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale) erga omnes
Ciò è confermato dal fatto che il legislatore non prevede alcuna misura per garantire che il sacrificio dei molti valga il bene dei pochi.

Sotto il profilo dellasicurezza, poiché la pratica della vaccinazione comporta il rischio di reazione avversa per chi vi si sottomette, lo Stato dovrebbe per lo meno garantire un sistema di farmacovigilanza attiva, sulla base del quale andrebbe valutato il rapporto tra il rischio a cui si sottopone la quasi totalità della popolazione pediatrica e il beneficio per i soggetti non vaccinabili; sotto il profilo dell’efficaciainvece, a tutela della salute dei soggetti “non vaccinabili” e per non rendere vano il sacrificio di chi è costretto a sottoporsi a un rischio per il bene degli stessi soggetti “non vaccinabili”, lo Stato dovrebbe controllare l’avvenuto stato di immunizzazione post-vaccinazione. Nessuna di queste previsioni, per altro conformi al principio ultra-solidaristico che si vuole applicare, si ritrova nel DdL 770. 

Se lo scopo della legge è “raggiungere e mantenere le coperture di sicurezza”, la salute dell’individuo che si sottopone a vaccinazione non è il finedell’attività legislativa, ma il mezzoattraverso il quale si soddisfa il non meglio specificato requisito tecnico delle “coperture”. 

L’impostazione tecnocratica è confermata dall’art. 2 (Piano nazionale di prevenzione vaccinale), comma 1, laddove si legge: “Il piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) individua e aggiorna periodicamente gli specifici standard minimi di qualità delle attività vaccinali, gli obiettivi da raggiungere su tutto il territorio nazionale e le modalità di verifica del loro conseguimento”. Al netto di altre raccomandazioni qualitative, gli “obiettivi” del PNPV coincidono appunto con le soglie percentuali di copertura vaccinale “di sicurezza”, come previsto all’art. 1. 
Sempre all’art.1, lettera a) si legge che il provvedimento prevede di raggiungere le sue finalità nel rispetto delle raccomandazioni degli organismi sanitari internazionali in tema di profilassi, controllo, eliminazione ed eradicazione delle malattie prevenibili con la vaccinazione” (analogamente all’art. 1 della L. 119/2017, che vuole “garantire il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale”). 
Il legislatore, rinunciando alla definizione di “standard minimi di qualità delle attività vaccinali, obiettivi da raggiungere su tutto il territorio nazionale e modalità di verifica del loro conseguimento”, sta di fatto approvando a scatola chiusa il lavoro dei tecnici “indipendenti” incaricati di stendere il PNPV, e allo stesso tempo, prevedendo “il rispettodelle raccomandazioni degli organismi sanitari internazionali”, si autoesclude dal processo decisionale sulla profilassi vaccinale, il che non può che tradursi nel mero recepimento da parte dei tecnici dei piani mondiali di eradicazione del morbillo, avendoli il legislatore già approvati preventivamente, quando sarebbe invece chiamato a fare lo sforzo di mettere in discussione le strategie vaccinali finora messe in campo, e in particolare la rispondenzadella vaccinazione di massa al contesto demografico, ambientale e socio-economico dell’Italia di oggi.

Per quanto attiene l’art. 3 (Misure per l’implementazione del piano nazionale di prevenzione vaccinale), allalettera c) troviamo finalmente l’obiettivo della “promozione dell’adesione volontaria e consapevole alle vaccinazioni”, che a nostro parere dovrebbe essere il cardine per qualsiasi politica vaccinale, e che tuttavia viene subordinato al requisito tecnico delle “coperture di sicurezza”, come confermato dall’art.1, lettera b), dove si legge che “l’educazione e l’informazione in materia di prevenzione vaccinale costituiscono livello essenziale di assistenza (LEA) quali interventi prioritari nella lotta contro la riluttanza nei confronti dei vaccinie per l’ottimizzazione delle coperture vaccinali” e nello stesso art. 3, lettera b) il cui fine è la “promozione delle vaccinazioni previste dal PNPV e rimozione dei fattori che ostacolano il raggiungimento di adeguate coperture vaccinali”, ponendosi il legislatore in maniere antagonista con chi richiede l’adesione volontaria e consapevole alle vaccinazioni, concessa solo fintantoché non vada a compromettere le “coperture”. 

