mercoledì 30 agosto 2017

LA SINISTRA "RADICALE" IN SICILIA E I SOLITI TROMBATI di S.St

[ 31 agosto ]

DELLA SERIE: CORNUTI E MAZZIATI

Precedenti articoli sulle elezioni siciliane

- PATTO POLITICO TRA SICILIA LIBERA E SOVRANA E LA CNL
- ELEZIONI DEL 5 NOVEMBRE: "SICILIA LIBERA E SOVRANA" SI PRESENTA
- SICILIA: VERSO LE ELEZIONI DEL 5 NOVEMBRE
- SICILIA: E QUESTA SAREBBE LA SINISTRA? di S. St.
- SICILIA: MANOVRE E MANOVRATORI A SINISTRA di S. St
- SICILIA: 10 TESI IN VISTA DELLE ELEZIONI REGIONALI 
di Beppe De Santis
- LA SICILIA CHE VOGLIAMO di Beppe De Santis


Voglio anzitutto ringraziare SOLLEVAZIONE che ospita i miei dispacci pre-elettorali dal profondo Sud. Mi era stato chiesto di stare alle calcagna delle sinistre sicule, e continuo a farlo.

Ricordo ai lettori del blog dei miei tre dispacci il primo: SICILIA: E QUESTA SAREBBE LA SINISTRA ALTERNATIVA?


Qui rendevo conto dell'assemblea regionale svoltasi a Palermo il 29 luglio, quindi l'annuncio in pompa magna, da parte dei presenti —il Partito della Rifondazione Comunista, il Partito Comunista Italiano (ex-cossuttiani), i civatiani di Possibile, Azione Civile di Ingroia Risorgimento Socialista e cespugli sinistrati vari— di andare uniti alle elezioni come "sinistra alternativa.

C'era il trucco, scrivevo, poiché Navarra, scelto come candidato alla Presidenza della regione  si era detto subito pronto a farsi da parte ove ci fosse un accordo con Sinistra Italiana e MDP-Articolo 1 di Bersani e D'Alema. Ed io fui facile profeta a dire che molto probabilmente questa sarebbe stata la conclusione.

Infatti andranno tutti uniti appassionatamente con la stessa lista: i dalemiani di Articolo 1-MDP, Sinistra Italianae i vari cespuglie e cespuglietti della cosiddetta "sinistra radicale".

Rifondazione comunista siciliana, per bocca del segretario regionale Cosentino, ha diffuso un comunicato — Elezioni siciliane: Rifondazione Comunista per una lista alternativa al Pd, alle destre, al crocettismo —in cui annuncia la piena disponibilità del suo partito di fare un passo indietro in nome dell'unità di tutti i sinistrati sotto l'egida dei dalemiani e dei sellini.

Quelli del Partito Comunista Italiano si era smarcati già alcuni giorni prima. Con un comunicato addirittura del segretario nazionale Alboresi — Il Segretario Nazionale sulle elezioni Regionali in Sicilia.

Abbiate la pazienza di leggerli questi due scarni comunicati. Così, giusto per rendersi conto fino a che punto arrivano miseria politica e opportunismo, e la disperata voglia di restare a galla. Contenuti politici ZERO!

Che faranno adesso i trombati, voglio dire, i cespuglietti siciliani di Azione Civile di Ingroia e Risorgimento Socialista? E' evidente che l'accordo coi dalemiani e i Sinistrati italiani, è stato fatto alle loro spalle. Loro che hanno strombazzato ai quattro venti come un evento epocale la discesa in campo della "sinistra alternativa", si accorgono che... non c'è alcuna "sinistra alternativa". Ben gli sta!

Confessando uno sconforto pari alla rabbia Franco Bartolomei, il padre-padrone di Risorgimento Socialista, così piange sul latte versato:



Il Bartolomei, facendo il verso al suo sodale dei Nebrodi Fabio Cannizzaro, si lamenta perché i suoi corifei siciliani sono stati brutalmente raggirati. Il che la dice lunga sulla arguzia di certi personaggi che col pretesto di unire la sinistra


Cornuti e mazziati.

E Ingroia? Sparito dai radar.

EUROSTOP E LA CACCA SOTTO LA NEVE di P101

[ 30 agosto 2017 ]

«Cacciate da Eurostop gli Yes Borders seguaci di Ugo Boghetta e del P101! Come si può battersi contro l’imperialismo UE insieme a gente che, sostenendo che sia giusto che il mondo imperialista chiude le frontiere al proletariato del Terzo Mondo vittima dell’imperialismo, si rende complice dell’imperialismo stesso?».

Questo commento, dalla sintassi pietosa ma dal contenuto inequivocabile, si trova in bella vista nella prima pagina del sito di Eurostop. E' del 24 maggio, più di un mese prima che fosse celebrata il 1 luglio a Roma (senza fretta e senza furia) la cosiddetta "Assemblea Costituente" (vedi foto) con cui Eurostop da coordinamento si è trasformato in nuovo soggetto politico. Un commento che la dice lunga, come dire, sull'aria che si respirava in Eurostop e sulla egemonia ideologica al suo interno di certo ultra-sinistrismo.


Nessuno in verità ha mai cacciato Programma 101 —Ugo Boghetta ci risulta resti in Eurostop a fare il grillo parlante. Affari suoi. Noi abbiamo preferito non aderire al nuovo soggetto politico, non sussistendo una solida base politica comune. Come Consiglio nazionale di P101 spiegammo le ragioni del commiato il 23 giugno: Perché i nostri compagni non confluiranno in Eurostop.

Se ci torniamo su è perché alcuni, e tra questi il compagno Giorgio Cremaschi, sostengono che la nostra decisione è strumentale in quanto, "a parte la questione dell'immigrazione" —Eurostop, come il resto della famiglia di "sinistra radicale, ritiene il diritto ad emigrare un fondamentale diritto umano e condanna ogni controllo statuale dei flussi— non sussisterebbero "vere divergenze politiche". E poi, dice Cremaschi, "anche voi eravate d'accordo a superare la forma di coordinamento e dare vita ad un soggetto politico vero e proprio". Già, noi eravamo d'accordo infatti, ma a condizione che si fosse trattato di soggetto politico vero e proprio —parole chiave: "vero e proprio".

