(1) Se prima il M.E.S. (il cosiddetto “Fondo salva stati”), finanziato dai singoli stati della Ue, faceva capo all’Unione medesima, con la “riforma” il MES diventerà né più e né meno che una super-banca d’affari privata indipendente, la quale potrà prestare denaro agli stati solo a condizione che ne tragga un lauto guadagno. Di più: sarà un organismo di rango superiore agli stati nazionali e che avrà potere di vita o di morte su quelli che dovessero ricorrere al suo “aiuto” (come la troika lo fu per la Grecia).
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martedì 11 febbraio 2020
PERCHÉ NO! il MES in parole povere
(1) Se prima il M.E.S. (il cosiddetto “Fondo salva stati”), finanziato dai singoli stati della Ue, faceva capo all’Unione medesima, con la “riforma” il MES diventerà né più e né meno che una super-banca d’affari privata indipendente, la quale potrà prestare denaro agli stati solo a condizione che ne tragga un lauto guadagno. Di più: sarà un organismo di rango superiore agli stati nazionali e che avrà potere di vita o di morte su quelli che dovessero ricorrere al suo “aiuto” (come la troika lo fu per la Grecia).
venerdì 17 gennaio 2020
FUORI DALL'EURO SI PUÒ: ECCO COME di P101
Non si ferma la ingannevole campagna mediatica per terrorizzare i
cittadini: inflazione e svalutazione fuori controllo, salari e pensioni
in fumo, risparmi distrutti, mutui e bollette alle stelle. Occorre rispondere in modo deciso, poiché uscire dall’euro non è solo necessario, non è solo possibile, è conveniente.
La Sinistra patriottica indica le mosse da fare per diventare un Paese sovrano e avviare una nuova politica economica.
La Sinistra patriottica indica le mosse da fare per diventare un Paese sovrano e avviare una nuova politica economica.
mercoledì 8 gennaio 2020
SE GUERRA HA DA ESSERE...
Comunicato n. 1/2020 del Comitato Centrale di P101
La criminale uccisione del generale Qassem Soleimani segna un salto di qualità nella politica aggressiva dell’imperialismo americano in Medio oriente. Dopo la rottura dell’accordo sul nucleare, l’imposizione di pesanti sanzioni, è questo l’ultimo scalino di un’escalation contro l’Iran che potrebbe condurre alla guerra.
Fuori gli imperialisti dal Medio oriente!
La criminale uccisione del generale Qassem Soleimani segna un salto di qualità nella politica aggressiva dell’imperialismo americano in Medio oriente. Dopo la rottura dell’accordo sul nucleare, l’imposizione di pesanti sanzioni, è questo l’ultimo scalino di un’escalation contro l’Iran che potrebbe condurre alla guerra.
giovedì 5 dicembre 2019
MES: VIA IL GOVERNO CONTE Comitato centrale di P101
[ giovedì 5 dicembre 2019 ]
COMUNICATO N. 12/2019 DEL COMITATO CENTRALE DI PROGRAMMA 101
MES: il governo Conte se ne deve andare!
Via dalla gabbia dell’Euro!
L’Italia è sotto attacco e la classe politica cincischia. Posto davanti all’ennesima stretta delle regole europee il Paese è a un bivio: o accettarle, perdendo la propria sovranità non solo sulla politica di bilancio, ma pure sulla gestione del debito; o respingerle in toto con tutte le conseguenze del caso. Ovvio come la tutela dell’interesse nazionale coincida con la seconda opzione, altrettanto ovvio come la classe dirigente attuale (a partire dal governo) vada invece in direzione della prima.
Di fronte a questo tradimento degli italiani, certo non nuovo ma non per questo meno grave, la cacciata del governo Conte deve essere il primo obiettivo di chiunque abbia a cuore le sorti del nostro Paese.
Da quando è nato, il MES è uno degli strumenti con i quali l’Euro-Germania impone la propria visione ordoliberista, un decisivo cane da guardia dell’intangibilità delle politiche austeritarie. La sua riforma – ecco come l’UE sa riformarsi! – vuole rendere questo strumento ancora più oppressivo. Non solo, per come le nuove regole sono congegnate, è chiaro che ad essere sotto tiro è fondamentalmente l’Italia.
Visti i suoi poteri di vita o di morte sui singoli stati, vista la sua possibilità di dettar legge in maniera insindacabile, garantendo tra l’altro la piena impunità dei sui oscuri funzionari, il MES si presenta come la Troika del prossimo decennio. Una “Troika” nella quale Francia e Germania avranno diritto di veto, l’Italia ovviamente no.
Al MES, strutturato esattamente come un’enorme banca d’affari privata (con tanto di possibilità di utilizzare i paradisi fiscali), spetterà il diritto di dividere i paesi dell’Eurozona in “buoni” e “cattivi” da punire e disciplinare. Avendo il diritto di decidere eventuali default sul debito pubblico, questo fondo avrà in mano il destino di milioni di risparmiatori e quello dell’intero sistema bancario del Paese preso di mira. Ma siccome questo ancora non basta, per colpire al meglio le banche italiane – facendone così un ghiotto boccone per i soliti noti – ci penseranno le norme sull’Unione bancaria, con le quali si pretende una svalutazione dei titoli del debito italiano da esse posseduti
Di fronte a questa mostruosità cosa dicono le forze politiche parlamentari? Nel campo governativo, mentre il Pd (inclusa la sua costola renziana) inneggia tanto al MES che all’Unione bancaria, con la pittoresca motivazione secondo cui queste norme non verranno mai applicate, M5s e Leu si limitano a chiedere un rinvio della sottoscrizione del trattato. Ipotesi che Bruxelles potrebbe accogliere, a condizione che tra due mesi si accettino esattamente le stesse regole già scritte oggi a chiare lettere…
Se le forze di maggioranza si sono messe di fatto in un vicolo cieco, la stessa opposizione della destra non è per nulla convincente. Non solo la Lega era al governo quando, nel giugno scorso, Conte e Tria avallavano l’accordo in sede europea. Non solo la questione del MES è stata portata allo scoperto solo dopo l’apertura della crisi di governo di agosto, ma qui è in ballo una questione assai più rilevante: quella di una linea di coerente alternativa a quelle che possiamo definire come “leggi dell’euro”. Linea che ad oggi proprio non c’è.
