[ 13 settembre 2018 ]
L'accordo siglato il 6 settembre scorso [il testo integrale] sull'ILVA di Taranto ha suscitato non solo polemiche ma anche durissime critiche. Sulla vicenda si è diviso lo stesso sindacalismo di base (tanto per cambiare). Dure le critiche dei movimenti ambientalisti, ed anche da parte di settori del M5s.
Riteniamo doveroso riportare il comunicato col quale l'Unione sindacale di base (Usb) ha giustificato la sua firma. Forse un po' troppo sbilanciato nel sottolineare la "vittoria". Vera vittoria ci sarebbe stata solo se ci fosse stata la nazionalizzazione —impedendo la consegna di un settore strategico dell'economia del Paese ad una multinazionale straniera — con lo Stato garante della bonifica e della riconversione degli impianti. Ma un simile esito poteva esserci solo a condizione che le maestranze di Taranto lo avessero voluto e si fossero quindi mobilitate per questo. Sfortunatamente solo una minoranza dei lavoratori si è schierata per la nazionalizzazione. In queso senso il Comitato centrale di P101 parla di una vittoria a metà:
Nessun licenziamento negli stabilimenti Ilva, mantenimento dell’articolo 18 e della contrattazione di secondo livello, obblighi stringenti per Arcelor Mittal sul piano ambientale. Al termine di una lunga notte di contrattazione, l’Unione Sindacale di Base registra con soddisfazione l’accordo che ha visto la multinazionale costretta ad abbandonare le proprie posizioni di intransigenza e ad accettare le condizioni poste da USB come irrinunciabili per la chiusura dell'accordo sindacale sull'acquisizione del gruppo Ilva.
È stata una doppia lotta: da un lato contro i tentativi di imposizione di Arcelor Mittal, dall’altro contro lo sciagurato accordo siglato dal governo Gentiloni nella persona dell’ex ministro Calenda. La determinazione di USB è riuscita a incidere su una trattativa che fino a poche ore prima sembrava sull’orlo della rottura definitiva.
Abbiamo alla fine ottenuto la salvaguardia integrale dell'occupazione, il mantenimento di tutti i diritti acquisiti retributivi e di legge, in particolare il mantenimento dell'articolo 18 a tutela dei licenziamenti discriminatori. Quindi a tutti i lavoratori assunti da Arcelor Mittal non verrà applicato il Jobs Act.
Abbiamo ottenuto un Piano di Ambientalizzazione significativamente migliorato rispetto a quello contenuto nel contratto di cessione sottoscritto da Calenda, con l’accelerazione della copertura dei parchi e obblighi stringenti nel rapporto produzione/emissioni. E nell’accordo di questa notte, come ha sottolineato anche il ministro Di Maio, sono ben scritte nero su bianco corpose penali per Arcelor Mittal nel caso di inadempienza.
Tuttavia non dobbiamo nasconderci che con la cessione a una multinazionale del gruppo Ilva il nostro Paese perde un pezzo importante del suo patrimonio industriale. Continuiamo a pensare che la nazionalizzazione di un settore strategico dell'economia nazionale come la produzione dell'acciaio sia l'unica strada per coniugare lavoro, diritti, salari, politiche industriali e ambientalizzazione.
Per queste ragioni, se diamo un giudizio più che positivo sui contenuti dell'accordo sindacale, non possiamo che essere insoddisfatti per un'operazione di cessione dell'acciaieria più grande d'Europa, che contribuisce alla progressiva spoliazione del nostro patrimonio industriale. La battaglia di USB per un nuovo impegno diretto dello Stato nell'economia non è finita.
La vera sfida su Ilva inizia oggi, sarà un percorso lungo e complicato, ma USB non arretrerà di un millimetro sul terreno dei diritti, dei salari e dell’ambiente.
La parola passa ora ai lavoratori per il referendum sul testo dell’accordo, da chiudere entro il 13 settembre.
Francesco Rizzo, USB Taranto
Sergio Bellavita, USB Nazionale
L'accordo siglato il 6 settembre scorso [il testo integrale] sull'ILVA di Taranto ha suscitato non solo polemiche ma anche durissime critiche. Sulla vicenda si è diviso lo stesso sindacalismo di base (tanto per cambiare). Dure le critiche dei movimenti ambientalisti, ed anche da parte di settori del M5s.
