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lunedì 30 settembre 2019

FRONTE SOVRANISTA ITALIANO di Moreno Pasquinelli

[ lunedì 30 settembre 2019 ]

L'area che a vario titolo si definisce "sovranista" è purtroppo divisa e litigiosa. Noi, che di tentativi unitari ne abbiamo fatti diversi, ne sappiamo qualcosa.
Ora è il momento della polemica tra Francesco Amodeo e Diego Fusaro da una parte, e Stefano D'Andrea del Fronte Sovranista Italiano (FSI) dall'altra.
Fusaro e Amodeo criticano il FSI di avere una visione settaria ed eliocentrica dell'area "sovranista". Stefano D'Andrea, nella sua farraginosa risposta ai due, conferma questa pretesa, suggellata dal recente rifiuto di aderire alla manifestazione del 12 ottobre LIBERIAMO L'ITALIA, motivo apparente che non si potranno esporre bandiere di partito.



Sbaglia chi pensa che sia la polemica teorico-politica la causa della divisione. Il confronto ed anche lo scontro, quando si hanno idee e concezioni diverse, è inevitabile e, ove esso sia condotto con onestà intellettuale, utile a mettere a fuoco per eventualmente superare le stesse divisioni. Ciò che pregiudica l'auspicabile unità contro il comune nemico sono semmai le critiche pretestuose e prive di sostanza. E' con questo spirito che torniamo a dare un giudizio sul FSI. Decideranno i lettori se si tratta di critiche legittime o infondate.

Ontogenesi del FSI



Stefano D'Andrea (d'ora in avanti SD'A) iniziò la sua carriera politica nell'autunno 2011, grazie all'oramai storica assemblea "Fuori dal debito! Fuori dall'euro", svoltasi a Chianciano Terme il 22 e 23 ottobre 2011. La stessa assemblea in cui Alberto Bagnai si affacciò nel piccolo (allora) mondo no-euro. Conoscemmo D'Andrea nell'agosto di quell'anno quando era già noto il testo che convocava l'assemblea. Accettammo volentieri di farlo salire a bordo.


Il momento di alta tensione che si viveva in quelle settimane (nel novembre 2011 avvenne il golpe bianco da cui nascerà il governo Monti), nonché il successo dell'assemblea ci spinse a lanciare nel novembre successivo SALVIAMO L'ITALIA - appello al popolo lavoratore, manifesto da cui nacque il Movimento Popolare di Liberazione. SD'A era tra i promotori.

Le strade con SD'A, solo dopo un paio di mesi di cooperazione (novembre 2011), si divisero. 

Sarà utile segnalare quali furono punti di dissenso tra noi e lui, poiché proprio in quella diatriba Sd'A precisò il suo pensiero e getto le premesse di quello che poi sarà il FSI. Tutto si può dire infatti di Sd'A meno che egli non sia un tipo pervicace, di una coerenza che tracima in ostinazione. Sia chiaro, in tempi come questi, con voltagabbana da ogni lato, meglio essere testardi che quaquaraqua. L'ostinazione tuttavia, se non è temperata da spirito autocritico e senso di misura, può tracimare in un'arroganza autocefala.


Lanciato assieme l'Appello (seconda settimana di novembre) si decise di elaborare un vero e proprio Manifesto per il Movimento Popolare di Liberazione. Con nostra grande sorpresa  Sd'A si mise di traverso rimettendo in discussione punti che sembravano assodati:
(1) Sd'A si oppose, già nel titolo dell'appello ad usare la locuzione "popolo lavoratore". Per Sd'A la locuzione era "divisiva". Secondo lui, occorreva un "Fronte patriottico antiglobalista", per rivolgersi indistintamente a ricchi e poveri, oppressi e oppressori, inclusi ed esclusi, bastava che fossero italiani. Del tutto inutile fu dirgli che stavamo fondando un nuovo movimento politico, non un fronte unito, che quindi bisognava distinguersi non solo da certa sinistra ma pure dalle destre populiste; che per noi rivolgersi al popolo lavoratore significava parlare alla maggioranza che davvero subiva il regime d'oppressione euro-liberista; che quel suo rifiuto implicava infine una rimozione del concetto di lotta di classe.  
(2) Sd'A respinse l'utilizzazione sia dell'idea di "rivoluzione democratica" che di quella di "sollevazione popolare". Per la precisione: «Io, oggi, non ho alcuna intenzione di sprecare un briciolo del mio tempo per promuovere una sollevazione popolare». Per lo Sd'A ogni appello alla mobilitazione diretta del popolo era un pericoloso sovversivismo. Per lui si doveva uscire dalla gabbia euro-oligarchica seguendo una strategia gradualista e parlamentare. 
(3) Sd'A si oppose infine con estrema durezza — ricordiamo che stiamo parlando del Manifesto fondativo di un nuovo soggetto politico — anche solo di  evocare la parola "socialismo". Ogni prospettiva di fuoriuscita dal capitalismo era aborrita: ci si doveva limitare a riconquistare la sovranità nazionale, punto e basta. Il nostro condiva infine il suo discorso con una stucchevole e mitologica nostalgia della "prima Repubblica". Inutile fu rammentargli quanto Gramsci scriveva sulla necessità che le classi subalterne dovessero diventare dirigenti della nazione, o che la sua "prima Repubblica", fino a quando le masse popolari non irruppero sulla scena negli anni '60, essa fu per loro un inferno di ingiustizia.
Chi conosce il FSI può facilmente capire come buona parte del suo attuale patrimonio genetico era scritto in quanto Sd'A sostenne allora. 