La riforma del MES non è infatti un fulmine a ciel sereno, né una stravaganza dei paesi nord-europei che ruotano attorno alla Germania. Essa è invece l’ennesima sbarra di una gabbia che ha la sua ragion d’essere nella difesa di una moneta unica che anche Lega ed M5s adesso dichiarano irreversibile.
Fermare il MES è la priorità dell’oggi. E per ottenere questo risultato ci si deve alleare con chiunque condivida quell’obiettivo. Ma quel NO avrà senso solo se si prenderà la via della liberazione nazionale, l’unica strada sensata per porre fine al delirio di questi anni: quella dell’Italexit.
Il Comitato centrale di P101
4 dicembre 2019
mercoledì 2 ottobre 2019
MANOVRA 2020: ECCO A VOI IL CONTE-BIS di Comitato Centrale di P101
[ mercoledì 2 ottobre 2019 ]
COMUNICATO N. 11/2019 DEL COMITATO CENTRALE DI P101
La manovra senz'anima del governo della restaurazione
Alla
fine il Consiglio dei ministri ha partorito la Nadef, la settembrina Nota di aggiornamento del Documento di
economia e finanza che fa da cornice alla Legge di bilancio vera e propria.
Solo
da quest'ultima, la cui presentazione è prevista per metà ottobre, si capiranno
i dettagli di una manovra economica che si annuncia di puro galleggiamento,
senz'anima e senza idee forti. Una manovra comunque recessiva e con più tasse,
nella quale - come avevamo ampiamente previsto - le mille promesse di agosto si
sono sciolte come neve al sole.
Se
la Legge di bilancio ci dirà di più, un giudizio politico sull'operato del
governo della restaurazione è già possibile.
1. Le clausole di salvaguardia sull'IVA solo congelate, non cancellate
Come
sapevamo, il Conte-bis potrà beneficiare di una maggiore flessibilità europea
sul deficit, rispetto a quella ben più striminzita con la quale gli eurocrati
puntavano a mettere con le spalle al muro il precedente governo gialloverde.
Mentre a quest'ultimo si chiedeva un deficit all'1,6-1,8% sul Pil, all'attuale
governo verrà concesso il 2,2%. Quattordici miliardi in più rispetto al
tendenziale, fissato - calcolando l'aumento dell'IVA e le minori spese per Reddito
di cittadinanza e Quota 100 - all'1,4%. Questa scelta eminentemente politica,
con la quale l'Ue ha inteso premiare un governo servile e subalterno, è
tuttavia modesta e, soprattutto, limitata al solo 2020. La riprova sta nel
fatto che le clausole di salvaguardia dell'IVA non sono state cancellate, bensì
solo congelate per il prossimo anno. Ciò significa che già dalla primavera
prossima ripartirà il solito tormentone su come rinviarle un'altra volta,
condizionando così ogni possibilità di future manovre davvero espansive.
2. Una finanziaria recessiva che toglierà all'economia reale almeno 9 miliardi di euro
Dai
conti del governo si evince che a legislazione vigente, e senza aumento
dell'IVA, il deficit 2020 si sarebbe attestato al 2,7%. Portarlo al 2,2%
significa togliere all'economia nazionale qualcosa come 9 miliardi di euro. Una
sottrazione tanto più grave di fronte all'attuale crescita zero ed all'attesa
di una recessione vera e propria. Una sottrazione che avverrà principalmente
con un aumento della pressione fiscale (previsto il recupero di circa 10
miliardi e mezzo) e con nuovi tagli per un miliardo e mezzo di euro. Tutto ciò
"compensato" soltanto con una riduzione del cuneo fiscale per soli
2,7 miliardi.
3. La vergognosa elemosina sul "cuneo fiscale"
Sul
punto, dopo tante promesse, la montagna ha partorito il topolino. Il beneficio
fiscale, che dovrebbe interessare la stessa platea dei renziani "80
euro" del 2014 (circa 11 milioni di persone), scatterà solo dal 1° luglio
2020, portando nelle buste paga di chi ha un reddito sotto i 26mila euro lordi,
una cifra attorno ai 40 euro mensili. Una vera miseria, di fronte alle
condizioni di questa fascia di reddito; una misura del tutto inefficace dal
punto di vista macro-economico, visto che non è con queste cifre che si può
rilanciare la domanda interna.
4. La fine ingloriosa, e prevedibile, delle promesse di agosto
Dalle
notizie ad ora disponibili - il testo integrale della Nadef non è stato ancora
pubblicato - tutte le mirabolanti promesse di agosto sono uscite dal radar di
Palazzo Chigi. Dell'aumento dei 100 euro mensili agli insegnanti, come dei 4
miliardi necessari al rinnovo dei contratti del pubblico impiego non c'è
traccia. Idem per il programma straordinario di assunzioni, per non parlare
delle maggiori risorse per la scuola, l'università, il welfare, i disabili e le
famiglie. Certo, qualcosa avranno scritto, ma evidentemente senza precisi
impegni di spesa per il 2020.
5. Una finanziaria senz'anima
Siamo
dunque di fronte ad una manovra di galleggiamento, priva di ogni idea forte.
