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venerdì 23 giugno 2017

DOVE VA EUROSTOP di Programma 101

[ 23 giugno 2017 ]

Il 1 luglio Eurostop svolgerà la sua "assemblea costituente". Da coordinamento di organismi politici e sindacali prova a diventare un vero e proprio movimento politico unitario.
Pubblichiamo il documento con cui Programma 101, spiega perché non aderisce al nuovo soggetto politico.




Perché i nostri compagni non confluiranno in Eurostop

«Cari compagni di Eurostop,

ci sembra doveroso, alle porte dell’assemblea costituente del 1 luglio che sancirà la nascita di Eurostop come nuovo movimento politico, spiegarvi perché non ne faremo parte.

Il nostro non è un commiato, al contrario. Nelle forme che insieme dovremo concordare ci auguriamo di conservare con il nuovo movimento politico, ai livelli locali ed a quello nazionale, relazioni fraterne e di mutua collaborazione, a partire dalla battaglia per riconsegnare al nostro Paese e al suo popolo la loro sovranità costituzionale, quindi per l’uscita dall’Unione europea.

Le ragioni che ci impediscono di confluire nel nuovo Eurostop sono di natura politica e programmatica, ma c’è un dissenso sul metodo sin qui seguito su cui vogliamo spendere due parole.


Riguardo al metodo

Sappiamo bene che è difficile trovare punti di alti di consenso programmatico e assetti organizzativi inclusivi viste le numerose soggettività politiche che diedero vita al coordinamento  Eurostop. Il gruppo dirigente ristretto raccolto attorno a Giorgio Cremaschi non c’è riuscito. Si poteva fare molto meglio. Un gruppo che si trova alla guida di un coordinamento tra più organizzazioni, alle quali si chiede infine di cedere quote di sovranità da devolvere ad un unico e nuovo movimento politico — passaggio simboleggiato dalla norma dell’adesione individuale in stile SYRIZA— , deve dimostrare non solo di maneggiare pensieri complessi e dimostrare saggezza politica, deve considerare tutte le voci, tanto più quelle critiche, rifuggire da ogni spirito burocratico. Ciò non è accaduto. 


Le nostre proposte —sulla “identità” e la forma del soggetto nascente, sulle alleanze, sul programma di fase per un largo blocco sociale anti-liberista e anti-oligarchico— non sono state accolte e, quel che è peggio, non sono state nemmeno prese in considerazione. Nessuna risposta, nessun commento, niente di niente — ci riferiamo in particolare, oltre ai tanti interventi, orali e via mail, alle note sul programma di Leonardo Mazzi del 19 aprile ed alla Lettera aperta di Moreno Pasquinelli del 13 maggio. Neanche altri contributi, non meno argomentati dei nostri, hanno ricevuto una risposta. A questo punto è per noi del tutto irrilevante se ciò sia dipeso da noncuranza teorica o da spocchia burocratica. In tutti e due i casi questo metodo è sbagliato e non c’è traccia di correzioni in vista.

Ma veniamo al merito politico e programmatico.

Cominciamo dalla “identità”

Se la “identità” tratteggia i fattori che distinguono un soggetto da un altro e ne consentono dunque l’individuazione, quella che risulta dalla Carta è riassumibile nella prima riga e mezzo del testo, dove si legge: “La piattaforma sociale Eurostop è un movimento sociale e politico anticapitalista, antifascista, antipatriarcale ed antirazzista”. Il resto della Carta, al netto di un conflittismo d’antan, è tutta un’ascesa nell’empireo dei cosiddetti “valori”, che tanto vanno di moda nella sinistra radical-chic.

Che ne viene fuori? Che ci si congeda dalla tradizione antica del movimento operaio ma per riciclare molta paccottiglia della nuova sinistra post-moderna, con tratti di sindacalismo sociale e contestuale sottostima della centralità del Politico. Una “identità” che si pensa forte ma non lo è. Il fatto è che quei cinque aggettivi “identitari” sono al contempo troppo e troppo poco. Troppo per un fronte sociale che voglia oggigiorno diventare di massa, troppo poco per un’entità che pretende di raccogliere l’eredità del vecchio movimento operaio.


Vorremmo sbagliarci ma il salto in avanti di Eurostop a noi sembra piuttosto un passo indietro, una ROSS@ 2.0, che immagina Eurostop non come leva per un fronte di massa, ma come strumento per anzitutto strappare egemonia nel recinto della sinistra antagonista, e che quindi in quel camposanto resta imprigionato. C’è tuttavia un’aggravante: il socialismo, che prima era elemento identitario e stava nell’acronimo, scompare come fine e viene buttato lì accidentalmente, con imperdonabile superficialità.
A ben vedere era meglio non cadere nell’equivoco della “identità”, lasciarla alle singole organizzazioni, che ognuna ha la sua propria, e fare della Piattaforma programmatica di fase la vera e propria carta d’identità.

E qui siamo ad alcuni punti dolens.

Cos’è un Piattaforma? 

Tre cose in una. (1) Una leva per mobilitare larghe masse e configurare un blocco sociale maggioritario; (2) un disegno che descrive il tipo di società e di Paese una volta usciti dall’attuale marasma neoliberista, non quindi nell’al di là; (3) infine, certo, un ponte verso il fine strategico del socialismo —se non è questo quale?

Il Documento inviato il 13 giugno dal titolo “Eurostop punti di programma”, in barba ai contributi circolati, fallisce tutti e tre gli obiettivi. La commissione che avrebbe dovuto trovare la quadra, oltre a snobbare molte delle proposte giunte, ha licenziato un Documento smorto, sintatticamente pasticciato (frutto di un frettoloso e poco logico copia e incolla), impreciso, addirittura vago su alcune questioni fondamentali.

Prendiamo l’uscita dall’euro 

Dopo anni di discussioni, simposi scientifici e di indagini rigorose sull’uscita e il suo impatto economico e sociale, nulla si dice sull’importanza decisiva della sovranità monetaria. C’è di peggio, il concetto (della sovranità monetaria), è assente. Sì, proprio così nel Documento non c’è. Non è un’amnesia, è la conseguenza del tabù “nazione” —lemma mai usato da nessuna parte. Morale: pur di esorcizzare la sovranità nazionale non si dice che l’euro sarà sostituito dalla nuova lira. Cosa dunque propone Eurostop al posto dell’euro? Citiamo: “una moneta comune dell’Europa mediterranea”. L’assurdità della moneta comune mediterranea (ve la immaginate una moneta unica con Tunisia, Libia, Egitto, Turchia?), è rimpiazzata dall’idea solo meno strampalata della moneta unica con Spagna, Grecia, Cipro, Malta —la Francia chissà… Un’area valutaria che dati i differenziali strutturali tra questi paesi sarebbe una schifezza ancor più disfunzionale dell’euro. 