La pretesa "dottrina" sovranista 


Ebbene, nella sua replica a Fusaro e Amodeo lo Sd'A la fa lunga ma il succo è che rivendica con orgoglio il suo modus essendi e operandi settario, precisando altresì che FSI è deciso ad andare avanti da solo e che non gli interessa né conquistare l'egemonia nel campo patriottico, né tantomeno fare alleanze con altri gruppi sovranisti, al massimo solo "collaborazioni" in vista di scadenze elettorali — torneremo su questa storia delle elezioni visto che per il nostro sono una vera e propria ossessione paranoica. Come se non bastasse lo Sd'A sale in cattedra dispensando con sicumera voti a destra e a manca (non senza, ancora una volta, tirando in ballo anche noi) su chi è più bravo e ovviamente per confermare che FSI ce l'avrebbe più lungo

Beninteso il nostro dice anche cose condivisibili, quali la sua insistenza sulla necessità di un partito ben strutturato, di militanti preparati e disciplinati, di uomini e donne che sfuggano alle patologie narcisistiche e individualistiche della post-modernità.

La domanda però è: di che partito lo Sd'A sta parlando? Quale la sua natura? Quale la sua visione del mondo? Quale la sua teoria politica? Quale il suo programma? In otto lunghe pagine egli si guarda bene dal dircelo. Vittima della tipica deformazione professionale del giurista per il nostro le regole sono tutto, di qui il suo puntiglioso formalismo. Di che partito sia il FSI il nostro ce lo dice da un'altra parte, alfa e omega sarebbe il "sovranismo":
«Il sovranismo è una dottrina che, recuperando il meglio delle istanze provenienti da quei sei fattori culturali, intende eliminare il principio di concorrenza e ri-costituire un equilibrio, se non armonico, almeno stabile e giusto, tra la libera iniziativa privata e gli altri valori che furono difesi dai sei fenomeni culturali segnalati». 
Quali siano questi sei fattori culturali Sd'A, tenetevi forte, lo spiegava poco più avanti: 
«liberalismo, religione, socialismo, nazionalismo, riformismo socialdemocratico e keynesismo». 
Come possa venir fuori una "dottrina" da questo minestrone sconclusionato solo Dio lo sa. Sta di fatto che Sd'A ha plasmato un bizzarro animale a sei teste, che solo lui può immaginare guardino nella stessa direzione. Ma è chiara l'illusione: un partito "sovranista" piglia-tutto. Il nostro propone di "Recuperare il meglio" guardandosi bene dal dirci in cosa questo "meglio consista". Detto che il "comunismo" — en passant, il movimento politico di massa più grande della storia umana — non è nella lista: di quale
liberalismo si parla? Di quale socialismo? Di quale keynesismo? Di quale religione? E di quale nazionalismo — anche quello fascista e/o imperialista? 

Il succo di questo guazzabuglio tra diavoli e acque sante sarebbe "l'eliminazione del principio di concorrenza e l'equilibrio tra la libera iniziativa privata e i valori che furono difesi dai sui fenomeni culturali segnalati". Un po' poco, con tutta evidenza, per parlare di "dottrina", tant'è che la "cosa" che potrebbe mettere d'accordo stalinisti, socialdemocratici, fanfaniani e financo i fascisti.

Sintomatico come i militanti del FSI la facciamo semplice e interpretino questa  "dottrina" a geometria variabile. Sentiamone uno. "Sovranismo" sarebbe:
«... il primato dello stato sul privato, la proprietà pubblica dei servizi strategici, la pianificazione economica orientata all’utilità sociale, i diritti del lavoro, lo stato sociale».
Quindi un altro
«Il sovranismo è l’istanza di riconquista della sovranità da parte del popolo e dello stato ricollocando la Costituzione del ’48 al vertice dell’ordinamento giuridico».
La diamo per buona ma... Forse che solo il FSI difende questi principi? Ovvio che no. Essi sono anzi oggi difesi dalle diverse correnti ideologiche del "sovranismo". Ciò per dire che questi principi sono abbastanza affinché queste correnti facciano fronte e si alleino contro il nemico comune, del tutto insufficienti per fondarci sopra un partito. E prendiamo pure per buono come il FSI si autodefinisce di recente dopo anni di ambiguità: un partito socialdemocratico. La montagna ha partorito il topolino.



Plutonismo versus Nettunismo



E qui veniamo ad una delle stramberie del FSI: come spiega Sd'A nella sua risposta a Fusaro e Amodeo: "collaborazione sì, alleanza no". Il nostro tenta di spiegare dove sia la differenza, e la risposta rassomiglia come una goccia d'acqua il patetico mantra grillino ("accordi sì alleanze no"), per non dire che l'insopportabile spocchia di considerarsi i "veri sovranisti" riporta alla mente quella del Marchese del Grillo: "Io so io, e voi non siete un cazzo".

