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martedì 28 agosto 2018

UNGHERIA: INCHIESTA SULLA ORBANOMICS di Leonid Bershidsky

[ 28 agosto 2018 ]

Oggi, a Milano, Matteo Salvini incontra l'ungherese Viktor Orban. Per i media di regime è un mezzo scandalo. Salvini ammira la politica economica del governo ungherese (non solo la flat tax) e vorrebbe applicarla in Italia. Ma in cosa questa davvero consiste? Quali risultati sociali, al netto della propaganda, ha davvero prodotto? Perché l'Unione europea tollera ed anzi lautamente finanzia l'esperimento ungherese malgrado violi i dogmi ordoliberisti? 
L'articolo che presentiamo ai lettori è tratto dal sito di Bloomberg, blasonata e potente multinazionale mediatica americana di fede liberista. Fatta questa premessa l'articolo-inchiesta spiega molte cose. Le ragioni della popolarità di Orban e, noi riteniamo, perché l'orbanomics sia un liberismo sui generis o temperato.

*  *  *
Il sogno di Donald Trump di battere la globalizzazione e sollevare la fortuna delle sue vittime funziona davvero? Con una terza vittoria elettorale schiacciante dal 2010, il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dimostrato che si può — almeno per un po'.

Orban è stato accusato di aver creato un governo autoritario, di aver messo su una macchina di propaganda in stile russo e fomentato più basici istinti xenofobi dei cittadini. Ma l'Ungheria rimane una democrazia funzionante, e il suo partito, Fidesz, deve il suo successo a una politica economica che accresce i salari e riduce la disoccupazione.


Ungheria: tasso di disoccupazione
Quando Orban prese il potere nel 2010, l'Ungheria era vicina al collasso. Il paese era impegnato in un programma di indebitamento in stile greco gestito dal Fondo Monetario Internazionale e dall'Unione Europea. Si è mosso in modo deciso per ripulire le finanze del paese, ridurre il deficit di bilancio dal 5,3% nel 2011 al 2,4% nel 2012 (era dell'1,9% l'anno scorso) e pagare i debiti all'UE e al FMI, riducendo la quota di debito in valuta estera. Per poterlo fare, Orban ha nazionalizzato i fondi pensione privati ​​dell'Ungheria e ha fatto irruzione nel loro deposito di contanti. Ha introdotto una tassa sul reddito pari al 15 percento (che ha migliorato notevolmente la raccolta) e aumentato l'imposta sul valore aggiunto al 27 percento, il tasso più alto nell'UE. Ha imposto tasse speciali sui settori dominati da società di proprietà straniera — energia, servizi pubblici, finanza, telecomunicazioni, vendita al dettaglio e media — tassando entrate e attività, non profitti, per rendere l'ottimizzazione non fattibile. E ha rinazionalizzato alcune aziende chiave per venderle agli investitori ungheresi, spesso ai suoi amici e alleati.

Presso il caffè nel Castello di Buda a Budapest, Laszlo Gyorgy, il capo economista del Szazadveg Economic Research Institute (il principale think tank economico del governo ungherese), ci ha descritto la politica economica ungherese. Egli ha smesso di flirtare con quello che l'economista americano e segretario del lavoro di Bill Clinton, Robert Reich, soprannominò "supercapitalismo". Quel sistema è dominato da società globali la cui ricerca di costi inferiori ha portato alla caduta dei salari per aumenti di produttività. L'Ungheria, sostiene Gyorgy, aveva perso un terzo dei suoi posti di lavoro durante la transizione postcomunista, rispetto al 20% della Polonia e al 10% della Repubblica ceca. Tra il 1995 e il 2010, precisa, la quota dei salari nella produzione economica dell'Ungheria  scese dal 52 al 44%. Allo stesso tempo, le industrie chiave erano dominate da imprese straniere che esercitavano il potere oligopolistico e pagavano molto meno tasse delle imprese ungheresi: il settore farmaceutico, ad esempio, aveva un'aliquota fiscale effettiva del 18% nel 2010, mentre la media impresa locale di medie dimensioni pagava il 52 percento.

