[ 6 aprile]
Franz Altomare ha qualcosa da dire in merito all'articolo di Emiliano Brancaccio Nè liberismo nè protezionismo, che abbiamo pubblicato ieri.
La prima barriera che un economista dovrebbe innalzare è quella a protezione della propria coscienza critica per impedire al dumping ideologico una deflazione del pensiero razionale.
Mi chiedo come possa definirsi scientifico l'approccio ad un problema serissimo come il fondamentalismo liberoscambista in assenza di limitazioni se la questione viene posta non per accettare le soluzioni indicate da una obiettiva valutazione dei risultati quanto per garantire l'ortodossia di una fede che considera sacrilegio ogni forma di protezione doganale ed ogni ipotesi di svalutazione competitiva di una moneta.
Questo pare essere proprio il limite di una falsa coscienza ideologica che impedisce il salto di qualità in determinate aree della sinistra.
E veniamo al punto.
Brancaccio si pone il problema di trovare soluzioni agli squilibri commerciali prodotti da uno sfrenato liberoscambismo escludendo i primi due strumenti più ovvi, ovvero forme di protezione doganale attraverso dazi e politiche monetarie che contemplino svalutazioni competitive.
Vi è una necessità razionale di rigore scientifico in questo goffo tentativo oppure è l'ennesima narrazione prodotta da un'ideologia dura a morire?
L’ideologia sentenzia in questo modo:
protezionismo=nazionalismo=destra=autarchia=fascismo=isolamento=conflittualità internazionale
svalutazione monetaria=strumento superato=inefficace.
Il discorso di Brancaccio parte bene nel riconoscere in maniera molto generica i guasti prodotti dal liberoscambismo incontrollato e dal mercato strutturalmente incapace a risolvere spontaneamente gli squilibri commerciali tra paesi dovuti agli eccessi di deficit o surplus nella bilancia dei pagamenti.
Il nostro economista riduce la globalizzazione all’unico problema degli squilibri commerciali, laddove i dazi doganali vengono alla ribalta come “un vecchio tema” senza alcun fondamento economico mentre “gli enormi squilibri globali” sarebbero “alimentati da quella ingenua visione liberista degli scambi internazionali”, declassando così le politiche neoliberiste che caratterizzano un’epoca intera ad un incidente di percorso dovuto ad una innocua, per quanto errata, visione del mondo piuttosto che alla volontà consapevole del finanzcapitalismo di accumulare profitti eliminando ogni limite e barriera e distruggendo intere economie nazionali con costi sociali e umani altissimi.
E scopriamo allora che il modo intelligente “per cercare di riequilibrare gli scambi tra paesi e favorire così uno sviluppo mondiale più disciplinato” sarebbe nel riconoscere un ruolo diversamente attivo, sulla base di qualche parola scritta nel proprio statuto, addirittura al Fondo Monetario Internazionale, il quale nel nome della giustizia planetaria si farebbe promotore di un’idea semplice e geniale: lo standard sociale.
Si tratterebbe di una non meglio specificata opera di dissuasione verso quelle economie che a causa del loro surplus nella bilancia dei pagamenti causano problemi ad economie più deboli e in disavanzo.
Queste restrizioni, non è dato sapere quali, più o meno temporanee, sarebbero in funzione della disponibilità o meno di tali paesi a cooperare al riequilibrio esterno.
In ordine decrescente d’importanza i problemi per Brancaccio sono la libera circolazione dei capitali, che andrebbe mitigata con minacce di restrizioni, al limite (ma proprio al limite) la libera circolazione delle merci e infine la libera circolazione delle persone che non è affatto un problema di tratta d'esseri umani funzionale alle politiche neoliberiste ma solo un problema ideologico di razzismo dei razzisti.
Immagino la faccia della Merkel quando si troverà a leggere una lettera del FMI più o meno di questo tenore:
E’ il globalismo di sinistra, che s’illude di contenere gli effetti della mondializzazione del capitale lasciando in piedi la struttura di fondo dell’economia finanziarizzata, ovvero la libertà incondizionata dei capitali, delle merci e delle persone di circolare ovunque e comunque.
Franz Altomare ha qualcosa da dire in merito all'articolo di Emiliano Brancaccio Nè liberismo nè protezionismo, che abbiamo pubblicato ieri.
La prima barriera che un economista dovrebbe innalzare è quella a protezione della propria coscienza critica per impedire al dumping ideologico una deflazione del pensiero razionale.
Mi chiedo come possa definirsi scientifico l'approccio ad un problema serissimo come il fondamentalismo liberoscambista in assenza di limitazioni se la questione viene posta non per accettare le soluzioni indicate da una obiettiva valutazione dei risultati quanto per garantire l'ortodossia di una fede che considera sacrilegio ogni forma di protezione doganale ed ogni ipotesi di svalutazione competitiva di una moneta.