Una scemenza, una variante del Piano B di fassiniana memoria, la cui sola plausibilità è quella di evitare l’accusa di… “nazionalismo” da parte delle sinistre cosmo-internazionaliste. L’impressione che ne ricava un lettore attento è quella che Eurostop non crede affatto all’uscita dall’euro, visto che pare prevalere la tesi maldestra che malgrado tutto, l’Unione europea è destinata a rafforzarsi — è ovvio che se questa è la visione l’uscita sarebbe del tutto aleatoria. E la tanto invocata “rottura”?  Una frase vuota, che sposta tutto alle calende greche… alla rivoluzione socialista.

Prendiamo la nazione e lo Stato 

Dicevamo che sovranità nazionale, per certa teologia politica, è condannata come un’idea del diavolo. Così, per non commettere peccato, si ricorre a questo mostruoso guazzabuglio: “sovranità che il popolo può e deve fare nel suo territorio, comunale, locale, regionale, statuale”. Ovviamente ognuno che non sia tarantolato dell’idea imperiale di Negri sa che statuale vuol dire nazionale, sa che la nazione è il demos, un luogo geograficamante circoscritto da confini in cui un popolo (che può essere composto da diversi ethnos e/o nazionalità) ha preso forma storica statuale. Nel guazzabuglio il rango dello Stato nazionale è equiparato a quelli comunale, locale, regionale. Ci mancano le province, i rioni ed i condominii. Un mix di proudhonismo, leghismo e resipiscenze municipaliste in stile Disobbedienti. La dimensione nazionale viene qua e là accennata, ma alla togliattiana, non per segnalare che l’Italia è oramai un protettorato euro-tedesco —Germania è altro lemma che non compare mai, malgrado sia il dominus della Ue. La Grecia pare non abbia insegnato nulla. La rimozione della subalternità del nostro Paese in questa Unione a trazione tedesca serve appunto per rimuovere la dirimente questione nazionale.
La conseguenza inevitabile di questa impostazione è una imperdonabile fumosità riguardo al ruolo che si attribuisce allo Stato (per quanto sia al punto 1 del Documento) una volta fuoriusciti dall’Unione europea e rotti tutti i ponti con l’economia neoliberista. Sembra che la sua precipua funzione sia quella di mero agente socialdemocratico di re-distribuzione del reddito, non anzitutto lo strumento per rimodellare la società alle fondamenta sottraendo al mercato le decisioni macroeconomiche e quindi arma principale per pianificare, proteggersi dalla scorribande dei grandi monopoli stranieri, quindi deglobalizzare.
Siamo molto al di sotto del keynesismo —un’altra parola proibita. Si scrive sì di nazionalizzazioni, investimenti, piena occupazione, ma a causa del pregiudizio vetero-marxista contro il keynesismo, il tutto risulta privo di una connessione logica, di una visione politico-strategica d’insieme. Ne vien fuori un listone della spesa in classico stile sindacalistico.

Veniamo infine al populismo

Analisi, studi, idee, contributi, venuti da ogni parte, anche nel nostro campo, anche in questo caso, da un’orecchio sono entrati e dall’altro sono usciti. Si passa sopra alla questione con candida leggerezza. Eppure il nostro Paese è stato, visto lo sfondamento di massa del M5S che ha oramai un decennio, il primo grande laboratorio europeo del fenomeno populista. Anche qui scatta la rimozione, forse per non rompere i ponti con gli imbecilli che han bollato i Cinque Stelle come reazionari, fascisti e via sclerando, e che fanno spallucce riguardo al populismo alla stessa stregua delle élite liberali. Nessun ragionamento sul fenomeno Podemos, men che meno su quello di France Insoumise —di qui una sottovalutazione suicida dell’importanza del terreno elettorale. Ma col populismo vengono al pettine diversi nodi: linguaggi, simboli, metodi, idee ed esempi nuovi da fornire. Per che cosa tutto questo? Per dare forma politica adeguata e direzione al blocco sociale dei globalizzati contro i globalizzatori che oggi è solo incipiente, proteiforme, acefalo.

Si vede che si ritiene che quella populista sia solo una brutta e passeggera parentesi (non quindi la forma che il Politico ed il conflitto di classe hanno assunto in questa concreta fase storica—, si vede che si ritiene che presto il conflitto di classe riacquisterà la centralità, riabilitando tutto il vecchio armamentario simbologico dei comunisti. Tragica illusione. La società in cui viviamo non è solo figlia di una sconfitta strategica del movimento operaio, è frutto di trasformazioni oggettive ben più profonde, durevoli, per certi versi irreversibili. Anche ove, come noi riteniamo, un nuovo chock fosse alle porte, l’Unione andasse gambe all’aria, e maturassero sconquassi geopolitici, i popoli e le nazioni che si solleveranno seguiranno nuove piste, piste che i populismi delineano, a patto di volerlo riconoscere. Ma non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere».

Il Consiglio nazionale di PROGRAMMA 101
Roma, 21 giugno 2017

  

domenica 14 maggio 2017

LA FRANCIA INDICA LA VIA (lettera a Eurostop) di Moreno Pasquinelli

[ 14 maggio 2017 ]


Cari tutti compagni di Eurostop,


Nel momento in cui stiamo tentando di “fare il salto”, ovvero sostenere il passaggio da coordinamento a soggetto politico unificato, ritengo sia ineludibile sciogliere un nodo che è preliminare a tutto quanto il resto.
Lo faccio, data la posta in palio, senza troppi giri di parole.
Questo “nodo preliminare” si chiama SOVRANITÀ NAZIONALE.

Che questo concetto sia divisivo tra noi, è cosa nota.
Ogni volta che abbiamo sollecitato una riflessione sulla questione della SOVRANITÀ NAZIONALE, abbiamo infatti registrato forti resistenze. 


Molti tra noi ritengono che impugnare da sinistra l’idea della difesa della SOVRANITÀ NAZIONALE (contro non solo la gabbia della Ue ma come via per lo sganciamento dalla grande globalizzazione imperialista) sia un cedimento al nazionalismo, da cui deriverebbe un inevitabile connubio strategico con le destre xenofobe e sicuritarie —alla Le Pen per intenderci.
Non è così.

Abbiamo spiegato, ogni volta che ci è stato possibile, che dovremmo fare nostra la tradizione del patriottismo democratico, costituzionale e quindi antifascista. Tradizione che viene da molto lontano e che fu il suggello identitario e unitario della Resistenza.

Un discorso simbolico che ci consentirebbe (nel contesto storico in cui siamo, segnato dalla tendenza mondialista a fare strame delle sovranità statuali —gli Stati restano ovviamente, ma solo come guardiani notturni e sbirreschi degli interessi delle multinazionali e della grande finanza predatoria) sia di opporci alla visione del mondo cosmopolitico-imperialistica*; che di contrastare l’avanzata nel campo proletario e popolare delle destre nazionaliste e sicuritarie.


