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domenica 1 settembre 2019

BEPPE, SIAMO NOI ESAUSTI di Lidia R.

[ lunedì 2 settembre 2019 ]

Riceviamo e volentieri pubblichiamo...

No Beppe, questa non te la faccio passare. Ho ascoltato almeno dieci volte il tuo ultimo messaggio video.

Inaccettabile, quel che affermi, e per diverse ragioni. Ne voglio citare due.

La prima, quella di fondo, è che non mi convince (non mi ha mai convinto a dire il vero) la tua oramai stucchevole apologia per le nuove tecnologie, miracolosi strumenti che, come sostieni, ci consentirebbero di "riprogettare tutto", e non solo la società, ma la nostra vita. Tant'è che parli di "cambiamento epocale antropologico". 
Che sciocchezza! Di questo passo fra poco ci farai l'esaltazione non solo della CASTA della Silicon Valley ma pure quella dei cyborg, e della ibridazione uomo macchina. Certo che di acqua Beppe ne è passata sotto i ponti, dai tempi in cui non nascondevi il tuo luddismo, la tua sfiducia esistenziale verso la società iper-tecnoligizzata. Forse è vero che stiamo assistendo ad un "cambiamento epocale antropologico", ma sei davvero sicuro che sia tutto rosa e fiori? Io non le penso affatto, penso anzi che ci siano rischi tremendi nella tecnicizzazione della vita sociale, che sotto sotto ci porti ad un nuovo e più duro totalitarismo antidemocratico.

Quella tua per la tecnica dev'essere proprio un'infatuazione irrazionale, al punto che sulla scia dell'élite, giorni addietro, sei intervenuto sulle trattative per il governo sostenendo che i ministri dovrebbero "scelti in un pool di personalità del mondo della competenza al di fuori della politica”. Tecnici quindi, come ai tempi di Monti. Sono rimasta di stucco.

La seconda cosa inaccettabile del tuo inquietante panegirico tecno-metafisico è che pur di perorare l'accordo col Partito Democratico hai parlato di "momento storico straordinario", ed hai detto che noi dovremmo essere "euforici" per quello che anch'io, a costo di essere confusa col truce Salvini, chiamo "grande inciucio". Poi però hai detto che ti "fa pena" lo spettacolo di questo negoziato tra caste.

Una contraddizione lampante, una richiesta assurda. Come puoi chiederci di essere "euforici" se anche tu ritieni che tutto questo negoziato faccia "pena".

Martedì si voterà sulla Piattaforma Rousseau. Voglio proprio vedere come sarà formulato il quesito. Scommetto che esso sarà biforcuto e ingannevole pur di ottenere una maggioranza di sì a questa operazione trasformistica. Io di sicuro voterò no e mi auguro di essere in maggioranza. Voterò no perché penso che l'alleanza col PD ha lo sgradevole
sapore della restaurazione, che annuncia la definitiva trasformazione del Movimento in un partito di regime. Di sicuro questa ennesima svolta sta producendo sconforto e disincanto. In tanti abbandoneranno il Movimento e se ne torneranno a casa  frustrati e sconfortati.

Spero che, maggioranza o minoranza, saremo in tanti, e spero che dai tanti no possa risorgere una speranza, una speranza che non riguarda solo chi ha dato anima e corpo al Movimento, che riguarda milioni di italiani, che meritano una politica diversa, un futuro migliore.


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giovedì 1 marzo 2018

IL FILISTEO di Sandokan

[ 1 marzo 2018 ]

Pesce-lesso-Di-Maio, dando la sua disponibilità a far parte di un governo con la vituperata casta, conferma che la metamorfosi del Movimento 5 Stelle da movimento di protesta a "partito della governabilità" è pressoché compiuta.



Dieci anni, ci sono voluti dieci anni (ricordate il Vaffanculo day del settembre 2007), affinché si giungesse a questo esito miserabile. 
Dal 2007 ad oggi sono forse venute meno le ragioni della guerra alla casta e al regime? No, non sono venute meno, si sono anzi decuplicate. 

Un vero e proprio salto mortale quindi, quello compiuto dalla cupola pentastellata. Che dobbiamo augurarci? Che fili liscio o che i Cinque Stelle ci lascino l'osso del collo. La seconda che hai detto!

Diversi amici speravano che il vate Beppe Grillo, magari all'ultimo, si sarebbe dissociato, che avrebbe scomunicato Di Maio.
Dopo mesi di melina e di sostanziale ponziopilatismo è giunta questa mattina la conferma che, invece, Peppe Grillo sostiene la svolta governista. Lo ha fatto con un un brutto apologo che trovate sul suo blog dal titolo che come è autobiografico: "Percezione del nulla".

Un discorso sconclusionato, privo di qualunque senso logico.
Tuttavia, dopo alcune frasi sconnesse egli così conclude con un triste endorsement alla linea Di Maio:
«... il mio Vaffa, forse è finita l’epoca del Vaffa ma comunque ho cercato di capire, di essere curioso, di capire, Dio mio, capire. Cosa bisogna capire? che cosa? Fra cosa bisogna andare a prendersi la verità?
Quale verità? La percezione della verità? Sto impazzendo, sto impazzendo, fate veloce a fare un governo perché io sto impazzendo».
La verità, caro Grillo, è che da borghese ribelle sei diventato un borghese normale. Un filisteo. Semmai ci sarà, come speriamo, un vaffanculo di massa, puoi star sicuro che bersaglio sarai anche tu.



venerdì 16 giugno 2017

BEPPE GRILLO E LO IUS SOLI: CITTADINANZA A STELLE SPENTE

[ 16 GIUGNO 2017 ]

Gazzarra leghista in Parlamenti contro lo Ius Soli. Fuori a far casino c'erano i fascisti di Casa Pound. E i Cinque Stelle? Pelosa ambiguità...
Che il M5S abbia una posizione, come dire, reazionaria, sulla questione dei diritti di cittadinanza, è cosa nota. Per questo ci pare utile ripubblicare quanto scrivemmo nel maggio 2013 —è da allora che la legge ristagna alle camere. 
Scheda sulla legge in discussione.