Una finanziaria senz'anima che non vorrebbe scontentare troppo gli italiani,
rassicurando al contempo l'oligarchia di Bruxelles e Francoforte. Una
finanziaria che non risolvendo alcun problema del Paese, finirà per aggravarli
tutti. Perlomeno un anno fa le due misure di bandiera di Lega ed M5s (Quota 100
e Reddito di cittadinanza) provavano a dare un po' di respiro ai settori
sociali maggiormente colpiti dalla crisi e dall'austerità targata Europa.
Misure insufficienti anche quelle, ma che viste oggi - alla luce del micragnoso
nulla della finanziaria di Gualtieri - appaiono quantomeno come un onesto per
quanto pasticciato tentativo di invertire la disastrosa rotta imposta dai
vincoli europei al nostro Paese.
6. L'amministratore di condominio Roberto Gualtieri
Da
questa vicenda l'osannata figura del nuovo ministro dell'Economia, l'eurista a
tutto tondo Roberto Gualtieri, esce del tutto ridimensionata. Una Legge di
bilancio fatta in questo modo, con mille interventi, nessuno dei quali davvero
significativo, più che ad un titolare della politica economica fa pensare ai
piccoli stratagemmi di un amministratore di condominio. Per giunta un
condominio assai litigioso. E' questa la fine che si fa quando si va ad
applicare quelle regole che pure si è voluto al fine di imporre l'ordine
ordo-liberale ad un paese come l'Italia.
7. La bandiera autoritaria della lotta al contante
Alla
fine, da una finanziaria come questa, esce solo una bandiera: quella della
lotta al contante. Che è poi la bandiera issata dalle banche e dalla grande
finanza, nonché dall'ossessivo pensiero unico del politicamente corretto.
Dietro alla motivazione ufficiale della lotta all'evasione - quella dei
poveracci, beninteso, mica quella delle multinazionali, ci mancherebbe! - c'è
l'interesse delle banche, nonché (cosa ancora più importante) la volontà di
arrivare ad un controllo totale sulla vita delle persone. Per queste ragioni
Programma 101 si oppone totalmente alle misure previste dal governo contro
l'uso del denaro contante.
8. Conclusione: nell'Ue si soffoca, viva l'Italexit
I
contenuti della Nadef, quelli prevedibili della prossima Legge di bilancio, non
fanno che confermare quel che diciamo da anni: non c'è alcuna possibilità di
uscire dalla crisi dentro la gabbia europea. Se i risultati della
"flessibilità" transitoria ottenuta dal governo della restaurazione
sono questi, figuriamoci cosa dobbiamo attenderci per il futuro. Nell'euro e
nella Ue si soffoca, l'Italexit è sempre più necessaria. Anche per questo
manifesteremo il prossimo 12 ottobre a Roma, anche per questo invitiamo tutti a
farlo insieme a noi.
GLI ULTIMI COMUNICATI
COSÌ NON SI VA AVANTI 9 luglio 2019
MINI-BOT: DISOBBEDIRE ALLA UE 11 giugno 2019
NO AL CONTE-BIS! 28 agosto 2019
mercoledì 28 agosto 2019
NO AL CONTE-BIS! di Comitato Centrale di P101
No al Conte-bis!
No alla restaurazione dei servi di Merkel, Macron e Trump
La
fine del governo giallo-verde ha dunque aperto la strada alla più classica delle
restaurazioni. Il nuovo esecutivo sta nascendo sotto il segno della triade
Bruxelles-Berlino-Parigi, la benedizione di Trump,
l’appoggio dei principali centri del potere economico, il rientro al centro
della scena del Pd, ovvero del partito che meglio rappresenta interessi, trame
ed umori di quel blocco dominante che ha ridotto in catene l’Italia.
Si
tratta di un passaggio gravissimo, che tradisce la spinta popolare al
cambiamento così come si era espressa nelle urne del marzo 2018. L’incredibile
imperizia (e presunzione) salviniana, che ha portato all’apertura della crisi
senza che se ne valutassero tutte le possibili conseguenze, non giustifica in
alcun modo la giravolta pentastellata che sta portando al governo M5S-Pd.
I
Cinque Stelle rischiano di venire travolti da questa scelta o, peggio ancora,
di trasformarsi nella componente di “sinistra” di una nuova alleanza di
centrosinistra a trazione piddina, premessa indispensabile per ricostruire quel
bipolarismo tanto amato dalle èlite.
Fortunatamente
questo processo di restaurazione ha i suoi punti deboli, dalle contraddizioni
tuttora esistenti tra i due partiti, a quelle interne a ciascun partito. Ma
ancor più peserà la strutturale impossibilità di risolvere i problemi del Paese
stando dentro al quadro delle compatibilità europee.
Nondimeno
il Conte-bis potrà fare ugualmente danni non indifferenti, riportando l’Italia
ad una piena subordinazione nei confronti sia dell’Unione guidata dall’asse
Merkel-Macron e alla conferma del vassallaggio
geopolitico rispetto gli Stati Uniti. Una scelta che – al di là di
qualche prevedibile mossa propagandistica sull’ambiente – renderà impossibile
ogni politica espansiva, ogni rilancio degli investimenti, ogni misura sociale
contro la povertà e la disoccupazione.
Programma 101, nel
fare appello alla parte migliore del Movimento Cinque Stelle affinché si
dissoci apertamente dalle scelte miopi dei propri dirigenti, ritiene che lo
sbocco più avanzato, certamente quello più democratico, della crisi attuale
siano le elezioni anticipate.
L’alternativa a questo sbocco è infatti solo quella (non a caso proposta da
Renzi) della piena restaurazione del dominio del blocco eurocratico, stavolta
con la totale integrazione di M5S.
