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lunedì 19 novembre 2018

CON I FORCONI FRANCESI

[ 19 novembre 2018 ]

La Francia è scossa dalla protesta dei "Gilet gialli", a cui questa redazione rivolge la propria solidarietà.
Un movimento spontaneo, cioè sorto dall'iniziativa — petizione on line — di centinaia di cittadini "senza partito" per cancellare il rialzo dei prezzi dei carburanti. Con generale sorpresa il movimento si è subito allargato a macchia d'olio (2mila azioni e blocchi sabato scorso!), con roccaforti, non è un caso, nelle zone economicamente depresse — anche la Francia ha il suo Mezzogiorno.

In parallelo all'estensione geografica il movimento ha radicalizzato la sua protesta, diventando squisitamente politica e anti-sistema: contro il governo, contro Macron, contro la globalizzazione.



All'ultimo momento anche le forze politiche populiste, di destra e sinistra, l'ex Fronte Nazionale della Le Pen e La France Insoumise di Mélenchon, hanno tentato di mettere il cappello. Il primo ministro Edouard Phlippe ha affermato che il governo non farà marcia indietro, nella speranza che la protesta si sgonfi, come accaduto con i "berretti rossi" nel gennaio 2013 , e "nuit debout" nell'aprile 2016.

Vedremo.


Nel frattempo i media di regime francesi (ed a ruota quelli europei) hanno lanciato (come poteva essere diversamente?) una campagna di sputtanamento. Così vengono ingigantiti alcuni incidenti accaduti nei blocchi: l'insulto ad una, dicasi una!, automobilista di colore, oppure il caso di una donna costretta a togliersi il velo, ed infine (poteva mancare?) il "sessismo" — insulti a Macron considerato gay. Dulcis in fundo, l'accusa al movimento di essere retrogrado perché antiecologico.

Che nel fiume in piena del movimento popolare di protesta confluiscano i mille rivoli del disagio sociale, quindi, se non proprio rivendicazioni, anche sentimenti e atteggiamenti sbagliati e reazionari, è fisiologico, tanto più dopo decenni di lobotomizzazione delle menti, di annientamento della coscienza socialista, di culto dell'individualismo qualunquista e antipolitico.



Un fenomeno simile a quello dei "gilet gialli" lo avemmo in Italia col "Movimento 9 dicembre" del 2013. Anche allora la protesta nacque pressoché spontaneamente sulla spinta di quello siciliano dei "Forconi" del gennaio 2012, di cui adottò la modalità di lotta dei blocchi stradali. E anche allora, come per i "gilet gialli" nel fiume della protesta confluirono tanti rivoli, alcuni anche contaminati. Allora non solo la sinistra politicamente corretta (leggi liberista) si scagliò contro la protesta satanizzandola, ma pure la gran parte di quella radicale e antagonista. Era quello il segnale del suicidio delle sinistre, sempre più arroccate nei loro fortilizi identitari e sempre più distanti dalla realtà.

Un errore clamoroso che La France Insoumise per fortuna non ha fatto..







mercoledì 14 dicembre 2016

"FORCONI": UN GESTO FASCISTA?

[ 15 dicembre ]

No, nemmeno. Quello del simulato arresto di Osvaldo Napoli —per altro nemmeno più parlamentare— è un gesto goliardico, è una pagliacciata. 

Ma una pagliacciata politica, compiuta da quel cripto-fascista pontino Danilo Calvani che fu una delle cause della frattura prima e dell'implosione del Movimento 9 dicembre del 2013 —che tentò malamente di seguire la strada dei Forconi siciliani.

Noi, che a nostro modo sostenemmo la mobilitazione del 9 dicembre 2013, con l'inquietante personaggio Calvani facemmo i conti ben presto. Un movimento che senza dubbio subì tentativi fascisti di infiltrazione e di cui il Calvani fu consapevole vettore.
Ma, appunto, Danilo Calvani era una cosa, il Movimento del 9 dicembre che raccolse l'eredità dei Forconi siciliani, un'altra. Non ci fu facile spiegarlo a tanti che lanciarono contro tutto quel pezzo di cittadini incazzati l'anatema: "Fascisti!".

Ma per quanto pagliacciata, quella avvenuta ieri nei pressi di Montecitorio è, come detto, di natura politica. 

I primi commenti della stampa di regime la riducono all'azione dimostrativa di qualche "svitato", sottovalutano però ( o fan finta di farlo) ciò di cui l'azione è spia. Spia di un malessere sociale profondo, che sta diventando rabbia dilagante, e che prima di diventare sollevazione, rivolta di massa, potrebbe essere preceduta da gesti di "svitati", di "folli".
Una scintilla che incendi la prateria verrà, statene certi.
Chi ha sale in zucca si dia da fare affinché questa scintilla non sia accesa da sicofanti come Danilo Calvani.

giovedì 4 dicembre 2014

Si scrive Jobs Act, si legge schiavitù - manifestazione a Perugia

martedì 9 dicembre
ore 17:30
Piazza della Repubblica
Perugia

Quel che non era riuscito a Berlusconi è riuscito a Renzi ed al Partito “democratico”.

Ubbidendo ai diktat dell’euro-Germania, della Bce e della Confindustria, un Parlamento illegale ed un governo eletto-da-nessuno, hanno appena approvato, in aperto contrasto con gli Art.1 e 4 della Costituzione, una legge che toglie ai lavoratori, e anzitutto ai giovani, gran parte dei diritti e delle garanzie che erano state conquistate a prezzo di durissime battaglie.


- Renzi dice che sarai assunto d’ora in avanti a “tempo indeterminato”, in realtà viene concesso alle aziende di assumere fino all’80% dei dipendenti con “contratti a termine” precari, reiterabili fino a 36 mesi;
- Renzi dice che avrai “tutele crescenti” ma verrai privato della tutela dell’Art.18, quindi licenziato anche senza “giusta causa”;
- Renzi dice che il Jobs Act introduce giustizia sui luoghi di lavoro invece, a sua discrezione, l’azienda potrà “demansionarti”, obbligandoti a svolgere mansioni sottopagate che non ti competono;
- Renzi dice che questa “riforma” rispetta i lavorarori, invece verrà consentito alle aziende, proprio come avviene in carceri speciali, di videosorvegliare ogni movimento della maestranze.
- Renzi ti dice che se perderai il lavoro sarai tutelato dallo Stato, in verità, mentre verrà eliminata la cassa integrazione in caso di chiusura dell’azienda, la legge non stanzia che una miseria per i nuovi amortizzatori sociali (ASPI e mini-ASPI).


Renzi afferma che il Jobs Act permetterà la “ripresa economica”. Che “ripresa” sarà mai quella in cui i lavoratori dovranno sgobbare senza fiatare per salari di fame? Col neoliberismo la “ripresa” si sarà solo per le banche, per gli speculatori, per i ricchi.

