17 settembre. Lasciateci togliere un sassolino dalla scarpa. Diverse volte ci siamo sentiti dire che esageravamo nel prevedere il crollo dell'euro. Orbene, nel suo libro Morire d'austerità (Il Mulino) Lorenzo Bini Smaghi, membro di spicco della cupola eurocratica, conferma che l'euro, nell'autunno 2012, stava davvero per tirare le cuoia (una seconda volta). Egli svela infatti che Angela Merkel si era decisa a cacciare la Grecia dall'eurozona, anche a rischio della conflagrazione. La fermarono all'ultimo momento, anche grazie al successo tattico dell'operazione di Draghi cosiddetta OMT (Outright Monetary Transactions), ovvero la disponibilità della Bce ad acquistare titoli di Stato dei paesi sull'orlo del default come l'Italia.
Bini Smaghi confessa infine, ma questo lo sapevamo, che l'eurozona stava per sbragarsi già l'anno prima, nell'estate-autunno 2011. Egli svela che gli eurocrati si decisero ad intronizzare Mario Monti e a defenestrare Berlusconi poiché quest'ultimo, in alcuni colloqui privati con i governanti europei, «aveva confermato l'ipotesi dell'uscita dell'italia dall'euro».
Non c'è due senza tre. E la terza occasione che si presenterà sarà effettivamente quella buona. Tutti i paesi euro della fascia Sud sono sull'orlo del collasso. Le draconiane politiche d'austerità, mentre hanno sprofondato questi paesi in una depressione senza precedenti, hanno giocoforza peggiorato le loro situazioni debitorie e accresciuto fino all'estremo gli squilibri interno all'eurozona. La Francia anche è nell'occhio del ciclone. Il fallimento delle politiche imposte dalla trojka è quindi addirittura clamoroso.
Per questo, chi ha sale in zucca, chi faccia politica e prenda sul serio se stesso, o affronta di petto la questione dell'uscita o è meglio che stia zitto. E' come minimo desolante che gli esponenti di quella che viene considerata "sinistra radicale", da Rifondazione fino alle frangie più estreme, si ostinino a non voler impugnare la questione dell'uscita dall'eurozona e del ritorno alla sovranità monetaria, come aspetto cruciale di quella democratica e nazionale, come necessità per evitare l'abisso. Questi zombi fanno anzi gli scongiuri e si rifiutano di ascoltare gli economisti di sinistra, marxisti, sraffiani o keynesiani che sia, i quali tutti, pur dividendosi sulle terapie, oramai convengono nel dire che occorre pensare ad uscire dall'euro.
Che c'entra Alberto Bagnai con tutta questa storia?
C'entra perché il Nostro, invece di adoprarsi per l'unità lavora alacramente per la divisione.
Invece di costruire un ponte con economisti di sinistra che dopo tante titubanze si son decisi sull'euro, continua a bollarli con disprezzo come "traditori". Poi s'incazza con noi ("marxisti dell'Illinois") riempiendoci di insulti, quando gli chiediamo: da che pulpito? poiché gli ricordiamo che anche lui a suo tempo era intruppato tra i trombettieri dell'euro.
Come se non bastasse il Bagnai ha messo in atto una vera e propria opera di depistaggio.
Prendete ad esempio il suo post Confidenze tra uomini (di sinistra). Si scaglia nuovamente con veemenza contro chi propone una "uscita da sinistra" —non si dica che l'attacco di bile dipende dalla sua rabbia per la débâcle nella trasmissione La Gabbia, il post è infatti del 5 settembre, quindi prima.
Un assaggio:
Bini Smaghi confessa infine, ma questo lo sapevamo, che l'eurozona stava per sbragarsi già l'anno prima, nell'estate-autunno 2011. Egli svela che gli eurocrati si decisero ad intronizzare Mario Monti e a defenestrare Berlusconi poiché quest'ultimo, in alcuni colloqui privati con i governanti europei, «aveva confermato l'ipotesi dell'uscita dell'italia dall'euro».
Non c'è due senza tre. E la terza occasione che si presenterà sarà effettivamente quella buona. Tutti i paesi euro della fascia Sud sono sull'orlo del collasso. Le draconiane politiche d'austerità, mentre hanno sprofondato questi paesi in una depressione senza precedenti, hanno giocoforza peggiorato le loro situazioni debitorie e accresciuto fino all'estremo gli squilibri interno all'eurozona. La Francia anche è nell'occhio del ciclone. Il fallimento delle politiche imposte dalla trojka è quindi addirittura clamoroso.
Per questo, chi ha sale in zucca, chi faccia politica e prenda sul serio se stesso, o affronta di petto la questione dell'uscita o è meglio che stia zitto. E' come minimo desolante che gli esponenti di quella che viene considerata "sinistra radicale", da Rifondazione fino alle frangie più estreme, si ostinino a non voler impugnare la questione dell'uscita dall'eurozona e del ritorno alla sovranità monetaria, come aspetto cruciale di quella democratica e nazionale, come necessità per evitare l'abisso. Questi zombi fanno anzi gli scongiuri e si rifiutano di ascoltare gli economisti di sinistra, marxisti, sraffiani o keynesiani che sia, i quali tutti, pur dividendosi sulle terapie, oramai convengono nel dire che occorre pensare ad uscire dall'euro.
Che c'entra Alberto Bagnai con tutta questa storia?
C'entra perché il Nostro, invece di adoprarsi per l'unità lavora alacramente per la divisione.
Invece di costruire un ponte con economisti di sinistra che dopo tante titubanze si son decisi sull'euro, continua a bollarli con disprezzo come "traditori". Poi s'incazza con noi ("marxisti dell'Illinois") riempiendoci di insulti, quando gli chiediamo: da che pulpito? poiché gli ricordiamo che anche lui a suo tempo era intruppato tra i trombettieri dell'euro.
Come se non bastasse il Bagnai ha messo in atto una vera e propria opera di depistaggio.
Prendete ad esempio il suo post Confidenze tra uomini (di sinistra). Si scaglia nuovamente con veemenza contro chi propone una "uscita da sinistra" —non si dica che l'attacco di bile dipende dalla sua rabbia per la débâcle nella trasmissione La Gabbia, il post è infatti del 5 settembre, quindi prima.
Un assaggio:
«Questa pseudosinistra che difende ancora l'euro, a volte in modo coperto, evocando monete comuni o parallele di cui non si capisce mai bene il senso, e terrorizzando la gente con lo spettro dell'inflazione, è adepta di Bava Beccaris, che lo sappia o meno. Non importa: che siano idioti o in malafede, i loro elettori li hanno giudicati e la loro vita politica giunge al termine. Ma la bestia ferita è sempre la più pericolosa. Certo, se la bestia è, come in questo caso, un insetto, si dovrebbe piuttosto dire fastidiosa..»
Ora, a parte l'ultimo pesantissimo epiteto “adepta di Bava Beccaris", vorremmo far notare la vera e propria schizzofrenia del Nostro. Di nuovo: da quale pulpito viene l'attacco a chi, a sinistra, propone un'uscita collettiva dei paesi del Sud che dovrebbero darsi quindi una moneta comune? Non è proprio questa la posizione del Manifesto di solidarietà europea sottoscritto nel gennaio scorso dallo stesso Bagnai? Non si blatera in quel Manifesto di un'uscita della Germania? Certo che sì. Allora, diciamo noi che consideriamo l'uscita della Germania una chimera, non dovrebbe il Bagnai darsi una calmata e star contento? Perché tanta... bava?
Il libro di A. M. Rinaldi |
C'è poi un'altra questione, quella appunto del depistaggio.
Ma di chi sta parlando Bagnai? Egli, in assoluta malafede, mette nello stesso sacco euristi, post-euristi e anti-euristi.
Il Nostro sa benissimo, vedi i suoi ripetuti e virulenti attacchi ai "marxisti dell'Illinois", che la sinistra politica di cui ci onoriamo di far parte, non ha mai avuto incertezze nel condannare l'adesione all'Unione e all'euro. Sa anche benissimo della frattura tra la sinistra politica e gli economisti marxisti e keynesiani,
il 9 settembre, precisamente alle ore 21:00, ci permettevamo di fargli notare la cosa, inviando un nostro commento. Questo:
«Gentile Professor Bagnai,
Non è fare servizio alla chiarezza mischiare le carte, o il diavolo con l'acqua santa.
Che c'entriamo noi, vituperati "marxisti dell'Illinois", decisi assertori dell'uscita " da sinistra" dall'eurozona, dal mercato unico e, come sa, anche da questa Unione europea, con i cascami euristi della sinistra che fu?