E’
in questo contesto che diventa ancora più importante la riuscita della
manifestazione Liberiamo l’Italia del prossimo 12 ottobre, una manifestazione che sta riscuotendo sempre più
interesse ed adesioni.
Se,
nel confronto con l’Ue, entrambe le forze del governo giallo-verde si sono
mostrate alla prova dei fatti del tutto inadeguate, è ora il momento che altre
forze sorgano per impugnare seriamente, concretamente, e con il necessario
spirito inclusivo, la bandiera della liberazione nazionale dall’oppressione
dell’oligarchia eurista.
No al Conte-bis!
Elezioni subito!
Per una Sinistra Patriottica finalmente in campo!
Tutti a Roma il 12 ottobre!
Roma, 27 agosto 2019
Gli ultimi Comunicati
CON NOI AVETE CHIUSO 18 luglio 2019
COSÌ NON SI VA AVANTI 9 luglio 2019
giovedì 18 luglio 2019
CON NOI AVETE CHIUSO di Comitato Centrale di P101
[ venerdì 19 luglio 2019 ]
Comunicato n. 9/2019 del Comitato Centrale di P101
«Da questo momento, visto che i 5 Stelle hanno la maggioranza assoluta dei ministri,
e dato il loro tradimento — che dovranno pagare a caro prezzo —, la Sinistra Patriottica
denuncia questo governo come una succursale della cupola eurocratica, come un nemico della causa sovranista e del popolo lavoratore. Che la Lega decida o no di staccare la spina,
il governo è oramai un pericoloso morto che cammina. Prima se ne va, meglio è».
Perché l’appoggio tattico
Non appena il governo Conte si insediò a Palazzo Chigi, segnalammo subito che M5S e Lega avevano fatto male ad accettare in ministeri chiave — come minimo quelli all’economia e agli esteri — gli ascari euristi imposti da Mattarella, che bollammo subito come “Quinta colonna” e “Cavallo di Troia”. Nacque di fatto un governo tri-partito, per sua natura conflittuale e instabile. Malgrado ciò come Programma 101 adottammo una posizione di sostegno critico e tattico al governo, un sostegno cioè vincolato alla capacità dei giallo-verdi di porre fine alle politiche eurocratiche di austerità che da tempo strangolavano il Paese ed anzitutto il suo Mezzogiorno, la gioventù, il popolo lavoratore. Di contro a chi considerava pietra angolare i diritti civili o l’accoglienza indiscriminata degli immigrati, noi tenemmo fermo il punto che il giudizio sull’operato del governo dipendeva anzitutto dalla consistenza e dalla qualità delle misure sociali e di politica economica che esso avrebbe adottato.
Il bicchiere mezzo pieno
Il “Decreto dignità”, voluto anzitutto da 5 Stelle, per quanto insufficiente, andava nella giusta direzione. Come ci andava, dopo la tragedia di Genova, la ri-nazionalizzazione di autostrade. Nonostante il compromesso al ribasso con la Commissione europea sulla Legge di Bilancio 2019 — compromesso siglato sotto l’egida della troika Mattarella-Conte-Tria — questa contemplò due misure, la riforma della Legge Fornero e il cosiddetto “Reddito di Cittadinanza”, che andavano nella direzione di segnare una svolta, mettendo al primo posto gli interessi del popolo lavoratore e non più quelli delle classi dominanti. Quanto fosse stata pesante l’ipoteca dell’accordo con Bruxelles lo si è visto dagli ostacoli stringenti per accedere alla pensione e al “RdC”: due misure che a causa del rispetto dei vincoli di bilancio sono risultate ben lontane dal soddisfare le istanze delle classi popolari e rappresentare il necessario rilancio della domanda interna.
Governo in coma
Dopo la Legge di Bilancio l’attività del governo ha subito una sostanziale paralisi. M5S e Lega hanno iniziato a bisticciare su ogni cosa. Gli elementi di discordia si sono accentuati con l’imminenza delle elezioni europee e amministrative, segnate dalla grande avanzata elettorale della Lega e dal pesante arretramento dei 5 Stelle — causato in primo luogo da una campagna elettorale suicida, svolta all’insegna di un farsesco europeismo. Nel frattempo, approfittando di un governo in stato confusionale la Commissione europea, con l’avallo della “Quinta colonna” mattarelliana (Giuseppe Conte compreso), lanciava ufficialmente la pesante minaccia di una “procedura d’infrazione” contro l’Italia. Invece di farla finita con gli alterchi, invece di fare blocco per opporre una muraglia contro Bruxelles, invece di sbarazzarsi finalmente di Tria e della tutela del Quirinale, Di Maio e Salvini hanno continuato a litigare su ogni cosa lasciando che gli ascari dell’Unione europea scrivessero le linee della prossima manovra economica.
Dopo il tradimento dei 5 Stelle
E’ in questo contesto paludoso che è giunta a fine giugno la decisione del Presidente del Consiglio di sostenere, su richiesta di Merkel e Macron, la super-eurista Von Der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Come se non bastasse, è giunto il vergognoso voto favorevole dei parlamentari europei 5 Stelle per la stessa Von Der Leyen — la Lega, pur non senza tentennamenti, ha invece votato contro. Con questo tradimento il M5S ha attraversato il Rubicone, passando armi e bagagli nel campo dell’élite eurocratica — passaggio sancito dalla indegna adesione al gruppo liberista capeggiato da Macron Renew Europe.
Da questo momento, visto che i 5 Stelle hanno la
maggioranza assoluta dei ministri, e dato il loro tradimento — che dovranno
pagare a caro prezzo —, la Sinistra
Patriottica denuncia questo governo come una succursale della cupola
eurocratica, come un nemico della causa sovranista e del popolo lavoratore. Che
la Lega decida o no di staccare la spina, il governo è oramai un pericoloso
morto che cammina. Prima se ne va, meglio è.