Di più, ci consentirebbe di fare spazio al nostro soggetto politico entrando in quella “connessione emotiva e sentimentale con il popolo”, riuscendo a parlare alla pancia e al cuore di chi sta in basso, liberandoci dalla sindrome dell’intellettualismo e del programmismo che paralizza i marxisti.
Per fare così del soggetto politico il perno di un ampio blocco sociale, antioligarchico e antiliberista.
Di qui la nostra insistenza nel fare nostro ciò che ci serve della modalità populistica. Modalità che dato il tramonto delle élite dominanti e del “politicamente corretto” lib-lab è diventata oramai il modus operandi di ogni campo politico —di qui la tesi che è necessariamente nel “campo populista” che si gioca la partita dell’egemonia.

Dalla Francia, questo è il punto compagni, ci viene una conferma empirica, non temo di esagerare, strepitosa, di quanto stiamo dicendo.

Il fatto davvero enorme della contesa delle presidenziali è infatti la potente avanza della France Insoumise di J.L. Mélenchon.

Diverse sono le cause del suo sfondamento, ma la principale è proprio aver fatto suo il discorso patriottico, senza per questo fare alcuna concessione al nazionalismo revanchista, xenofobo e islamofobo —discorso patriottico che del resto ha dovuto, pur a chiacchiere, utilizzare lo stesso Macron.

Ci sono due immagini icastiche che danno l’idea del passaggio avvenuto con France Insoumise rispetto al Front de Gauche (presidenziali del 2012) e che spiegano il raddopio dei voti.
Mi permetto di segnalarvele qui sotto. Parlano da sole.


Nella foto a sinistra il comizio di chiusura di Mèlenchon nelle presidenziali del 2012. In quella di destra la chiusura della campagna per le recenti presidenziali 2017. Il tricolore francese ha rimpiazzato la bandiera rossa, senza per questo abdicare né agli ideali del socialismo, né venir meno alla difesa degli interessi di classe del proletariato.

E’ quella la strada, la sola strada che ci resta, se davvero vogliamo dare vita ad un soggetto unificato che esca dal recinto dell’estrema sinistra e punti all’egemonia nel campo antioligarchico e antiliberista, alternativo dunque ai cinque stelle, per non palare della Lega salviniana.

E’ questa la strada che come P101, assieme ai compagni di Risorgimento Socialista, Noi Mediterranei e Indipendenza e Costituzione, abbiamo intrapreso dando vita alla Confederazione per la Liberazione Nazionale, che potrebbe raggiungere Eurostop ove noi, come ci auguriamo, ci decideremo ad imboccare la strada indicata dalla sinistra popolare francese.

Possiamo discettare ancora mesi su piattaforme programmatiche e “carte dei valori”, perderemo solo tempo se non scioglieremo il nodo gordiano della SOVRANITÀ NAZIONALE.
Ce la farà Eurostop?
Ce lo auguriamo, prevale tuttavia in noi, un ragionevole pessimismo.

Moreno Pasquinelli
12 maggio 2017


* Cosmpolitismo borghese che partendo da Kant e passando per Kelsen, su su, arriva fino a Habermas ed a Norberto Bobbio e Luigi Ferrajoli. Ciò per dire che il liberismo sfrenato, la destra economica, ha conquistato sin dagli anno ‘80 l’egemonia ideologica, solo grazie alla copertura strumentale di un certo pensiero di sinistra. Pensiero borghese, certamente, che ha tuttavia contaminato in maniera devastante lo sterile gauchisme europeo (il negrismo su tutti), il cui internazionalismo funge da foglia di fico del cosmpolitismo imperialista. Un cosmopolitismo, ce lo ricordava Gramsci nei Quaderni quando scriveva sugli intellettuali e il risorgimento, che in Italia veniva rafforzato dall’antinazionale universalismo cattolico. E quanto ciò sia vero lo si vede nel pietismo moralistico e anti-politico sulla vicenda dell’immigrazione e quanto a fondo esso abbia contaminato di sé la sinistra.

giovedì 2 marzo 2017

ROMA, 25 MARZO: PORTIAMO IN PIAZZA LE NOSTRE RAGIONI E LA NOSTRA RABBIA

[ 2 marzo ]

Dal 24 al 26 marzo, a Roma, Lorsignori celebreranno i 60 anni dei Trattati con cui venne fondata la Comunità economica europea, e sulle cui fondamenta verrà poi costituito quel mostro che è l'Unione europea.


SABATO 25 MARZO CI SAREMO ANCHE NOI , CON UNA GRANDE MANIFESTAZIONE POPOLARE, PER CHIEDERE L'USCITA DELL'ITALIA DALL'UNIONE EUROPEA, DALLA ZONA EURO, DALLA NATO.

APPELLO
per manifestare il 25 marzo a Roma contro il vertice della UE

Il prossimo 25 Marzo verranno "festeggiati" al Campidoglio i 6o anni dalla firma del "Patto di Roma" del '57, con la partecipazione di 28 capi di Stato, che ha dato vita al processo che ha condotto nel tempo alla nascita della Unione Europea. In realtà questa non è affatto una ricorrenza da festeggiare in quanto la nascita della UE e l'introduzione dell'euro come moneta continentale hanno prodotto:

  • Un peggioramento netto e diffuso delle condizioni di reddito e di vita dei lavoratori, dei settori popolari e dei ceti medi spesso portati a livelli di povertà, soprattutto nei paesi dell'Europa meridionale.
  • Una restrizione degli spazi di democrazia con l'applicazione di trattati che centralizzano le decisioni economiche e politiche più rilevanti riducendo la sovranità dei popoli europei. La riforma costituzionale proposta da Renzi, sottoposta a referendum e bocciata dagli italiani andava esattamente in questa direzione.
  • Un interventismo militare che ha moltiplicato i conflitti dall'Ucraina fino alla sponda sud del Mediterraneo, in particolare in Siria e Libia, ed amplificato le drammatiche migrazioni dei popoli coinvolti dalle guerre.

Questi sono gli effetti di una costruzione istituzionale che oggi si sta dimostrando per di più incapace di fare i conti con una profonda crisi economica e sociale dimostrando l'inadeguatezza delle classi dirigenti del continente.


Tutto ciò avviene in un clima di crescente competizione economica e militare internazionale che oggi viene sostenuta dalla presidenza Trump negli USA, che si impegna nel riarmo nucleare, alla quale l'UE risponde da un rinnovato protagonismo anche militare, come è stato rivendicato nella 53ma edizione della Conferenza sulla Sicurezza tenutasi in Germania dall'Alto Rappresentante per la sicurezza Federica Mogherini.