Una ne pensa e cento ne dice. Questo ci viene in mente rileggendo la sortita di Beppe Grillo sullo Ius soli. Non si possono tollerare certe uscite su tematiche tanto controverse con il motivo di ottenere il coupe de theatre per portare voti alle liste di M5S nelle imminenti elezioni municipali. La questione è in effetti delicata e scottante, ed è inaccettabile buttarla in caciara, fosse anche solo a causa della montante ondata xenofoba che attraversa le viscere della società italiana. Una forza democratica dovrebbe non solo contrastare la xenofobia e rifuggire dalla facile demagogia, dovrebbe difendere in linea di principio lo Stato di diritto, di cui il diritto di cittadinanza e le vie per accedervi sono elementi di primaria importanza.

Ma vediamo cosa ha scritto testualmente Beppe Grillo il 10 maggio sul suo blog:

«In Europa non è presente, se non con alcune eccezioni estremamente regolamentate, lo ius soli. Dalle dichiarazioni della sinistra che la trionferà (ma sempre a spese degli italiani) non è chiaro quali siano le condizioni che permetterebbero a chi nasce in Italia di diventare ipso facto cittadino italiano. Lo ius soli se si è nati in Italia da genitori stranieri e si risiede ininterrottamente fino a 18 anni è già un fatto acquisito. Chi vuole al compimento del 18simo anno di età può decidere di diventare cittadino italiano. Questa regola può naturalmente essere cambiata, ma solo attraverso un referendum nel quale si spiegano gli effetti di uno ius soli dalla nascita. Una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente. Inoltre, ancor prima del referendum, lo ius soli dovrebbe essere materia di discussione e di concertazione con gli Stati della UE. Chi entra in Italia, infatti, entra in Europa».
Partiamo dalle cose meno importanti. Colpisce l'improvvisa resipiscenza "europeista" di Grillo. Non si possono contestare i proconsoli che invocano l'austerità antipopolare in nome dell'Europa, non si può condannare la loro svendita di sovranità nazionale e poi invocare l'Unione dandogli un diritto di veto proprio sul criterio di come si acquisisce la cittadinanza italiana.

In secondo luogo. Grillo pensa di dare una verniciata di democraticità alla sua uscita che obiettivamente liscia il pelo ai sentimenti xenofobi, proponendo che a decidere sia il popolo col referendum. Che occorra essere prudenti a sottoporre ogni decisione politica a referendum è una specie di chiodo fisso di Cinque Stelle. Vogliamo davvero rimpiazzare la democrazia parlamentare con quella plebiscitaria spacciata per "democrazia diretta"? Vogliamo davvero prendere la Svizzera a modello? Questa è un'altra questione di principio su cui M5S ha una posizione come minimo confusa. 

Il terzo aspetto è sconcertante, mi riferisco, se Grillo contesta in linea di princpio lo Ius soli, all'insensibilità rispetto al problema della tutela di centinaia di miglia di minorenni nati in Italia da coppie di stranieri ( o da coppie miste) che con la normativa attualmente vigente non hanno infatti gli stessi diritti dei loro coetanei. Non è lecito giocare coi principi: fino a quando esisteranno gli stati-nazione con il loro principio della cittadinanza, o lo Stato la concede, in base al principio dell'eguaglianza oppure, si ricorra al principio arcaico del "sangue" o ad altri strategemmi legali, lo si nega. Come di fatto avviene in Italia. Qual'è la normativa vigente nel nostro paese?

"Il testo fondamentale che regola le modalità di acquisizione della cittadinanza è la legge 5 febbraio 1992 n. 91; il quadro normativo è completato dal Decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n.572 e dal Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n.362, che regolamentano le norme attuative dei principi generali normativi.
La L.92/91, che si basa sul principio dello ‘ius sanguinis”, prevede in estrema sintesi tre modalità per l’accesso alla cittadinanza per coloro che sono di origine straniera: per nascita, per naturalizzazione e per matrimonio. In relazione alla prima ipotesi è cittadino per nascita chi è nato da cittadini italiani; se i genitori stranieri sono diventati cittadini italiani, anche il figlio minore convivente diventa cittadino italiano. In base allo stesso principio dello ‘ius sanguinis’, se il minore è nato in Italia ma i genitori non sono cittadini italiani, il figlio non acquista la cittadinanza italiana, e può diventare cittadino italiano solamente dopo il compimento del 18° anno di età e con la dimostrazione di avere risieduto regolarmente ed ininterrottamente sino al compimento della maggior età.
Se sposa un/a cittadino/a italiano/a, lo straniero acquista la cittadinanza, così come previsto dalle modifiche apportate dalla L.94/09, dopo una residenza di due anni. Per quanto concerne la naturalizzazione, la cittadinanza può essere concessa dopo 10 anni di residenza ininterrotta sul territorio nazionale". [1]
Per capire di cosa stiamo parlando varrà la pena mettere bene a fuoco la dimensione del fenomeno dell'immigrazione in Italia e di quanto pesi in questo quadro quella dei figli di stranieri nati in Italia, circa mezzo milione.
«Attualmente vivono in Italia circa 5 milioni di persone di origine straniera. Molti di loro sono bambini e ragazzi nati o cresciuti nel nostro Paese, che tuttavia possono accedere alla cittadinanza con modalità quanto mai ristrette e dopo un lungo percorso burocratico. Le conseguenze di tale situazione sono disuguaglianze ed ingiustizie che, impedendo una piena integrazione, disattendono il dettato costituzionale che all’articolo 3 stabilisce il fondamentale principio di uguaglianza, ed impegna al contempo lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il suo raggiungimento. La distribuzione demografica della popolazione straniera evidenzia una concentrazione nelle fasce di età più giovani: ha meno di 18 anni il 22% dei cittadini stranieri residenti (contro il 16,9% dell’intera popolazione ); ha una età compresa tra 18 e 39 anni il 47% dei cittadini stranieri mentre gli ultraquarantenni stranieri sono solo il 30,7%, e solo il 2,3% ha una età superiore ai 65 anni.
I cittadini stranieri contribuiscono dunque in maniera determinante allo sviluppo dell’economia italiana e alla sostenibilità del sistema di welfare in misura maggiore di quanto comunemente si pensi. La stabilizzazione delle migrazioni è resa evidente dalla crescita costante delle nascite in Italia di bambini con uno o entrambi i genitori stranieri.
I 21.816 bambini con almeno un genitore straniero nati in Italia nel 1999, sono diventati 72.472 nel 2008 (77.109 nel 2009 secondo gli ultimo dati diffusi dall’ISTAT). Al 1 gennaio 2010 i cittadini stranieri residenti nati in Italia sono ormai 572.720, il 13,5% del totale dei residenti stranieri. Molti di loro non hanno mai conosciuto il paese di origine dei genitori; hanno forme e stili di vita del tutto simili ai coetanei italiani, sono a tutti gli effetti parte integrante della nostra società ma non hanno acquisito la cittadinanza italiana alla nascita in quanto non previsto dalla legislazione vigente». [2]
C'è quindi una questione di principio riguardante il diritto di cittadinanza, e su questo piano lo ius soli è certamente più democratico e preferibile di quello sanguinis, ma come ogni cosa il diavolo può nascondersi nei dettagli e nelle procedure. Come mostra la scheda qui sotto in alcuni paesi dove vige lo ius sanguinis, vedi la Germania e l'Irlanda, l'accesso alla cittadinanza è decisamente più semplice che in Italia, dove le procedure sono pensate per limitarlo in maniera brutale. 


