[ 14 aprile ]
Dissi altra volta dell’importanza della valorizzazione del concetto di identità oggi e, insieme, della necessità di opporsi all’identitarismo come patologia del concetto, come suo eccesso foriero di sciagure non inferiori a quelle che stanno in concreto scaturendo dalla distruzione delle identità realizzata con successo dal fanatismo nichilistico del libero mercato (ciò che viene pudicamente chiamato globalizzazione e come tale sempre di nuovo incensato).
Dissi altra volta dell’importanza della valorizzazione del concetto di identità oggi e, insieme, della necessità di opporsi all’identitarismo come patologia del concetto, come suo eccesso foriero di sciagure non inferiori a quelle che stanno in concreto scaturendo dalla distruzione delle identità realizzata con successo dal fanatismo nichilistico del libero mercato (ciò che viene pudicamente chiamato globalizzazione e come tale sempre di nuovo incensato).
Diciamolo apertis verbis, senza perifrasi e accorgimenti retorici di vario genere. Come sapeva Gramsci, dire la verità è sempre rivoluzionario. Solo chi dispone di un’identità culturale può rispettare quelle altrui e misurarsi dialogicamente con esse. Il dialogo e il confronto possono, infatti, darsi solo tra diversi. Non si dà dialogo tra i medesimi.
Per questo, la società di massa sta sempre più producendo un monologo collettivo fintamente pluristico: dove i plurali ripetono tutti ossessivamente il medesimo, ossia il pensiero unico politicamente corretto. La dinamica della mondializzazione capitalistica, imponendo una sola cultura, si risolve nella soppressione della cultura in quanto tale, sostituita dalla reificante reductio ad unum dell’uomo senza identità e spessore critico.
Al dialogo tra popoli fraterni e solidali preferisce il monologo fintamente pluralistico della società di massa globalizzata di individualità seriali e sradicate, in cui sussiste un’unica plebe informe, desimbolizzata e deeticizzata. Il discorso fintamente emancipativo del capitalista chiede a ogni popolo di liberarsi della propria identità per potersi aprire alle altre e con esse dialogare.
E, così facendo, distrugge in actu tutte le identità: produce quel vuoto generale che è la condizione ideale per lo scorrimento nichilistico illimitato della merce su scala globale. Il capitale odia ogni identità che non sia quella che esso promuove e impone a tutti i popoli del pianeta: l’identità del consumatore apolide e sradicato, senza patria e senza cultura, senza provenienza e senza progetto, asimbolico e aprospettico.
* Fonte: Forza di Popolo
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