Per questo pensiamo che il 25 Marzo non sia una giornata di festa ma deve divenire una giornata di lotta e mobilitazione contro il vertice che si terrà nella città di Roma.
Per questo il 25 marzo manifesteremo a Roma per ribadire il nostro NO sociale a Euro, UE e NATO, per la democrazia e i diritti sociali.


Primi firmatari:

Piattaforma Sociale Eurostop, USB, UNICOBAS, Movimento No TAV Val di Susa, Forum Diritti Lavoro, Contropiano, Carovana delle periferie Roma, Noi Restiamo, Militant Roma, Centro Sociale 28 Maggio Brescia, Rossa, Rete dei Comunisti, Partito Comunista Italiano, FGCI, Circolo Agorà Pisa, Fronte Popolare, Programma 101, Economia Per I Cittadini, Collettivo Genova City Strike, Piattaforma Comunista, Scintilla Onlus,  Collettivo Putilov, Collettivo Politico Porco Rosso (Siena), Movimento "Noi mediterranei", Confederazione per la Liberazione Nazionale,  Collettivo Comunista (marxista-leninista) Nuoro, CS Corto Circuito, CS Spartaco, Circolo ARCI "Best" Osimo (AN)



Nicoletta Dosio, Dino Greco, Franco Russo, Giorgio Cremaschi, Aboubakar Soumahoro, Fabrizio Tomaselli, Luciano Vasapollo, Carlo Formenti, Ernesto Screpanti, Ugo Boghetta, Sergio Cararo, Manuela Palermi, Mauro Casadio, Paolo Leonardi, Emiddia Papi, Paola Palmieri, Guido Lutrario, Carlo Guglielmi, Moreno Pasquinelli, Stefano d’Errico, Bruno Steri, Walter Tucci, Francesco della Croce, Stefano Zai, Francesco Piccioni, Ferdinando Imposimato, Mimmo Porcaro, Luigi di Giacomo, Ezio Gallori, Claudia Candeloro, Sergio Cesaratto, Giovanni Bacciardi, Massimo Grandi, Simone Grecu, Nico Vox, Beppe De Santis,   Giuseppe Aragno,  Alfonso Gambardella, Nello De Bellis Maurizio del Grippo e Francesco Maggio, Angela Matteucci, Paolo Loconte, Roberto Garaffa, Salvatore Mannina, Renzo Scalia, Vito Matranga, Gaetano Santoro, Giuseppe Di Martino, Giuseppe Lo Verde,Guido Sorge, Fabio Giovannini, Cataldo Godano, Pietro Attinasi, Giuseppe Rampulla,  Simone Gimona,  Sandro Targetti, Edoardo Biancalana, Carlo Candi, Maria GraziaDaCosta, MatteoBortolon, Leonardo Mazzei...

PER ADESIONI: eurostop.it@gmail.com

domenica 15 gennaio 2017

PIATTAFORMA EUROSTOP: IL PROSSIMO PASSO di Contropiano

[ 15 gennaio ]

Una assemblea nazionale il 28 gennaio, una manifestazione nazionale a marzo contro il vertice dell’Unione Europea. Eurostop affronta le sfide del nuovo anno con un passaggio politico.

I dati sociali hanno confermato la giustezza dell’impostazione sul NO sociale ed hanno creato le condizioni idonee per il rilancio del percorso di Eurostop, alla luce dei risultati referendari e della situazione del paese.

Eurostop intende adesso procedere con un salto di qualità alla costruzione e sperimentazione di un movimento/fronte politico e sociale, che unisca la lotta contro le controriforme sociali di questi trenta anni alla battaglia per l’uscita dell’Italia dall’Unione Europea, dall’Eurozona e dalla Nato.

Oggi nel senso comune e nella disponibilità di ampi settori popolari c’è una crescente chiarezza su questo. Il governo fotocopia Gentiloni susciterà a sua volta, persino in misura maggiore, quel rifiuto popolare che ha colpito il governo Renzi. Per questo la radicalizzazione della opposizione politica deve accompagnarsi allo stesso processo in quella sociale.

Inoltre occorre ormai collegare tra loro regime politico, controriforma sociale, vincolo europeo. Sono tre aspetti dello stesso avversario e compito di Eurostop e di tutte le forze che vorranno partecipare a questa iniziativa comune è quello di costruire un movimento sociale politico che fronteggi sempre tutti e tre volti dell'avversario. Un movimento che costruisca e diffonda consapevolezza della indissolubilità della lotta contro i governi del PD, contro le controriforme sociali liberiste, contro l'Unione Europea e i suoi strumenti e vincoli.

Per queste ragioni Eurostop non si dichiara interessato a generici processi di "riaggregazione della sinistra cosiddetta radicale" che non sappiano, o non vogliano, partire da questi dati politico-programmatici di fondo. Così come so ritiene che il sindacalismo confederale e la sua complicità siano alternativi al progetto di Eurostop, a maggior ragione ora che la debolezza politica del PD e della stessa Confindustria porterà ad un rilancio della peggiore concertazione, come dimostrato dal contratto dei metalmeccanici e dell’igiene urbana o dalla conclusione della vertenza Almaviva

Per Eurostop il giudizio negativo sul gravissimo contratto liberista firmato da Fim Fiom Uilm e quello altrettanto negativo sul patto pre elettorale di CGILCISLUIL per il pubblico impiego, sono discriminanti. I primi interlocutori sono quindi tutte e tutti coloro che, pur partendo da posizioni e storie diverse, condividano questi giudizi di fondo. Questo naturalmente non esclude la partecipazione nostra a mobilitazioni democratiche con forze anche lontane da noi. L'esperienza referendaria diventa un modello di comportamento, Eurostop è stato in campo spesso in modo rilevante- vedi le giornate del 21 e 22 ottobre – con forze diverse e lontane, senza perdere la propria identità, anzi rafforzandola.

Eurostop vuole quindi lanciare un progetto sociale e politico, che abbia l'ambizione di dare forza e organizzazione ad un mondo di sfruttati ed emarginati, che oggi non ha vera rappresentanza. In questo progetto si vuole incrociare il conflitto di classe con quello che emerge dalla esclusione sociale e politica, che coinvolge anche ceti sociali diversi dalla tradizionale classe operaia.

Eurostop vuole essere parte della costruzione di una grande rottura democratica e socialista da parte del popolo sfruttato, una rottura contro tutti i poteri della globalizzazione.

A tale scopo il coordinamento nazionale Eurostop convoca per sabato 28 gennaio una grande assemblea nazionale e di massa a Roma, che sia la prima risposta del NO sociale al governo e alla continuità delle politiche liberiste italiane ed europee.