Un’altra è la via per uscire dalla crisi!
L’Italia si riprenda la sovranità politica e monetaria !


Unisciti alla nostra protesta!


Perugia
martedì 9 dicembre, ore 17:30 - Piazza della Repubblica
Manifestazione


gli attivisti del "9 dicembre" di Perugia e provincia

giovedì 15 maggio 2014

TORINO: ANCORA ARRESTI PER IL 9 DICEMBRE

15 maggio. Il 13 Maggio, a Torino, sono scattati quattro arresti domiciliari e un obbligo di firma. Si tratta di misure cautelari eseguite dalla polizia di Torino nei confronti di cinque giovani ritenute responsabili degli incidenti avvenuti lo scorso 9 dicembre, in occasione della protesta, dilagata in tutto il paese e definita dai media dei Forconi.

Le accuse sono di resistenza e lesioni aggravate. Le misure, eseguite dalla DIGOS,  hanno colpito due compagni del Centro sociale Askatasuna, mentre gli altri sono ultrà della Juventus (tifoseria notoriamente di estrema destra). Si tratta di  Tommaso Rebora, 23 anni, Simone Crapa, 22 anni, Giuseppe Fico, 23 anni e Simone Graziani di 20 anni. Una quinta persona, di 38 anni, accusata di violenza privata in concorso, è stato sottoposto all'obbligo di presentazione bisettimanale alla polizia giudiziaria.

Contrariamente a quanto affermato da alcuni babbei —gli stessi che liquidarono la protesta del 9 dicembre come "fascista" e "reazionaria"—, queste non sono né le prime né le uniche misure vendicative e repressive messe in atto per colpire quello che è stato il 9 dicembre.
9 dicembre: il blocco a Soave

A parte i recenti, scandalosi arresti di Patrizia Badii e Lucio Chiavegato, esponenti di spicco del Movimento 9 dicembre, secondo un'accusa giudiziaria interamente montata e costruita ad arte, ricordiamo anche le 20 misure cautelari avvenute tra Barletta e Andria nel gennaio scorso  —per non parlare delle diverse denunce in diverse città e di inchieste tutt'ora aperte.


Noi riteniamo che il 9 dicembre sia stata una prima avvisaglia, una prima, timida spallata al regime, e che la prossima sarà più potente, meglio organizzata, e sbirri e magistrati non potranno fermarla.

Volentieri pubblichiamo il comunicato del Collettivo Universitario Autonomo di Torino, il collettivo di cui fa parte Tommaso Rebora. Lo leggano, e imparino la lezione, i babbei. Che considerino "fascisti" pure i compagni di Askatasuna? Esageriamo a qualificare certi sinistrati dei babbei? Leggere per credere 
a quali contorsioni possono ricorrere i dogmatici pur di non ammettere di non aver capito un'acca, non solo del 9 dicembre, ma della realtà sociale del nostro Paese.
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Il comunicato stampa dei compagni torinesi

Tommi libero subito! Liberi tutti!
«A cinque mesi dal 9 dicembre polizia e magistratura hanno confezionato una risposta repressiva a quei giorni di rabbia e ribellione che hanno bloccato la città e fatto tremare diverse poltrone del potere torinese. Dopo la notizia di un paio di giorni fa della condanna a sei mesi ad un manifestante che aveva partecipato ai blocchi stradali di quei giorni di dicembre, questa mattina sono scattate le denunce per altre sei persone, quattro delle quali con misura cautelare degli arresti domiciliari e una con obbligo di firma. Tra di loro in particolare c’è Tommaso, militante del Collettivo Universitario Autonomo, che da anni si spende generosamente nelle lotte degli studenti ed ora è sottoposto agli arresti domiciliari con il divieto di comunicazione con l’esterno.
Il 9 dicembre e le giornate successive migliaia di torinesi (da diversi quartieri, lavoratori, disoccupati e studenti) hanno partecipato ai blocchi, hanno assediato il palazzo della Regione contro i politici che pensano solo alla loro poltrona e a fare favori ai loro amici potenti. Le strade di Torino sono state invase da una composizione eterogenea che ha gridato la rabbia di chi vive in una città che si impoverisce, di chi perde il lavoro o è strozzato dalle tasse, dei giovani che vedono nel futuro solo disoccupazione e miseria. Nella
Torino 9 dicembre: gioventù proletaria protagonista
difficoltà di affrontare una situazione tanto estesa e variegata, la questura ha colpito solo un numero relativamente piccolo di persone riconducibili a collettivi, all’area antagonista o al mondo dello stadio, con l’intento di rappresentare quelle giornate come frutto di forze organizzate o della prevedibile natura criminogena di minoranze devianti e pericolose. D’altra parte proprio leggendo l’ordinanza di custodia cautelare si vede che cinque indagati su sei sono giovanissimi nati tra il 1990 ed il 1994, provenienti da diversi quartieri di Torino o dalla sua cintura, a testimoniare il ruolo di protagonisti avuto da tanti giovani che vivono un presente di merda e non vedono un futuro migliore. Non saranno queste misure cautelari che potranno fermare la voglia di lottare e lo dimostreremo l’11 Luglio in occasione del vertice europeo per la disoccupazione giovanile.
Non possiamo che esprimere solidarietà a chi è stato colpito da questi provvedimenti per aver espresso la propria rabbia ed aver lottato per cambiare le cose in un paese che sembra immobile di fronte allo schifo che politici, banche e potenti stanno facendo sulla nostra pelle!».
Tommi libero subito!
Liberi tutti!
Collettivo Universitario Autonomo – Torino

giovedì 24 aprile 2014

«PATRIZIA BADII È LIBERA!» di Daniela Di Marco e Vincenzo Baldassarri


24 aprile. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

«Come avevamo detto, denunciandolo pubblicamente, tutto l'impianto accusatorio della Procura della Repubblica di Brescia, che lo scorso 2 Aprile ha portato dietro le sbarre 26 persone, sta miseramente crollando, rovinando miseramente sulle proprie assurdità.

Patrizia Badii (nella foto), dopo 22 giorni di galera, chiusa in una cella di 3 metri per 4, con sbarre e blindo rigorosamente chiusi, in isolamento totale, è libera.
Alle 14:00 di oggi pomeriggio è stata finalmente rilasciata. Si sono aperte le porte del carcere di Montorio per lei e il marito Luca Vangelisti, che però andrà ai domiciliari.