Mettiamo in guardia dal
fare affidamento su Salvini, imprigionato dalla componente eurista della Lega e
sotto scacco per l’insidiosa inchiesta che vorrebbe criminalizzarlo per la sua
amicizia con la Russia di Putin. Il popolo italiano deve fare affidamento sulle
sue proprie forze, deve alzarsi in piedi, mobilitarsi per impedire che si torni
indietro e che il governo ritorni nelle mani dei poteri forti.
Per questo Programma
101 aderisce e sostiene la manifestazione del 12 ottobre per uscire
dalla gabbia della Ue, per riprenderci la sovranità nazionale e la democrazia,
per attuare la Costituzione del ’48.
Roma, 18 luglio 2019
Roma, 18 luglio 2019
martedì 11 giugno 2019
MINIBOT: DISOBBEDIRE ALLA UE di CC P101
[ martedì 11 giugno 2019 ]
Comunicato n. 7/2019 del Comitato centrale di P101
Un vantaggio per lo Stato
Al
pari della partita sulla "procedura d'infrazione" avviata dalla
Commissione europea, la vicenda dei Minibot sarà la cartina al tornasole della
determinazione a resistere del governo giallo-verde nei confronti dei diktat di
Bruxelles e Francoforte.
La
questione è nota. La Camera ha approvato all'unanimità (dunque anche con il
voto del Pd e di +Europa, che ora dicono di essersi "sbagliati"), una
mozione che impegna il governo a risolvere l'annosa questione dei lunghi tempi
di pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese,
utilizzando allo scopo anche "strumenti
quali titoli di Stato di piccolo taglio", gli ormai famosi Minibot.
Tutto ciò, dice sempre la mozione, al fine di ampliare i meccanismi di "compensazione tra crediti e debiti della
pubblica amministrazione".
Di
fronte a questa misura di assoluto buon senso, tra l'altro assai vantaggiosa
per lo Stato, visto che per i Minibot non sono previsti né interessi né date di
scadenza, c'è stata l'alzata di scudi di tutto il partito eurista al gran
completo. Non solo quella di un'opposizione evidentemente un po' distratta, non
solo quella assai scontata del governatore Visco, non solo quella piuttosto
significativa della Confindustria, ma pure quella - politicamente gravissima -
del ministro Tria, nella sostanza coperto dallo stesso presidente del
consiglio.
La
ragione di questa opposizione l'ha sintetizzata Mario Draghi da Vilnius,
secondo il quale i Minibot: «O sono moneta, e allora sono illegali,
oppure sono debito e quindi lo stock sale. Non vedo altra possibilità». In
realtà Draghi sa benissimo che si tratta sì di debito, ma di un debito già
esistente e già contabilizzato. Sono evidenti i due obiettivi di Draghi e dei
cani da guardia della Commissione: piegare il governo costringendolo ad
ubbidire al “pilota automatico” e
impedirgli di adottare una politica economica che metta al centro gli
interessi del popolo lavoratore.
Moneta parallela e "Quinta colonna"
Da segnalare poi la strumentale assurdità delle
argomentazioni di Confindustria contro i Minibot. Secondo gli industriali essi
sarebbero come "i soldi del monopoli", cioè
"cartastraccia". Ma i Minibot, se davvero vedranno la luce come ci
auguriamo, saranno garantiti dallo Stato, essendo in questo del tutto identici agli
altri titoli del debito, tipo i Btp. La malafede di Boccia & soci è perciò
del tutto manifesta.
Ma la ragione di tanto accanimento è chiara. Lorsignori
mettono nel conto (e temono) l'uscita dall'euro. Se i Minibot funzionassero, e
noi siamo convinti che funzionerebbero, essi potrebbero infatti trasformarsi
all'occorrenza (ad esempio di fronte ad una restrizione di liquidità della Bce
per piegare il governo italiano) in una vera e propria moneta parallela,
normale mezzo di pagamento nelle transazioni commerciali. Uno strumento dunque
utilissimo per far uscire l'Italia dalla prigione della moneta unica. Proprio
per questo, come Programma 101, vediamo con grande favore l'emissione dei Minibot: un primo passo verso la liberazione dalla gabbia eurista.
Dalle vicende di questi giorni emergono con chiarezza tre
fatti: 1) la durezza dello scontro che si va delineando, 2) la sua natura di
classe, 3) la spaccatura nel governo.
1. Che si vada verso lo scontro appare come l'ipotesi più
probabile. Se da Bruxelles e Francoforte arrivano solo diktat, se essi sono
evidentemente concordati con il nostrano partito eurista coordinato da
Mattarella, al governo italiano restano solo due possibilità: la resa o la resistenza.
Se la resa è l'auspicio di lorsignori, noi non possiamo che augurarci la resistenza.
Molte sono le cose che non ci piacciono nell'attuale maggioranza di governo.
Altrettante quelle che non ci convincono. Nondimeno, la lotta per l'uscita
dalla gabbia dell'euro resta per noi la questione decisiva, il primario metro
di giudizio e di orientamento della Sinistra patriottica in questa fase.
2. Chiara è la natura di classe dello scontro che si profila.
Se l'Italia verrà nuovamente spinta nel baratro dell'austerità e di una nuova
recessione, sarà il popolo lavoratore a pagare il prezzo più pesante. Non è un
caso che tutti i centri del potere economico - Confindustria in primis - si siano schierati con la Commissione e
con la Bce. Ai padroni il "vincolo esterno" serve a tener bassi i
salari, a schiacciare i diritti, a impedire che i disoccupati diminuiscano.