Siamo stati noi, da lei bollati spregiativamente come "marxisti dell'Illinois", che l'abbiamo criticata per quello che abbiamo chiamato "salto della quaglia" a destra: che c'entrano i Ferrero e gli Alfonso Gianni?
Ci fa piacere che Lei si sia sentito in dovere di risponderci, ma non faccia trucchi, non ricorra a finti bersagli, tentando di far credere ai suoi lettori che non esiste se non una sinistra schiava delle oligarchie euriste e dell'ingannevole narrazione europeista.
Noi condividiamo con Lei che l'eurozona andrà in disfacimento. Condividiamo anche, per usare un Suo concetto, che l'uscita "sarà gestita dalle persone sbagliate". Che detto in altri termini vuol dire da frazioni della destra liberista della classe dominante—il liberismo, come ben sa, può ben coniugarsi con un sovranismo puramente monetario, ovvero di facciata.
Non è solo questione di scala mobile e di controllo sui movimenti dei capitali quindi. E' che mentre Lei teorizza che non resta che mettersi al servizio delle "persone sbagliate", noi non riteniamo inevitabile questo esito e vogliamo anzi combatterlo, chiamando il popolo alla sollevazione.
La lotta di classe, ricorda?».
Ovviamente il nostro commento è stato censurato. Si sapeva che nel suo blog non c'è diritto alcuno di cittadinanza per critiche di qualche tipo.
Ma torniamo al punto. Perché mai Bagnai gioca sporco non volendo distinguere, diciamo così, la sinistra buona da quella cattiva? Da quella che subito gli aprì le braccia da quella che lo considerava un economista di provincia?
Non ci interessa fare introspezioni sulla psicologia del personaggio. Come dice Lui noi uniamo i puntini e, unendoli, viene fuori che Bagnai non ha solo rotto tutti i ponti con la "sinistra buona" e gli economisti di sinistra. Egli ha fatto una scelta di campo, decidendo di affratellarsi con economisti di destra (qui in Italia Borghi Aquilini, Paolo Savona tanto per dirne due) per non parlare dei liberisti hayekiani con cui ha sottoscritto il Manifesto di solidarietà europea.
A. Bagnai a La gabbia (La 7). "Tradito dall'amico Paragone" |
C'è poco da scherzare quindi quando diciamo che occorre prepararsi all'eventualità di una "uscita da destra dell'euro". L'uscita è nell'ordine delle cose e, visti i rapporti di forza tra le classi, vista la miseria sconfinata della "sinistra cattiva", quest'uscita potrebbe essere gestita da frazioni della classe dominante, quindi a spese del popolo lavoratore. In cosa consiste questa "uscita da destra"? In politiche di deflazione salariale in nome della competitività, nel taglio della spesa pubblica, nell'accentuazione di privatizzazioni e liberalizzazioni per onorare il debito con la finanza predatoria, estera e italiana. Vogliamo essere più espliciti: è di sinistra un'uscita che conduce allo sganciamento dal quadro neoliberista, quindi alla disdetta del Trattato di Maastricht, alla rottura col mercato unico europeo e la stessa Unione.
Siamo ben consapevoli che non esiste a tutt'oggi una forza politica che impugni questa battaglia. Abbiamo in altre occasioni affermato che, nei tempi stretti della crisi, è il Movimento Cinque Stelle che dovrebbe raccogliere questa bandiera, costruendo un fronte ampio sovranista. Alcuni segnali in questo senso sono giunti, ma sono ancora troppo deboli. Di una cosa siamo sicuri: o M5S si decide a compiere questo passo oppure si autodissolverà. Di una seconda cosa, infine, siamo sicurissimi, che una svolta simile passa necessariamente attraverso la porta stretta della sollevazione popolare, poiché nessun governo d'emergenza potrà reggere l'urto dello scontro solo contando su eventuali maggioranze elettorali.
Le due soluzioni principali hanno evidentemente le loro varianti. Quella di destra, ad esempio, oltre alla torsione liberista, potrebbe avere anche una variante lepenista (quella apertamente fascista ci pare altamente improbabile), ovvero statalista, protezionistica, razzista, reazionaria. In linea teorica questo è plausibile, anche se in Italia una destra lepenista è solo in fasce —vedi la neonata aggregazione Prima l'Italia, che parrebbe ricongiungere due camerati ben noti, Storace e Alemanno, i quali parlano apertamente di sovranità monetaria e che si troveranno il 12 ottobre a convegno a Roma per costruire un nuovo partito politico.
Tra queste varianti c'è infine, passateci l'ironia, quella "di centro". Di che bestia si tratta?
Non c'è solo Bagnai a dire che non ci sono le uscite di sinistra o di destra, che c'è solo l'uscita. Questa idea viaggia negli ambienti sovranisti che institono col ritornello oramai stantio che non esistono più né destra né sinistra.
Parliamo di numerose associazioni venute comparendo negli ultimi due anni. Queste correnti sono l'espressione politica della piccola e media borghesia, in primis della piccola e media industria imprenditoriale. Che queste classi, spappolate dalla crisi sistemica, stiano voltando le spalle alla loro sponda politica berlusconiana e vadano abbracciando posizioni sovraniste, è certo un fatto positivo. Il fatto è che queste frazioni di piccola e media borghesia sognano il ritorno al piccolo vecchio mondo antico dell'Italia democristiana.
Stefano D'Andrea |
Il tentativo più nobile e forse politicamente più avanzato, in questo senso, è rappresentato dall'Associazione Riconquistare la Sovranità, guidata dall'amico Stefano D'Andrea. Ars tenta appunto di dare rappresentanza politica a questa borghese coscienza infelice, o alla nostalgia della Prima Repubblica.
Consigliamo di leggere l'ultimo intervento di D'Andrea. Il titolo è perentorio quanto infelice:
L'antifona è perfettamente conincidente con quella di Bagnai: si gettano nella spazzatura tutte le sinistre, tutte condannate come filo-capitaliste. D'Andrea sa bene che non è così. E allora perché scrive queste scempiaggini? Evidentemente perché, strabico come Bagnai, guarda a destra e, per portare a destra la sua associazione, deve inculcare nei suoi associati l'idea che non esiste alcuna sinistra buona.
Così D'Andrea dice che Ars non si considera né di destra né di sinistra, che i concetti di sinistra e destra sono orpelli ideologici sorpassati. L'11 settembre scorso sul sito di Ars, rispondendo ad un critico, si poteva leggere: «L'ARS non è bipartisan e non si finge bipartisan. E se giudicata assumendo come criteri la sinistra, il centro e la destra degli ultimi venti anni, non è né di sinistra, né di destra, né di centro».
Come fa il D'Andrea e non avvedersi che suona lo stesso spartito dei nemici che dice di voler combattere? Dei neoliberisti, degli euristi, degli affossatori della Prima repubblica che lui tanto rimpiange?
Ars vuole l'uscita dall'Unione e dell'eurozona. Ma per quale modello di
paese? D'Andrea la butta in caciara, dicendo che a lui non interessano... le ideologie. Ma stiamo scherzando? Parlare di modelli di società e di civiltà è forse "ideologia"? Come può una forza politica pretendere di chiamare il popolo ad afferrare nelle sue mani le sorti del paese essendo reticente su che tipo di società andrà costruita?
In verità, come sempre accade, dietro al rifiuto dell'ideologia, c'è un'ideologia eccome, c'è sempre lo stilema di un modello di società. D'Andrea afferma che Ars anela ad
"un'economia sociale e popolare". (???) Ma sentiamo:
«Infine, perché, distrutta l'Unione europea, pur immaginando che vadano al potere forze che attuino la Costituzione economica in modo blando e persino contrario al fine della piena occupazione e della tutela del lavoro, i poteri riconquistati dallo Stato, seppur inizialmente non esercitati, proprio perché ormai poteri disponibili, ben presto sarebbero presi in considerazione anche da forze moderate e sarebbero esercitati, come li esercito', alla resa dei conti nemmeno in maniera tanto blanda, la Democrazia Cristiana».
In buona sostanza Ars vuole un capitalismo di stato, non è chiaro se in salsa dorotea o fanfaniana.
Non fu dunque per sbaglio se nel dicembre 2011 la strada nostra e quella dell'amico D'Andrea si divisero. Adesso sarà chiaro, non solo a noi, perché egli non voleva né tenere ferma la stella polare del socialismo come alternativa di società e di civiltà, né accettava l'idea che occorreva una sollevazione popolare per rovesciare l'ordine di cose esistente. Di mezzo c'è una questione nient'affatto astratta o ideologica, ovvero se dovremo agire nel senso di aiutare il capitalismo ad uscire dalla sua crisi, tornando dunque alla vecchia merda, oppure se, dopo l'ennesima dimostrazione del suo fallimento, non si debba finalmente fuoriuscire dal capitalismo stesso, pur coi passaggi di fase e i sacrifici che saranno richiesti.