La qual cosa Eurostop non è e non potrà diventare, anzi si romperà alla prima prova seria, malgrado gli sforzi della Rete dei Comunisti, a cui va dato atto di essere il vero e proprio perno che fa reggere in piedi Eurostop, per quanto il metodo sciatto con cui eserciti questa sua funzione sia indigesto ai più.

Questa prova non è lontana, potrebbe essere rappresentata (siamo alle solite!) dalla prossime elezioni politiche. L'organizzazione che tira i fili in Eurostop, la Rete dei Comunisti, ha infatti una imbelle posizione di tipo astensionistico o, quantomeno, indifferentista. Perché? Per qualche ragione di principio? No, quanto perché, essendo per la Rete l'U.S.B. il bene supremo a cui tutto sacrificare, essa non può che rifuggire da una scelta elettorale, quale che sia, in quanto sarebbe divisiva e devastante nel suo sindacato.

Abbiamo un esempio caldo caldo delle future difficoltà di Eurostop: le prossime, decisive, elezioni regionali del 5 novembre in Sicilia. Che succede? Succede che la forza politica numericamente più consistente di Eurostop, il Partito Comunista Italiano (PCI, gli ex-cossuttiani per capirci), per bocca del suo segretario nazionale Mauro Alboresi ha appena diffuso una dichiarazione a nome del suo partito in cui auspica una lista unitaria con Sinistra Italiana e i dalemiani di Articolo1-MDP. E non c'è alcun dubbio che questa dichiarazione scandalosa precede e anticipa quella che questo partito prenderà in vista delle politiche di primavera. 

Eurostop è ancora in vacanza e non si hanno notizie se la "cosetta siciliana" sia stata messa agli atti e se e quale turbamento abbia prodotto. Un fatto è tuttavia evidente: il PCI ha agito per suo conto, senza consultare Eurostop. Che diciamo senza consultare, sbattendosene altamente i coglioni di quel che i sodali (anzitutto Cremaschi e quelli della Rete dei Comunisti) potessero pensare della scelta di andare a braccetto con i Sinistrati Italiani e i dalemiani.

Ma la cacca sotto la neve, com'è noto, è destinata a venire alla luce. In questo caso molto presto. Con le elezioni alle porte e un PCI che implora uno strapuntino nel listone arcobalenico sinistrato che succederà in Eurostop? Può un soggetto politico far coabitare al suo interno il diavolo e l'acqua santa? L'astensionismo di ultra-sinistra e l'indifferentismo elettorale (che è una sindrome peggiore) col più classico opportunismo elettoralistico? Staremo a vedere. Una cosa non sarà accettabile: vedere gli eurostoppisti cadere dal pero, sentirsi dire da Cremaschi ... "questa non me l'aspettavo". C'è infatti, nella scelta di campo del PCI, una logica ben nota a chi conosca storia e visione di questo partito. Non si alberghino quindi scuse per nascondere i limiti profondissimi e il carattere posticcio di Eurostop.

La facciamo corta, non senza rispondere alla critiche rivolteci, quelle per cui ci saremmo tirati indietro strumentalmente, quando eravamo i primi in Eurostop a proporre la costituzione di un "vero e proprio soggetto politico".

Per capire da che parte stia la verità, ovvero stiano la coerenza e la chiarezza politica, consigliamo di leggere la LA FRANCIA INDICA LA VIA , che era appunto una lettera aperta a Eurostop del maggio scorso. P101 spiegava che il processo costituente era impantanato, che i nodi programmatici non venivano affrontati, e quindi si faceva una proposta, seguire la strada indicata da France Insoumise. Pensate ci sia stata qualche risposta? Nessuna, come al solito. Come sempre la più insopportabile sordità.

E, per capire chi sia stato sempre chiaro, trasparente e coerente, vale forse la pena leggere il profetico intervento che Moreno Pasquinelli, di Programma 101, svolse all’assemblea di Eurostop (Roma 28 gennaio 2017). Era questa l'assemblea che diede avvio al percorso costituente di un univco soggetto politico.

Giudichino i lettori da che parte stanno coerenza e chiarezza.


«Cari compagni 

Siamo chiamati, con questa assemblea, a decidere se EUROSTOP debba e possa trasformarsi in un soggetto politico —per quanto plurale e confederato. Che lo si debba fare lo sosteniamo da tempo, scontiamo anzi un enorme ritardo (e non sarebbe secondario chiedersi il perché), che sia possibile, dipende. Da cosa dipende?

Diceva Hegel che: “Quando si hanno tutte le condizioni, la cosa deve diventare reale”.

Tra le diverse condizioni, cinque a noi sembrano quelle determinanti: (1) un’analisi della situazione condivisa; (2) una visione strategica comune; (3) un programma politico di fase unico; (4) una medesima concezione sulla natura del soggetto che vogliamo costruire; infine (5) una squadra dirigente che oltre ad essere di alto profilo sia forte della reciproca fiducia dei suoi componenti.

A noi non pare che tutte queste condizioni esistano già. Molte, purtroppo, sono le differenze (e le diffidenze) tra noi. Dobbiamo per questo rinunciare all’impresa? No, non dobbiamo rinunciarvi, dobbiamo tentare, ma facendo il passo secondo la gamba, mettendo ogni cosa al suo posto, individuando le aree di criticità, giocando a carte scoperte, avviando un processo graduale costituente che affronti i problemi invece di nasconderli.

Abbiamo letto con la dovuta attenzione i documenti fondativi sottoposti all’attenzione di tutti noi. C’è un evidente squilibrio tra l’impegnativa chiamata a fondare un soggetto-politico-fronte e la base politica, francamente striminzita, con cui la si giustifica —e che a ben vedere resta sostanzialmente la stessa che avevamo già come coordinamento. I tre NO (all’Unione europea, all’euro e alla NATO) sono condizioni necessarie ma insufficienti. Un salto organizzativo chiede un proporzionale corrispettivo politico altrimenti il rischio —come ad alcuni di voi accadde con ROSS@—, è che il salto sia mortale.

Proviamo quindi ad individuare i nodi che andrebbero sciolti, se vogliamo davvero gettare le fondamenta di una costruzione che non collassi al primo urto, e ce ne saranno diversi nei prossimi anni.