Prima di alzare un gran polverone, col rischio di portare acqua al mulino degli xenofobi, Grillo avrebbe dovuto studiare meglio la questione e attendere che la neo-Ministra Cecile Kyenge entrasse nel merito, indicando, appunto criteri e procedure dell'introduzione dello ius soli. Tanto per dire: la legge avrebbe validità retroattiva o varrebbe solo per i figli di stranieri nati in Italia dopo l'approvazione delle legge? [3]

 SCHEDA: COME SI OTTIENE LA CITTADINANZA IN ALCUNI PAESI OCCIDENTALI

Francia

Lo ius soli esiste dal 1515, con la variante doppio ius soli: è più facile ottenere la cittadinanza per uno straniero nato nel Paese da genitori stranieri a loro volta nati nel Paese.

Germania

Vige invece lo ius sanguinis (diritto di sangue) ma le procedure per ottenere la cittadinanza sono più semplici e rapide che in Italia: dal 2000 basta che uno dei due genitori abbia il permesso di soggiorno permanente da almeno tre anni e viva nel Paese da almeno otto anni per concedere al minore straniero la cittadinanza.

Irlanda

Vale lo ius sanguinis ma se uno dei due genitori risiede regolarmente nel Paese da almeno tre anni prima della nascita del figlio, il minore ottiene la cittadinanza.

Belgio

La cittadinanza si ottiene automaticamente se si è nati sul territorio nazionale, ma quando si compiono 18 anni, o i 12 se i genitori sono residenti da almeno dieci anni.

Spagna

Vige una versione morbida dello ius sanguinis: diventa cittadino spagnolo chi nasce da padre o madre spagnola oppure chi nasce nel Paese da genitori stranieri di cui almeno uno deve essere nato in Spagna.

Portogallo

La cittadinanza è regolata dallo ius sanguinis. Ma la riforma del 2006 introduce la cittadinanza automatica per nascita per la terza generazione cioè per i figli i cui genitori sono nati in Portogallo, e la cittadinanza per acquisizione per la seconda generazione attraverso la semplice dichiarazione che uno dei genitori ha risieduto legalmente in Portogallo per cinque anni. Riconosce un diritto alla naturalizzazione per la prima generazione di immigrati se sanno parlare portoghese e hanno una fedina penale pulita. Naturalizzazione che non richiede più un reddito sufficiente o altre prove di integrazione

Svizzera

Anche nella confederazione elvetica lo ius soli non conferisce il diritto di cittadinanza che si ottiene se si è figli di padre o madre svizzeri, se sposati, o di madre svizzera se non sono sposati.

Gran Bretagna

Acquista la cittadinanza chi nasce in territorio britannico anche da un solo genitore cittadino britannico o che è legalmente residente nel Paese a certe condizioni (si parla di indefinite leave to remain, oppure il right of abode).

Stati Uniti e Canada

In Canada e negli Stati Uniti vige lo ius soli: chi nasce negli Usa è cittadino americano, tranne i figli di diplomatici stranieri. E lo è anche chi non nasce in territorio nazionale ma da genitori americani e almeno uno è stato residente negli Stati Uniti. È sufficiente anche un solo genitore americano se è vissuto almeno cinque anni nel paese prima della nascita, di cui almeno due dopo il quattordicesimo anno d'età. [4]

Note

[1] PROPOSTA DI LEGGE DI MODIFICA DELLA L. 5 FEBBRAIO 1992 N. 91 “NUOVE NORME SULLA CITTADINANZA”. In:Italia sono anch'io
[2] Ibidem
[3] «Quanti sarebbero i nuovi cittadini italiani se si procedesse alla riforma della cittadinanza in direzione dello isu soli? Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2011 sono nati in Italia da genitori stranieri 80mila bambini. Ciò vuol dire che se lo ius soli fosse stato applicato nel 2011, in 80mila sarebbero diventati italiani perché nati sul territorio nazionale. Questa l’indagine svolta dalla Fondazione Leone Moressa, a seguito dell’impegno espresso dalla Ministra per l’Integrazione Cecile Kyenge di portare avanti la riforma della cittadinanza». Programma integrazione, 6 maggio 2013
[4] Il Sole 24 ore del 14 maggio

NÉ DESTRA NÉ SINISTRA (terza parte): LA SINISTRA PRO di Tonguessy

[ 16 giugno 2017 ]

Segue la PRIMA e la SECONDA parte del saggio di Tonguessy

Entriamo nella zona politicamente incolore di Gianroberto Casaleggio il quale ci informa che “un’idea non è né di destra né di sinistra. E’ un’idea. Buona o cattiva.”

Gli fa eco Grillo, il quale dichiara: “il MoVimento 5 Stelle non è di sinistra (e neppure di destra). E' un movimento di italiani. L'ideologia, l'ideologia non credo ancora che ci sia è un paravento per fottere la gente. Il MoVimento è sopra e oltre e parla agli italiani, non ai piddini o ai berlusconiani.”

