[ 25 aprile ]
Il discorso con cui questa mattina, a Roma, sono stati aperti i lavori dell'assemblea della Confederazione per la Liberazione Nazionale
A nome del Coordinamento nazionale della CLN vi ringrazio per essere qui presenti. Mi auguro che questa assemblea serva a convincervi che malgrado la crisi drammatica che il nostro Paese attraversa, tutto è ancora possibile, che nessuno sconforto è giustificato, che non debbono esserci dubbi sul fatto che la nostra pattuglia si troverà sulla prima linea quando suonerà l’ora, non giunta ancora, della battaglia cruciale.
Non a caso abbiamo scelto, per riunirci, il 25 aprile. 72 anni fa l’Italia si liberava dal giogo del fascismo e dell’occupazione nazista. Proprio nel fuoco della guerra partigiana —che non fu solo di liberazione nazionale, che fu guerra civile e per certi versi anche guerra di classe— il popolo italiano, ricollegandosi alle sue migliori tradizioni spirituali e politiche, seppe riprendersi la dignità perduta e riconfermò che esso era non solo una sgangherata moltitudine ma una nazione, ovvero una comunità con un’identità storica ed ideale ed un comune destino. Non ci fosse stata la lotta partigiana, fossimo stati “liberati” solo dagli eserciti alleati, avremmo sì avuto uno Stato, ma senz’anima, uno Stato senza popolo.
Se il nostro Paese vive un momento storico drammatico, se la Repubblica è scossa alle fondamenta, è anche perché le classi dominanti, seguendo un impulso che hanno connaturato, hanno implorato l’ingresso di potenze straniere per consolidare il loro dominio e soggiogare il nostro popolo. Quest’aiuto non poteva essere gratuito. L’Unione a trazione tedesca ha chiesto e ottenuto la cessione di quote decisive di sovranità politica. L’altro ieri inviavano lanzichenecchi, ieri SS e carri armati, oggi l’invasione (altro che quella degli immigrati!) si manifesta in altre forme. Nel capitalismo-casinò in versione ordoliberista le nazioni si asserviscono infatti con nuove e micidiali armi di distruzione di massa: togliendo loro le leve della politica monetaria e di bilancio, che occorre riprenderci; con sofisticate speculazioni finanziarie che occorre impedire e che hanno nelle borse i loro santuari; nella rimozione di ogni ostacolo giuridico, che invece dobbiamo ripristinare, alle scorribande del capitalismo predatorio; in meccanismi di governance che privano i parlamenti di ogni effettiva supremazia sul decisore politico.
Non stanno quindi solo all’esterno i nostri nemici, ce li abbiamo dentro casa, sono gli strati superiori della borghesia i quali, con ogni sorta di intrighi e lusinghe, sostenuti da una casta di furfanti politici, aiutano i loro compari stranieri a depredare il Paese delle sue risorse, collaborano con loro nell’affamare la maggioranza del popolo e nell’affossare la Repubblica e le sue istituzioni. Hanno avuto il loro tornaconto, un miserabile strapuntino nel treno blindato ma senza freni della globalizzazione.
Non c’è salvezza per l’Italia finché questa classe di plutocrati disfattisti guiderà il Paese, finché non sarà ripristinato l’ordine costituzionale, ovvero non solo una democrazia formale ma sociale, dove l’eguaglianza non sia solo un formale guscio vuoto, ma sia anche sostanziale, quindi sociale.
Siamo dunque nazionalisti come affermano i nostri avversari? No che non lo siamo. Rifuggiamo anzi da ogni vanagloria nazionale. Ai nostalgici dello sciovinismo fascista e razzista come ai corifei del globalismo cosmopolitico, noi opponiamo lo stesso orgoglio patriottico che dopo l’8 settembre del 1943, spinse tanti giovani a diventare partigiani e la cui lotta diede i preziosi frutti della Repubblica e della Costituzione. Il nostro è un patriottismo repubblicano, costituzionale, democratico; che date le condizioni disperate che vive il Paese è patriottismo rivoluzionario, poiché solo con una rivoluzione democratica, nazionale e popolare l’Italia potrà risorgere nuovamente. Una rinascita che potrà esserci solo a patto che la grande maggioranza del popolo, passi dall’indignazione e dalla delega a improbabili sacerdoti dell’onestà, alla protesta attiva e consapevole. Quello nostro, per quanto abbia solide radici, non è un patriottismo passatista, è vivente, abita nelle battaglie di chi sta in basso, di cui l’ultima folgorante manifestazione è quella delle maestranze di Alitalia, le quali, dopo anni di umiliazioni e vessazioni, hanno trovato la forza del riscatto e dell’orgoglio proletario votando in massa NO ad un accordo infame già sottoscritto dai sindacati gialli, cosiddetti confederali.