Nel racconto di Gyorgy, il governo Orban si è semplicemente impegnato a riparare l'ingiustizia. Il taglio delle imposte sul reddito e le generose agevolazioni fiscali per le famiglie con due o più figli, finanziati dalle speciali imposte settoriali (hanno prodotto l'1,5% del PIL l'anno scorso) e la riduzione degli interessi sul debito estero hanno aumentato il salario reale netto del 36% tra 2010 e 2017. L'economia, nello stesso periodo, è cresciuta del 16 percento in termini real. Il governo ha anche speso introiti supplementari per generose prestazioni sociali come libri scolastici gratuiti e mense. Secondo Gyorgy, l'Ungheria, dal 201, ha ridistribuito il 3% del PIL annuale dai proprietari di capitali ai salariati
Crescita trimestrale annua delle retribuzioni

Aiutato da un ciclo economico favorevole e da un massiccio programma di lavori pubblici che ha dato lavoro a molti disoccupati di lungo periodo nelle zone rurali povere ungheresi, la disoccupazione è diminuita più rapidamente che in altri paesi dell'Europa orientale. Il governo Orban vanta di aver creato, dal 2010, 750.000 posti di lavoro, e promette di crearne un milione in 10 anni. In un paese di 10 milioni, c'è poco da fare spallucce.

Quando ho chiesto a Gyorgy se vedeva una contraddizione tra una tale politica di sinistra, redistributiva e la posizione politica risolutamente di destra di Orban, ha protestato. "Non è una politica di sinistra, è un'impostazione di bilanciamento", ha detto. "Non vogliamo dare soldi ai poveri incondizionatamente, vogliamo creare un equilibrio tra capitale e salari per dare alle persone uno stipendio decente e consentire loro di consumare di più".

Essenzialmente, Orban ha fatto quello che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha promesso di fare — alleviare gli effetti della globalizzazione sui suoi perdenti, in primo luogo i lavoratori a basso salario. Lo hanno ripagato con i loro voti nelle regioni più povere della nazione. Ma la lucida storia economica del governo si affievolisce leggermente quando la si considera il quadro più ampio.

Attila Chikan, ora professore all'Università Corvinus di Budapest e membro di numerosi consigli di amministrazione delle migliori compagnie ungheresi, è stato ministro dell'economia nel primo governo di Orban, alla fine degli anni '90. Mi ha detto che non avrebbe più lavorato per Orban: le loro opinioni economiche sono state radicalmente divergenti, e l'ex ministro ha denunciato la redistribuzione dei beni agli amici di Orban come corrotta.

Chikan sottolinea che le vittorie fiscali di Orban, che lo hanno aiutato a compensare la sua reputazione di pecora nera con i funzionari dell'Unione Europea, hanno avuto un prezzo. Grazie al raid di Orban sul sistema pensionistico, non è chiaro se i cinquantenni di oggi riceveranno una pensione per non parlare di se e quando andranno in pensione. "Orban ha raggiunto il suo equilibrio a spese dell'educazione e dell'assistenza sanitaria", ha detto Chikan. "Il budget dell'istruzione superiore di oggi è la metà di quello che era 10 anni fa".

Per quanto riguarda i posti di lavoro creati, Chikan ritiene che i numeri del governo siano gonfiati. Secondo Gyorgy, circa 100.000 dei 750.000 posti di lavoro in più provengono dal programma di lavori pubblici, ma le persone lavorano molto meno che a tempo pieno, andando a lavorare solo quando le loro comunità inventano qualcosa da fare per loro. "Se lavori un giorno al mese, ciò non dovrebbe essere considerato lavoro, ma in Ungheria lo si fa", dice Chikan. Inoltre, il numero 750.000 comprende circa 70.000 posti di lavoro all'estero di ungheresi il cui indirizzo è però registrato in Ungheria: lavoratori stagionali e pendolari transfrontalieri. L'orbanomics non ha nulla a che fare con la fornitura di quel tipo di lavoro.