Interessante la semantica: prima di tutto NON è di sinistra e tra parentesi non è neanche di destra nonostante “nel Parlamento europeo afferisca al gruppo politico euroscettico di destra dell'Europa della Libertà e della Democrazia Diretta che ha contribuito a fondare insieme ad altre forze politiche nel 2014”[1]

In piena assonanza con il motto “Rosso è Nero” l’ex-comico si allinea con quanto detto da Mutti, Sofo e fascisteria postmoderna varia: bisogna andare oltre gli schieramenti tramite la manipolazione dei segni che gettano il reale (la Storia ed il sangue con cui è stata scritta) nel virtuale. Non a caso si inseriscono nelle procedure politiche dettagli tutt’altro che irrilevanti come la democrazia diretta via web, definita come “il più incredibile successo nella storia della politica online”. Il suo blog “già nella seconda metà degli anni Duemila era tra i primi dieci al mondo nella classifica di Technorati”. [2]

Si tratta di demolire le obsolete categorie precedenti che vanno associate ad inefficienza, arretratezza e corruzione. Secondo Grillo “la demolizione è già iniziata attraverso una tecnologia che si chiama Internet, che sta demolendo tutti i canoni nel mondo di finta democrazia, di corruzione.... È un cambiamento di mentalità, di cultura, di civiltà. “ [3] Questo lo dice un sito che è tutto un programma: libertà nel digitale. Probabilmente pensato in funzione della società cashless, dove i cittadini possiedono solo una carta di credito che sposta stringhe numeriche in qualche computer di proprietà di qualche banca che può bloccare in qualsiasi momento le loro disponibilità economiche. L’universo digitale ci ha lasciati davvero liberi: compressioni audio (Fraunhofer) che scartano frequenze, CD che comprimono le dinamiche musicali dei vecchi vinili, Berlusconi che grazie alla televisione digitale riesce a evitare di mandare in soffitta Rete4. La “demolizione” di cui parla Grillo è portata avanti dalla tecnologia digitale: basta con le finte libertà legate all’obsoleto mondo analogico, oggi serve “un cambiamento di mentalità, di cultura, di civiltà.” In effetti un partito votato da un’eguale dose di elettori di sinistra e di destra (anche se inizialmente sostenuto solo da delusi di sinistra) non può che testimoniare tale cambiamento. Bisogna dimostrare però che i cambiamenti sono sempre positivi così come Grillo lascia intendere. Io preferisco ancora i vinili, meglio se amplificati da un valvolare.

Per Grillo “la Rete diventa una sorta di divinità, protagonista di una narrazione escatologica in cui scompaiono i partiti (nel senso originario di fazioni, differenze organizzate) per lasciare il posto a una società mondiale armonica, organicista.” [4]

Grillo in questi suoi propositi ha avuto lungimiranza: affidandosi alla tecnologia ha fatto più o meno che ciò che fece la borghesia per scalzare gli aristocratici nel passaggio da medioevo a modernità. I fatti dimostrano ancora una volta che il credo su cui sono stati costruiti per decenni (se non per secoli o millenni) interi sistemi sociali non reggono il confronto con la fascinazione di ciò che di innovativo scienza e tecnologia sanno proporre. In questo il M5S rappresenta una novità: mentre le consorterie del né-né si affidano ai metodi tradizionali con risultati abbastanza scadenti, i vertici pentastellati si sono affidati a delle innovazioni che promettono (per default) un cambiamento epocale. Purtroppo la strada del né-né è segnata in partenza e, al netto del coinvolgimento tecnologico, senza adeguate strutture culturali e politiche che si rifacciano necessariamente ai vecchi canoni il decadimento nell’indifferenziato postmoderno è inevitabile. Se cioè si sostiene la validità del né-né si viene inderogabilmente attratti nella spirale infernale dell’indifferenziazione.

Meglio di Grillo ha fatto Macron “il cui partito è stato creato su Internet, solo un anno fa...dalla squadra di Steele & Holt, una misteriosa società” scrive il sempre ottimo Meyssan che annota come sia il partito di Aaron Sharon Kadima! che En Marche! siano “dei partiti centristi che riuniscono personalità di destra e di sinistra. [Macron] Non mette in discussione la capacità dei partiti di sinistra e di destra a difendere i valori a cui si richiamano, ma invita i leader di questi partiti a unirsi presso di lui per difendere i loro interessi comuni. Senza dubbio, se le elezioni andranno così come Macron spera, la distruzione dell’opposizione avrà inizio.”[5]

La ridondanza delle proposte di sinistra fatte da destra (e viceversa) non perdona, ed il giochino è stato creato apposta per seminare il post-individualismo attuale dove non si riesce più giudicare l’individuo dall’appartenenza politica ma dall’esposizione delle teorie incrociate che lo accompagnano, rigorosamente in antitesi tra loro. Questo caos preordinato serve a squalificare i precedenti ordinamenti dando l’abbrivio ad una ridefinizione del sistema. Come pensavate fossimo arrivati all’attuale stato di dominio della finanza sennò?

Restiamo in zona grigia, ma viriamo a sinistra. In qualità di alter ego del già citato Brugnaro per sponsorizzazioni di partiti, Penati rappresenta perfettamente il decadimento dell’ex PCI verso l’indifferenziato sinistroide attuale. Oggetto di parecchie indagini giudiziarie, viene sostenuto anche da Philippe Daverio in un video intitolato “Né destra né sinistra ma avanti”. Ci informa il papillonissimo dal suo comodo divano che oggi “non conta più essere di destra o di sinistra. Le categorie di destra e di sinistra sono totalmente obsolete. Solo alcuni assolutamente antiquati continuano ad utilizzarle. La categoria della destra e della sinistra è una categoria molto bizzarra…è caduta assieme al muro di Berlino nel 1989. Né destra né sinistra ma avanti!” [6]Ecco fatto. Il PD cade anch’esso nella trappola e invece di rivedere le proprie analisi delle cause che hanno portato allo sfacelo attuale, preferisce adottare la politica di Borghezio e soci: evita di dichiararti comunista, prenditi un leader democristiano per fare sembrare vero il tuo pentimento e gioca a nascondino semantico: i tuoi esponenti grazie all’adesione all’indifferenziato postmoderno non potranno fare diversamente da chiunque altro, e la magistratura semmai farà il proprio dovere.

“Nè destra né sinistra ma avanti!”. Verso dove? Beh, che importa? L’essenziale è non disturbare il manovratore e indossare il papillon.