Questa chiusura del Fronte Sovranista Italiano al fronte dei sovranisti italiani risiede in un argomento ben preciso, che Sd'A scolpisce con nettezza nella sua risposta:
«la prospettiva della liberazione e dell'indipendenza dell'Italia" è un obiettivo lontano; ci troveremmo ad agire come i patrioti nel 1816 e nel 1821 o nel 1831 o nel 1849, non nel 1860". 
L'analogia, com'è evidente, è tra la lotta d'indipendenza e quella odierna per uscire dalla Ue. Sorvoliamo sulla grottesca lotteria delle date — fa differenza e come! essere 45, 30 o 12 anni dalla meta. Per Sd'A i tempi dell'uscita sono lunghi, anzi lunghissimi. E siccome non c'è urgenza (vallo a dire al popolo lavoratore che pena e soffoca sotto la cappa dell'ordoliberismo!), si proceda con la propaganda apostolare a scopi di proseltismo. 

Su quali basi egli fondi questa sua granitica convinzione a noi non è mai stato chiaro. Forse l'avrà spiegato ai suoi in camera caritatis. Sbaglieremo ma a noi pare che Sd'A, invece di attrezzare l'organizzazione ai tempi ed alle dinamiche storico-sociali reali compia l'operazione inversa, quella di coartare i processi sociali e politici oggettivi ai tempi necessari al FSI per diventare il partito egemone della nazione. Dietro ad un'apparente saggezza siamo all'apoteosi del soggettivismo.

Per chi scrive, ed è in buona compagnia, questa Unione europea ha invece fondamenta fragili, è un condensato di irresolubili contraddizioni, e non sopravviverà ad un'altro scossone come quello del 2010-11. Anche ammesso che la Ue fosse in grado di resistere ad una nuova grande recessione (con inevitabile esplosione finanziaria), non ne uscirà a 28 ma perderà diversi pezzi, e tra questi pezzi c'è il nostro Paese. Dei "sovranisti" con i piedi per terra dovrebbero quindi attrezzarsi alla rottura prossima dell'Unione — di qui la necessità di un fronte patriottico comune o nuovo CLN — onde evitare che l'uscita sia pilotata dalle destre liberiste.

La questione ci riporta all'idiosincrasia di cui sopra dello Sd'A all'idea della "sollevazione popolare". Dietro c'è, a ben vedere, una concezione della storia. Il nostro è agli antipodi della visione marxiana per cui le rivoluzioni sono il motore della storia, ed è prigioniero di una visione darwiniana dell'evoluzione storica, per cui essa procede per passaggi lenti, graduali e progressivi. Tesi, corre l'obbligo di notare, contestata dai sostenitori della "evoluzione punteggiata", per cui le modificazioni avvengono di colpo, in seguito a catastrofi e radicali modificazioni ambientali. Stessa musica tra i geologi, divisi tra plutonisti che parlano di cambiamenti graduali del pianeta e nettunisti, che sostengono, al contrario, che la Terra sia cambiata anzitutto a causa di eventi singoli cataclismatici. 

Sia come sia non ci sarà alcuna uscita indolore dall'Unione europea: essa sarà il frutto o di un suo multilaterale e doloroso collasso geopolitico o di una rottura unilaterale non meno devastante.

Nella sua risposta Sd'A ripete almeno venti volte (come del resto aveva sempre ribadito) che l'asse della strategia del FSI è quello elettorale. La capacità egemonica di un partito si misura per il nostro dai voti che prende. Dai voti che ottiene si misurano la sua forza, il suo valore, la credibilità. Ed in effetti, quando  Sd'A si vanta delle "mille azioni" compiute dal FSI intende non azioni di lotta popolare basate sul protagonismo dei cittadini, bensì esclusivamente banchetti, rinfreschi, raccolte di firme per presentare le sue liste, ovviamente comizi dove queste liste è riusciti a presentarle. L'essere riusciti a presentarsi in qualche elezione alimenta la sua iattanza.


Siccome ci si dice che le elezioni sarebbero il parametro fondamentale della strategia di un partito "sovranista, si è obbligati ad andare a vedere come sta messo davvero il FSI.

Con la lista “Riconquistare l’Italia”, il FSI si presenta per la prima volta in elezioni importanti alle regionali del Lazio del 4 marzo 2018. Benché presente in tutte le provincie il risultato è disastroso. Risultato: il candidato presidente (Stefano Rosati) ottiene lo 0,16% arrivando 9° su nove candidati, mentre la lista, con lo 0,10% arriva 19° su 19.

Il 22 ottobre 2018 è la volta della provincia di Trento, nell’ambito delle elezioni regionali del Trentino. In questa provincia il risultato è simile a quello del Lazio. Sia la lista che il candidato presidente (Federico Monegaglia) ottengono lo 0,10%. Risultato: il candidato è 11° su 11, la lista 22° su 22.

Il 10 febbraio 2019 si tengono le tante volte annunciate annunciate come la prova del nove dallo Sd'A, elezioni regionali in Abruzzo. Le truppe del FSI risultano disperse nella Marsica, nessuna lista.

Il 26 maggio si vota per le regionali a Pescara, città dove l'FSI ha forse il gruppo più numeroso e agguerrito. Ebbene qui c’è il "boom" di Riconquistare l’Italia: i candidato sindaco, Gianluca Baldini, arriva 7° su 8 (0,77%). La lista è 16° su 17 (0,67%).