Chiunque stia davvero dalla parte del popolo lavoratore, di chi ha sofferto e
continua a soffrire maggiormente la crisi, non può avere dubbi su quale lato
della barricata collocarsi.
3. Minibot e "procedura d'infrazione" hanno fatto
emergere qual è ora la vera spaccatura nel governo. Come avevamo previsto, nel
momento in cui il confronto-scontro con l'UE conquista il centro della scena,
la frattura non è tanto tra Lega e Cinque Stelle, quanto tra questi due partiti
e la Quinta Colonna infiltrata nel
governo un anno fa da Mattarella. Questa Quinta
Colonna, che ha da sempre in Tria il suo decisivo caposaldo, ha arruolato
negli ultimi tempi lo stesso Conte. E' come se di fronte ai diktat europei a
Roma i governi fossero adesso due: uno che non intende piegarsi, l'altro che
obbedisce all'Ue, fra l'altro disattendendo un preciso mandato parlamentare.
Per resistere all'attacco in corso è necessario che questo "secondo
governo" venga mandato a casa quanto prima. E' questa la condizione affinché
il "primo governo", quello che ha ancora oggi una chiara maggioranza
nel Paese, possa andare avanti.
A differenza di chi aveva troppo presto emesso la condanna
definitiva del governo giallo-verde, come P101, ribadivamo che quella con
l’eurocrazia era una guerra di posizione, che tra blocco populista e élite
neoliberista la tregua era solo momentanea, che i nodi sarebbero venuti al
pettine assai presto. La direzione in cui essi verranno sciolti non è tuttavia
cosa certa. Compito di tutte le forze della Sinistra patriottica è quello di
attrezzarsi al meglio per essere parte attiva nello scontro che si profila.
- Sostenere
ogni atto del governo che va nella giusta direzione
- Respingere
al mittente la "procedura d'infrazione"
- Sostituire
Tria e Conte
- Per una
legge di bilancio 2020 in deficit che metta al centro il lavoro
- Adottare un
decreto immediato per l’emissione dei Minibot, come strumento unico per il pagamento
dei debiti commerciali dello Stato
- Adottare
misure incisive a protezione dell’economia nazionale in caso di “attacco dei
mercati”
-
Mobilitazione popolare a difesa della sovranità nazionale contro
l’euro-dittatura
Il Comitato centrale di Programma 101
Roma, 10 giugno 2019
mercoledì 29 maggio 2019
LA NOSTRA LINEA IN SETTE PUNTI Cc di P101
[ mercoledì 29 maggio 2019]
Comunicato n. 6-2019 del Comitato centrale di P101
Alle porte di elezioni europee che l’élite eurocratica aveva trasformato in un referendum pro o contro la sua supremazia invitammo ad un voto contro l’Unione europea, augurandoci dunque la tenuta del governo giallo-verde. Mentre a livello europeo il variopinto blocco a guida eurocratica ha momentaneamente vinto, in Italia è stato nuovamente sconfitto, a conferma che quella della protesta affermatasi il 4 marzo 2018 è un’onda forte e lunga. L’Italia e la Gran Bretagna si confermano come le due temibili spine nel fianco all’eurocrazia, ed i paesi dove più profonda è la crisi dell’élite e del loro tradizionale sistema di comando bipolare.
Comunicato n. 6-2019 del Comitato centrale di P101
Il doppio risultato
Alle porte di elezioni europee che l’élite eurocratica aveva trasformato in un referendum pro o contro la sua supremazia invitammo ad un voto contro l’Unione europea, augurandoci dunque la tenuta del governo giallo-verde. Mentre a livello europeo il variopinto blocco a guida eurocratica ha momentaneamente vinto, in Italia è stato nuovamente sconfitto, a conferma che quella della protesta affermatasi il 4 marzo 2018 è un’onda forte e lunga. L’Italia e la Gran Bretagna si confermano come le due temibili spine nel fianco all’eurocrazia, ed i paesi dove più profonda è la crisi dell’élite e del loro tradizionale sistema di comando bipolare.
Alleanza giallo-verde a rischio
Quell’onda lunga ha sì confermato che il “campo populista” conserva un consenso maggioritario nel Paese ma ha prodotto un profondo ribaltamento dei rapporti di forza al suo interno: la Lega ha raddoppiato i suoi voti mentre i 5 stelle hanno subito un vero e proprio tracollo elettorale. Questo capovolgimento potrebbe avere conseguenze letali per il governo ove Salvini cercasse un nuovo assetto in seno al governo umiliando i 5 stelle. Per questo, mentre chiamavamo ad un voto di resistenza che sostenesse il governo giallo-verde, scongiuravamo uno sfondamento della Lega e un forte indebolimento dei pentastellati.
La prova del 9 di Salvini
E’ legittimo, dato il responso delle urne, mettere mano alla composizione del governo? Sì, lo è. Ma ciò può avvenire in due opposte maniere: a spese dei 5 stelle oppure a quelle del Cavallo di Troia dei poteri forti“, il partito di Mattarella” il quale, vale ricordarlo, non è solo la terza forza della coalizione ma quella che detiene l’ultima parola sulle decisioni che contano. Se la Lega vuole più potere in seno al Consiglio dei ministri, avocasse a sé i Ministeri chiave dell’Economia e degli Esteri. Se invece Salvini non attaccherà in quella direzione — ove ad esempio ponesse sul tavolo in modo ultimativo questioni come una flat tax a favore dei più ricchi o la sciagurata “autonomia differenziata” che approfondirebbe il solco già enorme tra Nord e Sud del Paese —, vorrà dire che avrà ceduto alle frazioni nordiste e anti-nazionali della Lega che hanno già deciso di rompere l’alleanza col M5s per andare ad elezioni anticipate. Soluzione gradita ai poteri forti che così vedono la possibilità di restaurare il sistema bipolare o delle “larghe intese”.