NOTE 

lunedì 29 maggio 2017

CINQUE STELLE (NON) FANNO CLIC di Piemme

[ 29 maggio 2017 ]

Gli iscritti alla piattaforma del Movimento 5 Stelle sono 135.000.
Sulla proposta di leggete elettorale s/proporzionale alla tedesca (la nostra critica QUI e QUIhanno votato 29.005 iscritti. Si sono insomma "scomodati" di fare CLIC dal loro dispositivo elettronico (computer, tablet o smartphone) solo il 21,5% degli aventi diritto. Di questi 27.473 hanno votato Sì e 1.532 hanno votato No.

La cosa colpisce, e sotto diversi profili.

(1) Un più che modesto (per usare un eufemismo) 20% degli iscritti al M5S ha quindi confermato la sciagurata decisione del Comitato Centrale pentastellato.
A scanso di equivoci: ogni partito o movimento ha il diritto di stabilire con quali modalità adottare le proprie sovrane decisioni. E però... 
Che una legge da cui dipende in gran parte l'architettura istituzionale di un Paese, venga convalidata da una minuscola minoranza del 20% dovrebbe far saltare sulla sedia ogni sincero democratico. Se questo è il modello di democrazia diretta c'è da mettersi le mani nei capelli.

(2) E' grave, anzi inquietante, che gli iscritti siano stati chiamati al voto per esprimersi su una proposta unica. Questa non è vera democrazia. Democrazia è esprimersi tra diverse tesi. Chiamare al voto su una sola tesi si chiama plebiscito. Sotto le mentite spoglie della "democrazia diretta" abbiamo quella che i giuristi chiamano "democrazia plebiscitaria"

(3) Questa "democrazia plebiscitaria" spiega l'altissima percentuale di astensioni al voto (in pratica l'80%). Forse ci sbagliamo, ma il fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini pentastellati non si sia nemmeno degnata di fare CLIC, è indice di uno scontento crescente verso questi metodi plebiscitari e autoritari.

Beppe Grillo, nel suo editoriale di ieri (LEGGE ELETTORALE E VOTO ANTICIPATO: LE CONDIZIONI DI M5S), non solo non sembra minimamente curarsi dei sintomi evidenti del male che affligge il suo movimento, insiste nella bugia secondo cui lo s/proporzionale tedesco
«... con soglia di sbarramento al 5% ed eventuali correttivi, costituzionalmente legittimi, per garantire una maggiore governabilità ... È una legge elettorale costituzionale, la prima ad esserlo dopo la vergogna del Porcellum e dopo il pastrocchio dell'Italicum che è stato stroncato dalla Consulta»
A parte l'accettazione del dogma che assilla l'establishment, quello della governabilità, qui si affermano TRE bugie in una. 

(1) Con uno sbarramento al 5% il sistema tedesco non è affatto proporzionale e di fatto implica un grosso premio in seggi al primo partito. Basta solo vedere quanto accaduto in Germania alle ultime elezioni. Non è un caso che trovi d'accordo Berlusconi, Salvini e Renzi...

(2) Per questo il sistema elettorale tedesco, coerente con la Costituzione ordoliberista tedesca, cozza frontalmente con la Costituzione italiana, che fa del principio della rappresentanza la sua stella polare e non invece quello della "governabilità" 

(3) Che il modello tedesco, ove fosse adottato, sia "la prima legge elettorale costituzionale" è un'affermazione grave perché falsa. Occorre proprio avere la memoria corta per dimenticare che fino al 1994 gli italiani hanno votato con un sistema proporzionale puro e che la maledetta "Seconda repubblica" nacque di fatto con il famigerato referendum Segni del 18 aprile 1993 che, in ossequio al dogma della "governabilità", abolì il meccanismo proporzionale. Cosa accadde nelle elezioni del 1994 è noto: vinse Berlusconi.

Chi ha memoria corta non va molto lontano...

venerdì 19 maggio 2017

PORCATA ALLA TEDESCA (sulla legge elettorale targata Cinque Stelle) di Piemme

[ 19 maggio 2017 ]


Sul blog di Beppe Grillo compare oggi un attacco frontale all'ultima versione di legge elettorale del Pd renziano.
Ampiamente condivisibile. Non ci addentriamo adesso sulle tecnicalità del modello piddino, vale la sostanza di quanto scritto da Beppe Grillo:
«E’ una legge abominevole e antidemocratica (...) In questo modo alla Camera e al Senato si avrà una rappresentanza totalmente distorta della volontà popolare: potrebbe verificarsi che il partito che prende più voti ottenga meno seggi, oppure che il secondo partito che prende pochi voti in meno del primo sia estremamente sotto rappresentato. Tanto valeva che le abolissero direttamente le elezioni!(...)  Il collegio uninominale - in cui vince chi prende un voto in più degli avversari - avvantaggerà chi ha tanti soldi da investire per la campagna elettorale e a livello locale può promettere un posto di lavoro o altri benefici in cambio di un voto. A ispirare questa legge è stato Denis Verdini, tirando fuori dal cassetto un progetto che non era riuscito a imporre nemmeno a Silvio Berlusconi ma che, dicono i ben informati, piace alla massoneria».
Ben detto, ma...

Il modello proposto dai Cinque Stelle anch'esso implica una "rappresentanza totalmente distorta della volontà popolare". Perché? Perché prevede uno sbarramento per tutte le liste che non superino il 5%.

Facciamo due conti.

Supponiamo che alla prossime elezioni i votanti siano come quelle delle ultime elezioni del febbraio 2013, ovvero 32.270.926 (che fa il 75,20% degli aventi diritto).
A quanti voti corrisponde in questo caso il 5%? Poco più di un milione mezzo.

Per vedere quanto questo sbarramento sia lesivo del principio che il voto del cittadino "A" vale quanto quelli dei cittadini "B" o "C", e per vedere quanto questo meccanismo produca una "rappresentanza totalmente distorta della volontà popolare", poniamo il caso che ci siano tre liste che ottengano ognuna il 4,5%, quindi non superino la soglia di sbarramento e restino fuori dal parlamento.

Che avremmo? 
Avremmo che 4 milioni e mezzo di elettori (il 13% e passa dei votanti) non avrebbero rappresentanti. Una inversione dei fattori che non cambia il risultato (atteso dall'oligarchia). Con le parole di Grillo una "rappresentanza totalmente distorta della volontà popolare".

Peggio ancora! I partiti più grandi si spartirebbero le decine di seggi delle tre liste escluse. Di fatto un indebito premio di maggioranza ai partiti più grandi.