(1) Per quanto riguarda la situazione generale, al netto dell’accordo sul fatto che questa crisi è sistemica, “organica” come avrebbe detto Gramsci, non tutti siamo d’accordo non solo che la globalizzazione è al tramonto, ma che l’Unione europea (che non nacque affatto come polo antagonista a quello americano ma ben al contrario come sorella gemella dell’imperialismo USA) ha imboccato la via del suo inesorabile disfacimento. La conseguenza, che vi segnalavamo da tempo e che ha enormi conseguenze politiche, è quella che vedrà gli stati nazionali riconquistare il centro della scena.

(2) Noi riteniamo un grave errore strategico opporsi alla tendenza geopolitica alla rinazionalizzazione. Invece di fare esorcismi contro il ritorno alla sovranità nazionale —concetto che nei documenti ci si è guardati bene dal solo nominare, preferendo quello di “sovranità popolare”, come se questa e le procedure democratiche possano esistere oggi senza il demos nazionale— noi dovremmo invece impugnarla, con ragionevole audacia. Dovremmo andare incontro ai risorgenti sentimenti nazionalistici tra le masse popolari (che significano più sovranità nazionale, più Stato, più comunità, più democrazia, più sicurezza) opponendo un patriottismo repubblicano, costituzionale e socialista, contro ogni nazionalismo sciovinistico e imperialistico. Questo è secondo noi il discorso per combattere il nemico principale, il blocco oligarchico mondialista dominante (in cui la nostra grande borghesia è pienamente incapsulata), e quindi lanciare e vincere la sfida dell’egemonia nel campo popolare e antioligarchico, oggi presidiato anzitutto da forze come M5S e nuove destre come Lega nord e FdI.

(3) I documenti parlano di ITALEXIT, ma sono vaghi, non ci dicono niente di preciso su come noi vorremmo utilizzare la riconquistata sovranità nazionale e monetaria. Questa reticenza è inammissibile visto che da anni fuori di qui se ne dibatte e sono state prodotte tesi e proposte di indiscutibile valore scientifico. Ma questa reticenza ha una ragione: c’è chi scongiura un’uscita unilaterale e vaticina (in base a discorsi francamente risibili sulle “economie di scala) improbabili nuove zone di mercato e moneta comune, siano esse mediterranee o meno. Di contro al rischio che l’uscita dall’euro e dall’Unione sia pilotata da forze nazional-liberiste, noi dobbiamo opporre un chiaro programma per dare vita ad un ampio blocco costituzionale che in futuro possa dare vita ad un governo popolare d’emergenza, o di transizione, che metta in sicurezza il Paese. Un programma che sia coerente con la democrazia sociale scolpita nella Costituzione del 1948, che per noi deve avere il profilo di un keynesiano radicale, che potrebbe fungere da anticamera di trasformazioni socialiste vere e proprie. Ma, anche qui, c’è chi fa spallucce lancia anatemi contro il keynesismo “borghese”.

(4) Sulla natura del soggetto politico, che viene prima della forma, qui circolano le idee più disparate. Non parliamo tanto delle regole che debbono tenerci assieme. Qui parliamo, lo diciamo senza peli sulla lingua, del populismo. Anche in questo caso tra noi c’è chi lancia anatemi; si tratta, sia di coloro che ritengono sia oggi percorribile la strada della ricostruzione del partito di classe, ovvero comunista, sia di quelli che rispolverano la tradizione sindacalistica.

Il campo sociale e politiconon è più diviso da una retta verticale che divida la destra dalla sinistra, bensì da una retta orizzontale che divide chi sta sopra (l’oligarchia e la cima della piramide sociale) da chi sta sotto (una poltiglia sociale senza più la classe operaia al suo centro). Formenti ci dice che questa è la nuova forma della lotta di classe. E’ vero, a condizione di precisare che è una nuova forma di lotta di classe per cui, inabissatosi il soggetto sociale teleologico che per sua natura avrebbe una funzione guida, spetta al soggetto politico (politico si badi, né sindacale né tantomeno vagamente “sociale” —non amiamo quindi l’aggettivo “sociale” posto dopo il sostantivo “piattaforma”) dare forma e finalità alla eterogenea sfera sociale, di questi tempi un partito che costruisce e plasma un popolo che sia forza di mutamento e capace di esercitare sovranità.

Per questo non basta avere un programma, né rivendicare l’applicazione delle parti progressive della Costituzione, né tanto meno limitarsi ad affermare tre NO. C’è bisogno di un discorso profetico, di simboli forti, e perché no, di miti e nuovi orizzonti di senso. Dobbiamo saper stabilire connessioni emotive con il popolo lavoratore, precario e marginale, capaci di parlare al suo cuore e non solo alla sua testa. Quando la situazione è drammatica nessuna narrazione politica può sperare di diventare egemonica se non ha pathos. Populismo, per quanto ci riguarda populismo socialista, non è quindi solo linguaggio o retorica discorsiva, è l’incontro tra una visione radicale ed una pratica politica di massa.

Per concludere.

C’è molto lavoro da fare affinché “la cosa diventi reale”.

Dobbiamo unire le nostre forze, avviarci su questo sentiero, senza temere le difficoltà esistenti che potremo superare come abbiamo già superato alcune delle divergenze che ci dividevano fino a ieri. In questo contesto ci permettiamo di condensare quelli noi consideriamo i dieci punti d’indirizzo per andare verso il popolo e farne il protagonista della rivoluzione democratica:

(1) IL POTERE SPETTA AL POPOLO NON ALL’OLIGARCHIA CAPITALISTA
(2) LA COMUNITÀ VIENE PRIMA DELL’INDIVIDUO
(3) L’EGUAGLIANZA E LA SOLIDARIETÀ SIANO I PRINCIPI DELLA CONVIVENZA CIVILE
(4) LA DIGNITÀ E IL DIRITTO AL LAVORO DI OGNUNO VENGONO PRIMA DI TUTTO
(5) LA POLITICA DIRIGA E PROGRAMMI L’ECONOMIA, PER DIFENDERE AMBIENTE E TERRITORIO NELL’INTERESSE DELLA COLLETTIVITÀ
(6) LO STATO DEVE COMANDARE, NON IL MERCATO
(7) REGOLARE L’IMMIGRAZIONE IN BASE ALLE ESIGENZE DELLA COMUNITÀ CONTRO OGNI DISCRIMINAZIONE ETNICA, RELIGIOSA O RAZZIALE
(8) PER LA SICUREZZA SOCIALE, CONTRO LA CRIMINALITÀ, I SOPRUSI E LE ANGHERIE
(9) PER LA SOVRANITÀ NAZIONALE , CONTRO GLOBALIZZAZIONE, UNIONE EUROPEA E NATO
(10) PER UN PATRIOTTISMO REPUBBLICANO E INTERNAZIONALISTA».