Ora è la volta delle regionali in Umbria, dove, a meno dell'intervento della Divina Provvidenza, la musica non sarà diversa. Come potrebbe del resto andare diversamente quando in quella regione si getta avventuristicamente nella mischia un numero talmente esiguo di militanti che al massimo potrebbero presentare una lista in un comune diecimila abitanti?

Di questo passo, ad andar bene, ammettendo una progressione aritmetica, il FSI ci metterà dagli ottanta ai cento anni per diventare egemone, salire al potere e "far uscire  l'Italia dalla Ue per recesso". Sd'A dovrebbe quindi rifare i conti, poiché non saremmo "nel 1816 e nel 1821 o nel 1831 o nel 1849", ma a prima della Rivoluzione francese.

Non ce ne vorranno gli amici del FSI ma la cosa ci fa venire in mente il noto aforisma di Keynes: "Sul lungo periodo saremo tutti morti", FSI compreso.



Per chi ne voglia sapere di più qui gli articoli in cui, negli anni, abbiamo parlato dell'ARS e del FSI:

SOVRANISMI (DI SINISTRA, DI DESTRA... E DI CENTRO) di Moreno Pasquinelli
A QUELLI CHE I DIRITTI CIVILI... NO di Moreno Pasquinelli

sabato 15 luglio 2017

COME NON-ALLEARE I "SOVRANISTI" di Moreno Pasquinelli

[ 15 luglio 2017 ]

Il 29 giugno scorso SOLLEVAZIONE pubblicava un intervento di Stefano D'Andrea dal titolo Quale alleanza dei sovranisti? Il giorno dopo gli rispondeva Ernesto Pertini: Perché allearsi ora. Diamo adesso la parola a Moreno Pasquinelli.

Se Stefano D'Andrea si è sentito in obbligo di precisare il suo pensiero sul tema dell'alleanza dei cosiddetti "sovranisti" dev'essere perché anche lui avverte che in giro, tra le migliaia e migliaia di cittadini che in questi anni si sono "risvegliati" —che hanno preso coscienza sulle cause della tragedia storica che incombe sul nostro Paese—, una delle ragioni che impediscono a questi "risvegliati" (prendo in prestito questo concetto dall'amico Sandro Arcais) di scegliere l'impegno politico, è appunto la divisione gruppuscolare che esiste tra i "sovranisti". 



Questo sparpagliamento, se per alcuni è in effetti un alibi per stare alla finestra e trastullarsi nell'universo virtuale internettaro (il quale per sua stessa struttura favorisce l'atomizzazione individualistica), per molti è invece un fattore di quiescenza.
Sì, noi non abbiamo alcun dubbio: se solo le formazioni "sovraniste" fossero in grado di fare fronte, di costruire una casa comune, migliaia di cittadini uscirebbero dai rifugi in cui si sentono protetti ma nei quali invece il sistema li vuole reclusi.

E' questa convinzione, tra gli altri fattori, che ci ha spinto a dare vita alla Confederazione per la Liberazione nazionale. Una Confederazione che non vuole essere uno sgangherato ed estemporaneo coordinamento. Noi riteniamo che in questa fase politica, e questo ci distingue dal D'Andrea, il soggetto politico che può essere realisticamente costruito non sarà un Partito con la P maiuscola, con la forma assunta nel secolo scorso. In un secolo attraversato dalla guerra civile mondiale, in un mondo segnato dalla opposizione tra i due campi contrapposti del capitalismo e del socialismo, quindi tra classi sociali antagoniste, i Partiti erano quindi obbligati a considerarsi strumenti di una delle due classi sociali fondamentali, e data l'irruzione del marxismo ad avere una visione del mondo.

Sara facile convenire che dato l'esaurimento della spinta eversiva del proletariato occidentale, crollato il "campo socialista", dispiegata la vittoria campale del capitalismo nella sua variante neoliberista, data la proliferazione nel campo antagonista di movimenti, soggettività, correnti culturali le più disparate, siamo entrati in una fase storica nuova. Dal che noi desumiamo che va ripensata la stessa forma-partito. In concreto questo che significa? Significa che ogni tentativo di rifondare partiti alla vecchia maniera è destinato a fallimento certo; che occorre immaginare partiti nei quali, fermi gli elementi di forte coesione interna, saranno segnati da un necessario pluralismo di idee. Saranno partiti e/o movimenti instabili? Sì, lo saranno. La loro stabilità non sarà mai un dato acquisito per sempre, sarà, per parafrasare il concetto con cui Joseph Ernest Renan descriveva la nazione: "un plebiscito di tutti i giorni".

Chi vorrà intestardirsi a rifondare i partiti nella forma classica, giocoforza, non solo non darà mai vita a partiti di massa, bensì a sette, che per tirare a campare, dovranno blindarsi dotandosi di regimi interni autoritari fondati sull'obbedienza cieca a questo o a quel capo —ciò che Gramsci chiamava "caporalismo". Che è appunto il destino che a me pare, spero di sbagliarmi, si è scelto il Fonte Sovranista Italiano di Stefano D'Andrea.