Questa montatura giudiziaria repressiva ha tentato di spaventare semplici cittadini, di minacciarli e terrorizzarli, è stato lanciato un messaggio affinché il popolo resti suddito e non osi ribellarsi.
Ma Patrizia Badii non è stata piegata.
Soave, 9/12/13: il Presidio 

All'uscita dal carcere ha detto: «Sono una libera cittadina che è stata imprigionata 22 giorni e ha dovuto subire tutto il peggio possibile. I miei ideali? Continuerò a portarli avanti pacificamente, come ho sempre fatto».
Noi siamo riusciti a parlarci questa sera. Era finalmente rientrata a casa.
Ci ha descritto i momenti allucinanti vissuti, ha raccontato di essere caduta dalle nuvole quando le hanno parlato di questo gruppo separatista denominato "Alleanza".
«Ma chi l'aveva mai sentito nominare? Per non parlare delle persone che hanno arrestato assieme a me. Mai viste. I loro nomi li ho appresi in carcere. Mi diaspiace che ancora 4 persone sono dentro, trattenute ingiustamente».
23 aprile: Patrizia Badii all'uscita dal carcere

Ci ha fatto rabbrividire ascoltare le condizioni in cui questa donna coraggiosa si è trovata.
Lo stato italiano è proprio fallito, dal suo sistema carcerario disumano lo si nota.
Patrizia ha raccontato di sporcizia, incrostazioni e infiltrazioni in ogni dove. Cella minuscola, per lavarsi un lavapiedi basso con acqua ghiacciata, per asciugarsi un pò di carta igienica.

Ha penato per un dentifricio e un telo per le mani, ha atteso 10 giorni prima di ricevere da una suora lo shampoo.
Ma la cosa più incredibile è stata l'impossibilità ad avere le medicine che prende sempre contro le vertigini, di cui soffre in seguito ad un incidente. Ha dovuto attendere, attendere e ancora attendere, per poi avere un farmaco generico. 

Per fortuna Patrizia è una tosta. Aveva già la testa al presidio di Soave. Era arrivato lo sgombero, ma non è stato chiuso, lo hanno riaperto più avanti, punto di riferimento per tutto il territorio.

Da lì Patrizia continuerà le sue battaglie».

domenica 20 aprile 2014

NON LASCIAMO SOLA PATRIZIA BADII! di Daniela Di Marco e Vincenzo Baldassarri*

20 aprile. Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Marcia della Dignità.
«Patrizia Badii [nella foto] è in carcere da 18 giorni. E' l'unica ad essere ancora in isolamento. Neanche durante l'ora d'aria può parlare con qualcuno. Patrizia sta male, da sempre soffre di vertigini, e per avere le sue medicine ha dovuto aspettare 48 ore. Volevano negarle anche una semplice pillola per il mal di testa.  A Patrizia è stato negato un cambio per togliersi i panni che portava addosso da 8 giorni. Nessuno può farle visita».

«Lo scorso due aprile un blitz dei Ros, su ordine della Procura della Repubblica di Brescia, ha colpito un presunto gruppo separatista  - denominato L'Alleanza - accusato di aver messo in atto "varie iniziative, anche violente", per ottenere l'indipendenza del Veneto.

Nelle ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip del tribunale di Brescia, erano contestati gli inauditi reati di associazione con finalità di terrorismo (270 bis c.p.), eversione dell'ordine democratico e fabbricazione e detenzione di armi da guerra. 
22 persone erano finite in carcere, 2 ai domiciliari. Nel totale gli indagati erano stati 51 e 33 le perquisizioni che avevano interessato il Veneto.


Denunciammo subito quella che difinimmo una montatura giudiziaria, chi infatti, abbia avuto modo di ascoltare gli inquisitori, di leggere gli stralci delle intercettazioni, sarà rimasto stupito, come noi, dalla sproporzione tra l’azione simbolica che gli arrestati stavano effettivamente progettando e le gravissime accuse.


Quasi 20 giorni dopo gli arresti, tutto il corollario accusatorio si sta sciogliendo come neve al sole: niente terrorismo, niente associazione sovversiva! L’inchiesta di Brescia è andata in pezzi:il tribunale del Riesame ha accolto tutte le richieste di scarcerazione nei confronti degli arrestati perchè non sussistono i gravi indizi per tenerli in prigione! 

Sono stati liberati, non tutti assieme, non si poteva rischiare una mastodontica ammissione di colpa con altrettante scuse da parte di uno Stato, tanto "rispettoso" delle procedure dello stato di diritto.
Ad oggi però, ancora 11 persone si trovano dietro le sbarre, fra queste c'è l'amica Patrizia Badii, che sebbene avesse militato fra le fila degli indipendentisti veneti,  in realtà è venuta alla ribalta come leader nazionale del Movimento 9 Dicembre, assieme a Lucio Chiavegato, dal quale, però, aveva preso le distanze, non apprezzandone più il modo di condurre il Movimento.
Chiavegato d'altronde, dopo i giorni di fuoco, si era ritirato facendo vita a sè, con i suoi sodali più stretti, e lasciando il Movimento ad altri.  

Con le sue interviste ad Agorà e Quinta Colonna, e tanti altri media, la sua instancabile attività al presidio di  Soave, dove praticamente viveva, Patrizia  ha tenuto alti i toni della rivolta non solo contro l'imposizione fiscale dello Stato, ma soprattutto contro la sudditanza italiana nei confronti dell'Europa e dell'euro e del far-west della globalizzazione.
L'abbiamo conosciuta all'Assemblea dei Presidi del Movimento 9 Dicembre, di cui noi di Perugia fummo i promotori. 


Questa donna forte e combattiva stava facendo di tutto per evitare che il Movimento refluisse. Parlava con orgoglio del presidio di Soave, che stava raccogliendo attorno a sè tante persone, stanche, deluse, che volevano alzare la testa. 
Già, perchè in Veneto, come in tutto il resto del Paese, c'è malessere vero. 


Abbiamo scritto altrove che il Movimento 9 Dicembre è stato un movimento spontaneo, composito, disorganizzato, espressione di un vero e proprio poliverso sociale: non solo piccoli e medi imprenditori, ridotti sul lastrico, ma anche partite IVA, artigiani, commercianti, camionisti, disoccupati e giovani precari. Insomma tutte quelle fasce non garantite del popolo lavoratore, che non usufruirà nemmeno della manciata di euro  furbescamente promessa da Renzi.
Si sa, la repressione dello Stato è forte e colpisce a tradimento: colpirne uno, per educarne cento! 
Nessuno ci toglie dalla testa che la questione del "terrorismo indipendentista" fosse un classico specchietto per le allodole. 
Noi, infatti, scrivemmo subito che non credevamo agli inquirenti, che avevano affermato che l'attacco non riguardava il Movimento 9 Dicembre.

Perchè dunque, ci si sta accanendo in modo spietato e senza scrupoli contro Patrizia?

