[ 6 gennaio 2019 ]
NO AL REGIONALISMO DEFFERENZIATO
DIFENDIAMO LA SOVRANITÀ E L’UNITÀ NAZIONALE
NO AL REGIONALISMO DEFFERENZIATO
DIFENDIAMO LA SOVRANITÀ E L’UNITÀ NAZIONALE
Comunicato n.1-2019
(1) Era l’ottobre del 2001 quando, su proposta del governo di centro-sinistra, venne approvata la sciagurata riforma del titolo V della Costituzione. In base al principio della “sussidiarietà” lo Stato avrebbe devoluto agli enti amministrativi territoriali quote decisive del suo proprio potere. Alle regioni anzitutto veniva riconosciuta l’autonomia legislativa, ovvero la potestà di dettare norme di “rango primario”, ovvero competenze in campi decisivi della vita sociale e politica, tra cui la cosiddetta “autonomia impositiva”. Una riforma sciagurata e raffazzonata che infatti, oltre ad aver causato negli anni conflitti insolubili tra lo Stato e le Regioni, ha contribuito a fare di queste organi burocratici elefantiaci per lo più parassitari.
(2) Approvata sotto la spinta della Lega Nord, quella riforma venne spacciata come “democratica” e “federalista”. Essa, in verità, ubbidiva (la moneta unica stava entrando in circolazione) alla strategia europeista delle élite oligarchiche, quella di procedere verso il progressivo smantellamento degli stati nazionali, uno smantellamento che consisteva in un doppio movimento: da una parte trasferendo la sovranità verso l’alto, verso gli organismi sovranazionali dell’Unione europea e, dall’altra, disperdendoli verso il basso, agli enti amministrativi territoriali. La seconda tappa sarebbe consistita nel raggruppamento funzionale di questi enti amministrativi in cosiddette “macroregioni” che si sarebbero costituite senza alcun riguardo verso i tradizionali confini nazionali.
(3) Sulla scia delle disposizioni del governo Gentiloni e quindi della Lega salviniana, il governo giallo-verde si appresta, entro il 15 febbraio, a stabilire, con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna il percorso con cui verrà concessa a queste ultime la cosiddetta “autonomia potenziata” o “differenziata”. Si tratta di una autentica minaccia all’unità nazionale, quindi alla sovranità dello Stato repubblicano in ossequio alla tendenza che vede le più ricche regioni del Nord staccarsi dal resto del Paese per agganciarsi all’euro-Germania — tendenza che è venuta avanti con forza con la globalizzazione e la crisi dell’Unione europea, le quali hanno accentuato come non mai il divario Nord Sud.
(4) La concessione delle “autonomie differenziate” a Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna andando nella direzione europeista di minare la sovranità nazionale e di spezzettare lo Stato unitario va respinta. Il caso della Grecia mostra come la strategia unionista europea implichi, beninteso in nome della competizione globale, il rafforzamento di zone economiche più “avanzate” a discapito di quelle più “arretrate”, che verranno lasciate a se stesse come riserva di manodopera a basso costo disponibile per quelle più ricche. Il tutto in nome della visione liberista per cui sovrani in ultima istanza sono i mercati e ad essi spetta di configurare le divisioni politiche e amministrative.
(5) Questa minaccia all’unità e alla sovranità nazionale è aggravata dalla riforma che si vuole attuare che è volutamente confusa e pasticciata. Un mostro legislativo che anzitutto viola in modo palese l’architettura statuale della Costituzione del 1948. Viene fuori un “federalismo fai da te”, le cui variabili eventuali non è nemmeno possibile calcolare in anticipo. Ogni Regione sembra essere autorizzata a procedere per proprio conto con lo Stato costretto ad inseguirle.
(6) Questa riforma va respinta con forza. Tutte le forze politiche e sociali che hanno a cuore il futuro del Paese, quindi l’unità e la sovranità nazionali, debbono far sentire la loro voce. Debbono unirsi per impedire al governo di procedere verso il baratro e al Parlamento di arrendersi al fatto compiuto. La Lega ha ribadito che la questione del “federalismo” è “esistenziale” per lo stesso governo. Vedremo presto se il profilo nazional-popolare di Matteo Salvini sia sincero o una mera maschera dietro alla quale si cela la grande borghesia del Nord. In questo quadro decisivo diventa il ruolo del Movimento 5 Stelle, che infatti è proprio al Sud del Paese che ottiene i massimi consensi. Al Movimento 5 Stelle chiediamo, data la straordinaria importanza della questione, di impedire ogni atto di forza del governo, e di far si che si apra finalmente nel Paese e nel Parlamento una discussione vera e pubblica sull’Italia futura che vogliamo.
Il Comitato centrale di Programma 101
Roma, 5 gennaio 2019
(1) Era l’ottobre del 2001 quando, su proposta del governo di centro-sinistra, venne approvata la sciagurata riforma del titolo V della Costituzione. In base al principio della “sussidiarietà” lo Stato avrebbe devoluto agli enti amministrativi territoriali quote decisive del suo proprio potere. Alle regioni anzitutto veniva riconosciuta l’autonomia legislativa, ovvero la potestà di dettare norme di “rango primario”, ovvero competenze in campi decisivi della vita sociale e politica, tra cui la cosiddetta “autonomia impositiva”. Una riforma sciagurata e raffazzonata che infatti, oltre ad aver causato negli anni conflitti insolubili tra lo Stato e le Regioni, ha contribuito a fare di queste organi burocratici elefantiaci per lo più parassitari.