Gli ungheresi non sono mai stati così mobili come i polacchi o i cittadini degli stati baltici, milioni dei quali sono andati a lavorare nel Regno Unito, in Germania e in altri paesi dell'Europa occidentale. Ma l'Ungheria, dice Chikan, ha perso, negli anni di Orban, da 400.000 a 500.000 persone verso l'emigrazione. In gran parte, si tratta di persone istruite e avventurose esodate dal paese sia perun senso soffocante di opportunità mancate sia da considerazioni economiche. Non vengono sostituiti: gli ungheresi della Romania, che negli anni '90 sono venuti in gran numero per cercare lavoro, hanno poche ragioni economiche per venire oggi. La Romania è cresciuta del 6,8% l'anno scorso, rispetto al 4% dell'Ungheria. In effetti, anche la Repubblica Ceca e la Polonia sono cresciute più velocemente rispetto all'Ungheria lo scorso anno. La Repubblica ceca lo ha fatto da una base più alta: è più ricco dell'Ungheria in termini di PIL pro capite.

I paesi dell'Europa orientale non solo sono stati dinamici quanto l'Ungheria (o anche più), ma hanno anche tenuto il passo con la crescita dei salari (l'Ungheria è stata notevolmente più veloce solo nel 2017), il tutto senza le politiche non ortodosse di "bilanciamento" di Orban.

Per di più i vicini dell'Ungheria, su base pro-capite, ricevono meno fondi dall'UE. L'esperienza politica di Orban e la sua conoscenza delle leve dell'UE sono evidenti dalla sua capacità di ottenere circa il 4% del valore del PIL del finanziamento annuale, nonostante egli stia combattendo apertamente contro quella che considera una violazione guidata da Bruxelles della sovranità dell'Ungheria. "Che tipo di indipendenza è se è finanziata dall'UE?", si chiede Chikan.
Gli investimenti netti procapite di fondi Ue nel 2016

Gli alleati di Orban vedono i fondi UE come compensazione per l'apertura del mercato ungherese alle imprese dell'Europa occidentale che facilmente hanno superato quelle locali negli anni '90 e '2000. Ma ciò non significa che l'Ungheria abbia automaticamente il diritto di continuare a riceverlo poiché cerca di cancellare i vantaggi competitivi delle multinazionali attraverso vari mezzi. Gli economisti che ho incontrato questa settimana a Budapes tutti mi hanno detto che l'Ungheria può continuare a crescere dal 3 al 4 per cento all'anno — il tasso normale per le economie della regione — solo se i fondi Ue continuano ad essere erogati. "In effetti, l'UE sta mantenendo Orban al potere", mi ha detto Viktor Zsiday, gestore di fondi di investimento e blogger economico.

Forse non è nemmeno un paradosso come sembra. L'Europa potrebbe essere saggia nel finanziare gli esperimenti di Orban e di altri governi nazionalisti, come quello in Polonia, solo per vedere come i loro risultati reggono accanto alle politiche più ortodosse [ordoliberiste, Ndr] dei paesi limitrofi. Finché i nazionalisti non si impegneranno in una cattiva e grossolana gestione macroeconomica e fiscale — e con Orban, questo non è mai stato un pericolo — è utile guardare a modelli diversi piuttosto che impiccarsi a quelli immaginati dagli accademici. L'Europa, con i suoi diversi governi, offre un'opportunità unica per la competizione politica e il confronto. L'esperienza di Orban è rilevante anche per gli Stati Uniti di Trump: alcuni dei suoi metodi potrebbero funzionare solo se i repubblicani hanno il coraggio di provarli.

* Fonte: Bloomberg.com del 13 aprile 2018
** Traduzione a cura di SOLLEVAZIONE

lunedì 25 giugno 2018

VIKTOR ORBÁN, IL REAZIONARIO

[ 25 giugno 2018 ]

Ci siamo occupati a varie riprese di Viktor Orbán ( QUI, QUI, QUI, QUI)

Forte della schiacciante maggioranza ottenuta alle ultime elezioni il Nostro ha dunque fatto facilmente passare la riforma della costituzione ungherese. L'emendamento, approvato con 160 sì (anche quello dell'estrema destra di Jobbik) e 18 voti contrari recita che «collocare cittadini stranieri sul territorio del paese è vietato, salva l’autorizzazione del Parlamento». A gennaio sempre Orban aveva fatto introdurre dal Parlamento anche una legge che punisce con un anno di carcere chi aiuta gli immigrati illegali. 