107 commenti:
Secondo me la critica a D'Andrea per quanto legittima la trovo un pò ingenerosa. Io penso che D'Andrea non voglia dire che tutta la sinistra sia capitalista. Egli ritiene che negli utlimi vent'anni destra e sinistra (in cui per sinistra ritengo venga indicato il PD) hanno obiettivamente fatto il gioco del capitale. Tra l'altro poi in quell'articolo egli non critica tanto le posizioni delle due linee ma l'epiteto. Si dice infatti nell'articolo che uscita di sinistra andrebbe chiamata uscita "socialista", mentre l'uscita di destra "liberista". Si potrebbe quindi pensare di ricollegare questo pensiero a quello di alcuni importanti filosofi di area marxiana come Costanzo Preve e Diego Fusaro che rinnegano il concetto di sinistra perchè, almeno in Italia, ha perso la sua vocazione iniziale: la lotta al capitale.
MA CHE DISCORSI!
Ciò che è intollerabile è contribuire a fare casino andando dietro ai Berlusones dicendo che il Pd è di sinistra.
AL contrario! occorre spiegare ai cittadini che il Pd è di destra. Noi di Mpl andiamo più avanti, abbiamo ripetuto più volte che in quanto interfaccia italiota dell'eurocrazia è il "nemico principale".
Così facendo D'Andrea, invece di fare chiarezza, aumenta la confusione.
E' intollerabile accomunare il concetto di sinistra a coloro che l'hanno seppellita.
E' intollerabile e scorretto anche il solo far pensare che col Pd valori ideali e interessi di classe difesi storicamente dalla sinistra, sono deceduti.
Parliamo poi finalmente di sinistre.
I comunisti greci, ciprioti, spagnoli e portghesi sono contro l'euro. Lo sono frazioni importantissime del movimento operaio francese e tedesco. In est europa non c'è una forza comunista che sia per l'euro e entrare nell'Unione.
Solo dei provinciali che guardano dal buco della serratura italiana possono affermare che lo spartiacque tra sinistra e destra non ha senso.
E' vero che in Italia le forze di sinistra, comuniste e socialiste, anti-euriste sono ancora estremamente minoritarie. Proprio perché esse conducono una battaglia coraggiosa, meritano rispetto, non invece la spocchia, l'indifferenza che contribuisce a tenerle in un angolo --con ciò facendo un grosso piacere proprio al Pd e agli euro-sinistrati.
A questo si riduce il ritornello che non esistono più Nè sinistra né destra. Ad aiutare il regime a soffocare le forze rivoluzionarie.
Ps
Il fatto che la sinistra vera sia oggi debole non dice, a rigor di logica che non ci sia la destra. la verità è che lo spettro politico italiano, Pd-Pdl è una grande partito unico di destra. Altro che se la destra non esiste!
@Redazione.
Intanto non capisco perchè usiate queto tono. Mi sono semplicemente limitato a fare alcune constatazioni. Poi francamente io non lo so se esiste una destra o una sinistra, per farlo bisognerebbe definire i canoni. Poi dare dei "provinciali" a chi pensa che destra e sinistra non esistono mi sembra alquanto esagerato, visto che questa idea permane in persone che vi avevo già citato più sopra sono eminenti intellettuali e filosofi, ci aggiungerei pure Cacciari a questo punto.
Nel vostro commento poi voi dite: "Ciò che è intollerabile è contribuire a fare casino andando dietro ai Berlusones dicendo che il Pd è di sinistra"
ma questo non potete farne una colpa ai vari d'Andrea, questa è un'idea che si è impermeata nella mentalità generale per colpa di Berlusconi e del PD stesso, che di sinistra detiene solo il nome.
Insomma, concretamente, io non ho problemi a definirmi di sinsistra, ma l'analisi posta è più profonda. Prendiamo due leader della sinsitra mondiale: Hollande e Zjuganov. Entrambi si definiscono di sinsitra, ma a parte questo cosa li accomuna?
Tra l'altro, parlando per esperienza personale, io ho amici, che si potrebero definire di sinsitra, ma quando li domandano: "ma tu sei di destra o di sinistra?" Loro rispondono fieramente "Io non sono di sinistra, sono comunista".
Insomma, un pò come i contadini russi che dicevano di non essere comunisti ma bolscevichi
Con il N.W.O. alle porte, anch'io penso che polemizzare in base alle categorie di destra e di sinistra possa essere un esercizio intellettualistico, una schermaglia elegante ma non essenziale. Avrebbe senso infatti chiedersi se il NWO sia di destra o di sinistra? La "guerra infinita" per arare bene il terreno concimandolo con migliaia e migliaia di umani fatti morire nei modi più sofisticati in vista dell'instaurazione del NWO, a quale categoria appartiene?
La Storia cammina e non ritorna sui propri passi. Libertà e indipendenza degli stati sono peccati mortali per i fautori del NWO. Quando vengono cancellati i concetti di indipendenza e di libertà per interi popoli che senso ha chiedersi se il fenomeno sia di destra o di sinistra?
Io invece ritengo che destra e sinistra abbiano senso eccome, non capisco perché questa uscita divisiva di D'Andrea proprio adesso, anche se non mi sorprendo troppo. E' giusto cercare dialogare con tutti ma senza demolire, anzi rispettando, le identità di ciascuno.
La scelta espressiva già nel titolo somiglia troppo alle argomentazioni di Bagnai, che pure ha omaggiato D'Andrea e l'ARS di parecchie carinerie.
Che poi le politiche sociali possano discendere automaticamente dal recupero di sovranità statale mi lascia perplesso. Può convincere i contemporanei solo perché pensano al trentennio dorato del capitalismo di stato e non allo stato autoritario ottocentesco. Occorre notare che quel trentennio fu reso possibile da circostanze storiche non più esistenti, ovvero il bipolarismo USA-URSS, ed a prezzo di tenaci battaglie di uomini determinati (si pensi ad Olivetti e Mattei). Con la fine del bipolarismo quel sistema fu attaccato immediatamente e proprio dalle forze spalleggiate dalla potenza dominante, con quell'azione concretizzatasi in Mani Pulite, una rivoluzione colorata ante litteram. Quelle forze sono ancora all'opera e ci hanno penetrato in modo capillare. Chi pensa che la sola uscita dall'euro/UE possa portarci di nuovo verso quel sistema, senza aspre battaglie, secondo me pecca di ingenuità.
E comunque quell'articolo di D'Andrea ha creato un discreto casino interno. Perlomeno così pare, provocando la reazione risentita di alcuni dei membri di ARS che si riconoscono a sinistra. Uno ha dato le dimissioni, mi sembra quello che gli ha risposto per le rime nel post che avete citato, e lo hanno crocifisso due articoli dopo, dandogli del non-attivista nonostante fosse l'amministratore del loro forum, con una classe da parte di D'Andrea paragonabile a quello del presunto primo della classe che vuole a tutti i costi sputtanare un compagno che gli sta sulle palle. Su Bagnai sono pronto a scommettere che se andiamo alle elezioni ce lo ritroviamo in qualche lista, magari, chissà, alle europee. Fate bene ad insistere sui distinguo tra sinistra degenerata e sinistra sincera, tutto ciò che si appoggia su questa storia dell'equidistanza e del non senso destra/sinistra finirà quando certe decisioni dovranno essere prese ed allora si saprà "chi ha fottuto chi", magra consolazione.
SINISTRA CHE?
Lettori anche molto attenti e argutii ci chiedono che senso abbia definirsi di sinistra. Si domandano cosa significhi sinistra.
Noi ci proviamo: essere di sinistra significa volere una società senza sfruttamento dell'uomo sull'uomo, una società di uomini liberi e uguali, ergo: combattere per superare l'ingiusto e pestifero sistema capitalistico.
Chi parla di morte della sinistra, vuol dire che nella valle di lacrime del capitalismo piange magari, ma molto bene e non vuole separarsene.
Oppure, se parla di morte della sinistra, lo fa perché è la sua coscienza che è morta, perché non vibra più in lui la corda della rivoluzione sociale. E', sotto sotto, un borghese.