Patrizia Badii è in carcere da 18 giorni.
E' l'unica ad essere ancora in isolamento. Neanche durante l'ora d'aria può parlare con qualcuno. 
Patrizia sta male, da sempre soffre di vertigini, e per avere le sue medicine ha dovuto aspettare 48 ore. Volevano negarle anche una semplice pillola per il mal di testa. 
A Patrizia è stato negato un cambio per togliersi i panni che portava addosso da 8 giorni.
Nessuno può farle visita.
Anche suo marito, Luca Vangelista, è stato incarcerato dalla stessa operazione repressiva, mentre la figlia maggiore cui i telefoni sono stati sequestrati, non può parlare con nessuno, e deve badare alla sorellina minore e alla figlia. 
Mangiano grazie all'aiuto dei militanti del presidio di Soave, che si sono sobbarcati le spese delle bollette, per garantire un minimo di decenza a questa famiglia.
Patrizia è dimagrita, è sofferente e noi condanniamo senza appello un'inchiesta indecente e una detenzione basate sul nulla, in flagrante violazione delle più elementari norme dello stato di diritto.


Se Patrizia non verà liberata martedì, quando ci sarà il riesame, saremo pronti a manifestare sotto il tribunale, sotto il carcere, dovunque.

 
Non la lasceremo sola, come non lasceremo sole tutte le vittime del tallone di ferro di uno Stato vendicativo governato da politicanti  venduti al sistema plutocratico.
Vi lasciamo con questo video, girato alla vigilia del 9 Dicembre, in cui, guarda caso, Patrizia non cita i Veneti, ma il popolo italiano tutto. 

Patrizia libera! Liberi tutti!»




Daniela Di Marco e Vincenzo Baldassarri, esponenti della Marcia della Dignità, sono stati i portavoce del Cordinamento 9 dicembre di Perugia
** Fonte: Marcia della Dignità

giovedì 3 aprile 2014

L'ULTIMO "TANKO" A VENEZIA (la contro-pagliacciata di Stato) di Daniela Di Marco e Vincenzo Baldassarri*

3 aprile.  

24 arresti, 33 perquisizioni in diverse regioni, tra cui Veneto e Lombardia. Questo il bottino dell’operazione repressiva orchestrata dai Ros e dalla Procura di Brescia.

Gli arrrestati sono stati colpiti in base al famigerato Art. 270 bis, ovvero:

«Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni. Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione e un organismo internazionale. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego».

Chi abbia avuto modo di entrare nella notizia, di ascoltare gli inquisitori, di leggere gli stralci delle intercettazioni, di osservare la “pistola fumante”, la ruspa camuffata da “tanko”, sarà rimasto stupito dalla sproporzione tra l’azione simbolica che gli arrestati stavano effettivamente progettando e le gravissime accuse.

Siamo in presenza dell’ennesima vergognosa montatura giudiziaria, patetica però, non meno dei progetti degli arrestati, che non ci sentiamo tuttavia di coprire di ridicolo, come stanno facendo certi giornalisti prezzolati. 

Siamo sideralmente distanti dall’idea di fare del nostro Paese uno spezzatino di piccole patrie, ma stesse sono le ferite che noi portiamo sul nostro corpo, quelle causate da un regime ingiusto e predatorio. Diverso è il nostro sogno da quello loro, stesso è però l’incubo che ci opprime.

Tra gli arrestati diversi attivisti di quello che fu il Movimento 9 dicembre, tra cui Lucio
Tanto coraggio per una causa sbagliata
Chiavegato e Patrizia Badii. Alla combattiva Patrizia hanno distrutto la famiglia, arrestato anche il marito e denunciato la figlia maggiore, con le due minori che rischiano ora di essere affidate ai servizi sociali.

Gli inquirenti hanno sottolineato, furbescamente, che il loro attacco non riguarda il Movimento 9 dicembre.
Dobbiamo credergli? Più no che sì.

Diciamo che si è voluto prendere due piccioni con una fava. 
Sì, certo, lo Stato non tollera certe velleità indipendentiste: chi si fa certe idee se ne stia calmo e non provi ad alzare la testa. Intanto però, seppure a scoppio ritardato, è stato portato un colpo a chi ha organizzato la protesta iniziata il 9 dicembre, e che in Veneto ebbe uno dei suoi punti di forza. Il criterio di chi è preposto a difendere l’ordine costituito è noto: colpiscine uno per educarne cento. Lo Stato parla a nuora perché suocera intenda, spaventa i cittadini, li minaccia, li terrorizza affinché restino sudditi e accettino lo stato di cose senza ribellarsi.

Una strategia che in effetti sin qui ha sempre portato frutti ai dominanti. Ma ha funzionato per l’efficacia del mix repressione, corruzione economica, e narcotico mediatico. Ora che il sistema è al collasso, che la miseria cresce, mentre non ha più risorse a cui attingere per corrompere, sempre meno potrà contare sull’efficacia dei suoi sonniferi.

Il 9 dicembre è stata solo una spallata al regime. La prossima sarà più potente, e non potrà essere fermata da magistrati e sbirri zelanti in cerca di notorietà. Avrà per questo bisogno di un'organizzazione più capillare e meno improvvisata, di una direzione adeguata, di una visione politica chiara, di un piano d'azione non velleitario.

Basta con le montature giudiziarie!
Liberate i detenuti!

* Daniela Di Marco e Vincenzo Baldassarri sono stati i due portavoce del Comitato 9 Dicembre di Perugia

martedì 1 aprile 2014

12 APRILE: "OMBRE NERE" O OMBRE BIANCHE?

1 aprile. QUANDO DI NOTTE TUTTE LE VACCHE SEMBRANO NERE.

Si svolgerà a Roma il 12 aprile una manifestazione, forse nazionale, forse no.
Doveva essere, nelle intenzioni di chi l’aveva per primo ideata, ci riferiamo a ROSS@, una manifestazione “per rompere l’Unione europea”. Non contro la moneta unica, per carità! che questo resta ancora un tabù da quelle parti, ma almeno chiaramente contro il regime eurocratico.


ROSS@ ha quindi proposto ai gruppi dell’estrema sinistra di promuovere congiuntamente tale manifestazione. Già nei primi conciliaboli romani era chiaro che la grande maggioranza dei gruppi d’estrema sinistra respingeva ogni esplicito riferimento alla battaglia contro la gabbia dell’Unione europea (sic!).

Alla fine ne è venuta fuori la solita solfa, un consunto e minimalista sindacalismo sociale buono per tutte le stagioni: “contro precarietà e austerity, contro il jobs act, una sola grande opera: casa e reddito per tutti”. Infine, come contentino a ROSS@, è stato appiccicato un: “No troika”. [Vedi il manifesto qui sotto]

Che sopraggiunga in futuro un regime d’emergenza, ovvero un governo della troika, è

molto probabile. Ma l’Italia non è (ancora) la Grecia, è il Pd di Renzi che sta al governo. Tirare in ballo i fantasmi pur di non mettere sotto accusa l’euro e l’Unione europea, ci sembra un escamotage davvero patetico. 
La dice lunga sulla confusione che regna nell’estrema sinistra, di come quest’ultima, al netto del radicalismo sociale, sia a rimorchio di quella sistemica. Estrema sinistra e sinistra sistemica borghese ubbidiscono ad un impulso comune: il disprezzo per tutto quanto abbia a che fare con il concetto di Sovranità e di Nazione. La prima in nome di un immaginario “internazionalismo proletario”, la seconda in nome del ben più reale e massiccio globalismo imperialista in salsa europea. 