La modifica della Costituzione riguarda anche altri aspetti. Viene sancito "l'obbligo di difendere la cristianità"; vengono istituti Tribunali amministrativi speciali con giudici di nomina governativa (il che evidentemente  pone la magistratura sotto tutela del regime).
Questa sterzata reazionaria si aggiunge al pacchetto legislativo del marzo 2013, che contemplava:
1- la limitazione delle prerogative della Corte costituzionale.
2-La libertà di espressione e di opinione potrà essere limitata se ferisce una non meglio definita "dignità della nazione ungherese".
3. Gli studenti saranno obbligati, dopo la laurea, a restare in Ungheria per un periodo almeno lungo come il corso di laurea, e in alcuni casi fino a dieci anni, e sarà loro vietato di cercare lavoro all'estero. Se violeranno tale norma dovranno ripagare le spese degli studi superiori.
4. I senzatetto non potranno trattenersi e dormire in spazio pubblico, se lo fanno saranno punibili dal diritto penale.
5. Dibattiti elettorali saranno vietati su radio e tv private, le ultime indipendenti e già combattute dal regime con taglio di frequenze e pressing per brutali tagli della pubblicità.
6. Coppie non sposate, senza figli o omosessuali non potranno avere la definizione di famiglia, e non avranno gli stessi diritti e agevolazioni della famiglia eterosessuale ufficialmente sposata e con figli.
7. Il vecchio partito comunista è definito organizzazione criminale. Processi politici contro oppositori sono dunque teoricamente possibili con pretesti costituzionali.


Abbiamo già detto che non piangiamo una lacrima per Soros e la sua congrega, ma non si dica che quello di Viktor Orbán non è, populismo o non populismo, un governo della destra reazionaria. Lo è, e come. Ed è la manifestazione di una generale e potente svolta a destra che si manifesta dappertutto, in primis, in Europa dell'Est.

Chiedete alla Merkel perché esso fa parte del partito Popolare europeo, ovvero la tribù che ha covato e allevato Viktor Orbán. Le élite europeiste ora strillano contro la modifica della Costituzione ungherese e fanno appello al fatto che... il diritto internazionale ed europeo deve prevalere su quella nazionale.

Dio ce ne scampi e liberi! Non è la rivendicazione alla sovranità popolare che va condannata, ma la sua torsione nazionalista e reazionaria.



lunedì 9 aprile 2018

NÉ SOROS NÉ VIKTOR ORBAN

[ 9 aprile 2018 ]


Con un'affluenza alle urne senza precedenti Fidesz (Unione Civica Ungherese) il partito di Viktor Orban ha stravinto le elezioni in Ungheria.

Matteo Salvini, come da copione è stato tra i primi ad esultare:
«L'Ungheria ha votato con il cuore e con la testa, ignorando le minacce di Bruxelles e i miliardi di Soros. Buon lavoro presidente Orbán, spero di incontrarla presto da Presidente del Consiglio italiano». 
Con Salvini esultano tutti i populismi destrorsi e xenofobi d'Europa. 
Noi non esultiamo adesso come non esultammo nel 2014, quando ricordammo chi sia in verità Viktor Orban.

Due le ragioni principali della vittoria dell'astuto Orban. La prima è segnalata da certi suoi paladini italiani :
«La sua campagna elettorale è stata incentrata in particolar modo sul contrasto all'immigrazione illegale, con gli attacchi a Soros e alle organizzazioni da lui finanziate, accusati di promuovere l'invasione musulmana e africana di massa in Europa per minarne l'identità cristiana».
Il voto ungherese conferma quindi che le destre nazional-liberiste hanno il vento in poppa, e lo hanno perché incontrano pulsioni xenofobe che vanno crescendo in seno ai popoli europei.

La seconda ragione, non meno importante forse, è la resistenza che Orban è andato opponendo ai diktat dell'Unione europea, che hanno fatto del Nostro un campione del "sovranismo ungherese". Un "sovranismo" che va crescendo dappertutto come reazione allo strapotere e all'arroganza delle élite neoliberiste e mondialiste —malgrado sia un sovranismo alquanto farlocco, visto che l'Ungheria, al netto della flat tax (che avvantaggia anzitutto le multinazionali straniere) non solo sta nell'Unione del mercato unico, ma ne rispetta i fondamentali parametri ordoliberisti.