Amici a Cinque Stelle, non dite quindi che la vostra proposta è proporzionalista! E' una "porcata alla tedesca" —innestata sul modello spagnolo : vedi quanto scritto da Leonardo Mazzei su questo blog nel settembre 2016:  IL FINTO SISTEMA "PROPORZIONALE" DI M5S

Per di più i Cinque Stelle non hanno mai smentito di potere accettare, in ossequio al principio della "governabilità", la "super-porcata" di un colossale premio alla lista che raggiunga la soglia, addirittura del 35%. Vedi il mio intervento del 7 maggio scorso: M5S: QUESTA NON È SOLO BRUTTA, È UNA SUPER-PORCATA.



venerdì 7 aprile 2017

LA POLITICA ESTERA SOVRANISTA DEI CINQUE STELLE di Leonardo Mazzei

[ 7 aprile ]

Brevi note sul significato del voto online degli iscritti ai Cinque Stelle

Si è svolto l'altro ieri il referendum online degli iscritti M5S sulle priorità della propria politica estera. La votazione è parte della definizione del programma di governo che il movimento presenterà in vista delle prossime elezioni politiche.

A chi scrive il voto online proprio non convince neppure un po'. Sarebbe tuttavia un errore snobbare il significato di questo voto, anche se ha visto la partecipazione di soli 23.481 iscritti su un totale di 69.891 (33,6%).

Gli iscritti potevano indicare tre priorità tra i 10 punti proposti, di cui qui elenchiamo solo i titoli con i voti riportati: 
Contrasto ai trattati internazionali come TTIP e CETA 14.431
Sovranità e indipendenza 10.693
Un'Europa senza austerità 8.529
Ripudio della guerra 6.814
Smantellamento della Troika 6.589
Disarmo come premessa alla pace 5.548
Russia: un partner economico e strategico contro il terrorismo 5.324
Riformare la NATO 4.547
Risoluzione dei conflitti in Medio Oriente 4.219
Nuovi scenari di alleanze per l'Italia 3.197
Naturalmente, ogni titolo era accompagnato da una breve descrizione relativa agli intenti prospettati dal movimento. Per la lettura integrale di queste proposte - assai istruttiva per comprendere i punti avanzati e quelli arretrati nel dibattito pentastellato - rimandiamo al blog di Beppe Grillo.

Fin qui i fatti. Che dire del senso e dei risultati di questa consultazione?

E' ovvio che le formulazioni proposte hanno un'importanza pari, se non superiore, agli stessi orientamenti emersi nel voto. Ed è difficile non osservare alcune cose estremamente generiche (il ripudio della guerra, ad esempio), insieme ad altre completamente e pericolosamente illusorie (la riforma della Nato) e ad altre ancora certamente positive (il riconoscimento della Palestina, la cessazione dell'interventismo in Medio Oriente, eccetera).

Ma qui è utile concentrarsi sulle tre priorità che hanno riscosso più voti. Le prime due ci parlano di una base M5S decisamente orientata in senso democratico e sovranista. E questo è molto, ma molto positivo. La terza priorità ci mostra invece un movimento ancora impigliato in una posizione assai debole sull'Unione Europea.

Vediamo nel dettaglio. Che l'opposizione ai trattati simbolo del dominio neoliberista sia al primo posto ci dice molto di quale sia la visione del mondo maggioritaria nell'universo M5S. Leggiamo: 
«Il Movimento 5 Stelle contrasterà tutti quei trattati che l'Unione Europea sta negoziando nel mondo (come il TTIP e il CETA) che mettono a rischio i diritti dei lavoratori, i diritti sociali, la preservazione dell'ambiente, della biodiversità e delle risorse territoriali. Riteniamo, infatti, questi ultimi, sovraordinati rispetto alle relazioni commerciali e finanziarie. L'accesso alle risorse essenziali e la difesa dei beni comuni vengono considerati parte integrante della tutela dei diritti umani».
Bene. A questo no alla globalizzazione di lorsignori, segue nei voti questa formulazione su «sovranità e indipendenza»:
«La politica estera del Movimento 5 Stelle si basa sul rispetto dell'autodeterminazione dei popoli, la sovranità, l’integrità territoriale e sul principio di non ingerenza negli affari interni dei singoli Paesi. Sul rispetto del multilateralismo, della cooperazione e del dialogo tra le popolazioni e sulla rigorosa applicazione dei principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite. In particolare, si ripudia ogni forma di colonialismo, neocolonialismo e/o ingerenza straniera».
Qui il no all'interventismo militare, alle guerre imperialiste anche quando sono mascherate da "intervento umanitario", è totale. E ben si sposa con l'esplicita condanna del colonialismo vecchio e nuovo e col rispetto del principio dell'autodeterminazione dei popoli. Magari quarant'anni fa affermazioni di questo tipo sarebbero sembrate banali ovvietà, ma nel mondo di oggi così non è. 

E difatti i giornali di stamattina si mostrano piuttosto scandalizzati dagli orientamenti emersi nella base pentastellata. Ne è un esempio lampante La Stampa. Se il titolo del quotidiano torinese è del tutto forzato - «Patto con Mosca e addio Nato, ecco la politica estera dei grillini» - assai significativo il commento sul chiaro orientamento sovranista emerso dalla consultazione:
«A leggere i risultati del voto sul programma di Esteri (sic!) di Beppe Grillo, il popolo dei 5 Stelle vuole un mondo meno globalizzato. Sarà il vento che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca che soffia sulla vecchia Europa, ma le prime tre priorità votate dai 23 mila iscritti certificati del M5S sulla piattaforma Rousseau parlano la lingua del sovranismo. Primo punto, il più votato dei dieci sottoposti al referendum online, è il contrasto ai trattati internazionali di libero scambio, il Ttip, tra Ue e Stati Uniti, e il Ceta, tra Ue e Canada. Ma è il secondo punto più votato forse il più importante. Intitolato «Sovranità e indipendenza», contiene la chiave per comprendere la logica grillina delle relazioni internazionali che, scrivono i 5 Stelle, "si basano sul rispetto dell’autodeterminazione dei popoli, la sovranità, l’integrità territoriale e sul principio di non ingerenza negli affari interni dei singoli Paesi". Solo così si possono comprendere gli atteggiamenti anche recenti del M5S, restio a condannare gli arresti di massa di Vladimir Putin in Russia, il pugno duro di Nicolas Maduro in Venezuela, la repressione di Bashar al-Assad in Siria». 
Avete capito bene: per La Stampa parlare di autodeterminazione, sovranità, indipendenza ed integrità territoriale è davvero uno scandalo intollerabile. Questo è il succo della questione, al di là dell'uso strumentale dei nomi di Putin ed Assad. A questo ci porta la logica della globalizzazione neoliberista, ma per fortuna il mondo pentastellato sembra assai più immune verso quest'ideologia dominante, rispetto a quanto non lo sia ad esempio la cosiddetta "sinistra radicale".