Riteniamo doveroso riportare il comunicato col quale l'Unione sindacale di base (Usb) ha giustificato la sua firma. Forse un po' troppo sbilanciato nel sottolineare la "vittoria". Vera vittoria ci sarebbe stata solo se ci fosse stata la nazionalizzazione —impedendo la consegna di un settore strategico dell'economia del Paese ad una multinazionale straniera — con lo Stato garante della bonifica e della riconversione degli impianti. Ma un simile esito poteva esserci solo a condizione che le maestranze di Taranto lo avessero voluto e si fossero quindi mobilitate per questo. Sfortunatamente solo una minoranza dei lavoratori si è schierata per la nazionalizzazione. In queso senso il Comitato centrale di P101 parla di una vittoria a metà:
«E' in questo contesto che va letta anche la recente soluzione sull'Ilva. Una soluzione a due facce: positiva (e non è poco) sul piano sindacale, ma negativa sul piano politico e strategico. Positiva la difesa dell'occupazione e dei salari ed il mantenimento dell'articolo 18. Positivo pure il piano di risanamento ambientale imposto ad Arcelor Mittal, ben diverso da quello sottoscritto dal precedente governo, anche se andrà poi verificata la sua puntuale realizzazione. Negativo invece il passaggio di un settore strategico come l'acciaio - che andava riportato sotto il controllo pubblico - ad una multinazionale ben difficile da controllare nelle sue prossime mosse».
* * *
Ilva, USB: abbiamo salvato i posti di lavoro
e tutelato l’ambiente, ma la vera sfida inizia adesso
Nessun licenziamento negli stabilimenti Ilva, mantenimento dell’articolo 18 e della contrattazione di secondo livello, obblighi stringenti per Arcelor Mittal sul piano ambientale. Al termine di una lunga notte di contrattazione, l’Unione Sindacale di Base registra con soddisfazione l’accordo che ha visto la multinazionale costretta ad abbandonare le proprie posizioni di intransigenza e ad accettare le condizioni poste da USB come irrinunciabili per la chiusura dell'accordo sindacale sull'acquisizione del gruppo Ilva.
È stata una doppia lotta: da un lato contro i tentativi di imposizione di Arcelor Mittal, dall’altro contro lo sciagurato accordo siglato dal governo Gentiloni nella persona dell’ex ministro Calenda. La determinazione di USB è riuscita a incidere su una trattativa che fino a poche ore prima sembrava sull’orlo della rottura definitiva.
Abbiamo alla fine ottenuto la salvaguardia integrale dell'occupazione, il mantenimento di tutti i diritti acquisiti retributivi e di legge, in particolare il mantenimento dell'articolo 18 a tutela dei licenziamenti discriminatori. Quindi a tutti i lavoratori assunti da Arcelor Mittal non verrà applicato il Jobs Act.
Abbiamo ottenuto un Piano di Ambientalizzazione significativamente migliorato rispetto a quello contenuto nel contratto di cessione sottoscritto da Calenda, con l’accelerazione della copertura dei parchi e obblighi stringenti nel rapporto produzione/emissioni. E nell’accordo di questa notte, come ha sottolineato anche il ministro Di Maio, sono ben scritte nero su bianco corpose penali per Arcelor Mittal nel caso di inadempienza.
Tuttavia non dobbiamo nasconderci che con la cessione a una multinazionale del gruppo Ilva il nostro Paese perde un pezzo importante del suo patrimonio industriale. Continuiamo a pensare che la nazionalizzazione di un settore strategico dell'economia nazionale come la produzione dell'acciaio sia l'unica strada per coniugare lavoro, diritti, salari, politiche industriali e ambientalizzazione.
Per queste ragioni, se diamo un giudizio più che positivo sui contenuti dell'accordo sindacale, non possiamo che essere insoddisfatti per un'operazione di cessione dell'acciaieria più grande d'Europa, che contribuisce alla progressiva spoliazione del nostro patrimonio industriale. La battaglia di USB per un nuovo impegno diretto dello Stato nell'economia non è finita.
La vera sfida su Ilva inizia oggi, sarà un percorso lungo e complicato, ma USB non arretrerà di un millimetro sul terreno dei diritti, dei salari e dell’ambiente.
La parola passa ora ai lavoratori per il referendum sul testo dell’accordo, da chiudere entro il 13 settembre.
Francesco Rizzo, USB Taranto
Sergio Bellavita, USB Nazionale
1 commento:
Tutto giusto però fra il positivo "mantenimento dell’articolo 18" e la negativa mancata nazionalizzazione ci sta però il solito grande assente.
Ma questa Ilva aveva interinali o altri precari di vario tipo? Faceva esternalizzazioni? Cosa avviene per i lavoratori dell'indotto?
Non ho letto il testo dell'accordo però quando sento parlare di "mantenimento dell’articolo 18" penso subito alle solite aristocrazie operaie che fanno il solito proclama trionfalistico dopo aver concluso un accordo in cui si garantiscono i lavoratori meglio tutelati e meglio tutelabili, magari cooptando dentro alcuni precari/interinali in maniera del tutto occasionale, mentre nulla cambia per tutti quelli che restano nella bolgia infernale al di fuori di queste tutele. Anzi, saranno proprio questi a coprire le esigenze di flessibilità della proprietà.
Capisco che la situazione è difficile e non si può avere tutto ma se il problema non si pone mai resterà sempre tutto così com'è.
Giovanni
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