Che con questo Disegno di Legge lo Stato si ponga a gendarme delle coperture anziché a garante dei diritti costituzionali e della salute dei suoi cittadini, in perfetta continuità con la logica della Legge 119/2017, si evince anche dalle previsioni dell’art. 5 (Interventi in caso di emergenze sanitarie o di compromissione dell’immunità di gruppo),che equipara la “compromissione dell’immunità di gruppo” a un’emergenza sanitaria, mantenendo ed estendendo il ricorso alla vaccinazione obbligatoria per contrastare il calo delle coperture, come già decretato d’urgenza senza emergenza dal precedente Governo. 
Al comma 1 dell’art. 5 infatti si prevede che “Qualora[…]si rilevino significativi scostamenti dagli obiettivi fissati dal PNPV tali da ingenerare il rischio di compromettere l’immunità di gruppo, […]sono adottati piani straordinari d’intervento, che prevedono, ove necessario, l’obbligo di effettuazione di una o più vaccinazioni per determinate coorti di nascitaovvero per gli esercenti le professioni sanitarie, al fine di raggiungere e mantenere le coperture vaccinali di sicurezza”. Nulla è dato sapere su cosa si intenda per “significativi scostamenti”, avendo il legislatore demandato al PNPV la loro definizione; pertanto, se assumiamo come valida la soglia imposta dal precedente Ministro della Salute, ovvero il 95% one-size-fits-all, l’applicazione dell’obbligo ai “significativi scostamenti […]tali da ingenerare il rischio di compromettere l’immunità di gruppo[…] per determinate coorti di nascita” innescherebbe un aumento delle inoculazioni vertiginoso

Abbozziamo nel seguito una simulazione incrociando i dati più recenti sulle coperture e le raccomandazioni del PNPV 2017-2019: 

Clicca per ingrandire

La simulazione assume il normal case scenario, quello cioè in cui un Governo in carica si attenesse alle disposizioni dell’art. 5. 

L’impianto sanzionatorio previsto dalla Legge 119/2017 risulta addirittura inasprito, laddove all’art. 5, comma 4 si legge che “al fine di tutelare lo stato di salute dei soggetti non vaccinabiliper specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, i piani straordinari di intervento di cui al medesimo comma 1 possono: 
a)subordinare, in modo temporaneo, su base nazionale, regionale o locale, in relazione ai dati contenuti nell’anagrafe vaccinale nazionale,la frequenza delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione, delle scuole private non paritarie, dei servizi educativi per l’infanzia e dei centri di formazione professionale regionale all’avvenuta somministrazione di una o più vaccinazioni”. 

Così l’obbligo, rispetto alle previsioni della Legge attualmente in vigore, risulta rafforzato in due direzioni: 
1)non si prevede che si possa assolvere all’obbligo anche per avvenuta immunizzazione naturale, come sarebbe logico non comportando in quel caso alcun pericolo per “i soggetti non vaccinabili” e come correttamente previsto dalla Legge 119/2017, ma si subordina la frequenza a scuola esclusivamente “all’avvenuta somministrazione di una o più vaccinazioni”. Prova ne è il fatto che l’anagrafe vaccinale, come si legge all’art. 4 (Anagrafe vaccinale nazionale), tra i dati che dovrebbe contenere non prevede lo stato di immunizzazione del soggetto; 
2) si prevede di interdire la frequenza ai non vaccinati “per una o più vaccinazioni”non solo ai servizi per l’infanzia ma anche alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado; stando ai dati rilasciati dalle Regioni riguardo i “non conformi”, la sospensione della frequenza riguarderebbe più di un milione e mezzo di studenti, generando inevitabilmente il caos su tutto il territorio nazionale. 

Considerate le dichiarazioni in campagna elettorale degli esponenti dell’attuale maggioranza e le azioni intraprese durante la scorsa legislatura per la presentazione di emendamenti volti a eliminare il requisito di accesso per nidi e scuole dell’infanzia (art. 3, comma 3 della L. 119/2017), ci rimane incomprensibileil motivo per cui ancora oggi dobbiamo leggere, in un Disegno di Legge sostenuto da questa maggioranza, la possibilità di sospendere la frequenza scolastica dei nostri bambini. 