Contestualmente Eurostop intende avviare da subito la discussione e l’organizzazione per una manifestazione nazionale a marzo, in occasione del Sessantesimo anniversario del Trattato di Roma, che mise in marcia il progetto che oggi è diventato l’Unione Europea. A Roma ci sarà il vertice con tutti i capi di stato europei e coinciderà con la richiesta di manovra finanziaria aggiuntiva della Commissione Europea rispetto alla Legge di stabilità varata dal governo dimissionario di Renzi.

Per Eurostop quello di marzo è l’appuntamento per portare in piazza esplicitamente la battaglia per l’Ital/Exit.

* Fonte: Contropiano

giovedì 1 settembre 2016

"EUROSTOP" ADERISCE AL III. FORUM INTERNAZIONALE NO EURO

[ 1 settembre ]

La "Piattaforma Sociale Eurostop", di cui anche Programma 101 fa parte ha deciso per l'adesione al III. Forum internazionale no euro che si svolgerà a Chianciano Terme dal 16 al 18 settembre.

Una buona notizia.

Piattaforma Eurostop raggruppa, come avemmo modo di dire, "il meglio della sinistra italiana che c'è". Si tratta di organizzazioni politiche, comitati sociali e sindacati (la centrale sindacale USB) che legano in maniera indissolubile la lotta per l'emancipazione sociale a quella della liberazione dalla gabbia eurocratica.
Pedro Montes interviene all'assemblea fondativa di
Eurostop: Roma 22 novembre 2015

Esponenti di spicco di Eurostop saranno relatori al III. Forum. Tra essi il portavoce Giorgio Cremaschi, l'economista Ernesto Screpanti ed il sociologo Carlo Formenti.

Eurostop ha formalizzato la sua adesione con questo breve comunicato:
«Il coordinamento Nazionale della Piattaforma Sociale Eurostop aderisce al Forum internazionale No Euro di Chianciano del 16 17 18 settembre, nella necessità di costruire un sempre più vasto blocco sociale e politico ed un fronte internazionale che, da posizioni progressiste, anticapitaliste e antifasciste, si batta per la rottura della Unione Europea, per la fine dell'Euro e delle politiche dell'austerità liberista, per la democrazia, il potere popolare e l'eguaglianza sociale"Piattaforma Sociale Eurostop».
Giorgio Cremaschi, assieme a Sergio Cararo (Rete dei Comunisti) erano tra gli ospiti del II. Forum internazionale svoltosi l'anno scorso ad Atene.

giovedì 10 dicembre 2015

UN FRONTE PANEUROPEO PER USCIRE DALLA GABBIA EURO-LIBERISTA di Dimitris Mitropoulos

[ 10 dicembre ]

Sabato 21 novembre si svolse a Roma l'assemblea promossa dalla campagna eurostop.

Qui sotto l'intervento svolto dal compagno greco Dimitris Mitropoulos [a sinistra nella foto], a nome Unità Popolare (Laikì Enotita -LAE)

Cari amici e compagni,

Vi saluto e vi ringrazio a nome del Consiglio politico del Unità Popolare.
Vorrei presentarvi la situazione in Grecia e alcune cose per quanto riguarda il nostro nuovo fronte politico.
Da cinque anni, la Grecia è stata oggetto sperimentale della crisi strutturale del sistema.
I tre memoranda applicati per cinque anni hanno portato alla più grande recessione che un paese del mondo sviluppato abbia mai conosciuto in tempi di pace:
• il PIL del Paese è sceso al 25%.
• La disoccupazione è cresciuta dal 9% al 26%.
• Il debito è passato dal 126% del 2009 al 180%.

Queste sono alcune delle conseguenze economiche, ma ci sono anche quelle politiche. Ad esempio, il parlamento greco non è quello che legifera. La maggior parte dei memorandum, che sono composti da centinaia di pagine, sono passati senza nemmeno essere letti dai parlamentari greci.

In questi cinque anni sono state condotte molte lotte: il movimento piazza Syntagma circondò il Parlamento per 40 giorni, abbiamo avuto più di 30 scioperi generali, 3 i governi che sono caduti sotto la pressione di insoddisfazione pubblica, anche il PASOK è crollato, ed un piccolo partito della sinistra radicale, SYRIZA, è salito al governo, e il nostro popolo ha respinto i memoranda nel referendum del 5 luglio con il suo voto NO.

Tuttavia, questo enorme disastro non si è fermato.
In ogni memorandum o negoziazione per il rimborso del prestito, il nostro popolo è stato posto davanti al dilemma: “senza l'aiuto del memorandum, si andrà in bancarotta e uscirà dall’euro”.
Questo dilemma è stato drammaticamente utilizzato la scorsa estate.
Alexis Tsipras ha accettato questo dilemma e ha detto chiaramente di preferire il memorandum.

Egli, adottando totalmente  il ragionamento dei precedenti governi e sostenendo che egli stava “salvando il paese dal caos”, ha preso le misure che i governi precedenti non potevano prendere: riduzione delle pensioni più basse, case messe all’asta, privatizzazione di porti e aeroporti, nuove tasse sui salari.

Nel corso delle elezioni di settembre Tsipras ha parlato di un programma di austerità dpiù modesto, ma in realtà un programma del genere non esiste. C'è solo il programma di memorandum di grave austerità che sta applicando.
Non è che il governo di Tsipras applichi un programma con cui non è d'accordo. Secondo un deputato Syriza “anche se il memorandum non esistesse, bisognerebbe inventarlo”.

Sul piano geopolitico, il governo SYRIZA-ANEL agisce come veicolo della politica USA NATO nell’area. Recentemente la Grecia ha preso parte ad esercitazioni americano-israeliane nel Mediterraneo orientale. Era l'unico paese europeo con la Polonia!

L'attuale governo è sottoposto alla NATO, e questo sta diventando pericoloso considerando il recente barbaro attacco a Parigi.

Quando il nuovo governo di Syriza-ANEL ha firmato il terzo memorandum, ha sostenuto che avrebbero combattuto la corruzione e l'oligarchia greca. Invece hanno approvato una legge che offre la gestione delle banche ai banchieri, ed anche un'altra legge che impedisce i controlli suggeriti dalla lista Lagarde e dalle altre liste di evasori ricchi e movimenti, tradendo in tal modo i movimenti sociali e  ambientali che combattono le aziende oligarchiche e multinazionali.
Non è vero che governo SYRIZA ANEL è stato ricattato e applica misure che non condivide. Si tratta di un governo neoliberista estremo che sta lavorando per il grande capitale.

Dal 2010, quando il grande dilemma “Memorandum o che altro” è stato lanciato, sono stati messi a nudo i limiti della sinistra. Nessun partito ha presentato un programma alternativo.