martedì 29 agosto 2017

LE BANCHE ITALIANE? TUTTE IN MANO STRANIERA

Clicca per ingrandire
[ 29 agosto 2017 ]

«Il processo di privatizzazione delle imprese di proprietà pubblica, avviato in Italia nei primi anni Novanta, è diventato un caso di studio e un riferimento a livello internazionale, per la dimensione delle vendite, nel mondo inferiori solo a quelle del Giappone e del Regno Unito, ma anche per l’efficace sequenza delle vendite e le procedure trasparenti L’avvio delle privatizzazioni fu imposto dal grave deterioramento dei conti delle aziende a partecipazione statale, soprattutto l’IRI e l’EFIM, in una fase in cui anche i conti dello Stato erano in condizioni non più sostenibili, dopo oltre un decennio di elevati disavanzi che avevano fatto lievitare il debito pubblico oltre il 120% del PIL».

Queste apologetiche quanto scandalose parole le troviamo non sul sito della Confindustria, bensì in quello della dalemiana fondazione ITALIANIEUROPEI. Si tratta di un articolo del febbraio 2008 di Stefano Micossi, che consigliamo di leggere tutto, perché ricostruisce il devastante processo di privatizzazione del
sistema bancario italiano dal 1993 al 2005. ne viene fuori che proprio i governi di centro-sinistra (con Rifondazione dentro e Bersani capofila) sono quelli che hanno attuato la più grande ondata di provatizzazioni d'Europa (vedi tabella).

Degno di nota quanto scrive Micossi:
«L’arresto delle privatizzazioni e il ritorno al pubblico.Con l’inizio del nuovo decennio, il processo di privatizzazione ha subito un vistoso rallentamento, che dura tuttora: ciò è stato il riflesso non tanto delle peggiorate condizioni dei mercati di Borsa dopo la fine della «bolla» sui titoli informatici, come sostengono Megginson e Scannapieco, quanto dell’attitudine contraria alle privatizzazioni della maggioranza di centrodestra, finora mantenuta anche in questa legislatura». 

Sì, avete capito bene, i dalemiani (che oggi hanno la faccia tosta di fare l'ala sinistra di Renzi) si lamentavano perché il centro-destra frenò le privatizzazioni delle banche e non solo! Col che si è detto tutto su cos'è stata e cos' è la cosiddetta "sinistra" italiana, vera testa d'ariete del neoliberismo.

Ma a che punto siamo oggi con le banche? Che i salvataggi, da MpS alle banche venete, hanno dimostrato che quella per cui privatizzare sarebbe stata la soluzione si è invece rivelata un drammatico problema. Anzi, una tragedia nazionale.

L'Ufficio relazioni esterne della banca di Piacenza sono veri i dati riportati da LIBERO il 27 agosto, ovvero che la grande parte delle banche italiane è oramai in mano straniera. 


SICILIA: LA RESA DEI CONTI di Beppe De Santis

[ 29 agosto 2017 ]

Chi ha orecchie per intendere, intenda...

La campagna elettorale siciliana entra nel vivo. Come abbiamo detto le elezioni siciliane del 5 novembre sono la prova generale delle nazionali di primavera. I nostri lettori sanno già che la sola vera novità è la lista SICILIA LIBERA E SOVRANA- Noi siciliani con Busalacchi, movimento con il quale la CNL ha sottoscritto un vero e proprio PATTO POLITICO.
Contro SICILIA LIBERA E SOVRANA sta partendo (c'era da aspettarselo) una vera e propria campagna di denigrazione. Con questo intervento —che getta un fascio di luce sulle recenti vicende siciliane, oscure e meno oscure —parte il contrattacco.


STORIA E FALLIMENTO DEL MPA (Movimento per l’Autonomia)


E’ l’ora della RESA DEI CONTI della storia e del fallimento dell’MPA.

L’MPA ha suscitato, in Sicilia, una straordinaria speranza (periodo 2005-2008, fase di incubazione e sviluppo) ed è risultato, alla fine dei conti, un TITANICO FALLIMENTO (periodo 2009-2012, fase di governo di Raffaele Lombardo —nella foto sopra).

LE RAGIONI DELLA NASCITA E DELLO SVILUPPO DELL’MPA E LE DUE FASI DIVERSE DEL MPA

Vanno distinte, dunque, due fasi, due realtà e vicende diverse, seppure intrecciate.
Attorno al 2005, il sistema di potere politico, e politico-mafioso siciliano, era in piena crisi.
La base del sistema di potere siciliano, impostosi dal 1994 (clamorosa discesa in campo di Berlusconi), era fondato sul berlusconismo trionfante, su Forza Italia, e, sul quadrumvirato Silvio Berlusconi-Marcello Dell’Utri-Gianfranco Miccichè-Antonio D’Alì. E’ il tempo disgraziato del “61 a 0”, a favore del centro-destra, a trazione berlusconiana. Questo sistema, nel 2005, era in crisi verticale.
Per reggersi, lo scricchiolante sistema di potere berlusconiano, in salsa sicula, dovette far ricorso, malvolentieri, peraltro, all’inedito duopolio BERLUSCONISMO-CUFFARISMO (il fenomeno prende nome dal famigerato e sciagurato Totò Cuffaro, governatore siciliano dal 2001), una riclassificazione, quest’ultima, del peggiore mix tra degenerato, vetero-popolarismo di antica schiatta democristiana (della peggiore specie), clientelismo globale e totalitario, assistenzialismo sistemico e depravato, disinvoltura totale nei rapporti proattivi con la trama affaristico-mafiosa.
Ma, attorno al 2005, anche il cuffarismo è in crisi: era difficile, improbo, reggere all’infinito la titanica —e geometricamente espansiva— CONFEDERAZIONE SICULA DELLE CLIENTELE, in versione “Totò vasa vasa” (nomignolo derivante dalla prassi incontenibile  del nostro Totò governatore di baciare tutto e tutti, una vera e propria incontinenza, un inquietante “governar baciando”).
Frattanto, dopo un decennio di infondate speranze (1995-2005), l’assetto economico e sociale siciliano comincia a precipitare verso l’abisso.
Il malessere, e il furore popolare, prima serpeggia, e, poi, si comincia a sentire diffusamente nell’aria, come veleno.