Ci sono poi intellettuali stimati che dicono che ogni opposizione destra-sinistra è invalidata. Si ricrederanno presto, molto presto. Andiamo incontro ad anni di conflitti che daranno vita ad una generale polarizzazione, di classe e politica.
Si metano l'anima in pace quindi i necrofili: finché esisterà il capitalismo esso produrrà e riprodurrà, certo in forme cangianti, sinistra. E più esso eserciterà in forme selvagge il suo dominio, più questa sinistra sarà radicale.
@Brezzarossa (e a tutti i compagni di MPL)
L'ARS non è equidistante tra destra e sinistra, e la discussione è nata perché si è presentato un problema di natura nominalistica. Noi dell'ARS pensiamo (mi sembra in maggioranza) che insistere (sottolineo: insistere) nell'uso dei termini destra/sinistra nella polemica politica attuale non possa che portare a gravissimi fraintendimenti, con il risultato di vedere le forze sovraniste schierate lungo il crinale tradizionale che questa dicotomia ha creato. Avremmo così sovranisti di destra e di sinistra, che è una cosa che vogliamo assolutamente evitare.
Noi pensiamo che il sovranismo, in questa fase, sia una posizione autosufficiente. Pensiamo anche che, se si analizzano con serietà le implicazioni di una scelta sovranista, questa ha per forza di cose una natura socialista, oltre che democratica, costituzionale e anticapitalista.
Ricordo che sovranismo significa, tra l'altro, imporre forti limitazioni alla libertà di circolazione dei capitali, delle merci, dei servizi e delle persone. Questo non significa, ovviamente, che uno Stato che ristabilisca il controllo delle proprie frontiere sia, per ciò stesso, uno Stato privo di conflitti di classe, ma questo genere di problemi appartiene alla fase successiva.
Per usare un'espressione che ho letto su questo blog, l'ARS vuole sganciare l'Italia dal sistema della finanza internazionale. A noi interessano le persone disposte a battersi per questo obbiettivo, in questa fase.
Provo ad andare un po' più nel dettaglio. Posto che l'ARS è per la proprietà pubblica dei cosiddetti "beni comuni", e quindi energia, acqua, trasporti, sanità, scuola, previdenza, difesa, telecomunicazioni, industrie strategiche etc.., noi non ci poniamo il problema della proprietà dei mezzi di produzione che non rientrano nella categoria dei beni comuni. Che tale proprietà sia dei lavoratori, comunque organizzati, dello Stato, oppure di capitalisti privati italiani (o anche esteri, ma sotto il rigido controllo delle leggi dello Stato italiano), questo è un tema che appartiene ad una fase successiva, molto lontana da quella che abbiamo davanti.
Naturalmente ognuno è libero di scegliersi le proprie priorità, e noi non abbiamo nulla da eccepire al fatto che per molti la questione della proprietà dei mezzi di produzione (non appartenenti alla categoria dei beni comuni) sia un problema dirimente. Auguriamo a costoro che i loro sforzi siano proficui, ma noi abbiamo le nostre priorità.
Chi vuole fare un pezzo di strada con o al fianco dell'ARS è il benvenuto, a patto di non trasformare riflessioni, anche interessantissime ma che non appartengono alla fase politica attuale, in motivi di dissidio distruttivi.
Abbiamo un lavoro da fare: riconquistare la libertà dell'Italia. O, se preferite, sganciarci dal sistema finanziario internazionale.
Augh!
Scusa Eco ti risulta che la Gran Bretagna, stato che notoriamente ha percorso una via sovranista, sia "socialista, oltre che democratica, costituzionale e anticapitalista"? Forse la seconda. Per carità la tua è una analisi assolutamente rispettabile, mi sembra che però ci sia un difetto evidente di comunicazione dei tuoi vertici. Dato che non mi sembra che in ARS il clima sia poi cosi disteso, che svariati commentatori tra cui Pasquinelli abbiano inteso dire cose che per esempio a me e ai miei amici presenti non hanno reato alcuna sorpresa, converrai che c'è un po' da lavorare da parte vostra. Io stesso alcune volte ho preso le parti della tua associazione, ma francamente che il tuo presidente che straparla di uscita dall'euro e dalla UE e poi dice che Bagnai ha ragione, e l'ha detto in quell'articolo, qualche perplessità la genera. Mi auguro che il termine sovranismo per ARS sia quello che esprimi tu, ma converrai che non è l'unico modo in cui si può costruire qualcosa di sovrano.
Ciao.
Va detto comunque che ArS anche se rinuncia alla dicotomia destra/sinistra non disconosce dicotomie più specifiche quali: comunista, socialista, repubblicano, liberale, democratico ecc....
Secondo me, da un punto di vista di "marketing" questa strategia è la migliore. Intendiamoci, la dicotomia destra/sinistra non piace più, e chi la utilizza viene guardato con sospetto, ma non per colpa vostra, ma per colpa dell'abuso che di queste due parole si è fatto in questi anni.
Quindi, se voi del MPL preferite definirvi di sinsitra siete liberi di farlo, ma io direi di enfatizzare di più la vostra essenza comunista. Non fu forse Pasquinelli stesso a ricordare che quando nel 1917 ci fu la rivoluzione russa i contadini preferivano dichiararsi bolscevichi anzichè comunisti? E sapete voi per quale ragione.
@Brezzarossa:
C'è stato un tempo, durante il quale si era alla ricerca di un termine che riassumesse le nostre posizioni, in cui fu proposta anche l'espressione "sovranitarista". Io ero contrario, per evidenti ragioni di cacofonia, ma è chiaro che il percorso è stato: definiamo i contenuti (quello che vogliamo fare) e poi usiamo un'etichetta (una parola) per indicarli sinteticamente.
Vedo però che un certo atteggiamento nominalistico è irriducibile, per cui se uno dice: voglio A, B, C e pure D, a tutto questo lo chiamo (invento una parola) "brennismo", subito si alza un altro che dice (sulla base di qualche analogia che vede solo lui) "guarda che il brennismo esiste anche in Patagonia!".
In altre parole: l'Ingilterra, secondo te, è "sovranista" perché ha la sterlina invece dell'euro? E la repressione finanziaria? E la proprietà pubblica dei beni comuni? E il ruolo dello Stato in economia? etc.. etc..
Insomma, e per concludere: l'ARS è quello che sta scritto nei documenti ufficiali. Tutto ciò noi lo chiamiamo "sovranismo", termine che già comincia ad essere distorto e utilizzato da altri (perciò io dico che dobbiamo definirci "sanguinari") che propongono visioni politiche che nulla hanno a che vedere con le nostre.
Infine: le nostre posizioni mi erano sembrate in larga parte coincidenti con quelle di MPL. Mi ero sbagliato?
Eco le parole però devono anche avere un significato condiviso che ne permette l'uso e che prescinde dai manifesti culturali/politici. Non ci vedo niente di nominalista nel paragone che ho fatto, a me correggetemi se sbaglio, sembra più pragmatismo. Inoltre non è che si possa passare sopra alle contraddizioni espresse da certe prese di posizione rifacendosi alla bontà degli "intenti fondativi". La contraddizione a volte oltre che generata dall'incertezza è generata anche da una bella fregatura, o inganno, dissimulazione, detto in linguaggio più ricercato. Mi sembra che l'analisi dei fatti e la normale prudenza possano far nascere anche argomentazioni come quella di Pasquinelli, che per quello che ho letto nei commenti di appartenenti ad ARS o perlomeno che si sono dichiarati tali, non mi sembra poi avventata.
Poi tutti siamo sottoposti all'errore.
ARS E MPL
MPl è nato per due ragioni fondamentali, la prima tattica, subordinata alla seconda, strategica.
La prima: costruire il più ampio fronte popolare per uscire dall'eurozona e dall'Unione, passo necessario per evitare la definitiva, irreparabile, catastrofe sociale ed economica. Un fronte sovranista-democratico di cui potranno far parte anche frazioni non euriste e anti-oligarchiche della borghesia.
Un FRONTE non è un partito, va da sé. Noi abbiamo indicato non solo come concepiamo il Fronte, la sua relazione con la mobilitazione popolare, ma anche i punti eventuali di una piattaforma unitaria: IL FRONTE POPOLARE SECONDO NOI.
In questo anno e mezzo di esistenza non ci siamo stancati di chiamare all'unità. Senza risultati apprezzabili. Ars da parte sua, alla nostra richiesta di dare un esempio, di iniziare ad unire quello che c'è, ha risposto picche. D'Andrea immagina una crisi dai tempi lunghi, non vede l'abisso e il caos dietro l'angolo, e quindi dice: "prima di tutto l'Ars", e senza reticenza punta a presentare Ars alle prossime elezioni.