Il Partito comunista (KKE), essendo il partito più forte in quel momento ha sostenuto che la sola soluzione erano socialismo e socializzazione della grande produzione.
SYRIZA ha sostenuto che avrebbe stoppato i memorandum dopo una trattativa con i finanziatori. Il loro motto era “ né rottura né sottomissione”. Altre forze come ANTARSYA non hanno proposto programmi dotati di concretezza.

SYRIZA, alla fine, è salita al potere ed ha seguito la via negoziale, con ciò diventava chiaro che se non si è pronti al conflitto, non si può che capitolare. I punti principali che hanno portato alla sottomissione erano:
• La liquidità monetaria erogata dalla BCE è diventata lo strumento del soffocamento economico; di questo i controlli sui capitali erano il risultato. La leadership europea in questo modo ha applicato quello che una volta Nixon aveva detto nella lotta per far cadere il governo cileno di Allende: “far piangere l'economia”.
• Questo problema non poteva essere risolto senza il controllo sulla liquidità da parte del governo greco, che significa, banche nazionalizzate e moneta nazionale, fuori dal sistema BCE. Ma SYRIZA non ha voluto applicare tali misure. Non erano preparati per un “piano b”.

E’ noto che nel corso di questi 5 anni la Grecia è diventata il simbolo di speranza per i popoli d'Europa che volevano farla finita con l’austerità. Invece, nel giro di pochi mesi, il paese è diventato l’esempio per dimostrare che non ci sono alternative alle politiche neoliberiste.

La creazione di Unità Popolare (LAE) 3 mesi fa, è un messaggio paneuropeo che questa logica non deve prevalere.

Le recenti elezioni nazionali, sotto la pressione dei creditori, si sono svolte in meno di un mese, in accordo con gli istituti di credito. E’ così accaduto che le persone non hanno avuto il tempo per sperimentare le gravi conseguenze del memorandum Tsipras, e di non lasciare modo LAE di affermarsi. In questo modo, LAE ha ottenuto 2,9% quando avremmo avuto bisogno di superare la soglia del3% per entrare nel parlamento ...

E’ evidente che il governo Tsipras diffonde disfattismo e delusione tra le persone. Tuttavia, i sentimenti del popolo vanno dalla disperazione e delusione verso la rabbia. Ecco perché LAE punta a stabilire una resistenza più dinamica a queste misure e riportare fiducia nella classe operaia. I primi segnali sono incoraggianti. Nel primo sciopero che ha avuto luogo subito dopo la nascita del nuovo governo, la partecipazione è stata grande.

Il terzo memorandum non farà uscire il Paese dal marasma, mentre la Grexit tornerà alla ribalta, come intimidazione, come parte del piano dell'Europa tedesco o come un incidente.
LAE ha una pesante responsabilità dal momento che dobbiamo costruire un fronte forte, riportare la fiducia nel popolo e formare un programma concreto che dia risposte al vicolo cieco del memorandum.

Tale programma deve avere determinate caratteristiche: la cancellazione del memorandum, l'uscita preparata e coordinata dalla zona euro e il conflitto con l'Unione europea neoliberista. Nel programma di LAE è chiaramente affermato che questo conflitto è inevitabile, sia in termini di zona euro che con il resto dei regolamenti dell'Unione Europea. Un referendum con la dichiarazione di uscita della Grecia dalla UE fa parte di questo piano.
Questi obiettivi non esauriscono tutto il contenuto della nostra agenda, ma sono il programma transitorio per un cambiamento radicale.

Allo stesso tempo, è chiaro che se un paese —Grecia o Portogallo— prende l'iniziativa di uscire della zona euro, avremo bisogno di maggiore coordinamento e cooperazione tra le forze progressiste, anti-neoliberisti e di sinistra, e della solidarietà fra i popoli europei contro le oligarchie dell’Unione.

In questa direzione, noi proponiamo un fronte ampio, internazionale, paneuropeo, in grado di entrare in collisione con le politiche di austerità, il neoliberismo e la zona euro. Soprattutto per i PIIGS, le principali vittime della crisi a causa delle regole della zona euro!

La campagna non UE-No Euro-No Nato ci aiuta in questa direzione. La crisi attuale ha spinto avanti il fronte NO EURO e dobbiamo parlare e collaborare con coloro che sono d’accordo. Allo stesso tempo dobbiamo essere consapevoli dei problemi che potrebbero derivare dalla presenza della NATO in Europa. In Europa manca oggi un movimento pacifista e antimperialista.

Dovremmo organizzare manifestazioni paneuropee con la partecipazione dei sindacati e dei movimenti sociali. Allo stesso tempo, stiamo pensando di un incontro europeo ad Atene di tutte le forze di sinistra e democratiche, anti-neoliberiste, in modo che tutte le proposte alternative e le soluzioni contro le norme autoritarie della zona euro e dell'Unione europea possono essere discusse.


Non dobbiamo perdere tempo. La Grecia è un soggetto sperimentale in grado di confermare la massima che dice: “noi non perderemo, perché non abbiamo ancora perso la nostra capacità di imparare".

venerdì 20 novembre 2015

E DOMANI TUTTI A ROMA: PER DIRE NO ALL'EURO! ALLA UE! ALLA NATO E ALLA GUERRA!

[ 20 novembre ]

LA SINISTRA CONTRO L'EURO C'È

Roma, 21 novembre, dalle 10.00 alle 17.00
ASSEMBLEA NAZIONALE
presso il Centro Sociale Intifada 
Via Casalbruciato 15
Piattaforma Sociale Eurostop
Per adesioni e informazioni eurostop.it@gmail.com

Leggi il manifesto che convoca l'Assemblea.


*Per arrivare all’Intifada: prendere la metro B direzione Rebibbia e scendere dopo quattro fermate alla stazione Tiburtina. Dalla stazione Tiburtina prendere il bus 309 in direzione Santa Maria del Soccorso per cinque fermate, una volta scesi dal bus bisogna fare 100 metri a piedi fino a via di Casalbruciato 15.