D'Andrea si è infatti, da anni ormai, intestardito. Contesta strenuamente ogni appello all'alleanza dei "sovranisti", non solo come scopo illusorio ma come massimamente nocivo alla causa —maligni dicono: alla causa sua propria. Non solo non raccoglie la spinta all'unità qui e ora che viene da ogni parte, la respinge come speciosa. Poi apre una fessura, concede un'eccezione. Seguiamo il suo ragionamento:
«L’alleanza si fa in vista delle elezioni. Le alleanze tra partiti sono sempre alleanze elettorali o meglio pre-elettorali e poi eventualmente (ma non è il nostro caso) di governo (le alleanze delle opposizioni durano lo spazio di un mattino). Non sono mai esistite alleanze a prescindere dalle elezioni. Un’alleanza al di fuori di una scadenza elettorale è un non senso: allearsi a che fine, se non per partecipare ad elezioni?»
Le alleanze sono sempre alleanze elettorali"? Ma che minchiata è mai questa? E che nella lotta sociale e politica ci sono solo le scadenze elettorali? Che forse le diverse forze partigiane si unirono nel CLN in vista delle elezioni? certo che no! Anzi essi si sciolsero proprio alle porte delle elezioni  del 1946 per l'Assemblea Costituente. Ma è solo un esempio, tra i più eclatanti. Potremmo farne qualche dozzina, per dire che sono esistite alleanze dei più svariati tipi, che di solito coalizzano forze diverse contro un nemico comune, o per sventare una mossa determinata del comune nemico. Dato che D'Andrea ha tanta nostalgia nel '900 sarà bene ricordargli che il terreno elettorale era allora l'esatto opposto di quel che sostiene: alle elezioni, quasi sempre, ogni partito andava col suo simbolo e non confondeva le sue insegne con quelle di altri partiti, pur se affini per ideali. E se c'era tra questo o quel partito un'alleanza sul terreno sociale, questa veniva sospesa alle porte delle elezioni. L'Italia è un caso da manuale. Non so a voi, ma al sottoscritto, la minchiata di D'Andrea rivela quello che noi, nel '900, avremmo denunciato come "cretinismo elettorale".

Ma seguiamo il discorso del D'Andrea. Ad un certo punto leggiamo:
«L’alleanza tra le forze sovraniste si presenterà alle elezioni nazionali del 2023. Per non restare buggerati da elezioni anticipate, conviene ipotizzare che si voti un anno prima, nel febbraio 2022. Ciò significa che tutto (simbolo e nome dell’alleanza, candidati, progetto di azione, organizzazione e comitato direttivo dell’alleanza) dovrà essere pronto (almeno) un anno prima, quindi nel febbraio del 2021: un nuovo soggetto politico ha bisogno di almeno un anno di “campagna elettorale” e non può presentarsi alle elezioni nazionali senza prima essersi fatto conoscere a sufficienza. Se le elezioni non saranno anticipate, l’alleanza sovranista potrà svolgere due anni di “campagna elettorale”. Pertanto, nel febbraio del 2020 bisognerà cominciare a costruire l’alleanza (un anno di lavoro appare necessario)».
Arci-minchia! 
Qui il Nostro ci da i numeri per giocarceli al lotto.
Con una sicumera degna di uno che si crede Napoleone, indica con precisione chirurgica non solo il momento in cui i "sovranisti" si uniranno (le elezioni del 2023), ma pure che l'alleanza (elettorale s'intende) dovrà essere pronta un anno prima. Anzi,  no, nel 2020, perché potrebbero esserci elezioni anticipate nel 2022.
Confesso che ho trasecolato. Al netto del cretinismo elettorale: ma come cazzo fa il D'Andrea a dare per certo che la legislatura che inizierà la primavera prossima durerà cinque anni? Come fa quindi a pronosticare che se ci saranno elezioni anticipate sarà nel 2022 e non nel 2021 o nel 2019? Nel '900 avremmo detto: ma D'Andrea che si fuma?

Il Nostro misura tutto, com'è evidente leggendo tutto il pistolotto, attorno a se stesso. Infatti, tenetevi forte, tutto sembra dipendere, intendiamo l'alleanza "sovranista", dal banco di prova delle elezioni regionali abruzzesi del 2019. E perché mai, vi chiederete, non dalle europee dello stesso anno, o da altre elezioni regionali (tipo quelle in Sicilia del prossimo 5 novembre)? Semplice, perché il FSI ha deciso che in abruzzo scenderà in campo. Ergo: tutto dipende dalle mosse del FSI, ovvero dalla candidatura a presiedente dell'Abruzzo di D'Andrea.

Un simile modo di ragionare non ha per niente la forma della profezia, ma quella più modesta del ragioniere affetto da egocentrismo. Il Nostro, com'è noto, è un giurista, e come ogni giurista è abituato a pensare che nel diritto la forma è sostanza, pensa che in politica funzioni alla stessa maniera. Errore! E vorrei dare a questo errore un nome: "formalismo giuridico", che consiste nelle pensare che sia il diritto, col suo normativismo, a determinare i processi sociali e a dotarli di senso. Nel '900 avremmo detto di questo atteggiamento "voler mettere le braghe alla storia".
E' vero esattamente il contrario. Sono i processi sociali il motore del mutamento, e le regole o norme giuridiche, come la nottola filosofica hegeliana che si alzava solo al crepuscolo, vengono sempre ex post, a babbo morto.