Non cambiamo idea: dobbiamo unire le forze ora, magari pensando a patti d'unità d'azione, su una piattaforma unitaria. Con chi ci sta. Così daremmo un segnale di controtendenza, positivo e contagioso.
Non siamo quindi noi i "divisionisti".
La seconda ragione per cui nacque il Mpl è di tenere fermo l'orizzonte socialista. Per questo non solo siamo impegnati e ridefinire il concetto di socialismo, per questo è necessaria la polemica politica attraverso la quale un soggetto politico si delimita dagli altri e mette a fuoco le sue "ragioni sociali".
Fare fronte però non significa nascondere le differenze. Nel fronte la battaglia "ideologica" non può che continuare, ferma restando l'unità nell'azione contro i comuni nemici. A me pare che Ars faccia confusione tra fronte e partito, o meglio, che si consideri una specie di fronte-partito, una specie di contenitore universale pigliatutto. Questo ritengo si nasconda dietro all'affermazione che Ars è contro tutte le ideologie, che non è né di destra né di sinistra. Ma un soggetto politico pigliatutto, che tutto macina come in un termovalorizzatore, non solo non esisterà mai, sarebbe una sciagura che esistesse.
Sta di fatto che un fronte non esiste, non esiste nemmeno un suo embrione. E se quest'embrione di alleanza non c'è dipende anche dall'approccio autistico di forze come Ars.
Ora vi chiederete: che c'entrano la sinistra e la destra?
A me nessuno toglie dalla testa che chi colpisce a casaccio a sinistra guarda a destra. Per questo ho ritenuto necessario suonare il campanello d'allarme.
@Redazione
Criticate ARS perché rivolta ad una prospettiva di capitalismo stato. Ma anche statalizzare banche e principali mezzi di produzione per rivolgerli a politiche espansive (come voi giustamente rivendicate) non sarebbe, "de facto", capitalismo di stato?
CAPITALISMO DI STATO
Non si deve confondere la meta storica, che per noi è il socialismo, con la strada che a quella meta conduce.
Un conto è, come diciamo noi, che per uscire dal marasma del capitalismo casinò occorrono misure urgenti di nazionalizzazione e statizzazione dei settori economici strategici (chiamiamolo capitalismo di Stato). legate ovviamente al controllo dei lavoratori sulle aziende diventate pubbliche.
Un'altro conto è fare di queste misure il non plus ultra, la meta finale.
Moreno Pasquinelli in un ragionato commento fra le altre cose sostenute pone una domanda: “ Come fa il D'Andrea e non avvedersi che suona lo stesso spartito dei nemici che dice di voler combattere? Dei neoliberisti, degli euristi, degli affossatori della Prima repubblica che lui tanto rimpiange?
Ed ancora
Ars vuole l'uscita dall'Unione e dell'eurozona. Ma per quale modello di paese? D'Andrea la butta in caciara, dicendo che a lui non interessano... le ideologie…..
E poi
D'Andrea afferma che Ars anela ad "un'economia sociale e popolare (???)”
Faccio presente che semplicemente scorrendo lo stesso post si legge :
" Il lavoro ha oggettivamente interesse a distruggere l'Unione europea. Col termine lavoro designo sia il lavoro subordinato che il lavoro autonomo. E nell'ambito del lavoro autonomo, alludo sia al lavoro professionale che a quello imprenditoriale, che si esplica nelle imprese di piccole e talvolta medie dimensioni.
Perché il lavoro ha oggettivamente interesse a distruggere l'Unione europea?
Intanto perché la valorizzazione ideale del lavoro implica l'eliminazione dei mercati concorrenziali e la sottoposizione dei fattori produttivi – capitali, merci, servizi, persone – alla disciplina economico-programmatica, la quale determina e promuove i settori strategici, persegue la piena occupazione, reprime la rendita finanziaria e immobiliare, protegge dalla concorrenza straniera i lavoratori subordinati, protegge dalla concorrenza interna il lavoro autonomo dei commercianti e dei professionisti, evita la soggezione al capitale dei suoi rappresentanti (concessionari, rivenditori, affiliati in reti di franchising), tassa la pubblicità e contempera gli interessi del lavoro e del capitale di rischio.
In secondo luogo, perché anche la specifica programmazione prevista nell'art. 41 della Costituzione – per chi sa leggere in modo sistematico la Costituzione, perfettamente coincidente con quella ideale, testé tratteggiata – è inconcepibile e inapplicabile in un mercato unico concorrenziale nel quale lo Stato italiano ha perso tutti i poteri ed è ostaggio in particolare degli afflussi e deflussi dei capitali, nonché delle minacce di afflussi e deflussi."
Questo potrebbe chiarire un po di più la posizione dell'ARS. E’ possibile affermare , come lo stesso Moreno fa , che lo spartito è lo stesso dei neoliberisti? degli euristi? Chi ha voglia si faccia una sua idea direttamente leggendo questo ed altri inteventi.
Poi sono certo che lo stesso Moreno conoscendo l’Ars e D’andrea stesso non è sincero quando dice di non capire cosa cela l’espressione “un'economia sociale e popolare”.
Per l’Ars non ci sarà la stella polare del socialismo come alternativa di società e di civiltà ?
L’ars ha chiaramente scelto di non declamare alcune parole. L’ha fatto palesemente ritenendo prioritario conquistare il consenso e valutando che alcune parole hanno un effetto opposto ( Socialismo è parola che ufficialmente non abbiamo utilizzato ma che è ricorrente in molti concetti espressi) . Ma chiunque legge i documenti capirà facilmente la sostanza delle cose. Perché è della sostanza che abbiamo bisogno in questi momenti verò?
Quanto poi all’ultimo punto sollevato e cioè “ se dovremo agire nel senso di aiutare il capitalismo ad uscire dalla sua crisi, tornando dunque alla vecchia merda, oppure se, dopo l'ennesima dimostrazione del suo fallimento, non si debba finalmente fuoriuscire dal capitalismo stesso, pur coi passaggi di fase e i sacrifici che saranno richiesti.” Dico che personalmente mi accontento! di lavorare per la nostra proposta di una “economia sociale e popolare” con i corollari che ne seguono.! E’ già lotta anticapitalistica a mio modo di vedere.
Sinceri saluti
Antonio Bianchi
Socio ARS
Non vorrei sembrare il solito "l'avevo detto", ma quando abbiamo definito "rivoluzione conservatrice" il progetto dell'ARS qui http://irradiazioni.wordpress.com/2013/08/01/analisi-del-manifesto-del-fronte-popolare-italiano/ qualche perplessità sottotraccia l'avevamo espressa
Gentile Ars Longa, vorrei rassicurarla sul fatto che nessuno in ARS si farà venire un coccolone se la "rivoluzione" cui aspiriamo viene definita "conservatrice", piuttosto che "giacobina", "comunista" o altro. Sono parole che, nella confusa discussione politica ampiamente dominata dai media mainstream, ci lasciano indifferenti. Noi abbiamo un altro problema, e provo a spiegarlo.
Se un conoscente mi chiede cos'è l'ARS, io quali parole devo usare per spiegarglielo sapendo di avere al massimo due minuti di tempo? Ebbene, la soluzione al dilemma è quella di usare NON una parola (destra, sinistra, socialista, nazionalista, sovranista, comunista, e quello che vi pare) ma un gruppo di concetti chiave, per poi chiedere all'aspirante socio: "Tu che dici? Cosa siamo in una parola?". Se quello risponde "siete fascisti", oppure "siete comunisti" oppure qualsiasi altra cosa, io resto indifferente e gli chiedo "hai capito i concetti chiave? Bene, se li hai capiti apri un libro qualsiasi in una pagina qualsiasi a un rigo qualsiasi e scegli una parola qualsiasi: noi siamo quella parola".
E' chiaro adesso il "metodo"? Concetti chiave, non parole che pretendono di sintetizzare tutto. Noi non abbiamo fretta, e abbiamo tutto il tempo che serve per spiegarci con chi ha interesse a capire. Poi, se è d'accordo viene con noi, altrimenti va altrove.
Non so se serva - probabilmente no - ma a me il discorso di ARS sembra chiarissimo. E per questo sono in totale disaccordo con loro (ma io non sono neanche sovranista, ma questo è un altro discorso). Del resto il richiamo a strategie di "marketing" mi pare chiarisca ulteriormente. Quello che preme ad ARS è aggregare persone, anche quelle che votavano PDL. A queste non vengono chieste abiure, credo nell'ottica del rafforzamento dell'ARS. Insomma se arriva il mostro di Milwakee e dice che l'Euro fa schifo, lo prendono. Io non comprendo come questo possa aiutare un qualsivoglia progetto socialista ma magari sbaglio.