Promuovono e aderiscono:

Campagna Eurostop, Giorgio Cremaschi – Forum Diritti Lavoro, Nicoletta Dosio – No Tav Valle Susa, Ernesto Screpanti - Università di Siena, Franco Russo Ross@, Luciano Vasapollo – Università La Sapienza, Ugo Boghetta direzione nazionale PRC, Simone Gimona - segretario PRC Bologna e coord. naz G. C., Dafne Anastasi - Direttivo Regionale FP Lombardia, Emiddia Papi esecutivo USB, Manuela Palermi Presidente del CC PCdI, Giuseppe Aragno – Storico, Emilia Piccolo - Comitato 3 Ottobre Milano, Fabrizio Tomaselli esecutivo USB, Valerio Tradardi – SPI, Direttivo Camera del Lavoro Milano, Maria Pia Zanni – Direttivo nazionale CGIL, Antonella Stirati Università Roma 3, Nico Vox - Direttivo Nazionale FP, Guido Lutrario USB Roma, Angelo Baracca - Fisico, Mauro Casadio Rete dei Comunisti, Dario Filippini - direttivo nazionale SPI Cgil, Pierpaolo Leonardi esecutivo USB, Mauro Gemma direttore Marx XXI, Francesco Piobbichi - direzione nazionale PRC, Bruno Steri – Direzione Nazionale PRC, Luca Cangemi – Direzione Nazionale PRC, Nicola Vetrano – Giuristi Democratici, Andrea Genovese Università di Sheffield (GB), Francesco Caruso Università di Catanzaro, Pietro Rinaldi Consigliere Comunale Napoli, Valerio Evangelisti scrittore, Sergio Cararo Contropiano, Roberto Sassi saggista, Ezio Gallori lotta dei pensionati, Pasquale Vecchiarelli CPF Roma PRC, Gianni Vattimo filosofo, Carlo Formenti giornalista, Dino Greco già direttore di Liberazione, Nella Ginatempo Rete No War, Giorgio Gattei Università Bologna, Fabio Frati CUB Trasporti, Rosario Marra, segreteria provinciale PRC di Napoli, Niccolo Martinelli, coordinamento nazionale dei Giovani Comunisti, Sandro Targetti direzione nazionale PRC, Loretta Napoleoni Economista, Alessandro Bondi cpr lazio Rifondazione, Nadia Palozza cpf tivoli Rifondazione, Renato Caputo, Autoconvocati scuola, Cpf Prc Roma, Giovanni Ammendola segr. circ. PRC Bianca Bracci Torsi, Luca Massimo Climati PRC, Roberto Villani - segretario circ. PRC "B. Pagnozzi" - Lavoratori autoconvocati scuola, Claudio Ortale CPR del PRC Roma, Giovanni Bruno segretario sez. A.Gramsci PRC Pisa, Laura Scappaticci CPR Lazio, PRC, Monica Natali segreteria Roma –cpf Rifondazione, Maurizio Musolino, giornalista segreteria nazionale Pcdi, Unione Sindacale di Base, Centro Sociale 28 Maggio Brescia, CSO Ricomincio dal Faro Roma, CSOA Spartaco Roma, CSOA Corto Circuito Roma, Campagna Noi Restiamo, Rete No War, Ross@, Comitato Difesa Sociale – Cesena, Coordinamento Sinistra contro l’ Euro, Associazione per la ricostruzione del Partito Comunista, Collettivo Putilov Firenze, Noi Saremo Tutto, Fronte Popolare, Movimento popolare di liberazione, Contropiano, Partito Comunista d’Italia – Federazioni di Roma, Frosinone, Veneto, Rete dei Comunisti, Giordano Sivini, Moreno Pasquinelli segreteria Mpl, Leonardo Mazzei Coord. sinistra contro l’euro, Giuseppe De Santis Noi Mediterranei, Michele Berti Coord. sinistra contro l’euro, Daniela Di Marco Marcia della dignità Umbria, Enea Boria Coord. sinistra contro l’euro, Simone Grecu CPR PRC Toscana, Coord. Naz. Giovani Comunisti, Alessandra Perrotta Ross@ Genova, Alfredo Ciano Insegnante Napoli, Per il Movimento Essere Sinistra Franz Altomare, Ivana Fabris, Massimo Ribaudo, Simona Ghinassi Strocchi.

mercoledì 14 ottobre 2015

INCONTRO DI BARCELLONA: DICHIARAZIONE FINALE

[ 14 ottobre]

Giorni addietro davamo notizia dell'Incontro che si sarebbe svolto a Barcellona, promosso da intellettuali, economisti e gruppi di sinistra che nella primavera scorsa lanciarono il Manifesto per l'uscita della Spagna dall'euro
Invitati  e presenti anche il Coordinamento nazionale della sinistra contro l'euro e l'Mpl [qui il testo del contributo nostro letto durante i lavori].

Nella foto il compagno Pedro Montes mentre apre i lavori

L'incontro di Barcellona ha approvato il seguente appello.

POPOLI EUROPEI SOLLEVIAMOCI


Il cosiddetto "piano di salvataggio" imposto dall’ Eurogruppo alla Grecia, ha messo a nudo davanti ai cittadini ed ai popoli europei la vera natura dell'Unione europea posta al servizio delle banche e sotto l'egemonia del governo tedesco. Questo episodio di guerra economica e di cospirazione per impedire la volontà sovrana del popolo greco, per destabilizzare il governo greco e ottenere la sua resa è stato, per i suoi metodi ed i suoi risultati, un vero e proprio colpo di stato orchestrato dal centro stesso del potere europeo.

Il sogno di un'Unione europea garante del benessere sociale e della democrazia, che avrebbe superato i conflitti tra gli stati, solidale con i cittadini più umili e le nazioni meno sviluppate, è svanito di fronte alla realtà degli eventi che hanno colpito la Grecia.

La logica neoliberista ad oltranza dei Memoranda imposta dalla Troika, non si è limitata alla Grecia, anche il Portogallo, l’Italia, la Spagna, l’Irlanda, la Francia, ecc. hanno sofferto la brutalità delle politiche di aggiustamento e di austerità che hanno innescato una regressione diffusa dei diritti sociali e del lavoro, l'aumento della disoccupazione, la povertà e la disuguaglianza, e la crescente delegittimazione delle istituzioni di governo e delle rappresentanze politiche di questi paesi rispetto ai popoli ed ai loro cittadini, la destabilizzazione interna degli Stati che compongono la Ue, l'emergere di nuove tensioni interstatali, ed hanno intensificato l'aggressione imperialista verso i paesi più vicini.

L'architettura della UE è stata progettata per servire gli interessi delle élite e del capitale transnazionale, e contro le classi popolari, senza una politica di redistribuzione fiscale per evitare i potenziali squilibri economici e la prevedibile crisi del debito dei suoi Stati membri. Anche alcuni dei cosiddetti "padri" dell'Unione europea hanno riconosciuto il “peccato originale” del Trattato di Maastricht e l'errore fatale dell’euro. Infatti, l'introduzione della moneta unica ha esacerbato le disuguaglianze e gli squilibri economici tra gli stati e rafforzato l'egemonia di chi, come la Germania, ha notevolmente beneficiato dalla loro attuazione.

Attualmente l'Unione europea è divisa tra vincitori e vinti. Le nazioni dell'Europa meridionale sono nel campo di perdenti, destinate ad attuare politiche di aggiustamento e di austerità per i prossimi decenni allo scopo di rimborsare il debito ai creditori, con ciò provocando una spirale di politiche recessive che trasformano quei debiti insolvibili. I trattati dell'Unione europea, in particolare il "Patto euro plus" e il "Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria", sono diventati strumenti giuridici che sanciscono una relazione di dominio semicoloniale tra i paesi creditori e quelli  debitori. La barbara dialettica tra il creditore ed il debitore è stata trasformata in quella tra padrone e schiavo — ciò che abbiamo già visto nella storia riappare in tutta la sua crudezza nel funzionamento dell'Ue.