Ma non è di questo che vogliamo parlare, quanto di una cosa buffa e inquietante. 

Sentiamo:
«In queste ore stanno circolando online diversi "manifesti" neofascisti che invitano a scendere in piazza il 12 aprile, a Roma, come se movimenti di sinistra e "neri" potessero aver mai ipotizzato di scendere in piazza "insieme". Per loro ci saranno sempre e solo calci in culo.
Ma lo scopo sembra evidente: annullare (a beneficio dei media padronali) il senso politico di una mobilitazione nazionale contro l'austerità, la Troika, l'Unione Europea. Una mobilitazione che è anche esplicitamente antifascista, antirazzista, anti-nazionalista, in sintonia con analoghe mobilitazioni che si sono svolte per esempio in Spagna la scorsa settimana».

Contropiano, 28 marzo 2014
Più sotto il manifesto in questione, a firma “Coordinamento 9 dicembre”. Di che si tratta dato che il Movimento 9 dicembre, dopo essersi diviso in vari pezzi, è scomparso? Si tratta di quel mitomane eterodiretto di Danilo Calvani il quale, con la pagliacciata del 18 dicembre a Piazza del Popolo (assieme ai fascisti di Casa Pound), diede un colpo fatale alla rivolta iniziata il 9 dicembre.

Ora, che bisogna stare in guardia da loschi ceffi come Danilo Calvani , noi lo dicemmo già durante le proteste di dicembre. Ma c’è un problema, ed è che il comunicato di Contropiano (Rete dei Comunisti), contiene un giudizio sballato e un errore molto grave.

Il giudizio sballato è quello che chiamammo dei “babbei”, di quelli che a dicembre non solo si rifiutarono di partecipare alle sacrosante proteste spontanee, ma le bollarono come “fasciste”. L’isteria antifascista spinse i babbei, invece di prendere parte alla protesta, magari anche per evitare di lasciarla in mano ai demagoghi, a qualificare tutto quel movimento, variopinto e composito, come “fascista”. Ed era per i babbei “fascista” per due ragioni: perché la sua base sociale era in buona parte piccola borghesia gettata sul lastrico e poiché quel movimento, seppur confusamente, prendendo a bersaglio la gabbia europea, rivendicava la sovranità popolare e nazionale.

Il manifesto con cui il gruppetto di Calvani aderisce alla manifestazione è come si può vedere un fax-simile di quello ufficiale che indice la manifestazione del 12 aprile, con l'aggiunta di altre parole d'ordine tipicamente calvaniane.

Contropiano segnala come “paradossale”

«…che mentre nel movimento si sono attenuati ingenuamente la dimensione politica della manifestazione e la critica frontale all'apparato dell'Unione Europea, scivolando verso una piattaforma "sociale" più generica, i fascisti colgono proprio questa debolezza politica aumentando "la lista" delle parole d'ordine. Una conferma in più che lasciare vuoto lo spazio politico - quello di un'opposizione sociale e politica chiaramente centrata sull'avversario principale, ovvero sul "cervello pensante" delle politiche di austerità: l'Unione Europea - significa lasciare campo libero alle opzioni più sgradite e strumentali».
Paradossale? A noi non pare affatto “paradossale” che certa fascisteria faccia proprio certo sindacalismo sociale movimentista d’estrema sinistra con poco costrutto. Ricorrere all’aggettivo “Paradossale” è una foglia di fico per non dirla tutta sull’andazzo in voga dalle parti dell’estrema sinistra, ovvero che si combattono gli effetti (austerità ecc.) ma non si mettono in discussione le cause del marasma: il sistema capitalistico e in particolare l’Unione europea e il regime della moneta unica. Vorremmo rammentare ai vari babbei che il fascismo nacque da una costola del sindacalismo rivoluzionario italiano e da un certo sovversivismo soreliano. Altro che fregnacce sul “rossobrunismo”! Se ci sono due cose che si somigliano come gocce d’acqua sono proprio certo movimentismo latino ribellistico e certo sovversivismo fascista “anticapitalista”. 

L’isteria antifascista gioca davvero brutti scherzi, annebbia la vista, droga la coscienza. Contropiano titola il suo pezzo “Allarme rosso: ombre nere sul 12 dicembre”. E qui siamo all’errore molto grave.

Altro che “Ombre nere”! Qui siamo alle prese con “Ombre bianche”, con un’operazione torbida di apparati dello Stato. Calvani è solo un pupazzo.

L'obiettivo recondito di chi manovra Calvani, di chi lo ha spinto a compiere quest’operazione ridicola di aderire alla manifestazione del 12 aprile, è intorbidire la acque, screditare la manifestazione, gettare discredito su chiunque si opponga alle politiche antipopolari, seminare zizzania, provocare scandalo. Il tutto, è ovvio, a favore del regime e in particolare dell’attuale governo.

A maggio le elezioni ci consegneranno quasi di sicuro un governo di minoranza. Renzi lo sa, ed ha bisogno almeno di un buon risultato del Pd. Meglio allora denigrare con ogni mezzo le opposizioni e le posizioni anti-UE. E la cosa migliore di tutte è quella di far credere che esse siano rappresentate da pittoreschi gruppazzi dell'estrema destra.

Che in questa operazione di screditamento si sia deciso di usare una sigla che vorrebbe rimandare al movimento del 9 dicembre, anche questo non è casuale. In questo modo si vorrebbe screditare ciò che quel movimento - al di là del suo successivo disfacimento - ha oggettivamente rappresentato in termini di volontà di rivolta di ampi strati popolari.

In ogni caso, lanciare “l'allarme rosso”, perché "arrivano i neri", è un modo fuorviante di porre il problema. Lo spauracchio dei «neri», o magari dei «rossobruni», in cui cadono assai spesso i manifestanti con la bandiera rossa, è un modo per non vedere il pericolo principale, ovvero i «bianchi» che stanno al governo, che usano spregiudicatamente i loro apparati statali e che i «neri» li utilizzano al più come utili idioti.

lunedì 10 marzo 2014

MOVIMENTO (9 DICEMBRE) IN PEZZI

10 marzo. Chi ci segue assiduamente sa che come Movimento Popolare di Liberazione sostenemmo la rivolta dei Forconi siciliani del gennaio 2012. E sa anche che abbiamo partecipato alle proteste iniziate il 9 dicembre. Che fine hanno fatto i Forconi? Che fine ha fatto il Movimento 9 dicembre? Dopo la forte spinta iniziale, senza aver portato a casa alcun risultato tangibile, esso ha subito l'inevitabile rinculo. Quest'ultimo ha fatto poi letteralmente esplodere le contraddizioni al suo interno e alla fine è andato in pezzi. I diversi leader sono andati ognuno per la sua strada. Lo spaccone Calvani, dopo le sue fallite marcette velleitarie su Roma, è sparito. Il veneto Chiavegato si è costruito la sua parrocchietta per poi finire a braccetto coi fascisti di Forza Nuova. Il siciliano Mariano Ferro insiste nel presentarsi al potere col cappello in mano ad elemosinare qualche regalia. La grande maggioranza degli attivisti non ha seguito né gli uni né gli altri.