Scusate mancava la firma
bvzm1
Fuorviante la critica a D'andrea.
Non c'è nulla di nuovo in quanto da lui scritto nell' ultimo articolo.
Il problema è NOMINALISTICO, così come detto da Fraioli. La posizione di ARS è stata SEMPRE, e sottolineo sempre, anche quando Pasquinelli è venuto a Pescara, SOVRANISTA E COSTITUZIONALE. Il che è una novità nel campo del sovranismo internettiamo complottista, signoraggista e fascista.
ARS ha sempre sostenuto che esiste la lotta di classe e che oggi ci si debba schierare dalla parte del lavoro dipendete e di quello autonomo, CONTRO i grandi capitalisti e la rendita finanziaria.
Su questa politica di fase concorda anche MPL, a meno che di non voler smentire adesso VOI le cose, e creare VOI confusione.
L' unica punto politico davvero di disaccordo sulla politica di FASE è stato sempre e solo uno, ossia che MPL sostiene il default e ARS no.
E ARS propone una politica di fase, perché è necessario costruire una nuova classe dirigente.
MA questo già si sapeva. Quindi cosa aggiunge di nuovo questo articolo? Che ARS preferisce non definirsi " sovranista di sinistra".
Ditemi voi che senso avrebbe: oggi abbiamo un buon 60% di fessi di sinistra che credono che questa parola voglia dire essere globalisti e liberoscambisti e lo stato e i confini economici siano " di destra". E Magari contemporaneamente ci sono tante persone che non sono fasciste, non sono razziste, non sono " capitaliste" ma si definiscono " di destra" solo perché nella vita non hanno mai sopportato i bertinotti, vendola, repubblica e raicalshicchismo vario.
Non vi sembra molto più efficace definirsi " sovranisti costituzionali"?
- La costituzione, i cui valori sono da difendere e da attuare, avvicina i sinistri che oggi cadono nel liberoscambismo figlio della cultura globalista.
- Avvicina quella persone che non si definiscono " di sinistra" perché nella loro vita hanno conosciuto solo la sinistra dei " balletti colorati".
- Allontana gli esaltati fascio-complottisti, o nazisti dichiarati. Nel migliore dei casi magari i primi tornano alla razionalità.
Per Bvzm1
quale progetto politico non è volto ad aggregare persone? a convincerle della bontà del proprio operato?
Il marketing? ma davvero? e come si può affermare ciò? Perchè desideriamo aumentare le fila degli aderenti anche di quelli che pur provenendo da i più svariati percorsi politici arrivano a condividere l'analisi ed il progetto lasciandosi liberamente dietro le spalle il proprio vissuto politico?
" Insomma se arriva il mostro di Milwakee e dice che l'Euro fa schifo, lo prendono. Io non comprendo come questo possa aiutare un qualsivoglia progetto socialista ma magari sbaglio."
Si può dire tutto purchè dopo si abbia l'onestà di ammettere di aver mal compreso la realtà dei fatti ed espresso pareri frettolosi. Magari sbagli.! Antonio
@Antonio
Certo, magari sbaglio. Però se io ho un progetto politico mi sincero se le persone con cui credo di realizzarlo credano o meno - almeno grosso modo - alle cose in cui credo io. La sensazione che ho dalla lettura di ARS è che sia un po' in contraddizione tra l'one issue e l'idea di presentarsi alle elezioni. Per definizione, direi, chi si presenta alle elezioni non ha un solo punto nel programma. Va in Parlamento perché ha un piano sulla Giustizia, sulla politica internazionale, sull'immigrazione, ecc. ecc. E ovviamente sull'economia. Il discorso è naturalmente troppo lungo per esaurirlo così ma posso dire che a me non convince? E se devo uscire dall'euro (non dico "recuperare sovranità" concetto troppo ambiguo, altro che destra e sinistra) non sono disposto a farlo al prezzo che ne so, di trovarmi in parlamento una pattuglia di pasdaran del finanziamento pubblico alla scuola privata, o antiabortista o pericoli di questo tipo.
E comunque c'è un altro equivoco. Io non aggrego a casaccio. Se Bagnai vuole andare con Gasparri e Alemanno - che a me fanno francamente schifo - faccia pure. Se Gasparri e Alemanno dicono che tutto quello che hanno fatto adesso è una solenne cazzata e che hanno visto la luce se ne riparla. La posizione di ARS mi pare diversa. Mi sbaglio? Sarà
bvzm1
FACCIAMO A CAPIRCI
E' evidentissimo, da questo dibattito, quanto a fondo abbia scavato un quarantennio di nichilismo borghese e di relativismo culturale.
Ma quaranta anni non cancellano la storia, né le classi, né le identità, né le visioni del mondo. Qui è in crisi non solo un modello sociale, qui siamo davanti ad una crisi di civiltà.
Le cose con Ars sono due e due soltanto: o Ars si considera un taxi, un soggetto politico di fase. Potremmo sintetizzare l'orizzonte di Ars in questa maniera (schematica): «Usciamo dall'euro, da destra o da sinistra non importa. Poi domani si discuterà se fermarsi al capitalismo-di-stato o andare verso il socialismo».
O addirittura Ars ritiene che la sua piattaforma costituzionalista sia una "visione del mondo".
Siccome questa seconda ipotesi è risibile, vediamo la prima: "usciamo dall'euro e poi si vedrà" —che in buona sostanza era la posizione di Bagnai e per questo, suppongo, Ars si è sempre guardata bene dal criticarlo.
Analisi concreta della situazione concreta.
Il fatto è che D'andrea non solo non vede la catastrofe sociale in atto, esclude un evento traumatico (la rottura dell'eurozona) e sogna tempi medio-lunghi, e quindi una crescita progressiva di Ars via elezioni, per poi andare al governo (senza sollevazione, Dio ce ne scampi dalle... "scorciatoie")... nel 2031.
Io ritengo, al contrario che l'eurozona crollerà presto a causa di un evento-shock. Ritengo quindi che l'uscita, lo shock —visto che i sovranisti socialisti e quelli costituzionalisti (c'è una bella differenza!) non contano un cazzo— non potrà che essere gestita dalla classe dominante, quindi affiancando al ritorno inevitabile alla lira l'adozione di misure ferocemente antipopolari —il tutto per pagare i debiti pubblici ed evitare il default, che anche Ars vuole evitare.
Lo shock certo sconquasserà il quadro politico, ma se addirittura adesso abbiamo un "governo di larghe intese", è altamente probabile che domani, nello Stato d'eccezione, avremo un "governo antipopolare d'emergenza (tipo Pd-Pdl per capirci) con tutte le frattaglie annesse.
Avremo insomma un governo di guerra per strangolare i salariati e la povera gente e rilanciare l'accumulazione e i profitti dei capitalisti, non solo quelli grandi.
Mi chiedo: Ars come si posizionerà? Chiuderà un occhio sul massacro sociale e lo strizzerà al governo? Prenderà parte al conflitto sociale e di classe? Un conflitto in cui i dominanti non esiteranno a ricorrere all'uso della forza?
Oggi a me pare troppo tardi per immaginare una crescita rapida delle forze sovraniste (socialiste o costituzionaliste) affinché esse possano gestire loro l'uscita —che era proprio lo scopo per cui fondammo il Mpl. Troppo tardi amici e compagni.
Oggi quindi il problema è costruire l'embrione di un fronte, sovranista sì, ampio sì, ma a trazione proletaria (c'è sempre un'egemonia di classe, in ogni fronte) per prepararsi a combattere il nostro nemico comune di domani, che sarà la stessa classe oligarchica che governa oggi, quale che sia il travestimento che si darà durante la tempesta.
Moreno Pasquinelli
S48 ha scritto un commento perfetto. Meglio non avrei saputo scrivere. Anzi non lo avrei saputo scrivere così chiaro e breve.
Antonio aveva già precisato altrettanto chiaramente.
@bvzm1
Noi non aggreghiamo a casaccio, questo è il punto. A noi non interessano tutti quelli di sinistra ma soltanto coloro che sposano la prospettiva di sovranismo costituzionale e che hanno l'umiltà di limitarsi alla politica di fase, che sarà lunga almeno 15 anni ( Non siamo nel 1860 ma nel 1821; non siamo nel 1943 ma nel 1936; non siamo nel 1917 ma nel 1895 - nemmeno nel 1905, come ho scritto una volta sbagliando).