La partita decisiva dell’autunno
Ove Salvini chiedesse la sostituzione di Tria e Moavero vorrà dire non solo che la Lega è davvero nelle sue mani, che egli farà seguire alle parole — “non rispetteremo i vincoli di bilancio che la Ue vuole imporre, non torneremo a politiche austeritarie” — i fatti, sfidando così l’Unione europea in vista della prossima, fatale partita da cui molto dipende, quella della Legge di bilancio. L’augurio della Sinistra patriottica è dunque che il governo resti in sella, che la Lega non rompa il patto coi 5 stelle e non precipiti il Paese verso elezioni anticipate che sancirebbero, come spera l’élite eurocratica, la disintegrazione del “campo populista”.
Il tracollo dei 5 stelle
Vero è che le elezioni europee, più delle altre, sono contraddistinte da un’accentuata volatilità elettorale, che sono niente di più che un grande sondaggio. Tuttavia le dimensioni della sconfitta elettorale dei 5 stelle (sei milioni di voti persi in un anno) hanno messo in evidenza sia i suoi lampanti punti deboli che i suoi errori. Tra i punti deboli la sua effimera e aleatoria struttura d’organizzazione, e l’assenza di una netta identità ideologica. O si riforma come partito democratico di massa o il M5s sparirà come fugace figlio di una stagione di transizione. E se non vorrà sparire deve darsi una nuova e più combattiva direzione ed una spiccata identità politica . La sola che può scegliere, dato che il populismo reazionario salviniano occupa quasi tutto il lato destro dello spettro politico, mentre il vecchio “centro moderato” è presidiato dall’élite euro-liberale coi suoi ammennicoli libertari di sinistra, è quella di un deciso “populismo di sinistra” che sfidi entrambi per l’egemonia. Di Maio, con la sua furbizia trasformistica, è l’incarnazione stessa di questo vuoto identitario e ideologico. Egli (e chi lo ha piazzato come capo politico) ha sulle spalle gran parte della responsabilità del tracollo. Avendo un cuore che pulsa a destra Di Maio ha prima fatto enormi concessioni a Salvini, consentendogli di passare come il dominus del governo, poi, in campagna elettorale ha tentato di contrastarlo ma adottando un profilo moderato, europeista, anti-populista, gradito ai poteri forti e alla Confindustria. Al primo grave errore ha fatto dunque seguito il secondo, peggiore. V’è infine, per spiegare il tonfo, la discrepanza avvertita tra i settori colpiti dalla povertà tra le aspettative suscitate dal cosiddetto “Reddito di cittadinanza” e l’effettivo risultato: date le stringenti condizionalità reddituali per riceverlo (fissate per rispettare i parametri euro liberisti sul deficit pubblico) troppi non l’hanno ricevuto, moltissimi percependo un umiliante “assegno di povertà”. Un tonfo elettorale che il m5s ha infatti subito anzitutto nel Mezzogiorno, dove di fatto ha vinto il “partito dell’astensione” mentre solo un anno fa il Movimento aveva ottenuto consensi anche oltre il 50%.
L’avanzata precaria di Salvini
Non c’è quindi da stupirsi se Salvini ha stravinto il duello con Di Maio, ed ha stravinto non solo per la sua straordinaria abilità populista di parlare a milioni di italiani, ma perché ha raccolto una serie di istanze ideali, domande sociali e aspettative inevase, indirizzando la protesta e il desiderio di un cambiamento contro i poteri forti, tra cui anzitutto l’eurocrazia. No all’immigrazione di massa, sicurezza, stato forte, fine dell’austerità, lavoro, giustizia sociale, rispetto democratico della volontà dei cittadini, orgoglio nazionale. Da intelligente populista non ha solo fatto sue questa catena di disparate domande, le ha ordinate in una scala gerarchica, incardinandole a quella principale — quella del no all’immigrazione —, le ha quindi impastate con una forte identità di tradizionalismo cattolico. Ma la stessa onda che lo ha portato in alto può presto trascinarlo in basso. La gerarchia dei fattori che lo hanno portato alla vittoria non corrisponde infatti a quella di chi comanda davvero, che imporrà ben presto — lettera Commissione Ue in arrivo con minaccia di procedura d’infrazione su deficit e debito — la sua propria agenda, che al primo posto pone il rientro dell’Italia, già con la prossima Legge di bilancio, nei ranghi delle politiche austeritarie ed eurocratiche. La tregua tra Bruxelles e Roma siglata a dicembre aveva una scadenza ed è già finita. Vedremo presto se Salvini vorrà resistere ai diktat di Bruxelles e Francoforte o se cederà. Non potrà ubbidire a due padroni, rispettare al medesimo tempo le principali quanto contraddittorie domande sociali che ha raccolto ed i desiderata dell’eurocrazia.
La Sinistra Patriottica
La sinistra radicale esce nuovamente malconcia dalla prova elettorale. L’aggressiva quanto velleitaria politica anti-salviniana in nome dell’antifascismo, dell’immigrazionismo come atto di fede, del prima i diritti civili di piccole minoranze rispetto a quelli sociali delle masse popolari — quindi la sua prossimità ideologica con l’élite dominante liberal-liberista —, l’ha fatta precipitare ad un nuovo minimo storico di consensi. Potrà sopravvivere come satellite del Pd o come pulviscolo settario e autoreferenziale. A causa di questo disastro nel vecchio perimetro della sinistra radicale ed ex-rivoluzionaria prevale l’idea che quello attuale sia “il più nero periodo di sempre”. Una visione allucinata che indica quanto siderale sia la distanza non solo dalla grande maggioranza del popolo lavoratore ma dalla realtà effettuale. Non serve frustare un cavallo morto, chi vorrà vivere vivrà. Alla divisa Sinistra Patriottica, spetta unire le forze e mettere da parte vecchie incrostazioni, per costruire una nuova e solida casa dei rivoluzionari. La crisi sistemica è di lunga durata, ed aperta a sbocchi diversi e opposti. Proprio adesso i rivoluzionari debbono organizzarsi, prepararsi, non commettere errori tattici che potrebbero rivelarsi strategicamente fatali. Chi è minoranza oggi può diventare maggioranza domani. Siamo solo alla prima fase del “momento populista”, seguirà la seconda, quella in cui larghe e giovani masse entreranno finalmente in scena dando la spinta che serve al “populismo di sinistra” per sfidare e battere quello della nuova-vecchia destra.