LE TRE DISTINTE RADICI DELL’MPA

In questo contesto germina l’idea, il progetto e il percorso promozionale dell’MPA.
L’MPA germina da tre distinte radici.

1 - L’AUTONOMISMO, e il sicilianismo genuino, democratico e progressivo, anche con una forte componente di sinistra, rappresentato dalla comunità politica, che già nel lontano 1996, aveva fondato il Movimento e la Lista “Noi Siciliani” (circa 72.000 voti al Senato e circa 47.000 voti alle regionali, con l’elezione di 1 deputato). ”Noi Siciliani” era costituito da 3 componenti: la componente autonomista democratica e progressiva (Erasmo Vecchio, Giuseppe Scianò e altri); la componente laburista di sinistra (Beppe De Santis); la componente cattolico popolare (i fratelli Andrea e Antonio Piraino). Erasmo Vecchio, più degli altri, assicurò generosa continuità operativa all’impegno autonomista, quale autorevole co-promotore di “Nuova Sicilia” (100.000 voti alle regionali del 2001, con 3 deputati).

2 - Il POPOLARISMO CATTOLICO-DEMOCRATICO di ascendenza ACLISTA, rappresentato dal compianto on. Lino Leanza ed altri.

3 - Gli SCISSIONISTI EX-UDC, di remota e vaga provenienza dalla sinistra democristiana e cislina, aggregati attorno a Raffele Lombardo (euro-parlamentare nel 1999 e nel 2004  e anche Presidente della Provincia di Catania dal 2003).

Nella costruzione dell’MPA, la squadra di “Noi Siciliani” ci mise l’anima, la visione, il progetto, gran parte del programma, e quadri e militanti, l’entusiasmo, la generosità romantica perfino. Tanto è vero che lo stesso De Santis, divenne, nella pratica e nell’immaginario collettivo l’ideologo per eccellenza, lo stratega, il tessitore, l’uomo-programma, il mediatore dinamico. Questa fatica è dimostrata dalla mole impressionante di documenti elaborati, di piattaforme, di libri (in gran parte pubblicati dalla casa editrice Arianna gestita da Pietro Attinasi e sua figlia Arianna), convegni, seminari. Una parte della documentazione è facilmente reperibile in WEB. Tra i libri, basti citare: “10 buoni motivi per la nascita e il successo del Movimento per l’Autonomia” (2005), “Autonomia è Ambiente” con Rossana Interlandi (2008), ”Una Sicilia libera e forte. Per il rinnovamento della Sicilia” (2008), “La Sicilia siamo noi. Profilo storico e culturale della Sicilia (3 voll. 2008), “La Sicilia ai giovani siciliani” ( 2008), “L’ultimo treno del Sud e della Sicilia. La programmazione 2007-2013”.
Lino Leanza e la sua squadra ci misero l’approccio sinceramente popolare, responsabile, mediatorio, ragionevole, la concretezza e la generosità operativa a favore dei disoccupati e dei giovani, in particolare.
Raffaele Lombardo —sempre affiancato dal servile e traditore Giovanni Pistorio— ci mise, soprattutto, le truppe, in gran parte cammellate e trasformiste (c’est la vie), nonostante gli appassionati e roboanti impegni autonomisti e para-rivoluzionari degli inizi (periodo 2005-2008). Tutti  genuinamente reperibili in WEB e nella documentazione ufficiale del Governo regionale  e dell’Assemblea regionale. Ci mise, poi, il Lombardo, la più incontinente avidità e smania di potere,  protervia, accidia, mania del potere per il potere , solipsismo paranoico, la mania  di grandezza in sé e per sé (l’hybris), di vera e propria violenza del potere (periodo 2008-2012).

LA PIATTAFORMA TRADITA DELL’MPA

Resta il fatto che la prima fase dell’MPA (2005-2008, prima della conquista del governatorato regionale) fu complessivamente positiva, propulsiva, creativa, democratica, partecipata, densa di idealità e di buona progettazione, almeno da parte dei promotori dell’MPA in buona fede (magari, i classici “utili idioti”). In questo quadro si attivarono centinaia e centinaia di militanti di buona volontà, che diedero l’anima per l’MPA, e anni di impegno gratuito e appassionato. Ne ricordo due tra i tanti: Giuseppe Prestigiacomo e Rossana Interlandi.
Gli obiettivoìi del PRIMO MPA erano:
- dignità, orgoglio, responsabilità e identità alla Sicilia;
- tutela, senza guardare in faccia a nessuno, degli interessi sistemici della Sicilia;
- tutela dell’agricoltura e dell’agroindustria siciliana dalle multinazionali predatrici e dalle centrali oligarchiche;
- animare e rinnovare la partecipazione del Popolo siciliano al governo della cosa pubblica;
- realizzare un sistema generalizzato e serio di FISCALITA’ DI VANTAGGIO O DI SVILUPPO, come dir si voglia;
- realizzare finalmente e bene, senza sé e senza ma, il PONTE SULLO STRETTO, ritenuto-sia pure tra riserve —la madre di tutte le infrastrutture— in modo ecocompatibile e al riparo dei comitati d’affari;
- attuare radicalmente e integralmento lo STATUTO AUTONOMISTICO speciale;
-realizzare, in un’ottica neomeridionalista, il massimo di sinergia e di alleanza possibile con le altre 7 Regioni meridionali;
- “debellare definitivamente” il cancro della mafia, ”tutto in 10 anni al massimo”, così arringava le folle il Lombardo (vedere gli atti dei primi congressi dell’MPA).
Ebbene, DI QUESTO PROGRAMMA RIVOLUZIONARIO NON SI E’ REALIZZATO NULLA, O SI E’ REALIZZATO L’ESATTO IL CONTRARIO.
Tutto è stato vigliaccamente tradito. Una ignominia.
Tant’è che, vista la mala parata, Erasmo Vecchio fu uno dei primi ad andarsene, sdegnano.

I SETTE TRADIMENTI DI LOMBARDO E DEI LOMBARDIANI

Cosa accadde, già nella tarda primavera del 2008, soltanto qualche mese dopo l’ascesa al potere del Lombardo?