Nel frattempo, il 16 febbraio, si svolse una partecipata assemblea autoconvocata in cui si tentò di dare a ciò che restava del Movimento, un più chiaro indirizzo politico e, possibilmente, una direzione nazionale democratica e rappresentativa. Da quell'assemblea emerse un gruppo nazionale di lavoro che si sperava avrebbe avuto la capacità di salvare il salvabile. Un tentativo che non sembra avere successo. Proprio in quell'assemblea emerse la proposta di un'iniziativa congiunta di protesta, ovvero l'occupazione simultanea del più vasto numero di sedi del Partito democratico. 
Perugia: delegazione del 9/12 affronta Leonelli segretario regionale del Pd

La proposta venne fatta quando ancora c'era lo sputtanato governo Letta. Poi è arrivato Matteo Renzi. Siccome il bersaglio era cambiato, visto che tanti cittadini in cuor loro sono caduti nella trappola di Renzi (l'illusione che il nuovo primo ministro cambierà davvero musica), si era davanti al bivio: confermare l'iniziativa di protesta? Posticiparla? annullarla? Il gruppo nazionale di lavoro ha deciso di confermarla per venerdì 7 marzo. Ma si doveva rimodularla. Così è stato deciso di "andare a trovare il Pd" consegnando una Lettera aperta a Matteo Renzi (che pubblichiamo qui sotto). 

La Lettera aperta costituisce un documento di grande valore politico. Purtroppo l'iniziativa di protesta verso le sedi del Pd non ha avuto l'ampiezza sperata. Si pensava che almeno una quindicina di città capoluogo sarebbero state coinvolte. Purtroppo sono state coinvolte solo Varese, Bergamo, Perugia e Salerno.

Lettera aperta a Matteo Renzi, Presidente del Consiglio
«Ci vediamo costretti ad occupare in diverse città le sedi del suo partito per far sentire la voce di milioni di italiani che il vostro sistema economico e politico ha gettato sul lastrico

Lei ha ottenuto la fiducia del Parlamento. Non ha la nostra.

Il buon giorno si vede infatti dal mattino. Lei aveva assicurato che non sarebbe mai andato al governo senza elezioni. Invece è diventato Primo ministro grazie al più sordido e antidemocratico inciucio di palazzo. Se ciò è stato possibile è perché Lei ha l’appoggio dei poteri oligarchici europei e italiani, gli stessi che hanno portato il Paese allo sfascio.

Tuttavia Lei, all’atto di chiedere la fiducia alle Camere ha ripetuto più volte che il suo sarà il governo della “svolta radicale”. Dobbiamo prenderla in parola, visto che di una “svolta radicale” il Paese ha bisogno come il pane. Una “svolta”, tanto più se “radicale”, significa cambiare strada, anzi invertire la rotta rispetto alle politiche di sterminio economico sin qui seguite.

Una “svolta radicale” implica, nello spirito della nostra Costituzione, adottare subito alcune misure d’emergenza per sostenere i cittadini che sono stati abbandonati e per porre fine alla catastrofe economica e sociale.

Noi chiediamo che nei primi cento giorni che il Suo governo adotti queste 7 misure:

1) Lanciare un Piano nazionale per il lavoro contro il dissesto idrogeologico, per il risanamento anti-sismico e di edilizia scolastica e popolare, per l’energia da fonti rinnovabili;

2) Avviare un Piano di assunzioni nei settori pubblici sotto organico: anzitutto sanità e scuola;

3) Istituire un reddito minimo garantito di 700 €, con un assegno mensile ai 6 milioni di disoccupati e adeguando le pensioni di coloro che sono attualmente al di sotto di questa soglia;

4) Ridurre del 50% le tasse antipopolari come l’Iva e quelle sulla prima casa e sugli immobili strumentali alla produzione (Tasi, Tari e Imu);


5) Congelare le cartelle Equitalia per chi è in difficiltà economica, bloccare tutte le esecuzioni forzate, sancire l’impignorabilità della prima casa e degli strumenti di lavoro;

6) Promuovere un Piano per la protezione dell’agricoltura nazionale, se necessario adottando dazi protettivi sulle importazioni, anzitutto dei prodotti Ogm;

6) Istituire una banca pubblica per erogare crediti alle piccole imprese artigiane, industriali e dei servizi.

Quante risorse occorrono? E dove reperirle?

Secondo i nostri calcoli occorrono all’incirca 150 miliardi di euro.

Possono e debbono essere reperiti:

(1) Dichiarando una moratoria sul debito pubblico verso la finanza speculativa e bancaria, con un risparmio annuo immediato sugli interessi di circa 80 Mld ;

(2) Con una imposta del 2,5% sui grandi e medi patrimoni mobiliari.

Non ci risponda anche Lei che “l’Europa non ce lo consente”!

Sono proprio i vincoli europei che ci hanno portato nell’abisso. Siamo stanchi di fare la fame per tenere in piedi una moneta unica traballante e un’Unione in mano alle grandi banche d’affari.

Se Lei, come chi l’ha preceduto, agirà come una marionetta dei poteri forti, si faccia da parte, e lasci che il popolo italiano riconsegni al Paese la sua sovranità, economica, monetaria, politica e democratica».

Gruppo 9 dicembre -Marcia della Dignità – Popolo Sovrano 


Qui sotto le immagini della protesta a Varese

sabato 8 marzo 2014

«PERCHÉ ABBIAMO CONTESTATO LA BOLDRINI»

8 marzo. Riceviamo e pubblichiamo.

«Ieri mattina Laura Boldrini era a Perugia, in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università per stranieri. A parte la servile corte dei miracoli di politicanti, notabili e amministratori locali, e tenendo conto delle strette misure di vigilanza adottate dagli apparati di sicurezza dello Stato, la Presidente del parlamento è stata accolta da diverse e disunite voci dell'opposizione sociale. 


C'erano gli insegnanti precari della stessa Università per stranieri, c'erano i Cobas scuola, alcuni studenti dell'Udu, ed infine il nostro presidio, di Marcia della Dignità e Movimento 9 dicembre. Davvero scandalosa l'assena del Movimento 5 Stelle.