Con Fidesz  vicino al 50% dei voti e Jobbik sul 20%, le sinistre ungheresi, con alla testa i socialisti, sono al minimo storico. Se la sono voluta. Non solo essi si atteggiano a corifei dell'Unione europea, non nascondono di essere delle marionette del finanziere miliardario e globalista G. Soros, nemico giurato di Orban.

Anche dall'Ungheria ci giungono quindi una conferma ed una lezione. La conferma è quella del tramonto inesorabile delle sinistre globaliste e cosmpolitiche. La lezione è che una sinistra nuova potrà rinascere solo se, tagliato il cordone ombelicale con quella vecchia, fermi restando i valori della eguaglianza sociale e della emancipazione dal capitalismo, metterà la questione dell'indipendenza nazionale al centro della sua battaglia.





lunedì 3 ottobre 2016

Bollettino Medico n.1 - DISUNIONE EUROPEA: se Viktor Orbàn non si piega…

[ 3 ottobre ]

A partire da questa prima settimana di ottobre diamo forma ad una nuova rubrica, anzi ad un vero e proprio Bollettino Medico sullo stato di salute dell’Unione Europea. Il Bollettino uscirà ogni lunedì.

Budapest. Nella foto un recente corteo dei neofascisti di Jobbik.

I corifei dell’Unione europea, come spesso accade, se la cantano e se la suonano.

E’ il caso dell’editorialista Franco Venturini che sul Corriere della Sera di oggi, a commento del referendum ungherese, chiosa:

«Orbàn voleva dare uno schiaffo all’Europa, ma gli unghersi hanno dato uno schiaffo a lui: il referendum sui rifugiati non ha raggiunto ieri il 50% di partecipazione, e dunque non è valido. (…) Il nazional-populismo del Premier e il suo rifiuto di accogliere 1.300 migranti come richiesto dal piano di Bruxelles escono dalle urne con un clamoroso occhio nero al posto del trionfo che Orbàn si aspettava».
Qui di clamoroso c’è solo la faccia tosta di Venturini. È vero che ha votato poco meno del 50% ma i No al piano di distribuzione dei richiedenti asilo ha ottenuto praticamente il cento per cento. Un simile risultato, checché ne dicano certi araldi mitomani dell’europeismo a prescindere, rafforza Orbàn ed è una sonora legnata per la cricca di Bruxelles. Gli euristi, in cuor loro, lo sanno molto bene, tant’è che ora tremano all’idea che l’esempio del referendum ungherese possa essere imitato, quantomeno dagli altri paesi del Gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia).

Non abbiamo alcuna simpatia per il nazional-liberista Orbàn (Venturini ci consentirà questa precisazione), siamo anzi ai suoi antipodi, ma che la piccola Ungheria non si sia piegata agli ordini degli oligarchi di Bruxelles e del gigante tedesco, è un segno dei tempi, ovvero, come andiamo dicendo e come la Brexit ha confermato, che la tendenza oggettiva dominante è alla disgregazione della Ue e, di converso degli stati nazionali a riprendersi le loro sovranità.

Questa avanzata delle spinte alla sovranità nazionale è confermata, semmai ce ne fosse stato bisogno, dalla disobbedienza al piano di distribuzione degli emigranti. E c’è poco da prendersela con Orbàn, se si considera che più di 160mila emigranti sono bloccati da un anno in Italia e Grecia e poco più di 5 mila sono stati riallocati dai paesi Ue. Nessuno stato Ue rispetta questo piano, nessuno, anche quelli in cui non ci sono “populisti” al governo.