Se accettiamo gente che ha votato forza italia senza pretendere l'abiura, sempre che condivida programma e progetto? Ovvio, sarebbe folle non farlo. Uno, Andrea Franceschelli, è un nostro formidabile dirigente. E' intelligente, ha cominciato a riflettere sulla crisi, ha letto, a dicembre quando mi invitò a casa sua inarco' le ciglia quando dissi che io persnalmente mi qualifico un socialista. Poi ha cominciato ad interessarsi a Calamandrei alla Costituzione ed è maturato culturalmente e si è appassionato e adesso si considera un socialista democratico. Ha capacità organizzative, passione, dedizione straordinarie. Senza di lui non avrei potuto fare niente. Avrei dovuto pretendere un'abiura?
Sollevazione la pretenderebbe l'abiura dal globalista Ferrero o da qualcuno che ha votato pcl o da Rodotà? E io che dal 1993 al 1998 sono stato piuttosto moderato e ho cambiato idea dalla guerra contro la Jugoslavia senza abiurare?
Pretendere l'abiura da un cristiano che magari a suo tempo ha abbandonato pci e sindacato, per aver beccato una serie di imbecilli in fabrica e in sezione, votando Berlusconi e non pretenderla dall'ultraeuropeista Rodotà o da Alfonso Gianni, mi sembra puro razzismo. Pretenderla da tutti è settarismo.
L'abiura non serve. Può entrare chi condivide programma e progetto.
L'ARS ha tempi lunghi, anche questo ci divide da MPL. L'ARS è un'associazione che ha per scopo sociale di dar vita tra due anni (nel giugno 2015) a una frazione dell'alleanza sovranista. Se noi saremo riusciti a costruire una frazione significativa e nessun altro avrà raggiunto risultati concreti riuscendo ad uscire dal virtuale, allora... ci toccherà attendere ancora un anno e fare da soli (ma speriamo di trovare due o tre alleati).
Nei prossimi due anni, approveremo certamente altri 7-10 documenti (già ne abbiamo 4). Quindi quando, a Dio piacendo, saremo movimento o partito politico, avremo preso posizione su numerosi temi.
Stefano D'Andrea
Caro Fraioli,
io non auguro coccoloni a nessuno e opero sempre affinché non si verifichino. Perciò la rassicurazione che mi dà è la benvenuta ma parte da un presupposto erroneo. Ciò posto lei può anche rimanere indifferente alle etichette e fa anche bene a farlo. Però nell'articolo linkato non si parla di etichette. Si fa, viceversa, una analisi che - nei limiti imposti dal mezzo che usiamo - a me pare molto seria ed approfondita. Perciò ritenere l'ARS di orientamento conservatore, in base a quelle considerazioni, a me sembra sino a prova contraria, fondato. Il fatto che ARS non voglia qualificarsi è del tutto ininfluente. Un leone può anche credersi un gatto o rifiutarsi di farsi chiamare "leone" ma la sua realtà empirica rimane quella, se non altro per le dimensioni e la forma delle impronte che lascia.
Apprezzo molto che mi abbia esposto il suo metodo per convincere un potenziale aderente ma, mi perdoni, lo trovo meno autoesplicante di quanto lei non supponga sia.
L'analisi dei testi di ARS mi pare mosti in modo convincente radici assai vitali di conservatorismo borghese. Il che, badi bene, non è un insulto: ognuno è legittimamente ciò che vuole essere e merita il massimo rispetto. Ma se quel qualcuno viene da me e mi dice io non sono né di destra né di sinistra ma le ho superate allora si pone un problema più ampio. Perché il superamento può essere ad esempio una sintesi tra idee di Sinistra e di Destra. Ma questo - a mio modesto avviso - non è il caso di ARS perché nei documenti che ho avuto modo di leggere le affermazioni che possono ricollegarsi alla tradizione politica della Sinistra sono, di fatto, assenti. E credo che a qualche troglodita come me che si ostina ad aderire ad una delle tradizioni che si ricollegano al marxismo, molte altre affermazioni lascino un retrogusto marcatamente più vicino a tradizionali posizioni della tradizione storica della Destra.
Perciò la definizione di "rivoluzione conservatrice" si attaglia benissimo alle tesi enunciate da ARS (anche D'Andrea si è dichiarato d'accordo in una sua risposta). Shakespeare siceva: " Cosa c'è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo", ma anche se ci rifiutassimo di dare un nome alla rosa e lo lasciassimo scegliere ai passanti a seconda del loro istinto, il profumo rimarrebbe lo stesso. ARS mantiene un forte aroma conservatore che non richiama all'esperienza storica del socialismo. Ciò mi fa pensare che il superamento dei concetti di Destra e Sinistra sia certamente affermato (non dubito in buona fede) ma non trovi riscontro nella realtà.
D'Andrea, faccio mia l'idea di "buona fede" però fai uno sforzo per favore. E' chiaro che "l'abiura" non è nei termini penitenziagite quanto nel comprendere a che punto del proprio percorso è il vostro aderente. Mi pare piuttosto che tu non risponda alle questioni che a me sembrano dirimenti. Se andate in parlamento e dovete votare il finanziamento alle scuole private che fate? Di Caselli che pensate? Degli immigrati che ne facciamo? Dell'aborto? Saranno anche - sono abbastanza d'accordo - argomenti subordinati a quelli economici ma identificano abbastanza chiaramente i personaggi con cui ci si accompagna. A "casaccio" era inteso in questo senso. Ma davvero serviva spiegarlo?
Il caso Franceschelli non riesco bene a capire cosa dimostrerebbe. Davvero vuoi andare in Parlamento con lui? O meglio: in che senso era di "destra"? Perché o lo era in un senso classico - ma mi pare di comprendere che è qui che ci si è incagliati- e allora austerità e riduzione di garanzie dei lavoratori ecc. ecc. (per fermarci alle questioni economiche...) oppure non lo era. E quindi? Cosa spiega?
bv
La macchina ha mangiato la risposta ad ARS Longa. A chi è interessato dico che risponderò domani.
Stefano D'Andrea
@anonimo che scrive "Se andate in parlamento e dovete votare il finanziamento alle scuole private che fate?"
Su questo l'ARS ha già risposto con i suoi documenti: nessun finanziamento alle scuole private. La scuola è pubblica. Punto e basta.
Quanto alle altre domande, potrei dare una mia personale risposta ma, per per quelle di ARS, dovrete pazientare fino alla definizione dei prossimi documenti vincolanti per i soci.
p.s. - Se non accetterò i contenuti dei prossimi documenti, uscirò dall'ARS. E' semplice, ragazzi.
ABIURA
Caro Stefano,
puoi stare certo che chiederemmo l'abiura a esponenti, dirigenti e militanti di partiti che hanno retto il moccolo ai governi Prodi e al Pd, e che hanno sostenuto le missioni di guerra della NATO. Sai bene, che noi siamo in guerra con quel mondo marcio.
Ma il termine inganna: chiamiamola "autocritica", poiché di opportunisti che fanno il salto della quaglia ne circolano anche troppi.
Ma non è questo il problema. Come sai bene. Il problema è la NATURA DI UN'ORGANIZZAZIONE POLITICA, con quali criteri stabiliamo quindi questa natura.
C'è qui un problema che ha a che fare con l'IDENTITA', coi principi, coi fini (il tipo di socità, la visione del mondo), che sono quelli prima di tutto che definiscono la natura di un soggetto politico.
Su questo piano la sola cosa che vedo è che Ars fa della Costituzione del 1948 la sua carta dei principi e valoriale, l'alfa e l'omega.
E' la prima volta che vedo un soggetto prendere a sua carta dei principi la Costituzione di uno Stato, che per sua natura era un compromesso, tutto sommato abborracciato (ricalcato sulla Costituzione della RSI), tra ex-fascisti badogliani, democristiani, comunisti e liberali, ma pur sempre il fondamento di uno Stato capitalistico della più bell'acqua.
Sai bene che siamo anche noi di Mpl per difendere la Carta del 1948 dato che è sotto attacco da parte del partito unico dei liberisti. Ma non ci impicchiamo ad essa e pensiamo anzi sia necessaria una Assemblea costituente, per riscrivere una Costituzione che rimpiazzi al primo articolo la fanfaniana "Repubblica fondata sul lavoro", con "Repubblica dei lavoratori".
Ma nessuno ci toglie dalla testa che prendere a base valoriale e programmatica la Costituzione di uno Stato è cosa quanto mai pittoresca, e che non porta lontano.