L’UOMO SOLO AL COMANDO E LA LIQUIDAZIONE DELL’MPA

1 - In primis, il Lombardo liquidò il nuovo movimento-partito, cioè l’MPA stesso. Tutto il potere al Governatore. L’UOMO SOLO AL COMANDO, in forme estreme e paranoiche.
Ma come si potevano combattere i POTERI FORTI, senza l’ausilio di un Partito forte, organizzato e combattivo?
L’idea poteva esser quella di affidare il partito ai quadri più generosi e disponibili, più vocati e adatti a questa funzione, come Leanza, De Santis, Interlandi, Prestigiacomo e altri bravissimi quadri e militanti.
Ma, quando mai!
Il Lombardo impedì, con protervia, ogni ipotesi di svolgimento di qualche forma congressuale del morente (assassinato) MPA.

LA LIQUIDAZIONE DEI PARTNERS E COLLABORATORI PIU’ATTIVI E AUTONOMI

2 - In secondo luogo, il Lombardo tolse potestà, mise in qualche cantuccio di secondo o terzo ordine, emarginò, o letteralmente liquidò tutti principali e sinceri promotori dell’MPA, a partire da Lino Leanza, Giuseppe Prestigiacomo, Beppe De Santis e decine e decine  di quadri e militanti che ci avevano creduto all’MPA. Ad altri, più deboli e consenzienti, riservò il ruolo di tappabuchi.
Il Lombardo, anche con i più brillanti collaboratori, usò la classica “tecnica della sarda”, di scuola manniniana (dal Ministro Calogero Mannino, maestro del Lombardo e del Cuffaro): fargli assaggiare il potere e lo svolgimento di una funzione autorevole, per poi rimuoverlo dopo pochi mesi, senza ragione alcuna —se non quella di fare “odorare la sarda” ai successivi malcapitati.
Alla “tecnica della sarda” fa da presupposto filosofico “la teoria de coglioni”: vale a dire, che i collaboratori e i partners è meglio, è d’uopo, che siano prevalentemente cretini, fragili, ricattabili, servili. Per quelli mediamente intelligenti e di carattere, non c’è posto. I partners e i collaboratori devono essere come i coglioni, devono essere coglioni.
In compenso, il Lombardo, si tenne sempre tra i piedi (pardon tra i coglioni), il più infido e mellifluo e traditore tra tutti i compagni d’avventura, il già citato Giovanni Pistorio, che, alla prima occasione, lo tradì clamorosamente.
Queste teorie e queste pratiche barbariche fanno da presupposti a fenomenologie governative ben più pericolose e destabilizzanti: il continuo e folle giro di valzer delle maggioranze governative, degli assessori, dei direttori,  degli incaricati e dei collaboratori tutti i livelli. Il caos.

I TRADIMENTI E IL RIBALTAMENTO DELLE ALLEANZE

3 - In terzo luogo, il Lombardo, preso dalla ybris (mania di grandezza di tipo paranoico) dell’uomo solo al comando, presto tradì la maggioranza che l’aveva eletto con fiducia e entusiasmo, e convolò a nozze con il PD di Beppe Lumia e di Antonello Cracolici.
Accade che, nel 2009, i centristi di Casini, avvertendo la crisi strutturale del berlusconismo e della ruolo dello stesso Berlusconi, osarono ipotizzare un CENTRO POLITICO autonomo dallo stesso Berlusconi. Apriti cielo!
Presto, e di nascosto, il Lombardo fece un patto col Cavaliere di Arcore, teso a liquidare l’UDC siciliana, perno dell’UDC nazionale e quindi perno del sognato CENTRO AUTONOMO.
Il Lombardo approntò un vero e proprio TRADIMENTO, di stile borgiano, ai danni degli alleati più viciniori e simpatetici, i malcapitati dell’UDC. I quali, infatti, con vari pretesti rivoluzionari, furono sbattuti fuori dal governo regionale. Quello che ci rimase più male fu soprattutto il povero totò Cuffaro, già in altri e ben più grossi guai affaccendato.
Poi, sempre il Lombardo spaccò Forza Italia siciliana, sbattendone una parte fuori dal governo e tenendosene una parte, servile, dentro. Il fido Miccichè, allievo e cane di scorta del capo della mafia politica, il senatore Dell’Utri.

LOMBARDO E I LOMBARDIANI SERVI DELLE OLIGARCHIE NEOLIBERISTE, FINANZCAPITALISTE SPECULATIVE

4 - In quarto luogo, il Lombardo, abbandonate miserevolmente le istanze autonomistiche, adottò tutte le politiche austeritarie e di tagli della spesa pubblica, antimeridionaliste e anti-siciliane, imposte dal nuovo governo Berlusconi-Tremonti-Bossi, governo, peraltro, a truce trazione leghista. A cominciare dai durissimi tagli alla Sanità e ai Comuni.
Pr la sanità adottò, come assessore, un rozzo tagliatore di teste, un certo Massimo Russo, magistrato rampante, completamente ignavo delle cose sanitarie. A distanza di anni, quando gli operatori sanitari siciliani sentono il nome del sunnominato, si toccano freneticamente le pudenda.

Il Lombardo, da rodomontico guerriero autonomista, assunse il ruolo di servo totale e gagliaardo delle oligarchie neoliberiste speculative romane e europee, che, tra il 2008 e il 2012 ( dal 2011, con truce Mario Monti) fecero definitivamente a pezzi l’Italia, il Sud e la Sicilia.

Peraltro, il Lombardo, essendo molto superbo e ignorante, come gran parte della classe  politica predatoria nostrana, quando nel 2008 (formalmente il 17 settembre 2008, con l’affondamento della Lehman Brothers), scoppio la GRANDE CRISI GLOBALE, NON NE CAPI’ MINIMAMENTE LA PORTATA, ch fu più devastante della crisi del 1929, sebbene alcuni dei suoi collaboratori più volenterosi e informati l’avessero messo sull’avviso, suggerendogli anche di leggere qualche  libro illuminante di Gallino, Bagnai, Piketty, Screpanti.  Nulla da fare. Se ne stracatafottò altamente, come direbbe il maestro Camilleri. Continuò ad andare avanti a testa bassa, contribuendo ad affondare definitivamente la Sicilia.
Alcuni dei più ingenui e testardi  (“utili idioti” per l’allievo preferito di Lillo Mannino) collaboratori d’allora conservano ancora caterve di e-mail indirizzate ufficialmente al Signor governatore con suggerimenti, indicazioni, proposte, finite nel nulla della NULLITA’ AUTODISTRUTTIVA DEL LOMBARDISMO. Forse è tempo di pubblicarle , queste e-mail.