È doveroso far presente che già nell’applicazione della L. 119/2017 abbiamo assistito, tra gli altri, a numerosi episodi di
– esclusioni arbitrariebasate su un’interpretazione personale delle Legge da parte dei Dirigenti Scolastici;
– reiterate violazioni della privacyda parte di tutto il personale scolastico; 
– casi di isolamento e discriminazione di bambiniingiustificata e inaccettabile da parte del personale scolastico e sanitario; 
– riduzione del consenso informato a mero pro-forma

Senza contare i danni provocati dalla massiccia campagna mediatica contro i “no-vax”, tale da innescare fenomeni di conflitto sociale e discriminazione dei “piccoli untori” sempre più insostenibile, laddove conflitto non esisteva prima dell’avvento del D.L. 73/2017. 

Non ultimo, il DdL 770 prevede il mantenimento dell’art. 5-bisL. 119/2017, dal titolo “Controversie in materia di riconoscimento del danno da vaccino e somministrazione di farmaci”, che riporta al primo comma: “Nei procedimenti relativi a controversie aventi ad oggetto domande di riconoscimento di indennizzo da vaccinazione di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, e ad ogni altra controversia volta al riconoscimento del danno da vaccinazione, nonché nei procedimenti relativi a controversie aventi ad oggetto domande di autorizzazione alla somministrazione di presunti farmaci non oggetto di sperimentazione almeno di fase 3 e da porre economicamente a carico del Servizio sanitario nazionale o di enti o strutture sanitarie pubblici, è litisconsorte necessario l’AlFA”. 
Nei procedimenti relativi a controversie in materia di riconoscimento di danni da vaccino si costituiscono dunque, ai sensi dell’art. 5-bis, due soggetti, il Ministero della Salute e l’AIFA, che contestano l’istanza di riconoscimento del danneggiato. Tale norma determina una sproporzione tra le parti che aumenta le difficoltà dei danneggiati per il riconoscimento dei loro diritti e mina il diritto al “giusto processo”, previsto dall’art. 111 della Costituzione, che prevede lo svolgimento del contraddittorio tra le parti “in condizioni di parità”. Inoltre, la norma potrebbe generare il convincimento nei danneggiati di uno Stato a loro ostile, che non agevola la tutela dei loro diritti costituzionalmente garantiti, ma ne ostacola sempre di più il riconoscimento, confermando nuovamente l’impostazione da polizia sanitaria ereditata dal D.L. 73/2017. 

Noi crediamo che la Legge debba tenere conto delle complessità del tessuto sociale odierno, in cui non esiste più il paziente che passivamente accetta quanto gli viene somministrato da un’entità al di sopra di ogni discussione: oggi l’individuo vuole e deve essere posto al centro, ha il diritto di decidere del proprio corpo e non può essere fatto oggetto di obbligo. 
Reclamiamo il nostro diritto all’autodeterminazione, diritto che è e deve rimanere costituzionalmente garantito
E fortemente chiediamo che i nostri figli non siano fatti oggetto di una Legge che in modo eccessivamente paternalistico e utilizzando il ricatto dell’esclusione sociale sottrae a noi genitori e ai medici di cui ci fidiamo la possibilità di decidere della loro salute. 

Con questo spirito abbiamo steso la proposta di Legge “Sospensione dell’obbligo vaccinale per l’età evolutiva”. 

Grazie, in qualità di rappresentanti del Comitato Libertà di Scelta

(in ordine alfabetico)

ADER Salute e Libertà - Associazione Diritti Emilia Romagna
● Articolo 32 Libertà e salute Faenza
● Cittadini Liberi e Consapevoli Puglia
● CLi.Va Toscana Comitato per la libertà di scelta vaccinale Toscana
● CLiSVaP Comitato per la Libertà di Scelta Vaccinale Piemonte
● Co.li.bri. Libertà Brianza
● Coordinamento Vicentino
● CORVELVA
● Colibrì Puglia
● FILINS - Federazione Italiana Licei Linguistici e Istituti Scolastici non Statali
● Genitori del No Obbligo Piemonte
● Genitori del No Emilia Romagna
● Genitori del No Obbligo Lazio
● Genitori del No Obbligo Lombardia - sezione Brescia
● Genitori del No Obbligo Lombardia
● Gruppi Uniti. it
● Libera Scelta Alessandria
● Libero x tutti - Forlì
● Modilis Sardegna
● Vaccinare Informati - Trentino

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