Tutto bene dunque? Evidentemente no, visto il terzo posto di una posizione sull'Europa espressa in questo modo: 
«Il Movimento 5 Stelle si farà promotore di un'alleanza con i Paesi dell'Europa del sud per superare definitivamente le politiche di austerità e rigore, facendo fronte comune per ottenere una profonda riforma dell’eurozona e dell’Unione Europea».
Ecco, qui non ci siamo proprio. Ma come si fa a riproporre oggi, specie dopo le vicende greche (ma non solo), questa idea di riforma di un euro e di una Unione palesemente irriformabili? Sul punto M5S parla la stessa lingua della sinistra sinistrata, o - se si preferisce - quella del renzismo. Del resto gli sbandamenti sul tema non si contano, a partire dalla vicenda del tentativo (poi abortito) di andarsi a sedere nei banchi del gruppo liberale a Strasburgo.

Che dire in conclusione? Essenzialmente due cose. La prima (rivolta al M5S) è che se si crede a quanto scritto nelle prime due priorità (no ai trattati - sovranità e indipendenza) bisogna radicalmente modificare la terza, che così com'è proprio non si regge in piedi. La seconda conclusione, rivolta ai tanti che a sinistra ci criticano sulla questione della sovranità nazionale, è che sul punto M5S è anni luce più avanti del loro identitarismo subalterno al cosmopolitismo delle èlite. E questo già lo sapevamo, ma il voto di ieri l'ha confermato in maniera inconfutabile. 

mercoledì 22 marzo 2017

QUANDO I CRETINI SONO A CINQUE STELLE di Aldo Giannuli

[ 22 marzo ]

Alcune mie uscite televisive o alcuni articoli su questo blog hanno suscitato reazioni più o meno indignate di alcuni sostenitori del M5s: i più moderati hanno trovato le mie critiche troppo severe, si va da quello che esclama “Ma anche lei professore!” a quello che mi accusa di nascondere, sotto un atteggiamento falsamente benevolo, una sostanziale intenzione di nuocere al movimento; poi una cretina dice che io non devo permettermi di parlare a nome del M5s (come se lo avessi mai fatto e non avessi sempre precisato di parlare a titolo personale) e che non sono nessuno (bontà sua che parla dall’alto dei suoi numerosi titoli politici e culturali); qualche altro non ha capito assolutamente nulla e pensa che io neghi l’onestà dei 5stelle, infine qualche imbecille è convinto che io sia un infiltrato del Pd (sic!).
Però, per par condicio, ci sono anche cerebrolesi, di opposta parrocchia, che pensano che, invece le mie critiche sono bonarie e troppo blande perché spero di rimediare qualche poltroncina dal prossimo governo M5s.
Poco male: per il principio per cui la madre dei cretini è sempre incinta ed ogni partito, chiesa, sindacato, bocciofila o condominio è composta per almeno il 25% di cretini, anche il M5s ha la porzione che gli spetta (per la verità, un po’ più della media, anche se meno del Pd che fa gli straordinari in materia). Solo che dei cretini ci si sbarazza non rispondendogli e lasciando cadere la cosa: tanto se uno non capisce è inutile perderci tempo.
Poi c’è la clacque della Raggi che non mi perdona di aver detto esplicitamente che la loro beniamina deve dimettersi per aver dato prova di totale inadeguatezza, cosa che è proibito dire. Infine ci sono i “mufloni”, quelli del gregge che detestano dubbi e sfumature perché gli fanno venire il mal di testa, chiedono solo di avere un capo ed una bandiera in cui credere , cui obbedire e per i quali combattere. Non si identificano esattamente con gli imbecilli ma sono loro parenti stretti.
Tutta gente che ho imparato a disprezzare in quasi mezzo secolo di militanza politica: i più scatenati che cercano di negare il diritto di parola a chi critica (poco importa se dall’interno o dall’esterno del movimento) poi saranno i primi a tradire e nel frattempo sabotano ogni tentativo di migliorare il movimento cui intanto appartengono. Ne ho visti tanti così nella sinistra extraparlamentare, nel Pci, nel Psi, in Rifondazione. Hanno sempre tradito. E poi, cosa volete che me ne faccia dello sfogo di qualche mentecatto sedicente 5 stelle, quando ho goduto la stima di Roberto Casaleggio.
Ma altri non sono affatto imbecilli, mufloni o galoppini e meritano qualche chiarimento.
Intanto, sarebbe il caso che chi contesta entrasse nel merito della questione: in fondo potrei anche essere uno esagerato, o una spia del Pd, ma avere ragione. Capita che anche un avversario possa avere ragione, o no?!
Così come, può benissimo darsi che un amico o alleato faccia critiche sproporzionatamente dure e sbagli. Può capitare anche a me: perché, voi non fate mai sbagli?! Il giudizio deve sempre essere nel merito, senza cercare alibi o girarci intorno, anche perché c’è un obbligo morale di riconoscere i propri errori, le proprie insufficienze, ed anche le proprie colpe.
Vi piace gridare “Onestà Onestà”? Ebbene l’onestà non è solo non rubare, è anche quella intellettuale per cui non puoi usare criteri diversi per te e per gli altri: un metro deve sempre essere di 100 centimetri e non può essere a piacimento più corto o più lungo. Bisogna essere laici anche e soprattutto quando costa, perché i furti di verità sono peggiori di quelli di denaro.
Il fatto è che queste reazioni sono sempre ispirate al principio per il quale, se sei un sostenitore o amico di un movimento politico, non devi mai fare critiche, che sono concessioni al nemico, perché questo è un tradimento (o quasi). E devi difendere qualsiasi bestialità del tuo partito anche a costo di arrampicarti sugli specchi cosparsi di vetril. Questo accade quando il patriottismo di partito (che è giusto avere) si trasforma in qualcosa di mezzo fra il tifo da stadio ed il culto bigotto della propria “divinità”. E questo è il danno peggiore che si possa fare alla “squadra” per cui si tiene.
Per capirlo bisogna rendersi conto di quanto sia pericolosa l’arma della propaganda che è a doppio taglio. Ci sono due modi di fare propaganda: quello “attivo” con le cose che si dicono per attaccare gli avversari e difendere sé stessi, e quello “negativo” o “passivo” che è fatto dai silenzi su quanto non si ritiene inopportuno discutere. Ovviamente, anche gli avversari fanno lo stesso, per cui ciascuno cerca di colpire il punto debole dell’altro e di sviare l’attenzione dal proprio. Ma, a questo punto, occorre capire che la propaganda è uno strumento molto pericoloso, perché rischia di “intossicare” chi la fa più di quanto non faccia su chi la riceve.
In qualche modo, chi fa propaganda è portato a credere alle stesse cose che dice o rimuove le cose scomode con i suoi silenzi, ma questo finisce per occultare errori, lacune e deficienze, e, di conseguenza impedisce di correggerli o di colmarli. Quindi la tattica del “silenzio il nemico ti ascolta ”è la più sbagliata ed autolesionistica. Anche perché se ammetti per primo una tua falla, togli questo argomento dalle mani dell’avversario o quantomeno lo riduci.
Peraltro ammettere onestamente le proprie insufficienze aumenta la propria credibilità e, di conseguenza, rende meno efficaci gli attacchi degli avversari.
Come si vede, una opportuna e dosata quantità di autocritica (dosata rispetto alla realtà: sia chiaro, non rispetto a quel che farebbe comodo) è una medicina un po’ amara ma assolutamente conveniente.
D’altro canto, volete un esempio di come possa ridursi un partito con una base acritica di militanti-tifosi? Guardate il Pd e capite perché bisogna assolutamente evitare certe cose.
Io non voglio fare il parlamentare o in consigliere regionale, non ho prebende o nomine cui ambire, non cerco compensi, per cui continuerò a fare quello cha faccio in totale libertà.
Per cui, cari amici: se questo blog non vi piace, non frequentatelo, se i miei pezzi ripresi da altri non vi piacciono saltateli, se non vi piaccio in Tv cambiate canale, se cercate qualcuno che vi consoli, cercatevi qualche altro. Io continuerò come sempre perché non ho nulla da rimetterci.