La verità è che gli accordi di Schengen sono morti e sepolti, che i “muri” contro cui tanto si urla sono alzati dappertutto, a cominciare da governi che giurano sul loro “europeismo”, muri che sbarrano il passaggio agli esseri umani, non certo a merci e capitali. Muri che, rebus sic stantibus, non ricadranno tanto facilmente.

giovedì 17 settembre 2015

MIGRANTI: ORBAN È UN INFAME, I VENDOLIANI SONO RIDICOLI

[ 17 settembre ]

COME SOSTITUIRE IL BECERO NAZIONALISMO CON IL SUPER-NAZIONALISMO DI MARCA EURO-IMPERIALE


Nell'immagine accanto un fotogramma che non immortala un anarchico greco, o un antagonista italiano che protesta contro il neoliberismo.
Si tratta di un migrante che tira sassi contro la polizia ungherese che non gli consente di raggiungere l'agognato "paradiso" tedesco.
Forse si tratta di un afghano, e ammiriamo la sua combattività, che tuttavia preferiremmo fosse scagliata contro le truppe imperialiste che dall'ottobre 2001 occupano e martoriano il suo paese —le operazioni hanno preso il via 13 anni fa e sono costate 21mila morti tra i civili, 13 mila tra le forze armate fantoccio afghane, 35oo tra le truppe NATO-ISAF occupanti, non è noto il numero dei combattenti della resistenza uccisi e feriti.

Drammatiche le notizie che giungono dal confine tra Serbia e Ungheria:
«Almeno 300 persone sono rimaste ferite oggi negli scontri al confine tra Serbia e Ungheria di Horgos. Secondo fonti mediche la metà ha riportato conseguenze per il lancio dei lacrimogeni mentre un’altra metà ha riportato ferite da taglio. Tra i feriti anche 20 poliziotti ungheresi. E sono 316 finora i migranti arrestati dalla polizia dopo l’entrata in vigore ieri delle nuove norme più restrittive in fatto di immigrazione. Gli incidenti scoppiati a Horgos sono avvenuti davanti al muro al confine con la Serbia. Gruppi di migranti esasperati hanno cercato di abbattere il filo spinato e hanno lanciato pietre contro i poliziotti. Dura la reazione delle forze di sicurezza, con lancio di lacrimogeni e intervento dei cannoni ad acqua. In un clima di grande tensione, i migranti hanno lanciato coperte sul filo spinato cercando poi di abbatterlo tirandole. La polizia ha rafforzato il presidio indossando tenute antisommossa». [LA STAMPA del 16 settembre]
Non ci vuole molto a capire che l'atteggiamento aggressivo deciso dal governo ungherese di Viktor Orban è infame, dettato solo dall'esigenza di inseguire sul suo terreno l'avanzante estrema-destra xenofoba e nazistoide di Jobbik, e quindi dall'impellenza di tenere in piedi il suo regime.


Al posto di frontiera di Horgos, tra Serbia e Ungheria
Perché lo diciamo? Eccolo il perché:
«Quasi nessuno dei migranti intende farsi registrare in Ungheria né tantomeno chiedere asilo, avendo tutti l’obiettivo di proseguire verso la Germania e gli altri Paesi del Nord Europa. La polizia ha reso noto che i profughi che hanno presentato domanda di asilo sono stati finora solo 70 e 40 domande sono state già respinte. Dall’inizio dell’anno sono stati circa 200.000 i profughi e migranti che hanno attraversato il Paese in marcia lungo la rotta balcanica. Le autorità di Belgrado stanno cercando di contattare i responsabili ungheresi per convincerli a sbloccare il confine e lasciar passare i profughi». [LA STAMPA, ibidem]
Se questi migranti vogliono andare nel "paradiso tedesco" ad occupare il ruolo di moderno schiavo, se ne sono stati fatti passare già circa 200mila, perché non continuare a farli passare invece di fare tutto questo casino? Perché l'Ungheria non continua a fare come Turchia, Grecia [la quale, lo diciamo ai tanti pietisti di sinistra ultras di Tsipras, non "accoglie" appunto, perché semplicemente impossibile, ma fa transitare i migranti], Macedonia e Serbia?
Orban preferisce fare dei migranti un casus belli piuttosto che passare la patata bollente a Berlino. E questo, appunto, la dice lunga sulle reali finalità politiche di Orban.

Di lato a questo spettacolo indecoroso —anche dal lato dei migranti beninteso, che da giorni innalzano cartelli furbetti inneggianti alla Merkel— ne dobbiamo segnalare un'altro a dir poco patetico, quello dei deputati di Sinistra e Libertà (Sel), che questa mattina hanno inscenato in Parlamento una protesta contro il governo ungherese.

Fosse solo questo, nulla da eccepire.

Il fatto è che i deputati di Sel han chiesto ufficialmente l'espulsione dell'Ungheria dall'Unione europea. 