Chi comanda ci accusa per questo di fomentare il disordine politico e i contrasti sociali. Noi rovesciamo l’accusa: voi, scardinando l’ordinamento costituzionale avete causato un caos politico e istituzionale senza precedenti! Voi, con il vostro crudele accanimento terapeutico neoliberista avete spinto al massimo la discordia e l’odio sociali! Peggio, per deviare l’insorgenza popolare che punta dritto contro di voi ed il vostro mondo tossico, state congiurando per scatenare una guerra tra i poveri. Siamo qui per impedirvelo, per togliervi la maschera progressista dietro la quale nascondete la vostra natura disumana. Noi siamo quelli che ristabiliranno l’ordine, ma un ordine nuovo, solido perché fondato sul consenso democratico, che voi non avete e non avrete mai più. Un ordine fondato sui vincoli di solidarietà e appartenenza alla comunità, sull’emancipazione dei più deboli, sulla sicurezza come protezione dei diritti sociali.
Non è il successo del No che abbiamo ottenuto il 4 dicembre che ci possa mettere al riparo dal disastro. Abbiamo solo respinto l’ennesima offensiva di chi comanda, che ora approfitta della tregua per riordinare le fila, trovare un nuovo varco per scardinare le nostre difese. All’erta dunque dobbiamo stare! Consapevoli che nessuna forza democratica, da sola, potrà evitare di essere travolta.
Ecco la ragione per cui abbiamo dato vita alla Confederazione, per dare un esempio, per sperimentare una via che aiuti l’unità delle forze democratiche ed antiliberiste. L’acronimo è CLN, una sigla impegnativa, che ci riporta appunto ai Comitati di Liberazione nazionale che sorsero nella Resistenza, che erano anche una forma di contropotere popolare e che per questo, tra la fine del 1945 e gli inizi del 1946, le rinascenti forze reazionarie, riuscirono ben presto a smantellare.
Non ci montiamo la testa per essere riusciti a dare vita alla CLN. Ci consideriamo tuttavia un lievito senza cui il pane della liberazione non si fa. Ci consideriamo una minoranza creativa, coloro che con le idee e l’esempio aiuteranno alla nascita di un blocco patriottico costituzionale che dovrà prima o poi strappare il governo dalle mani dell’oligarchia.Conosciamo i nostri limiti, ma non siamo affetti dal morbo del settarismo, non abbiamo paura, non temiamo il confronto, né con chi ci è vicino, né tantomeno con chi ci è lontano. Non ci appartiene l’ossessione della contaminazione. Non ci faremo chiudere in un recinto, sappiamo che per raggiungere la meta sarà necessario non solo convincere gli indecisi ma persuadere chi oggi sta nel campo avversario.
Lasciatemi concludere con quanto scriveva il martire la cui memoria serbiamo nei nostri cuori, Antonio Gramsci:
Il discorso con cui questa mattina, a Roma, sono stati aperti i lavori dell'assemblea della Confederazione per la Liberazione Nazionale
A nome del Coordinamento nazionale della CLN vi ringrazio per essere qui presenti. Mi auguro che questa assemblea serva a convincervi che malgrado la crisi drammatica che il nostro Paese attraversa, tutto è ancora possibile, che nessuno sconforto è giustificato, che non debbono esserci dubbi sul fatto che la nostra pattuglia si troverà sulla prima linea quando suonerà l’ora, non giunta ancora, della battaglia cruciale.
Non a caso abbiamo scelto, per riunirci, il 25 aprile. 72 anni fa l’Italia si liberava dal giogo del fascismo e dell’occupazione nazista. Proprio nel fuoco della guerra partigiana —che non fu solo di liberazione nazionale, che fu guerra civile e per certi versi anche guerra di classe— il popolo italiano, ricollegandosi alle sue migliori tradizioni spirituali e politiche, seppe riprendersi la dignità perduta e riconfermò che esso era non solo una sgangherata moltitudine ma una nazione, ovvero una comunità con un’identità storica ed ideale ed un comune destino. Non ci fosse stata la lotta partigiana, fossimo stati “liberati” solo dagli eserciti alleati, avremmo sì avuto uno Stato, ma senz’anima, uno Stato senza popolo.