(2) Approvata sotto la spinta della Lega Nord, quella riforma venne spacciata come “democratica” e “federalista”. Essa, in verità, ubbidiva (la moneta unica stava entrando in circolazione) alla strategia europeista delle élite oligarchiche, quella di procedere verso il progressivo smantellamento degli stati nazionali, uno smantellamento che consisteva in un doppio movimento: da una parte trasferendo la sovranità verso l’alto, verso gli organismi sovranazionali dell’Unione europea e, dall’altra, disperdendoli verso il basso, agli enti amministrativi territoriali. La seconda tappa sarebbe consistita nel raggruppamento funzionale di questi enti amministrativi in cosiddette “macroregioni” che si sarebbero costituite senza alcun riguardo verso i tradizionali confini nazionali.
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(3) Sulla scia delle disposizioni del governo Gentiloni e quindi della Lega salviniana, il governo giallo-verde si appresta, entro il 15 febbraio, a stabilire, con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna il percorso con cui verrà concessa a queste ultime la cosiddetta “autonomia potenziata” o “differenziata”. Si tratta di una autentica minaccia all’unità nazionale, quindi alla sovranità dello Stato repubblicano in ossequio alla tendenza che vede le più ricche regioni del Nord staccarsi dal resto del Paese per agganciarsi all’euro-Germania — tendenza che è venuta avanti con forza con la globalizzazione e la crisi dell’Unione europea, le quali hanno accentuato come non mai il divario Nord Sud.
(4) La concessione delle “autonomie differenziate” a Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna andando nella direzione europeista di minare la sovranità nazionale e di spezzettare lo Stato unitario va respinta. Il caso della Grecia mostra come la strategia unionista europea implichi, beninteso in nome della competizione globale, il rafforzamento di zone economiche più “avanzate” a discapito di quelle più “arretrate”, che verranno lasciate a se stesse come riserva di manodopera a basso costo disponibile per quelle più ricche. Il tutto in nome della visione liberista per cui sovrani in ultima istanza sono i mercati e ad essi spetta di configurare le divisioni politiche e amministrative.
(5) Questa minaccia all’unità e alla sovranità nazionale è aggravata dalla riforma che si vuole attuare che è volutamente confusa e pasticciata. Un mostro legislativo che anzitutto viola in modo palese l’architettura statuale della Costituzione del 1948. Viene fuori un “federalismo fai da te”, le cui variabili eventuali non è nemmeno possibile calcolare in anticipo. Ogni Regione sembra essere autorizzata a procedere per proprio conto con lo Stato costretto ad inseguirle.
(6) Questa riforma va respinta con forza. Tutte le forze politiche e sociali che hanno a cuore il futuro del Paese, quindi l’unità e la sovranità nazionali, debbono far sentire la loro voce. Debbono unirsi per impedire al governo di procedere verso il baratro e al Parlamento di arrendersi al fatto compiuto. La Lega ha ribadito che la questione del “federalismo” è “esistenziale” per lo stesso governo. Vedremo presto se il profilo nazional-popolare di Matteo Salvini sia sincero o una mera maschera dietro alla quale si cela la grande borghesia del Nord. In questo quadro decisivo diventa il ruolo del Movimento 5 Stelle, che infatti è proprio al Sud del Paese che ottiene i massimi consensi. Al Movimento 5 Stelle chiediamo, data la straordinaria importanza della questione, di impedire ogni atto di forza del governo, e di far si che si apra finalmente nel Paese e nel Parlamento una discussione vera e pubblica sull’Italia futura che vogliamo.
Il Comitato centrale di Programma 101
Roma, 5 gennaio 2019
3 commenti:
Scusate ma l Italia ha un 100 MD di import con Francia Germania e Spagna e 80 di export. Presi uno alla volta ci rimettono loro a farci guerra commerciale ma tutti insieme ci distruggono. Mi riferisco a uscita da euro. Da chi importiamo dopo? Sicuramente da paesi meno convenienti qualitativamente e come prezzo (inflazione). Inoltre i 80 di export si traducono in fallimenti di aziende .... Forse non avete consideroco abbastanza questi punti
giusto, è la linea del Piave questa
Sarebbe molto utile produrre qualche studio che dimostri quale sia la dimensione ottimale di un organo amministrativo statale. Essendomi speso nella lotta contro la fusione del mio comune, mi sono imbattuto in studi che dimostrano come la dimensione ottimale di un comune per avere la massima efficienza fosse proprio quella del mio comune. Esistono studi sulle dimensioni ottimali di un’area valutaria. Ci sono anche degli argomenti tecnici per sostenere la dimensione ottimale dello Stato italiano rispetto le macro regioni da un lato e l’impero dall’altro.
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