Questa è davvero bella! Anzi bruttissima.

Non ci stupisce oramai che i sellini si atteggino a paladini di quest'Unione indifendibile, ci indigna che chiedano l'espulsione dell'Ungheria perché non rispetterebbe i Trattati mentre, solo due mesi fa, nel contesto della tragedia greca, urlarono a squarciagola contro il governo tedesco, e Wolfgang Schäuble in particolare quando, proprio con l'accusa di violare gli stessi Trattati, veniva proposto di cacciare Atene dalla zona euro.

I sellini bollarono la proposta tedesca di far tornare la Grecia alla sua moneta nazionale come "inaudita" e "intollerabile", "un'offesa distruttiva allo spirito europeista!". E' nota la posizione eurista di Sel per cui ogni ritorno alla sovranità monetaria è respinta in linea di principio come "rigurgito nazionalista".

Anche volendo sorvolare sul fatto che lo stesso loro compagno di viaggio Stefano Fassina sosteneva che la proposta di Schäuble "era meglio della resa di Tsipras", l'appello di Sel è patetico. 

Proprio loro, loro che auspicano la dissoluzione di tutti gli Stati-nazione, che vogliono abbattere tutte le frontiere ed ogni muro (tra cui appunto quello fatto costruire da Orban ai confini con la Serbia); proprio loro che non perdono occasione per distinguere i popoli dai loro governanti del momento; proprio loro propongono ora di erigere un muro per sigillare gli ungheresi ripristinando i posto di frontiera tra l'Ungheria e la Unione europea.

La madre degli imbecilli è sempre gravida, si dirà. Ed è vero, poiché se davvero la Ue facesse quel che sostiene Sel, non solo si farebbe di Orban un eroe nazionale, ma si sarebbe costruito il più spettacolare precedente, non della dissoluzione delle nazioni ma, al contrario, della gabbia dell'Unione.

Lasciando da parte le mamme ignare degli atti dei propri figli, si vede qui fino a che punto possono condurre: (1) la difesa incondizionata della "patria" europea (al nazionalismo si sostituisce un super-nazionalismo imperiale) e (2) la posizione pietista e insostenibile dell' "accogliamo tutti".

mercoledì 9 aprile 2014

UNGHERIA: CHI È DAVVERO VIKTOR ORBAN?

9 aprile. Fidezs (Unione Civica Ungherese) ha vinto le elezioni in Ungheria. Una vittoria campale del premier uscente Viktor Orban. Il suo partito Fidezs, grazie ad una legge elettorale sfacciatamente maggioritaria con il 47% dei voti a ha conquistato i due terzi dei seggi, per l'esattezza 134 seggi su 199. Trentanove vanno all'opposizione del centro-sinistra eurista e 26 ai nazistoidi xenofobi di Jobbik. L'affluenza alle urne è stata del 59,74%, quasi 5 punti in meno del 2010. Nella precedente Dieta  che contava 386 seggi, Fidesz aveva 226 parlamentari (cui si aggiungevano i 37 dei cristiano democratici loro alleati), i socialisti 48 e Jobbik 43.

Viktor Orban, il calvinista, sarà quindi confermato primo ministro, per la terza volta. I centri oligarchici europei non nascondono il loro disappunto. Questi ultimi, spalleggiati dal Fondo monetario internazionale, hanno gridato allo scandalo per le recenti scelte di politica economica del governo di Orban, anzitutto il rifiuto di adottare l'euro come valuta e la decisione di porre la banca centrale ungherese sotto il controllo del governo. Due scelte sagge che urtano i liberisti.

Questo spiega perché, in certi ambienti anti-euro italiani, anche in quelli di matrice democratica, si sia alzato un coro di apprezzamenti verso Fidezs e il governo ungherese. Noi riteniamo che un simile atteggiamento di empatia sia pericoloso e ingiustificato. Tanto più perché certi superficiali apprezzamenti ridanno fiato alle trombette di quelli che... è finita la dicotomia destra-sinistra.
Non sarà quindi superfluo fare una ripassatina di storia.