Se il nostro Paese vive un momento storico drammatico, se la Repubblica è scossa alle fondamenta, è anche perché le classi dominanti, seguendo un impulso che hanno connaturato, hanno implorato l’ingresso di potenze straniere per consolidare il loro dominio e soggiogare il nostro popolo. Quest’aiuto non poteva essere gratuito. L’Unione a trazione tedesca ha chiesto e ottenuto la cessione di quote decisive di sovranità politica. L’altro ieri inviavano lanzichenecchi, ieri SS e carri armati, oggi l’invasione (altro che quella degli immigrati!) si manifesta in altre forme. Nel capitalismo-casinò in versione ordoliberista le nazioni si asserviscono infatti con nuove e micidiali armi di distruzione di massa: togliendo loro le leve della politica monetaria e di bilancio, che occorre riprenderci; con sofisticate speculazioni finanziarie che occorre impedire e che hanno nelle borse i loro santuari; nella rimozione di ogni ostacolo giuridico, che invece dobbiamo ripristinare, alle scorribande del capitalismo predatorio; in meccanismi di governance che privano i parlamenti di ogni effettiva supremazia sul decisore politico.
Non stanno quindi solo all’esterno i nostri nemici, ce li abbiamo dentro casa, sono gli strati superiori della borghesia i quali, con ogni sorta di intrighi e lusinghe, sostenuti da una casta di furfanti politici, aiutano i loro compari stranieri a depredare il Paese delle sue risorse, collaborano con loro nell’affamare la maggioranza del popolo e nell’affossare la Repubblica e le sue istituzioni. Hanno avuto il loro tornaconto, un miserabile strapuntino nel treno blindato ma senza freni della globalizzazione.
Non c’è salvezza per l’Italia finché questa classe di plutocrati disfattisti guiderà il Paese, finché non sarà ripristinato l’ordine costituzionale, ovvero non solo una democrazia formale ma sociale, dove l’eguaglianza non sia solo un formale guscio vuoto, ma sia anche sostanziale, quindi sociale.
Siamo dunque nazionalisti come affermano i nostri avversari? No che non lo siamo. Rifuggiamo anzi da ogni vanagloria nazionale. Ai nostalgici dello sciovinismo fascista e razzista come ai corifei del globalismo cosmopolitico, noi opponiamo lo stesso orgoglio patriottico che dopo l’8 settembre del 1943, spinse tanti giovani a diventare partigiani e la cui lotta diede i preziosi frutti della Repubblica e della Costituzione. Il nostro è un patriottismo repubblicano, costituzionale, democratico; che date le condizioni disperate che vive il Paese è patriottismo rivoluzionario, poiché solo con una rivoluzione democratica, nazionale e popolare l’Italia potrà risorgere nuovamente. Una rinascita che potrà esserci solo a patto che la grande maggioranza del popolo, passi dall’indignazione e dalla delega a improbabili sacerdoti dell’onestà, alla protesta attiva e consapevole. Quello nostro, per quanto abbia solide radici, non è un patriottismo passatista, è vivente, abita nelle battaglie di chi sta in basso, di cui l’ultima folgorante manifestazione è quella delle maestranze di Alitalia, le quali, dopo anni di umiliazioni e vessazioni, hanno trovato la forza del riscatto e dell’orgoglio proletario votando in massa NO ad un accordo infame già sottoscritto dai sindacati gialli, cosiddetti confederali.
Chi comanda ci accusa per questo di fomentare il disordine politico e i contrasti sociali. Noi rovesciamo l’accusa: voi, scardinando l’ordinamento costituzionale avete causato un caos politico e istituzionale senza precedenti! Voi, con il vostro crudele accanimento terapeutico neoliberista avete spinto al massimo la discordia e l’odio sociali! Peggio, per deviare l’insorgenza popolare che punta dritto contro di voi ed il vostro mondo tossico, state congiurando per scatenare una guerra tra i poveri. Siamo qui per impedirvelo, per togliervi la maschera progressista dietro la quale nascondete la vostra natura disumana. Noi siamo quelli che ristabiliranno l’ordine, ma un ordine nuovo, solido perché fondato sul consenso democratico, che voi non avete e non avrete mai più. Un ordine fondato sui vincoli di solidarietà e appartenenza alla comunità, sull’emancipazione dei più deboli, sulla sicurezza come protezione dei diritti sociali.
Non è il successo del No che abbiamo ottenuto il 4 dicembre che ci possa mettere al riparo dal disastro. Abbiamo solo respinto l’ennesima offensiva di chi comanda, che ora approfitta della tregua per riordinare le fila, trovare un nuovo varco per scardinare le nostre difese. All’erta dunque dobbiamo stare! Consapevoli che nessuna forza democratica, da sola, potrà evitare di essere travolta.