Intanto vorrei sommessamente ricordare che qui in Italia si vota nella prossima primavera. Che facciamo? Nulla, è ovvio, poiché la campagna di proselitismo del D'Andrea non ha ancora dato i suoi frutti.








giovedì 29 giugno 2017

QUALE ALLEANZA DEI SOVRANISTI? di Stefano D'Andrea

[ 29 giugno 2017 ]

Su Appello al popolo è comparso ieri un intervento di Stefano D'Andrea [nella foto], presidente del Fronte Sovranista Italiano dal titolo "Le questioni del partito, dell’alleanza, del coordinamento e del dialogo tra associazioni sovraniste".
Pubblichiamo volentieri quanto scrive l'amico D'Andrea perché, al netto delle differenze di merito e di metodo, suggerisce una riflessione su un tema che ci sta molto a cuore: è possibile l'agognata alleanza tra le forze politiche patriottiche e sovraniste? E se sì su che basi? per che cosa? Con che forme? E quali i tempi? 
E siccome siamo in tema ci corre l'obbligo di segnalare che un primo tentativo di alleanza è costituito dalla Confederazione per la Liberazione Nazionale. Ci auguriamo che con questo intervento si apra finalmente un dibattito onesto, che coinvolga almeno gli esponenti più autorevoli della costellazione delle forze patriottiche, democratiche e  socialiste.


"Le questioni del partito, dell’alleanza, del coordinamento e del dialogo tra associazioni sovraniste"