* Fonte: Aldo Giannuli

domenica 19 marzo 2017

BEPPE GRILLO COME LA DEA KALÌ di P. Pellizzetti

 Marika Cassimatis e Beppe Grillo... "tanto" tempo fa
[ 19 marzo ]

Era stato proprio Paolo Putti a raccontarmi che i quadri Cinquestelle provenienti da antiche militanze nel sociale definivano “thugs” i neofiti fanatizzati del Movimento. Come gli antichi strangolatori indù, seguaci non di un disegno politico quanto adepti assatanati di un credo iniziatico, in cui l’adesione comporta l’immediata sottomissione adorante alla suprema volontà del leader divinizzato. Del resto taluni di loro avevano attraversato, quale passaggio intermedio alla conversione, una precedente passione dipietrista; in modalità credenti tanto acritiche quanto ringhiose, che già evidenziavano il manifestarsi di un culto fideistico del Capo.

Cervello all’ammasso, che ora diventa delirio collettivo e persegue la purificazione del mondo perseguitando i non sufficientemente determinati nella lotta ai miscredenti, virata in guerra di religione.

Una spirale di impazzimento da mettere paura, che ora trova la sua ennesima manifestazione a Genova con la defenestrazione di Marika Cassimatis; Cinquestelle della prim’ora, scelta dal voto online quale candidata sindaco alle imminenti amministrative locali. Dopo l’ostracismo dei guardiani della fede, che l’accusavano di tiepidezza nei confronti degli eretici alla Pizzarotti e varia apostasia, nelle vesti di Kalì è sceso dalle alture di Sant’Ilario Beppe Grillo in persona; per celebrare il sacrificio della reproba sotto forma di ritiro del sacro simbolo di appartenenza.


Confesso di essere senza fiato, un po’ perché tempo fa avevo bisticciato con la Cassimatis in un’occasione pubblica proprio per il suo (ai miei occhi) eccessivo allineamento al Verbo pentastellare. Anche se, successivamente, avevo accettato – come dice lei – di “fumare il calumet della pace; per via di comuni amicizie ambientaliste. Fermo restando che continuava ad apparire ai miei occhi critici un po’ troppo ortodossa. Però salvata da una certa attenzione rispettosa nei confronti delle posizioni altrui: quell’atteggiamento che fungeva da antidoto al settarismo e al culto di Kalì che ora l’ha condotta al rogo mediatico.

Soprattutto mi stupisce l’evidente autolesionismo, apparentemente inspiegabile, delle scelte di chi “puote ciò che si vuole”: la Cassimatis, proprio per la sua personale storia politica, era la migliore scelta per riassorbire in sede elettorale le recenti fuoriuscite dal Movimento che hanno dato vita a “Effetto Genova” ed “Effetto Liguria”. Mentre il rito sacrificale messo in atto produce l’effetto immediato di mettere fuori gioco il M5S nella consultazione del prossimo giugno. Con Palermo, la più significativa dell’anno. Seppure – a dire il vero – l’autogol trova la propria specularità in una ricca serie di corse al massacro sulla pelle della cittadinanza genovese: il PD che si aggira alla ricerca di un candidato introvabile; Silvio Berlusconi che gioca una partita personale per screditare l’ex delfino Toti, nelle sue ambizioni di federatore a Destra in prospettive anche nazionali, contrapponendo ai candidati del governatore un improbabile aspirante sindaco paracadutato da Milano.

Ma per Grillo-Kalì le motivazioni sono ancora più profonde. Tutto ruota attorno all’appuntamento del 2018, quando si ritiene certa la conquista del governo nazionale e l’elezione a premier del passacarte Luigi Di Majo. E nulla deve disturbare il disegno. Per cui si subisce ogni pasticcio romano di Virginia Raggi e si depura il movimento di ogni possibile bastian contrario. Come la Cassimatis.

Niccolò Macchiavelli diceva che “il fine giustifica i mezzi”. Albert Camus replicava: “chi giustificherà i fini?”.


* Fonte: Micromega

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