[ 26 febbraio ]
Non siamo i soli, né i primi, a segnalare che la democrazia parlamentare è da tempo defunta. Potremmo discettare a lungo su cosa la democrazia sia. Di contro alle teorie feticistiche e mitizzanti, Norberto Bobbio avanzava la sua "definzione minima" della democrazia, per cui essa è una procedura per prendere decisioni collettive. Stabilito che il popolo è sovrano esso si autogoverna attraverso una discussione pubblica, quindi decidendo a maggioranza. Il Parlamento, eletto dal basso, è l'organo per mezzo del quale il popolo legifera e quindi esprime la sua sovranità.
Bobbio segnalava poi che una delle promesse non mantenute della democrazia sta nel fatto che la democrazia politica non si è trasformata in democrazia sociale. Marx avrebbe detto che questa "promessa", scritta sulle insegne della Rivoluzione francese, non poteva essere mantenuta fino a quando la società fosse restata capitalistica, ovvero fondata sul predominio di una classe sociale detentrice dei mezzi di produzione e di scambio.
Ebbene, oggi è venuta meno questa stessa e decisiva "funzione minima". Il sistema democratico è stato rimpiazzato da uno oligarchico, in cui il potere decisionale è nelle mani di pochi e questi "pochi" lo esercitano per nome e per conto di ristrette cerchie delle classi dominanti. Marx avrebbe forse detto che siamo in un sistema bonapartistico.
Il sito openpolis ha recentemente pubblicato un dossier il quale svela, dati alla mano, che siamo oramai in un regime non solo post bensì anti-democratico. Leggiamo.
«Rapporto Governo-Parlamento. Prova della centralità del Governo nel sistema politico italiano è la sua enorme capacità di determinare il processo di formazione delle leggi. Trattandosi di uno spostamento di potere, ovviamente, vi è chi ha subito la diminuzione delle proprie capacità, ed è il Parlamento.
Processo Legislativo. Lo si evince da diverse analisi: Iniziativa (80% delle leggi di iniziativa del Governo – 20% di iniziativa del Parlamento), % successo (il 30% delle proposte del Governo diventa legge mentre neanche l’1% del Parlamento), tempi (mediamente una proposta del Governo diviene legge in 112 giorni mentre una del Parlamento in 337).
Voto di fiducia. A tal fine è stato sempre maggiore il ricorso al voto di fiducia. Non solo sui provvedimenti particolarmente dibattuti ma anche come metodo consolidato per compattare la maggioranza e restringere il dibattito d’Aula. Il rapporto fra leggi approvate e fiducie richieste ha raggiunto nuove vette con gli esecutivi Monti e Renzi, entrambi intorno al 45%». [Con Renzi siamo arrivati in un anno al 34esimo voto di fiducia!]
Una conferma che, in aperta violazione della Costituzione, non è il Parlamento bensì il Governo che detiene lo scettro del comando, che è quindi sovrano.
Un processo che era iniziato in sordina già durante gli ultimi tempi della "prima Repubblica" e che è diventato il segno distintivo della "Seconda", che ebbe i natali con quello che è stato definito "golpe giudiziario di Mani Pulite".
Non ci sfugge che, al fondo, due sono le cause principali di questa metamorfosi: da una parte la "globalizzazione neoliberista" e, dall'altra la fondazione dell'Unione europea. Questi giganteschi mutamenti, fondati sullo strapotere dell'aristocrazia finanziaria capitalistica e sulla velocizzazione dei processi economici, chiedevano due cose: (1) la totale sussunzione della sfera politica a quella economica e (2) l'abbattimento progressivo o quantomeno lo sfondamento delle barriere rappresentate dagli stati nazionali, entro i quali i regimi di democrazia parlamentare erano cresciuti e si erano consolidati.
Il "renzismo" è solo l'ultima tappa di questo processo di consunzione della democrazia parlamentare e rappresentativa. Vuole riuscire dove il berlusconismo aveva fallito.