Non c’è liberazione sociale senza liberazione nazionale!
Costruire il partito della sinistra patriottica!
Il Comitato centrale di Programma 101
Roma, 28 maggio 2019
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mercoledì 8 maggio 2019
UN VOTO CONTRO L'UNIONE EUROPEA Comitato centrale di P101
[ 8 maggio 2019 ]
Errata Corrige
Per errore della Redazione era stata pubblicata una versione inesatta del Comunicato
del Comitato centrale di P101. Quella che segue è quella giusta, approvata all'unanimità
dal Cc dopo discussione nelle sezioni locali. Ce ne scusiamo coi lettori, anzitutto con
coloro che avevano inviato dei commenti che si riferivano a passaggi che non ci sono
nella versione corretta.
Comunicato n.5-2019
Comitato centrale di P101
UN VOTO CONTRO L’UNIONE EUROPEA
Mettiamo subito una cosa in chiaro: fossero soltanto elezioni per il finto Parlamento europeo, come sinistra patriottica, faremmo appello all’astensione. Le elezioni europee sono infatti funzionali ai poteri forti europeisti i quali, con il rito elettorale, tentano di dare una parvenza di legittimità democratiche ad un’Unione che, al contrario, è oligarchica e antipopolare. A maggior ragione quella astensionista sarebbe la sola ragionevole e coerente posizione poiché non c’è una singola lista che sostenga la necessità dell’uscita dall’Unione, e che rivendichi, in vista del pieno ripristino della sovranità popolare, l’unità delle forze patriottiche in un nuovo Comitato di liberazione nazionale. Gli stessi due principali partiti, il Movimento 5 stelle e la Lega, dopo aver guadagnato ampi consensi sostenendo la prospettiva dell’uscita dall’euro, l’hanno abbandonata per abbracciare la favoletta altreuropeista, ingannando anch’essi i cittadini che l’Unione europea sarebbe riformabile.Errori, limiti e porcherie
A chi fa gioco?
Malgrado tutto ciò le élite eurocratiche, spalleggiate dai loro vessilliferi italioti, vogliono sbarazzarsi del “governo populista” prima possibile. Ecco perché le prossime elezioni europee vengono ad assumere un valore che va ben al di là della scelta di chi andrà o non andrà al parlamento di Strasburgo. Queste elezioni sono di fatto elezioni politiche anticipate. I poteri forti (economici, finanziari e bancari, nonché quelli istituzionali) vogliono far sì che il 26 maggio sia la loro vendetta dopo la batosta del 4 marzo 2018. Per la precisione stanno trasformando le elezioni in un referendum pro o contro l’inviso “governo populista”, pro o contro l’Unione europea. Per i poteri forti le elezioni del 26 maggio sono quindi una prova generale in vista della riconquista ad ogni costo di Palazzo Chigi, postazione indispensabile affinché, già con la prossima Legge di Bilancio, con il pretesto del debito, l’Italia sia riportata nei ranghi cioè rimessa in ginocchio. Per raggiungere questo risultato, lo schema del blocco dominante è semplice: tornare al bipolarismo centro-sinistra centro-destra, ciò che implica anzitutto colpire il M5S per far saltare il governo, quindi tentare di ricondurre all’ovile Salvini nuovamente alleato di Berlusconi.
La posizione della Sinistra patriottica
Stando così le cose, malgrado non troveremo sulla scheda alcuna lista della sinistra patriottica, e dato che dietro alle sorti del governo giallo-verde la vera posta in palio è se l’Italia manterrà o si lascerà sfuggire gli scampoli di sovranità nazionale, sarebbe un gravissimo errore assumere una posizione astensionista. Essa equivarrebbe ad una sostanziale collusione con il nemico principale, che resta il variopinto e dominante blocco euro-liberista. Una sconfitta nelle urne del governo giallo-verde (ed in particolare un serio arretramento dei Cinque Stelle) sarebbe quindi un disastro non solo per il popolo lavoratore ma per le stesse sorti della causa sovranista. Questo disastro va scongiurato. I patrioti con la testa sulle spalle il 26 maggio si recheranno dunque alle urne, votando per i candidati no euro presenti nelle liste del M5s. A chi invece intende votare per la destra leghista diciamo: non limitatevi ad esprimere un voto di lista ma date la preferenza ai candidati sovranisti che in questi anni si sono battuti non solo contro l’euro ma in difesa della Costituzione del 1948.
Ciò che non è consentito
Non si tratta affatto, allora, di “turarsi il naso” ed andare a votare controvoglia. Al contrario, data la posta in palio nessun atteggiamento di rassegnata sufficienza è consentito. Occorre contribuire fattivamente alla sconfitta del blocco euro-liberista, una sconfitta che darebbe slancio e coraggio a tutte le forze che nel futuro saranno schierate nel campo della resistenza popolare e patriottica contro l’inesorabile attacco che verrà dal blocco eurista dominante.
Il Comitato centrale di Programma 101
Roma, 7 maggio 2019
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