Questo pare essere proprio il limite di una falsa coscienza ideologica che impedisce il salto di qualità in determinate aree della sinistra.
E veniamo al punto.
Brancaccio si pone il problema di trovare soluzioni agli squilibri commerciali prodotti da uno sfrenato liberoscambismo escludendo i primi due strumenti più ovvi, ovvero forme di protezione doganale attraverso dazi e politiche monetarie che contemplino svalutazioni competitive.
Vi è una necessità razionale di rigore scientifico in questo goffo tentativo oppure è l'ennesima narrazione prodotta da un'ideologia dura a morire?
L’ideologia sentenzia in questo modo:
protezionismo=nazionalismo=destra=autarchia=fascismo=isolamento=conflittualità internazionale
svalutazione monetaria=strumento superato=inefficace.
Il discorso di Brancaccio parte bene nel riconoscere in maniera molto generica i guasti prodotti dal liberoscambismo incontrollato e dal mercato strutturalmente incapace a risolvere spontaneamente gli squilibri commerciali tra paesi dovuti agli eccessi di deficit o surplus nella bilancia dei pagamenti.
Il nostro economista riduce la globalizzazione all’unico problema degli squilibri commerciali, laddove i dazi doganali vengono alla ribalta come “un vecchio tema” senza alcun fondamento economico mentre “gli enormi squilibri globali” sarebbero “alimentati da quella ingenua visione liberista degli scambi internazionali”, declassando così le politiche neoliberiste che caratterizzano un’epoca intera ad un incidente di percorso dovuto ad una innocua, per quanto errata, visione del mondo piuttosto che alla volontà consapevole del finanzcapitalismo di accumulare profitti eliminando ogni limite e barriera e distruggendo intere economie nazionali con costi sociali e umani altissimi.
E scopriamo allora che il modo intelligente “per cercare di riequilibrare gli scambi tra paesi e favorire così uno sviluppo mondiale più disciplinato” sarebbe nel riconoscere un ruolo diversamente attivo, sulla base di qualche parola scritta nel proprio statuto, addirittura al Fondo Monetario Internazionale, il quale nel nome della giustizia planetaria si farebbe promotore di un’idea semplice e geniale: lo standard sociale.
Si tratterebbe di una non meglio specificata opera di dissuasione verso quelle economie che a causa del loro surplus nella bilancia dei pagamenti causano problemi ad economie più deboli e in disavanzo.
Queste restrizioni, non è dato sapere quali, più o meno temporanee, sarebbero in funzione della disponibilità o meno di tali paesi a cooperare al riequilibrio esterno.
In ordine decrescente d’importanza i problemi per Brancaccio sono la libera circolazione dei capitali, che andrebbe mitigata con minacce di restrizioni, al limite (ma proprio al limite) la libera circolazione delle merci e infine la libera circolazione delle persone che non è affatto un problema di tratta d'esseri umani funzionale alle politiche neoliberiste ma solo un problema ideologico di razzismo dei razzisti.
Immagino la faccia della Merkel quando si troverà a leggere una lettera del FMI più o meno di questo tenore:
«Gentilissima cancelliera Angela Merkel,
mai avremmo voluto scrivere quello che sta per leggere, ma lei sa bene quale compito gravoso viene attribuito al nostro istituto per difendere la libertà del commercio tutelando nello stesso tempo il diritto degli stati con economie meno virtuose a lamentarsi dei loro squilibri economici, benché addossando la responsabilità a società avanzate, competitive e volenterose come quella che lei governa.
La prego pertanto di invitare i detentori di capitali finanziari suoi connazionali a esportare un po’ meno capitali all’estero, e se lo ritiene, al limite, ma proprio al limite e scelga lei, di rivolgere lo stesso invito agli industriali, con l’auspicio che esportino un po’ meno merci.
I populismi sono in agguato, e avversando noi ogni sorta di dazio e barriera doganale possiamo solo confidare nel senso di responsabilità di capi di governo lungimiranti.
Questo ci eviterebbe l’increscioso inconveniente di dover annunciare restrizioni alla sua amata Germania, cosa ardua da spiegare al mondo non avendo noi mai predisposto, né intendiamo farlo, alcuno strumento che possa turbare in qualche modo la serenità di popoli prosperosi come quello tedesco.
Con la speranza che la vostra illustre persona possa accogliere la nostra preghiera.
Cordialità,La realtà è che una certa sinistra prova a inventarsele tutte pur di non affrontare il problema delle sovranità nazionali col rischio di scontentare tanti compagni diversamente globalisti.
Christine Lagarde - managing director of the IMF».