Ecco la ragione per cui abbiamo dato vita alla Confederazione, per dare un esempio, per sperimentare una via che aiuti l’unità delle forze democratiche ed antiliberiste. L’acronimo è CLN, una sigla impegnativa, che ci riporta appunto ai Comitati di Liberazione nazionale che sorsero nella Resistenza, che erano anche una forma di contropotere popolare e che per questo, tra la fine del 1945 e gli inizi del 1946, le rinascenti forze reazionarie, riuscirono ben presto a smantellare.
Non ci montiamo la testa per essere riusciti a dare vita alla CLN. Ci consideriamo tuttavia un lievito senza cui il pane della liberazione non si fa. Ci consideriamo una minoranza creativa, coloro che con le idee e l’esempio aiuteranno alla nascita di un blocco patriottico costituzionale che dovrà prima o poi strappare il governo dalle mani dell’oligarchia.Conosciamo i nostri limiti, ma non siamo affetti dal morbo del settarismo, non abbiamo paura, non temiamo il confronto, né con chi ci è vicino, né tantomeno con chi ci è lontano. Non ci appartiene l’ossessione della contaminazione. Non ci faremo chiudere in un recinto, sappiamo che per raggiungere la meta sarà necessario non solo convincere gli indecisi ma persuadere chi oggi sta nel campo avversario.
Lasciatemi concludere con quanto scriveva il martire la cui memoria serbiamo nei nostri cuori, Antonio Gramsci:
“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.Non restate dunque alla finestra amici e compagni, non siamo qui a chiedervi aiuto. Vi esortiamo invece a gettare il vostro corpo nella mischia, come protagonisti quindi, a combattere, a migliorare voi stessi, a credere in voi stessi. Poiché solo chi crede in sé stesso, può essere d’esempio per tanti altri.
2 commenti:
Parole, parole, parole, soltanto parole tra voi. Rifacendovi (come Coordinamento Liberazione Nazionale) ad un ideale socialista, vista la innumerevole offerta di socialismi sul mercato della politica, dovreste per correttezza dire se, nel socialismo che prefigurate, la proprietà privata esisterà ancora, se il mercato sarà ancora lo strumento che determina i rapporti di forza nel mondo del lavoro e della produzione, se la selezione delle classi dirigenti avverrà ancora con il concetto di meritocrazia, se saranno ancora presenti i principi e l'etica liberale e se queste prerogative avranno o no diritto di cittadinanza. In mancanza di questo chiarimento non possono essere sufficienti le bellissime parole usate da Antonio Gramsci (Gramsci era un comunista e si sa benissimo per quale fine esortava a diventare di parte-partigiano) per condividere e sostenere la vostra proposta politica e aderire ad una organizzazione che si autodefinisce patriottica e di liberazione nazionale senza che questa abbia, in modo preciso e puntuale, chiarito definitivamente la propria prospettiva politica (tipo e forma di socialismo). Fino a quando per un voluto ambiguo pragmatismo e una scelta di fondo non sarà dato questo chiarimento, sarà molto probabile, per non dire certo, che questo pur giusto e meritevole tentativo di aggregazione finirà, come purtroppo ormai succede da molti, troppi anni, in un ennesimo insuccesso. Oggi purtroppo non si può, se si vuole tornare ad essere prima credibili per poi sperare di essere vincenti, esimersi dall'affrontare, volenti o nolenti, la lunga, faticosa e travagliata attraversata del deserto che abbiamo da compiere. Non vi sono, ed è fondamentale rendersene conto, scorciatoie possibili o praticabili. Occorre dapprima, nella chiarezza e coerenza, riconquistare la propria credibilità politica poi, non inseguendo "i pruriti politici del momento" indicare chiaramente e orgogliosamente quella che è la propria proposta politica anche o aldilà che questa al momento possa risultare o rischiare di essere letta come impopolare o troppo estrema. Si deve quindi investire sulla "intelligenza" del popolo contro la "ignoranza" dei suoi carnefici e dei suoi satrapi per costruire una forza politica in grado e capace di diventare quel volano di base essenziale e necessario per la realizzazione di un fronte anti liberal-capitalista capace di rigenerare la speranza nel futuro e riaccendere la fiducia nella lotta nel mondo degli oppressi oggi così fortemente devastato. "Saranno sempre i padroni a tessere la corda con cui (se saremo capaci) impiccarli".
Pasquino55
Ottima prolusione
proprio dopodomani l'anniversario della morte di Gramsci, celebrata in pompa magna solo dall'enciclopedia Treccani. Notizia di Rai news 24
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