  1. La fine dell’eurozona non è “imminente”, come molti commentatori sovranisti, anche autorevoli, tra i quali Bagnai e Barra Caracciolo, hanno erroneamente a lungo creduto: ci attende una lunga lotta di liberazione. Quindi c’è il tempo per costituire l’alleanza sovranista.
  2. Ho scritto alleanza sovranista e non il partito sovranista, perché è da presuntuosi credere che una associazione, politica o divulgativa, o un blog o un indistinto gruppo di persone possano fare tutto da soli.
  3. In questa fase, quindi, bisogna impegnarsi per promuovere, far crescere e rendere solide le frazioni della futura alleanza.
  4. Ne esistono parecchie, a carattere politico o divulgativo: il FSI, Riscossa, ALI, Interesse nazionale, Senso Comune, A/simmetrie, Me-mmt, altre associazioni nate dalla divulgazione della MMT, Confederazione per la Librazione nazionale.
  5. Altre associazioni sono ancora fuori dall’ambito sovranista: Risorgimento Socialista ha al proprio interno correnti differenti, una delle quali certamente non ha alcuna intenzione di porre fine all’Unione europea e con essa all’euro; Eurostop, invece, vuole una “moneta mediterranea” e dunque è estraneo, per ora, all’area politica sovranista.
  6. Nell’ottica dell’alleanza sovranista, intellettuali come Barra Caracciolo, Fusaro, Rinaldi e Galloni vengono in considerazione soltanto come membri di associazioni, rispettivamente A/simmetrie e Interesse Nazionale, i primi due, ALI i secondi. Altri, come Lidia Undiemi e Scardovelli, verranno in considerazione se e quando avranno creato un’apposita associazione sovranista. Aleph, l’associazione promossa da Scardovelli, non ci sembra una associazione sovranista: molti iscritti a quest’ultima associazione saranno pure sovranisti ma, essendo nata ad altri fini, non è detto che tutti gli iscritti siano sovranisti (se sbaglio, sono felice di sbagliare).
  7. La pluralità di associazioni e piccoli partiti non è un male, anzi è un gran bene. In politica non contano soltanto le idee (che, nel nostro caso, sono simili ma non identiche). Contano anche, da un lato, l’organizzazione e l’azione (come ci si organizza e come si agisce), dall’altro, gli uomini (che tipo di militanti si cercano e si aggregano: ciò dipende molto dall’organizzazione e dall’azione). Solo un fanatico-ingenuo aderisce ad una associazione della quale condivide il 90% del programma e sulla quale, tuttavia, nutra sfiducia, in ragione della capacità organizzativa e del tipo di azione e degli uomini, se ve n’è un’altra della quale condivide l’80 o il 70% del programma ma apprezza tantissimo organizzazione, modalità di azione e uomini. D’altra parte, Gramsci ha scritto una pagina immensa sul carattere molecolare o atomistico che assume il movimento che dà vita a un partito. Non abbiamo la presunzione di smentirlo.
  8. L’alleanza si fa in vista delle elezioni. Le alleanze tra partiti sono sempre alleanze elettorali o meglio pre-elettorali e poi eventualmente (ma non è il nostro caso) di governo (le alleanze delle opposizioni durano lo spazio di un mattino). Non sono mai esistite alleanze a prescindere dalle elezioni. Un’alleanza al di fuori di una scadenza elettorale è un non senso: allearsi a che fine, se non per partecipare ad elezioni? D’altra parte, associazioni e partiti che sono per ora alternativi, perché cercano di aggregare militanti sovranisti, distinguendosi per idee, (in parte) linguaggio, tipo di uomini, organizzazione e azione, prima dell’alleanza elettorale sono naturalmente in legittima competizione. Come possono piccoli partiti diversi compiere assieme azioni di militanza volte a cercare ed aggregare nuovi militanti? Espongono più simboli? Chiariscono ai cittadini nei quali si imbattono quali sono le differenze che corrono fra i diversi partiti? È da deficienti soltanto pensarlo. Non c’è niente di male in questa legittima competizione (a parte che si tratta di un fatto logico e naturale incontestabile) e nessun danno ne deriva per la causa sovranista. Ovvio che ogni associazione e ogni partito avrà il suo blog, le sue pagine facebook, i suoi simboli. Tutti i sovranisti hanno interesse a far sì che nell’alleanza elettorale abbiano maggior peso coloro che avranno dimostrato di avere più capacità di azione, una migliore organizzazione e di saper attrarre un maggior numero di militanti che siano presenti sulle strade e organizzino eventi sul territorio.
  9. L’alleanza tra le forze sovraniste si presenterà alle elezioni nazionali del 2023. Per non restare buggerati da elezioni anticipate, conviene ipotizzare che si voti un anno prima, nel febbraio 2022. Ciò significa che tutto (simbolo e nome dell’alleanza, candidati, progetto di azione, organizzazione e comitato direttivo dell’alleanza) dovrà essere pronto (almeno) un anno prima, quindi nel febbraio del 2021: un nuovo soggetto politico ha bisogno di almeno un anno di “campagna elettorale” e non può presentarsi alle elezioni nazionali senza prima essersi fatto conoscere a sufficienza. Se le elezioni non saranno anticipate, l’alleanza sovranista potrà svolgere due anni di “campagna elettorale”. Pertanto, nel febbraio del 2020 bisognerà cominciare a costruire l’alleanza (un anno di lavoro appare necessario).
  10. È possibile che alleanze (eventualmente parziali) delle forze sovraniste si presentino in alcune competizioni regionali. Noi abbiamo preso l’iniziativa per le regionali abruzzesi del 2019 e il 15 luglio a Pescara presenteremo il nostro progetto a sei invitati appartenenti ad altre associazioni sovraniste (ad altri invitati che non potranno essere presenti, illustreremo il progetto via mail). Per le altre elezioni regionali abbiamo considerato che esistono alcuni problemi assenti in Abruzzo, forse superabili organizzando più progetti regionali assieme. Noi per ora non crediamo di essere capaci di organizzare un simile progetto “pluriregionale” ma parteciperemo a riunioni per discuterne (soltanto se le riunioni saranno promosse da associazioni e vedranno invitate soltanto associazioni: i singoli o soli o individualisti o narcisi devono restare rigorosamente fuori) e vaglieremo i progetti che eventualmente ci verranno sottoposti.
  11. Il progetto per le regionali abruzzesi servirà a dimostrare se i sovranisti sono in grado di superare soglie di sbarramento, quanti militanti servono per avere una sufficiente presenza sul territorio e in che misura l’uso accorto dei social, l’elaborazione di un programma diverso e migliore di quello degli avversari, e il valore umano di candidati e militanti possano supplire la mancanza di denaro (l’obiettivo è e sarà anche nel 2023 soltanto quello di superare le soglie di sbarramento ed entrare in Parlamento per parlare al popolo: il resto dopo verrà). È chiaro che se riusciremo in Abruzzo (nelle regionali servono 29 candidati, nelle politiche nazionali soltanto 22, dunque per noi le regionali sono più difficili delle nazionali; e il voto è quasi politico-ideologico, non totalmente politico-ideologico come alle nazionali), avremo dimostrato che utilizzando la stessa strategia e le stesse tecniche che avremo utilizzato e con uomini corrispondenti per numero e valore (sia come militanti che come candidati), è possibile entrare nel Parlamento nazionale.