Questo dominio non si esprime solo nei Memoranda e nei "piani di salvataggio", ha prodotto la controriforma della Costituzione spagnola all'Art.135, ed ha portato alla caduta di capi di governo per sostituirli con i servi di turno voluti dal "palazzo" della Ue.

L'egemonia delle potenze vincitrici in seno all'UE non sarebbe stata possibile senza la cecità, l'irresponsabilità, la collusione e la corruzione, delle élite economiche e politiche all'interno dell'UE. Le oligarchie vincenti hanno costruito la loro egemonia non solo attraverso alleanze economiche ed i matrimoni d’interesse con le banche ed i settori esportatori del grande capitale dei diversi paesi europei, hanno costruito la loro egemonia anche con mezzi ideologici e l'imposizione del mito della Ue come crogiuolo di una nuova nazione-potenza garante del progresso, della pace e della democrazia, fuori dalla quale ci sarebbe stata la condanna al sottosviluppo ed alla dipendenza. Nella costruzione di questo mito l'Euro è stato la chiave di volta, senza la quale l’edificio di interessi e di dominio della presente Ue sarebbe crollato, il che spiega l'aggressività del discorso pseudo-religioso neoliberista imperante quando afferma che per gli stati, fuori dall'euro, non ci sarebbe salvezza.

Nel corso della storia, i popoli, le nazioni, i cittadini, le classi lavoratrici, oppressi dalle potenze imperiali, coloniali, o da governi autoritari e classi sfruttatrici, hanno subito, al fine di ottenere la loro rassegnazione e sottomissione, una narrazione simile; ma essi non si piegarono e si organizzarono per liberarsi dalla schiavitù, dalla tirannia e dal dominio. Le rivoluzioni democratiche e popolari negli ultimi secoli hanno inciso col ferro e col fuoco una verità: senza sovranità popolare sugli strumenti e le risorse dell'economia, non c'è democrazia.

La Ue esistente è  la negazione dei principi della democrazia e della sovranità dei popoli. L’Unione europea delle oligarchie, protetta dal nuovo impero tedesco, non è riformabile dall'interno. Non rinunceranno ai privilegi accumulati dopo il Trattato di Maastricht e l'introduzione dei benefici acquisti con l'euro. Nemmeno ascoltano gli avvertimenti del loro "amico americano" e il suo strumento, il Fondo monetario internazionale, i quali temono che la continuazione delle prevalenti politiche economiche, consustanziali alla moneta unica, finiscano per pregiudicare la ripresa economica globale e scatenino o favoriscano una nuova crisi economica internazionale.

Le nazioni ei popoli del Sud Europa, a causa del loro condizione speciale di oppressi a causa del debito, sono chiamati a guidare la rivolta contro l'Ue oppressora, antidemocratica e antisociale, e ad indicare la via per la libertà e la giustizia sociale al  resto delle nazioni e dei popoli europei, per costruire nuove relazioni basate sul rispetto reciproco, il patto tra pari e la solidarietà.


L'emancipazione delle nazioni e dei popoli dell'Europa meridionale richiede come precondizione l'uscita dall'euro e una vera indipendenza dall'Unione europea realmente esistente, il ripristino della democrazia e della sovranità popolare, garantendo il diritto di auto-determinazione, quindi l’attuazione di politiche economiche e sociali che permettano di superare la spirale recessiva delle politiche di aggiustamento e di austerità neoliberiste, per promuovere la trasformazione della società.

Ma ogni strategia di emancipazione richiede strumenti organizzativi che la rendano la reale.

Le organizzazioni politiche, gli attivisti sociali ed i partecipanti allo Incontro Internazionale per l'uscita di Euro, riuniti nella città di Barcellona, ​​hanno deciso di convocare il processo costituente di un fronte delle nazioni e dei popoli dell'Europa del Sud, allo scopo di agire insieme ad altri movimenti di paesi della Ue con obiettivi e valori simili, che renda possibile l'uscita dell'Euro e l'emancipazione dalla Ue, lo sganciamento dalla NATO, e per costruire un nuovo progetto di collaborazione e coordinamento tra gli stati, le nazioni e popoli basato sul rispetto reciproco, la collaborazione tra pari e un’effettiva solidarietà.

A partire da adesso svilupperemo il lavoro di preparazione verso un coordinamento permanente, con la massima volontà inclusiva per organizzare il prossimo incontro dove verranno intraprese iniziative concrete per formare il fronte per la liberazione delle nazioni e dei popoli dell'Europa meridionale.

Barcellona 11 ottobre 2015


* Il sito deli compagni spagnoli SALIR DE L'EURO

I Video dell'Incontro:

9,30 h. Sesión sábado 10/10/15 mañana

La inevitable crisis del Euro y de la UE.

Ponències: Pedro Montes, Jacques Nikonoff, Mauro Casadio, Héctor Illueca, Arcadi Oliveres.Contribuciones: Alejandro Andreassi, Albert Medina, David Fernández, Rosa Cañadell, Luis Blanco, José Carlos Soto, Antonio Merchan

https://youtu.be/ESOWWVTZVvs

16.00 Sesión sábado 10/10/15 tarde

Posibles planes ante los escenarios para la salida del euro.

Ponentes: Thanaris Laskaratos, Luciano Vasapollo, Antonio Avelàs Nunes, Joël Pérchaud, Ramon Franquesa, Josep Manuel Busqueta

Contribuciones: Josep Bel, Antumi Pallás,Joan Tafalla, Ricard Joan, Vincent Brousseau, Álvaro Aguilera, Carlos Martínez, Andrés Piqueras, Manolo Colomer

https://youtu.be/ZPjhbWrajSk

9.30 Sesión domingo 11/10/15 mañana

Instrumentos políticos organizativos para emanciparnos del euro y liberarnos de la dominación semicolonial de la UE.

Ponentes: Diosdado Toledano (Salir del euro), Moreno Pasquinelli (Movimiento Popolare di Liberazione, Italia), Sergio Cararo (Campaña Eurstop, Italia), Ángeles Maestro (Red Roja), Thanasis Laskaratos (EPAM, Grecia), Jacques Nikonoff (PEP, Francia) y Joan Tafalla (Espai Marx)

Debates entre los asistentes: se esperan las intervenciones de: Miguel Manzaneda, Ginés Fernández, Juanmi Madariaga, Rafael Juan, Leonel Basso, Marco Delle Monache


https://youtu.be/F-PTKBHFifI


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