Orban, dopo che giovanissimo aveva fatto parte della Gioventù comunista, nel 1989 va a studiare a Oxford grazie ad una borsa di studio della fondazione Soros. Nel 1992 è già leader di Fidezs, che in questo momento fa parte dell'internazionale liberale.

Il primo governo di Fidezs, dopo la vittoria elettorale del 1998, si distinse per le sue misure ultraliberiste: privatizzazioni, abbattimento del disavanzo con tagli alla spesa pubblica, norme sulla flessibilità del mercato del lavoro, politiche di deflazione salariale. Misure antipopolari che incoraggiarono i capitali stranieri, anzitutto tedeschi, a colonizzare di fatto il paese.

Nel 1999 (erano i tempi dell'aggressione NATO alla Iugoslavia) il governo di Orban fa entrare l'Ungheria nella NATO.

Nell'anno 2000 il partito, che nel frattempo aveva assorbito altre formazioni di centro-destra, nella prospettiva di sostenere l'ingresso dell'Ungheria nella Unione europea, entra nel Partito popolare europeo.

Nel 2001 il governo Orban aderisce alla richiesta di Bush e fa partecipare l'Ungheria alla forze ISAF di occupazione dell'Afghanistn e poco dopo viene premiato da due famigerate fondazioni atlantiste, la New atlantic initiative e l' American enterprise institute.


Tornato di nuovo al governo nel 2010 Orban fa muovere il suo governo in due direzioni, non opposte ma complementari: da una parte inverte la rotta rispetto alle politiche liberiste chieste dagli oligarchi europei e dal FMI (controllo pubblico della banca centrale, svalutazione della valuta nazionale, alcune rinazionalizzazioni come quelle dei fondi pensione, rifiuto di entrare nell'eurozona); dall'altra procede, grazie alla maggioranza assoluta verso una modifica antidemocratica della legge elettorale e della Costituzione. Per quanto riguarda la legge elettorale viene abolito ogni criterio proporzionale tra voti ottenuti e seggi, e introdotto un sistema uninominale secco per cui chi arriva primo in un collegio conquista il seggio. Per di più i collegi vengono ridisegnati in una maniera totalmente arbitraria ovvero penalizzando le opposizioni (anche Jobbik votò contro).

Per quanto riguarda la nuova Costituzione, che Fidezs si approvò da sola, salta agli occhi il suo carattere reazionario. Nel famigerato Preambolo esplicito il riferimento nazionalista alla "Grande Ungheria": si rivendicano infatti le parti del territorio magiaro che alla fine della prima guerra mondiale vennero assegnati a Romania, Austria, Romania, Slovacchia e Iugoslavia. 

Nel Preambolo, inoltre, sparisce la dizione "Repubblica",  ed scritto che viene "onorata la sacra la corona di re Stefano che da più di mille anni rappresenta l'unità della nazione" e si fa riferimento al cristianesimo come elemento fondante della nazione. Viene inoltre ribadito che il matrimonio è solo quello tra un uomo e una donna e si sostiene che "la vita del feto va protetta fin dal suo concepimento".

Non meno grave l'abolizione del potere di veto della Corte costituzionale, ridotta a protesi del governo e la limitazione del potere giudiziario. Viene creata, inoltre, la norma secondo cui, se il parlamento non è in grado di approvare una legge finanziaria entro il 31 marzo di ogni anno, il presidente della Repubblica (per i prossimi anni Pál Schmitt, proprio del Fidesz) lo può sciogliere e indire nuove elezioni. 

Ciliegina sulla torta, nel dicembre 2010, il governo di Orban varò una nuova legge-bavaglio sui media che li pose de facto sotto il rigido controllo del governo.

Il giudizio su Fidezs e il suo leader Orban, che hanno governato l'Ungheria per almeno due legislature dopo la fine del "socialismo reale", per essere obiettivo, dev'essere quindi dato tenendo conto dell'esperienza e dei diversi fattori politici. Seguita questa pista non sarà difficile affermare che Fidezs sia una formazione politica di destra classica al servizio delle classi capitalistiche. 

Le destre, è vero, si dividono in due campi, quelle stataliste-nazionaliste e quelle globaliste-liberiste, è vero che Fidezs non può essere incasellata nell'uno o nell'altro campo, ma questo perché nel suo Dna ha geni di entrambi.






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