Noi abbiamo esposto uno striscione (vedi la foto) con su scritto: "Questa è la vostra democrazia. Boldrini Via", con accanto raffigurata la ghigliottina.
Noi non eravamo in tanti, gli altri tre gruppi ancora meno di noi. Ma almeno il nostro presidio ha fatto un gran baccano e la "Signora Ghigliottina" ha dovuto udire le nostre grida di protesta. Al suo arrivo e alla sua partenza è stata accolta, in riferimento al decreto salva-banche, da Lei fatto adottare con atto d'imperio il 30 gennaio scorso, dallo slogan "Boldrini, Boldrini, ardacce li quattrini".
Il comizio durante la protesta

Non nascondiamo affatto che eravamo in pochi. Deplorevole poi che le deboli forze dell'opposizione sociale si siano presentate divise all'appuntamento. I cittadini di Perugia se ne sono fregati, non solo della visita della Boldrini, ma anche del nostro appello alla protesta. Il deliberato silenziamento dei media locali è certo un fattore che spiega molte cose, ma non spiega tutto. Qui ci sono di mezzo i nostri limiti da una parte e, dall'altra, il clima politico generale, segnato dal soffocante pessimismo generale. Non ci illudiamo che la nostra tenacia e le nostre azioni di protesta siano sufficienti a ribaltare questo clima, che da soli si sia in grado di convincere i cittadini ad uscire dal senso di impotenza.
Ma il disinteresse della cittadinanza non giustificherebbe la nostra inazione. Un piccola protesta è sempre meglio di niente protesta. Noi teniamo accesa una piccola fiaccola e continueremo a tenerla accesa perché sentiamo che questo clima triste è destinato presto e improvvisamente a cambiare.

Durante il presidio di protesta, durato dalla nove e trenta alle quattordici, alcuni nostri attivisti si sono succeduti al megafono leggendo questo testo a spiegazione delle nostre ragioni:

«Il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha avuto la faccia tosta di difendere la scelta di applicare la cosiddetta “ghigliottina”, ovvero l’atto d’imperio con cui ha assassinato l’opposizione in Parlamento pur di far passare il vergognoso decreto del Governo sul Bankitalia.
Sentite cosa ha detto il 1 gennaio scorsola signora Boldrini:
"Sento di avere fatto la cosa giusta” afferma “ nel rispetto dei principi costituzionali e degli interessi dei cittadini. Ed ha aggiunto: “C'è chi ha obiettato che lo strumento non era mai stato usato nei lavori della Camera. È vero, alla Camera non era mai stato usato ma perché le opposizioni avevano saputo fare cambiare idea ai governi".
Come se non bastasse, con inqualificabile cinismo, la Boldrini ha affermato che l’eventuale decadenza del Decreto avrebbe, citiamo, “… avuto, tra l’altro, anche la disastrosa conseguenza di costringere gli italiani a versare la seconda rata dell’Imu sulla prima casa”.
La Boldrini si è dunque prestata a difendere il trucco del governo Letta, quello per cui, pur di far passare il Decreto salva-banche e di ingannare i cittadini, il governo aveva ficcato, all’interno del Decreto, anche la sospensione della seconda rata della famigerata tassa sulla casa IMU. Tassa che è stata in questi giorni sostituita da un’imposta ancor più gravosa, la cosiddetta “TASI”. Vergogna!
La Questura ha fatto rimuovere la parola "via"

Il tutto con l’avallo di Napolitano il quale, proprio lui, aveva più volte condannato la prassi dei decreti-omnibus in cui si mette dentro tutto e il contrario di tutto.
Per le banche si può ben chiudere non un occhio ma due.
Ma cosa è cambiato col Decreto su Banca d’Italia. Esso riordina l’assetto proprietario della Banca centrale (che oramai può solo prendere ordini dalla Bce) , che pur essendo un ente di diritto pubblico è in mano a banche private, come Unicredit e Banca Intesa. Il decreto ha stabilito la rivalutazione del capitale di Banca d’Italia portandolo dai 156 mila euro a 7,5 miliardi. Chi ci guadagna da questo riassetto? Banche e banchieri privati, le cui quote lieviteranno grazie al trucco contabile. E chi sborserà questa montagna di soldi? Ovviamente lo Stato.
La signora Boldrini si è quindi resa complice di un vero e proprio crimine economico: aver avallato l’atto di un governo che mentre con l’austerità affama mezza Italia, va a finanziare le banche d’affari (che poi non danno un soldo a chi ne ha davvero bisogno).
Per questo noi gridiamo che la Boldrini è persona non grata!»

Fonte: Marcia della Dignità 

mercoledì 5 marzo 2014

BOLDRINI: PERSONA NON GRATA

5 marzo. Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

«Nella mattinata di venerdì 7 marzo, la Presidente della Camera dei deputati On. Laura Boldrini sarà a Perugia in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università per stranieri.

La Boldrini è colei che con gesto d’imperio, ovvero ricorrendo alla cosiddetta “ghigliottina”, ha impedito ogni discussione facendo approvare il decreto-scandalo a favore delle banche —ovviamente ai danni della collettività.

Chiamiamo i perugini a darle una adeguata accoglienza, ovvero con un sonoro coro di pernacchie.

Il presidio di protesta si svolgerà in P.zza Grimana con inizio alle ore 09:30.

Promuovono:

Comitato 9 Dicembre-Perugia
Marcia della Dignità
»

mercoledì 19 febbraio 2014

IL MOVIMENTO 9 DICEMBRE ANCORA C'È

19 febbraio. Riceviamo e volentieri pubblichiamo il resoconto dell'assemblea nazionale autoconvocata del Movimento 9 dicembre svoltasi a Firenze domenica scorsa. 
Un'assemblea appassionata, nervosa, a tratti esplosiva. Tante e diverse le istanze, le idee, le proposte, a segnare la natura composita di un movimento che viene dalla viscere di una società spappolata dalla più grave crisi della storia recente. 

Quando si parla dei partiti si dice sempre che all'interno di ognuno "ci sono diverse anime". Figurarsi quante anime può avere un Movimento spontaneo di base. L'assemblea nazionale di domenica è stato il punto di confluenza di chi non si limita a gridare "tutti a casa", di chi vuole innervare la sollevazione popolare (necessaria per cambiare da cima a fondo il Paese), di contenuti politici e sociali ispirati alla giustizia sociale, alla solidarietà coi deboli e i non-garantiti, e alla democrazia. QUI la video registrazione dell'assemblea.

«Si è svolta come previsto a Firenze, domenica 16 febbraio, l’Assemblea autoconvocata dei Presidi e dei Comitati del Movimento 9 dicembre.
Una settantina gli attivisti presenti tra coordinatori e alcuni a titolo personale, provenienti da almeno una trentina di città. 