L’ARMATA BRANCALEONE DI LOMBARDO HA TRADITO COMPLETAMENTE L’AUTONOMIA SICILIANA E IL POPOLO SICILIANO

5 - In quinto luogo, il Lombardo riempì il Parlamento regionale, gli Assessorati, gli enti regionali, perfino qualche anfratto del Parlamento nazionale e del governo nazionale di autentici ascari —collaborazionisti venduti al colonizzatore di turno— anti-siciliani, soggetti servili, ignavi e pericolosi, un autentico circo Barnum di soggetti a tutto vocati meno che a fare i guerrieri autonomisti e sovranisti, veri e propri personaggi in cerca d’autore, e proprio per questo dannosi, dannosissimi alla causa del bene comune, del bene pubblico. Figuriamoci alla difesa dell’Autonomia siciliana. Ne ricordo  soltanto alcuni, come in un incubo, ad occhi aperti: Giovanni Pistorio (senatore, deputato all’Ars e pluriassessore), il senatore Vincenzo Oliva, il sottosegretario Giuseppe Reina, Roberto Di Mauro, Carmelo Lo Monte, Riccardo Minardo, Pietro Rao, Angelo Lombardo, Angelo Attaguile, Antonino Rizzotto, Marianna Caronia, Giovanni Greco, Salvatore
“Toti”Lombardo, Paolo Ruggirello, Totò Lentini, Giuseppe Federico, Vincenzo Figuccia, Giuseppe Gennuso, Mimmo Russo, Paolo Colianni, Gaetano Armao. Un’armata Brancaleone.
Tutti costoro, insieme ad un altro centinaio almeno HANNO TRADITO COMPLETAMENTE L’AUTONOMIA SICILIANA.
Hanno ingannato il popolo siciliano. Sono dei traditori della Patria siciliana.

LOMBARDO E I LOMBARDIANI AL SERVIZIO DI MATTEO RENZI

6 - In sesto luogo, il Lombardo, nel corso della presente legislatura nazionale, ha allocato e dislocato i suoi residui, pochissimi, servi, ancora presenti nel Parlamento nazionale (2-3 scherani), tramite la banda parlamentare di  Denis Verdini, AL SERVIZIO DELLA MAGGIORANZA E DEI GOVERNI RENZI.
Lombardo e i lombardiani sopravviventi sono, dunque, renziani.
Sono corresponsabili di tutte le malefatte del governo Renzi e contorni. Altro che Autonomia.

LOMBARDO E I LOMBARDIANI PER IL “SI’” AL REFERENDUM E QUINDI NEMICI DELLO STATUTO AUTONOMISTICO

7 - In settimo luogo, il Lombardo e i suoi scagnozzi, hanno baldanzosamente sostenuto il SI nel referendum anticostituzionale del 4 dicembre 2016, in perfetta combutta con la banda Renzi.
Ora, svuotare e distruggere la Costituzione italiana del 1948, significa contestualmente distruggere lo Statuto autonomistico siciliano. Non è molto difficile a afferrare.

L’ARMATA BRANCALEONE LOMBARDIANA DI NUOVO IN AGGUATO

Adesso, giungono notizie per cui gran parte di questa gentaglia, da dietro le quinte capitanata dal Lombardo, intende ripresentarsi alle elezioni, per farsi rieleggere e continuare ad ingannare il Popolo siciliano. Sempre in nome dell’Autonomia, dell’Autonomia tradita.
Se hanno tradito una volta, due volte, tre volte, continueranno a tradire.
Vi rendete conto? Di nuovo, Colianni, Rizzotto, Gennuso, Lombardo junior. C’è da inorridire.
Approfitto per far notare che l’esimio Gaetano Armao è stato, in questi anni, dal 2009 ad oggi, il vero braccio destro di Lombardo.
Sarebbe lui —l’Armao tanto caro a Berlusconi— il nuovo guerriero vendicatore dei torti subiti dallo Statuto autonomistico?
Ma, siamo seri!

IL TEMPO DELLA “BESTIA”


Anni fa, nel lontano fine 2008, quando in pochi mesi, capii e capimmo il tradimento in corso del Lombardo, ciascuno in buona volontà cercò di correre ai ripari.
Ci fu chi mollò immediatamente l’MPA e il Lombardo e andò altrove a svernare.
Chi abbandonò, schifato, e per sempre l’attività politica.
Chi tentò di opporsi alla deriva lombardiana e ri-mediare.
Chi, come il sottoscritto tornò agli studi di taglio sovranista costituzionale (come ci saremmo chiamati di lì a poco), al lavoro di progettista dello sviluppo locale, cercò di contribuire alla nascita e allo sviluppo del nuovo movimento contadino che sfociò nei FORCONI, a ipotizzare progettare e promuovere una sommossa meridionalista (sulla falsariga di libri di Pino Aprile) prima dell’insorgenza grillina, a intraprendere la lunga marcia della rivoluzione sovranista costituzionale.
A partire dal Natale del 2008, nel mondo ormai semidistrutto dell’ex MPA, gli improperi e gli epiteti contro il Lombardo si sprecarono.
Un appellativo ebbe particolare successo.
“La Bestia”. E’ stato, per un lungo periodo, l’appellativo più gentile e diffuso per qualificare il traditore di Palazzo D’Orleans.
Lombardo “La Bestia”.
Ora, io alla “Bestia”, intanto, dico: “Non molestare il cane che dorme”.
Ma, “La Bestia” non sa, non può resistere a fare del male, a molestare, a provocare, a violentare, a malignare, a trafficare, a “pupiare”.
Per cui, siccome “ La bestia” non molla, sono stato costretto, durante questo afoso agosto 2017, a scrivere un libro di oltre 200 pagine, tutte dedicate alla “Bestia”.
Il Libro è già in tipografia e uscirà in autunno.
In piena campagna elettorale.
E’ già prevista la presentazione in una settantina di Comuni di Sicilia.
Questo umile e sintetico articolo è soltanto l’antipasto della storia della “Bestia”.
Anticiperemo, nelle prossime settimane, alcuni contenuti del Libro. Sui Blog e su Facebook.
Peraltro, siamo costretti a questo tipo di scrittura, per legittima difesa.
In altri termini, non ne possiamo più dell’impostura di questi cattivi soggetti, di questi satrapi falliti e traditori.
Vi dò, per ultimo, nel successivo post-scriptum, alcuni esempi miserabili  del modo d’essere e agire di questi miserabili soggetti.