E’ il globalismo di sinistra, che s’illude di contenere gli effetti della mondializzazione del capitale lasciando in piedi la struttura di fondo dell’economia finanziarizzata, ovvero la libertà incondizionata dei capitali, delle merci e delle persone di circolare ovunque e comunque.
4 commenti:
Ma guarda un po', sto leggendo la versione originaria del testo del 'social standard' di Brancaccio e vedo che per lui si può anche applicare a livello di SINGOLO PAESE.
Quindi possiamo anche gettare nel cesso il novanta percento dell'articolo di questo "Franz (in) Altomare". Non solo ma Brancaccio dedica pure un paio di righe all'incompetenza di voi 'sovranisti'. Sembra scritto apposta per Franz, prima ancora che Franz si mettesse a scrivere queste quattro stroppole.
Qui il testo di Brancaccio:
"(...) In terzo luogo, a riprova della sua duttilità politica, il “social standard sui movimenti di capitali” può scaturire da un accordo multilaterale, ma può anche essere applicato immediatamente da un singolo paese per poi venire esteso ad altri paesi in base a successivi accordi di cooperazione. Le probabilità di successo dell’applicazione del “social standard” a livello di singolo paese dipenderebbero dallo stato iniziale delle sue partite correnti e dalla connessa, iniziale dipendenza o meno da finanziamenti esteri. Naturalmente, un consolidamento dello “standard sociale sugli scambi internazionali” sarebbe tanto più probabile al crescere nel tempo del numero di paesi coinvolti. Esaminato da questo punto di vista, il “social standard” aiuta anche a comprendere quanto complesso sia il problema dell’individuazione di un sistema di relazioni tra economia interna ed internazionale che possa dirsi progressivo, e quanto banale e fuorviante sia la posizione di chi vorrebbe ridurre l’odierna fase politica a una mera disputa tra globalisti e nazionalisti. (...)"
Tratto da:
http://www.emilianobrancaccio.it/2012/12/10/european-parliament-for-an-international-social-standard-on-money/
Come Brancaccio ha scritto, il 'social standard' si può applicare subito a livello di singolo paese. Quindi questo che vorrebbe essere un pezzo critico è solo una cretinata.
O forse è peggio.. Sarà mica secondo voi che se un paese applica autonomamente il 'social standard' di Brancaccio sarebbe una cosa sbagliata semplicemente perché nello statuto FMI e soprattutto nei programmi ILO ci sono proposte che vanno in quella direzione??? Spero di no perché se così fosse vi sareste proprio sciroccati il cervello. Magari ci fosse qualche paese che decidesse autonomamente di applicare davvero gli 'standard' ILO!! Non sarebbe il 'social standard', che è un po' più ambizioso, ma sarebbe qualcosa!
Robbie Utenghi
Articolo che non riesco a definire nemmeno in malafede, tanto che è ingenuo.
Brancaccio che delega il FMI ad applicare lo standard? E dove l'autore di questo articolo ha visto questo film? Nella proposta Brancaccio scrive che lo standard sociale si applica dal primo paese che ci riesce e poi altri paesi che vogliono si aggregano. Il resto è fantasia.
Forse l'autore non ha letto mai nulla di Brancaccio. O forse l'autore voleva che Brancaccio non citasse il FMI e la OIL? E perché mai? Ma voi come pensate che negli anni settanta i comunisti siano arrivati a fare egemonia in Italia e in Europa? Leggevano le relazioni di banca d'Italia, leggevano i rapporti di confindustria, li citavano continuamente e trovavano spunti continui per aprire contraddizioni. Se al vertice di confindustria Agnelli apriva al contratto loro elogiavano Agnelli per mettere in crisi i falchi dell'associazione padronale. Questa è la politica e Brancaccio nonostante non sia un vecchio come me mi pare che la conosca bene.
Non conosco l'autore di questo articolo. Se è giovane ha ancora qualche speranza di farsi le ossa. Se è vecchio come me, poveri noi.
Saverio
Lucidissimo intervento,di quelli che dovrebbero insinuare qualche dubbio in quell'area del pensiero economico ancora restia a congedarsi da certe illusioni "riformiste"del sistema,pervicacemente aggrappata ad un'idea della soggettività miope e di corto respiro visti i risultati ottenuti, fantasticando poi su una possibile "correzione"del capitale multinazionale.Scommettiamo che sarà giudicato ed etichettato dal mainstream e dalla ortodossia economica come il solito ed "antistorico"invito a tornare ai "tempi bui" del protezionismo e dell'autarchia?In tempi come quelli attuali rifiutare di prendere coscienza della irriformabile struttura del Capitale nella sua veste più brutale,quella neoliberista e globalizzata,significa aver gettato definitivamente il cervello all'ammasso.Luciano
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