  12. Coordinamento è termine privo di significato. Che significa? Le forze politiche nazionali, attuali o del passato, si sono mai coordinate? Forse il termine può designare l’attività che sarà necessario svolgere dal febbraio 2020 per costruire l’alleanza. Ma ciò comporta che fino al febbraio 2020, quando si dovrà iniziare a svolgere l’azione volta a costruire l’alleanza, non è necessario (non ha senso) coordinarsi: ci si coordina in vista dell’alleanza. Siamo nella fase in cui le forze che sono nate devono cercare di dimostrare a se stesse, prima che agli altri, di essere vitali, ossia di non morire nell’immediato, di essere solide, ossia di non subire scissioni, di saper crescere per qualità e quantità dei militanti, di sapersi radicare in più regioni, di saper costruire gruppi significativi in alcune città. Spesso l’invito al coordinamento nasce da sparuti gruppi o da singoli, che addirittura si auto-attribuiscono il ruolo di “promotori” del coordinamento. I primi, incapaci di agire nella vita reale e di aggregare persone ulteriori rispetto al gruppetto di autori o commentatori di un blog o di una pagina facebook, vorrebbero avere  un qualche ruolo organizzativo o direttivo e perciò, invece di pensare a dimostrare a se stessi che riescono a costituire e a rendere vitale, solida e a far crescere una frazione dell’alleanza, forse consapevoli di non esserne capaci, invece di aderire umilmente ad una delle circa dieci associazioni esistenti, vogliono presuntuosamente darsi un ruolo che non hanno dimostrato di meritare: chi non avrà dimostrato di saper costruire e gestire bene una frazione (o addirittura avrà fallito), non dovrà partecipare alla costruzione e alla direzione dell’alleanza: ciò è un oggettivo, palese, elementare interesse di tutti i sovranisti. Compiti difficili e di grande responsabilità potranno essere affidati soltanto a chi avrà dimostrato di saper affrontare e risolvere compiti di media difficoltà. Diversamente, tutto il lavoro che stiamo svolgendo, noi e tutte le altre associazioni sovraniste, andrebbe certamente in fumo. I secondi, ossia i singoli che si auto-attribuiscono il ruolo di “promotori” del coordinamento sono addirittura casi da sottoporre a psicologi. Si tratta di ego ipertrofici e di presuntuosi che scrivendo sul loro blog o sulla pagina facebook credono di scrivere quotidianamente articoli di fondo su riviste sovraniste: si collocano su un piedistallo, senza aver mai dimostrato nulla sul piano della organizzazione e della capacità di stare in una associazione, e danno lezioni o suggerimenti, sovente, addirittura, criticando con acredine. Di essi è bene che si interessino gli psicologi o gli psicanalisti, non i sovranisti. I sovranisti devono soltanto sopportare l’onere di avere “vicino” questi infantili egocentrici sui social, sempre che, stanchi, a un certo punto non preferiscano bannarli.
  13. Il dialogo è invece importante: tanto è insignificante il termine coordinamento, quanto è importante il concetto di dialogo. Noi militanti del Fronte Sovranista Italiano, in questi cinque anni, abbiamo invitato come relatori a nostre iniziative Galloni (a Bologna nel 2013), Fusaro e Barra Caracciolo (a Rieti nel 2014), Rinaldi (a Pavia nel 2015), Pasquinelli (a Pescara nell’assemblea nazionale del 2013), Mimmo Porcaro e Francesco Toscano (a Roma nell’assemblea del 2014), Aldo Barba, Massimo Pivetti e Cesare Salvi a Roma nel 2016, Cesaratto (a Rieti nel 2016). In occasione dell’assemblea fondativa del FSI, nel giugno 2016, abbiamo invitato, soltanto per i saluti (e perché ci conoscessero), sei studiosi sovranisti, che tuttavia non avevano possibilità di essere presenti. E quest’anno abbiamo invitato a Pescara, per chiedere la partecipazione o l’aiuto al progetto per le elezioni regionali abruzzesi, che sarà presentato il 15 luglio, Alberto Bagnai (A/Simmetrie), Carlo Formenti (a titolo individuale, perché non abbiamo mai avuto occasione di conoscerlo), Ferdinando Pastore (Risorgimento Socialista), Giorgio Cremaschi (Eurostop), Marco Mori (Riscossa), Mario Volpi (ME-mmt), Maurizio Gustinicchi (ALI), Diego Fusaro (Interesse Nazionale), Roberto Sajeva (Giovani Socialisti), Thomas Fazi (Senso Comune) e Ugo Boghetta (Confederazione per la Liberazione Nazionale). Siamo dunque passati definitivamente dal dialogo con alcuni studiosi a quello con le associazioni. Negli stessi anni, non abbiamo ricevuto nemmeno la metà e anzi nemmeno un terzo degli inviti che abbiamo rivolto. Ma non è un problema. Il dialogo c’è anche se una sola delle parti prende l’iniziativa. Tuttavia, ciò dimostra che l’accusa che ci viene rivolta di non dialogare è ridicola e talvolta fondata su pura paranoia (quale altra associazione in questi anni ha invitato tanti altri sovranisti o euroscettici quanti ne abbiamo invitati noi? Forse soltanto A/Simmetrie), talaltra sulla confusione tra dialogo e coordinamento (sopra è stato chiarito che non abbiamo alcuna fiducia nelle iniziative di coordinamento, che sono altro dal dialogo). D’altra parte, va pure considerato che non si dialoga o meglio non si cerca il dialogo con tutti, bensì soltanto con chi si stima. Evidentemente noi stimiamo gli altri più di quanto parecchi di loro stimino noi. Nemmeno questo è un problema: per un verso, chi non ci stima si sbaglia o peggio, ma speriamo non sia così, non è in grado di apprezzarci; per altro verso, la nostra stima non è eterna.
ADDENDUM. Quindi per concludere: partito no; impegno a creare, far crescere e consolidare le frazioni si; alleanza si ma in vista delle elezioni, nel rispetto dei tempi indicati; coordinamento no, se non nel senso di attività volta a dar vita all’alleanza, secondo i tempi indicati; dialogo si; alleanze regionali, anche parziali, si, se si conviene che esistono  forze per superare lo sbarramento e possibilità di superare altri ostacoli

martedì 30 maggio 2017

AVEZZANO: STEFANO D'ANDREA CANDIDATO SINDACO

[ 30 maggio ]

Il 13 maggio scorso davamo conto della candidatura dell'amico Marco Mori a sindaco di Genova, facendo a lui e a Riscossa Italia i migliori auguri.

Lo stesso facciamo con Stefano D'Andrea [nella foto], esponente del Fronte Sovranista Italiano e candidato sindaco nella sua città natale, Avezzano (AQ), con la lista Riconquistare Avezzano.

Qui sotto il comizio svolto da D'Andrea il 28 maggio scorso in P.zza Risorgimento


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