Post-scriptum

Mi dicono che il Lombardo ( “La Bestia”) ad un rozzo candidando di Siracusa, piombandogli in casa, gli abbia intimato di non perdere tempo con quei “saltimbanchi” di Beppe De Santis e Erasmo Vecchio.
Povera la mia “Bestia”, come ti sei malridotta.
Vedrai, Vedrai…
Questi saltimbanchi, questi meschini pagliacci, ti faranno saltare il Banco.
Mi dicono che il Lombardo (“La Bestia”) ad un cretino, che si crede un rivoluzionario, abbia suggerito che “il problema non è tanto Erasmo Vecchio, che è un buono. Il problema è De Santis. Che bisogna abbattere. Isolare. E’ lui l’estraneo ai nostri interessi (?), l’alieno. Pericoloso”.
Il Lombardo ignora, o fa finta, che Erasmo e Beppe sono fratelli siamesi.
Vedrai, vedrai…
Sì, siamo magnificamente estranei ai suoi interessi (?).

Attenzione, cara “Bestia”, a quel che scrisse il 30 settembre 2005  il famigerato pidocchio Matteo Messina Denaro, attuale capo assoluto di Cosa Nostra, nel suo epistolario “Lettere a Svetonio”, col noto Vaccarino —ex sindaco colluso  e tragediatore di Castelvetrano, a suo tempo, attivo sodale del Lombardo e cacciato dalle file dell’ MPA per iniziativa di De Santis e altri—, riferendosi alla nascita e sviluppo dell’MPA, a trazione lombardiana:

 “ n.b. Mi piace il nuovo cammino (l’MPA), escluso De Santis”.
“Con accresciuta stima
e l’immenso affetto di sempre
un bacio-
ad maiora
suo Alessio”.
(alias Matteo Messina Denaro).

Nelle prossime puntate, ripubblicheremo l’intera intercettazione e altre stuzzicanti notizie.

lunedì 28 agosto 2017

IL PARTITO TEDESCO SI DA LA ZAPPA SUI PIEDI di Piemme

[ 28 agosto 2017 ]

Com'è evidente le élite dominanti, forti del loro predominio economico, tengono stretto, per difendere quello politico, il loro monopolio sui mezzi di informazione.
Certo, alcune cose sono cambiate con l'arrivo di internet, ma resta che per manipolare l'opinione pubblica, decisivo è il possesso delle principali testate giornalistiche, delle più grandi case editrici, quindi dei grandi canali televisivi.
Fateci caso, come nelle banche, nella finanza e nelle grandi aziende, anche in quello dell'informazione il sistema inossidabile è quello delle porte girevoli: c'è una ristretta cupola di ottimati, di prescelti, a cui vengono sistematicamente assegnati i posti apicali. Si tratta di una vera e propria aristocrazia autoperpetuantesi di tipo feudale, una cupola massonica alla quale si accede solo ed esclusivamente per cooptazione.

Guardate ad esempio ai cosiddetti opinion makers o opinion leaders, in particolare quelli che scrivono gli editoriali su quotidiani come il Coriere della sera, repubblica, ecc.

Da decenni sono sempre loro, con qualche new entry per sopperire al turn over. E da decenni stile e discorsi sono i medesimi. Lo stile è sapienziale, pontificale, politicamente corretto, tipico di chi, pur essendo partigiano, si camuffa volendo far credere di essere al di sopra delle parti. Allo scopo i toni sono spesso di biasimo verso "la politica". Perché? Perché, e qui veniamo al loro discorso, che è sempre quello, ci vuole più liberalismo, o meglio, liberismo.

Uno di questi casi è Ferruccio De Bortoli, l'icona stessa del solone liberale. 

Prendiamo il suo ultimo editoriale L'Europa che riparte (e ci illude) pubblicato sul CORRIERE DELLA SERA di ieri. Una insipida paternale europeista con tanto di sospiro di sollievo per quello che chiama riflusso dei diversi "sovranismi nazionalisti e populisti". Salvo allarmarsi per l'esecrabile "neogollismo" di Macron e per il rischio che il voto del 15 in Austria ridia fiato ai... "populisti". Lo spettro del "populismo" che s'aggira per l'Occidente, è il fattore che mette ansia a lorsignori.

E qual è per questi signori il katechon, l'elemento che trattiene e ostacola il dilagare dei populismi e dei nazionalismi? Tenetevi sulla sedia: la Merkel.
«L'attenzione è ora tutta rivolta al voto tedesco del 24 settembre che vede favorita per un quarto mandato la cancelliera Angela Merkel. L'europa non corre rischi.»
Tante volte abbiamo parlato del "Partito tedesco" all'interno dell'élite italiana (QUI e QUI ad esempio). Eccone una prova. Ai tempi della "guerra fredda", quando la minaccia era il comunismo, il 90% dell'establishment italiano era intruppata nel "partito americano", gli USA erano considerati il paese guida. Col collasso dell'URSS e la scomparsa dello spauracchio comunista, quindi il contestuale avanzamento dell'Unione europea, lentamente ma inesorabilmente la Germania ha rimpiazzato gli Stati Uniti come paese guida. In campo dottrinario l'ordoliberismo ha sostituito il liberismo anglosassone.

Verrebbe da dire, parafrasando Mao, che il "partito tedesco si da la zappa sui piedi". Se la da proprio pensando che la Merkel, ovvero la supremazia tedesca, sia la garanzia per salvare l'Unione europea dal collasso.

Una sciocchezza colossale! E' vero esattamente il contrario. La spinta imperialistica ed espansionistica della Germania, la sua ossessione ad imporre urbi et orbi politiche ordoliberiste, è ciò che alimenta populismi e nazionalismi e che spinge l'Unione sull'orlo del baratro.

Come sempre nella storia europea, quello dell'imperialismo tedesco è un dominio senza egemonia, destinato a suscitare resistenze che alla fine l'hanno sempre spuntata.






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