Per la precisione: Reggio Emilia, Cittadella, Monza, Alessandria, Biella, Firenze, Bari, Bergamo, Gorizia, Modena, Bologna, Soave, Vicenza, Monselice, Valle Del Serchio, Adria, Padova, Vercelli, Chieri, Como, Varese, Verbania, Voghera, Pavia, Verona, Forlì, Rimini, Prato, Roma, Avola, Perugia.
Numerosi i Presidi che hanno comunicato la loro adesione ma che non hanno potuto partecipare. Tra i presenti, Patrizia Badii, Mariano Ferro, Umberto Gobbi, membri del vecchio Coordinamento nazionale.


La Presidenza dell’Assemblea era composta dagli attivisti di Perugia: Daniela Di Marco, Erika Pala, Vincenzo Baldassarri e Moreno Pasquinelli.
Pasquinelli, che ha moderato i lavori, dopo una breve premessa, ha lasciato la parola a Daniela Di Marco la quale, dopo aver fatto l’appello dei comitati e dei presidi presenti, ha introdotto sul primo punto all’ordine del giorno: “Bilancio del Movimento del 9 dicembre. Quali sono stati gli errori, i limiti e i punti di forza”.
 

Si è quindi aperto un appassionato ma ordinato dibattito, durato fino alle ore 13:00. 
Ben venti gli interventi. 
Tutti hanno sottolineato i meriti del vecchio Coordinamento nazionale, che tuttavia, una volta iniziata la lotta, non si è dimostrato all’altezza, dimostrando di non avere un piano preciso e unitario per dare uno sbocco vincente al Movimento. 
Altri hanno criticato i metodi verticistici e leaderistici. Altri si sono soffermati sull’analisi della crisi economica, la sue cause, la necessità di costruire un movimento per riconquistare la sovranità popolare e nazionale. Tutti hanno insistito che il Movimento può e deve rimettersi in cammino, ma ripartendo dal basso, avendo i piedi per terra, seguendo metodi democratici ed evitando leaderismi. 


Numerose le proposte sulla forma organizzativa che il movimento dovrebbe darsi. Altrettante le proposte di nuove iniziative. Si tenga conto che alcuni Presidi assenti avevano inviato le loro idee e proposte scritte.
Alle ore 14:00 Vincenzo Baldassarri ha introdotto il secondo punto all’ordine del giorno:“Prospettive del Movimento: è possibile rilanciarlo? E in che modo?”.
 

Un momento dell'Assemblea, Firenze, 16/02/14
Baldassarri ha esordito che siccome i tempi erano stretti, non si sarebbe potuto analizzare tutte le proposte, svolgere un dibattito serio e quindi prendere delle decisioni collettive ponderate.
Ha quindi proposto all’assemblea di eleggere un GRUPPO DI LAVORO COSTITUENTE a cui affidare il compito di dare al Movimento delle nuove linee guida.
L’Assemblea ha accettato la proposta di Baldassarri, ed è quindi passata a discutere di come comporre questo GRUPPO DI LAVORO COSTITUENTE e di quali debbano essere le sue prerogative.


Questa seconda parte dell’Assemblea è stata la più controversa e nervosa. 

Ben 35 gli attivisti che hanno preso la parola. A chi aveva capito che si stava dando vita ad un nuovo Coordinamento nazionale, è stato spiegato a chiare lettere che l’Assemblea di Firenze non stava dando vita ad un'altra spaccatura o componente del Movimento, che quindi il GRUPPO DI LAVORO COSTITUENTE non era da intendersi come un nuovo Coordinamento al posto di quello defunto. Sarà la base, se lo riterrà necessario, ad eleggere democraticamente un nuovo coordinamento nazionale. 


ll GRUPPO DI LAVORO COSTITUENTE dovrebbe vagliare le diverse proposte sul tavolo e quindi produrre nuove linee guida, che verranno sottoposte a tutti (tutti) i Presidi e i diversi Comitati, aprendo appunto, una nuova fase costituente del Movimento e, se necessario, passando per una seconda e più grande Assemblea nazionale.


Malgrado le asperità della discussione l’Assemblea, dando prova di grande maturità e di spirito costruttivo ha eletto, con 47 voti favorevoli, 6 contrari e 3 astenuti, il GRUPPO DI LAVORO COSTITUENTE.
Del Gruppo fanno parte 15 attivisti: Vincenzo Baldassarri (Perugia), Franco Musso (Chieri),Giuliano Croatto (Padova), Claudio Sessolo (Bologna), Riccardo Gambi (Biella), Davide De Benetti (Monselice), Umberto Gobbi (Brescia), Glenda Luise (Adria), Gianluigi Luchelli(Pavia), Franco Dell'Alba (Alessandria), Luciano Sturaro (Padova), Anna Maria Morelli(Gorizia), Silvio Cianciotta (Modena), Simone Pisu (Vercelli)*.
 

Sottolineiamo che altri coordinatori e attivisti presenti, tra cui Patrizia Badii, gli amici pugliesi e Cittadella, pur condividendo la formazione del GRUPPO DI LAVORO COSTITUENTE, si sono riservati di decidere se farne parte dopo aver consultato i loro Presidi e Comitati territoriali.
 

Il GRUPPO DI LAVORO COSTITUENTE si riunirà via skype giovedì 20 febbraio per consegnarci quindi un documento unitario che contenga 
(1) nuovi e adeguati obbiettivi, 
(2) idee per le prossime iniziative di lotta, 
(3) una proposta di organizzazione democratica e capillare del Movimento.

Il GRUPPO DI LAVORO COSTITUENTE dovrà anche verificare la fattibilità della proposta fatta dal Comitato di Perugia, ovvero l’occupazione simbolica e simultanea in diverse città capoluogo di provincia, delle sedi del Pd, come protesta contro il regime della fame ma anche contro il metodo antidemocratico con cui sta nascendo il governo del neoliberista Matteo Renzi.
L’Assemblea si è conclusa approvando per acclamazione una mozione verbale di totale solidarietà con i nostri agricoltori veneti ed emiliani che il 21 e 22 febbraio prossimi occuperanno il porto di Ravenna contro l’importazione di alimenti Ogm.

(Firmato: Vincenzo Baldassarri e Daniela Di Marco)

Nb. Abbiamo tentato di riassumere per grandi linee i lavori e le risultanze dell’Assemblea autoconvocata. Ci scusiamo in anticipo nel caso avessimo dimenticato qualche cosa.

*PS: Precisiamo che i momenti della votazione sono stati molto concitati, e che alcuni di quelli che in un primo momento avevano votato in modo contrario, successivamente hanno fatto presente la loro piena disponibilità a far parte del Gruppo di lavoro, fra cui gli amici di Brescia». 


* Fonte: Marcia della Dignità

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