Entro il perimetro di quella Costituzione si riconoscevano sia la destra storica, che il Pci, i socialisti di sinistra come i liberali. Che se le sono date di santa ragione. Vogliamo cancellare quella storia? Ma non è questa la quint'essenza della Seconda repubblica, nata sulla famigerata narrazione della "riappacificazione".
Mi pare di capire, dal tuo commento, che ci suggerisci di considerare Ars un ectopasma di tipo "socialdemocratico". Ovvero una sinistra scialba e borghese. Vedi che per quanti salti mortali fai, non riesci a sfuggire da categorie politiche che hanno una loro irriducibile validità e storicità.
Il fatto che oggi non vada di moda essere di sinistra (dati i danni incalcolabili fatti dalla sinistra borghese), ovvero il fatto che la cultura di destra, liberale e liberista sia di gran lunga egemone, a noi spinge a resistere con le unghie e coi denti a questo flusso reazionario. Ars invece segue il flusso, si adagia su di esso, si mimetizza.
Al primo serio vagito del conflitto di classe e sociale questa putrida pappetta culturale anti-comunista si volatilizzerà. Gettare le fondamenta su questa palude culturale porta allo sfascio, o a destra.
Torniamo tuttavia a bomba sul tema del mio articolo. Non menare il can per l'aia. Hai capito benissimo cos'è una "uscita da sinistra" dall'euro di contro ad una "di destra". Continuo a considerare grave, qualunquista, bagnaiano il tuo pezzo —come Bagnai ti viene comodo, per la tua ditta, far passare la menzogna che la sinistra sia solo eurista.
Uscita di sinistra o di destra è ovviamente una schematica semplificazione semantica. Ma dietro ci sono dei concetti. E sta sicuro che anche i sassi lo capiscono, lo capiscono benissimo i precari, i salariati, la povera gente, milioni di italiani, i quali, malgrado le schifezze del Pd, capiscono bene cosa significhi essere di destra o di sinistra, se appunto parliamo di modelli sociali e non più di Berlusconi si Berlusconi no.
Moreno Pasquinelli
Le associazioni colla Rivoluzione conservatrice postulate dal collega di Ars longa sono completamente infondate. Avevo anche pensato di scrivere una breve confutazione, ma poi ho ricordato che Irradiazioni censura gli interventi sgraditi. Il discorso segue la consolidata tradizione marxista per cui qualsiasi comunitarismo che non si declini nei propri termini deve automaticamente declinarsi in termini fascisti o protofascisti (la Konservative Revolution fu la culla ideologica del nazionalsocialismo).
Tanto per sfiorare il tema dei nomina, le parole ‘sociale’ e ‘socialismo’ si riferiscono a qualsiasi forma di vincolo comunitario, non necessariamente a un progetto di collettivizzazione dei beni e di redenzione delle pulsioni egoistiche. Il rifiuto dell’atomismo liberista può volgersi alla rifondazione di un vincolo comunitario di qualsiasi genere, ad esempio nazionale: ecco la radice del ‘socialismo’ di D’Andrea. Una dimensione nazionale che sia però anche funzionale al ripristino di più stretti vincoli di solidarietà economica fra i consociati, che il capitalismo terminale è andato falcidiando: il socialismo nazionale rinvia così, in modo progressivo e non necessitato, a quello economico.
Nella misura in cui si delinea un progetto rivoluzionario e ci si sbarazza degli orpelli ideologici liberisti, si sviluppano temi che pertengono a qualsiasi Kulturkritik, e che quindi si ritrovano tanto nella sinistra che nella destra radicali. Il collega di Ars longa coglie queste assonanze e le riconduce unilateralmente (e semplicisticamente) alla tradizione di destra. Temi come una forte tensione etica, la rivalutazione della figura del capo, la critica delle istituzioni internazionali create dai vincitori della II g.m., lo smascheramento del peloso umanitarismo occidentale, la rivalutazione della scuola come strumento di formazione dell’individuo (in contrapposizione allo spiccio strumentalismo liberale), per non parlare del ruolo della costruzione di un uomo nuovo o quantomeno rigenerato, dello stato come datore di lavoro, disciplinatore del potenziale distruttivo della finanza e supervisore della tecnologia, sono tutti rinvenibili senza difficoltà anche nel corpo marxista.
Un interprete della tradizione di pensiero che ha glorificato l’Unione sovietica sente il bisogno di cercare le radici del concetto di stato forte in Carl Schmitt!
[continuazione]
Nello scritto dell’ARS manca totalmente la dialettica di sacralizzazione dell’autorità costituita in rapporto a categorie ora teologiche, ora organiche e vitalistiche, che caratterizza l’opera degli Jungkonservativen. Così come manca la valorizzazione della guerra (dello stato d’eccezione) come momento privilegiato del processo di trapasso fra civiltà e culture (tema invece centrale nella nozione marxiana di rivoluzione). I nostri amici dell’ARS hanno ancora da mangiarne di strada prima di esprimere una coerente piattaforma rivoluzionaria. Ma quando i tempi chiameranno sapranno darsi una mossa.
Un punto di contatto col pensiero nazionalsocialista potrebbe essere la distinzione fra capitalismo sano (produttivo) e capitalismo finanziario sradicato e devastatore. Ma a parte il fatto che la saggezza di tale distinzione è oggi evidente a tutti, essa viene concettualizzata anche in ambito marxista, colla sola differenza che qui essa viene contestualizzata in una teodicea storicista e la finanziarizzazione del capitalismo ritenuta inevitabile, laddove l’ARS ritiene possibile e auspicabile ripristinare il capitalismo sano che abbiamo vissuto fino a 30 anni fa.
Il vero elemento di contiguità con il nazionalsocialismo sta, o meglio starebbe, nel fatto che ogni rifiuto della globalizzazione dovrebbe portare seco l’intento di espellere le orde di allogeni attirate dal capitalismo terminale per ingrossare l’esercito industriale di riserva. Ma avendo i media di regime ormai tabuizzato questo tema in maniera particolarmente efficace e pregnante, l’ARS si astiene rigorosamente dal toccarlo. Anche qui, d’altronde, la contiguità colla sinistra, in questo caso la sinistra sovranista dell’MPL, si tocca con mano: la critica della globalizzazione deve rigorosamente limitarsi alla mobilità dei capitali, su quella della forza-lavoro deve regnare il silenzio.
Se ben comprendo una differenza davvero cruciale tra Ars e Mpl insiste sulla questione del debito sovrano.
Mpl auspica un "default programmato" , che il debito (salvo ai piccoli e medi risparmiatori) non va pagato, in quanto è inconcepibile che si debba spremere come limoni i cittadini per poi "ingrassare" la bancocrazia e gli "squali della finanza predatoria".
Ars sostiene, con Bagnai, che una volta tornati alla moneta sovrana, e quindi solo in virtù di una svalutazione dell'ordine del 15-20% il debito sovrano sarebbe "sostenibile".
A me sembra che questa posizione Ars sia sbagliata in linea di princpio e contraddittoria sul piano logico.
Ars dice che occorrerà porre dei limiti alla libertà dei capitali: ma non sarebbe soggiacere ad una rapina, pur mediata dallo Stato, se ogni anno se ne fuoriusciranno (interessi più rimborso delle cedole) causa rimborso dei creditori (conti a spanne e a lira svalutata del 20%) svariate decine di miliardi?
Un compagno dell'MPL
intendo decine di miliardi di nuive lire su un lungo arco di tempo
Caro "la verità produce nemici", però la tua assai erudita esposizione non riesce a cancellare nelle mie più banali analisi politiche, basate su ciò che vedo e non sul fatto che Ars longa censuri, un forte odore di "tatticismo interessato" ai numeri da parte di ARS e da cui ritengo discenda tutti il resto, inclusi i problemi di comunicazione. Sono inoltre convinto che questo cadrà alla prima occasione in cui sarà richiesto uno schieramento preciso, ed al momento non penso che lo schieramento favorito sia quello a sinistra.tutto qui
Mi si scusi inoltre se mi sono permesso di ritornare sulla terra.
Nota: Non comprendo inoltre il fatto che D'Andrea si sia messo a fare pubblicità ad uno dei suoi, presumo, dirigenti se non per certi problemi interni e che trasporta allegramente anche qui. Immagino la felicità degli altri dirigenti, o magari solo alcuni, che faranno sicuramente il loro dovere e prenderanno atto della nomina a delfino di uno di loro.
Come si fa a negare che il capitalismo finanziario
sia figlio legittimo del capitalismo in generale (quindi anche di quello "buono")?! È semplicemente un esercizio di disonestà intellettuale e di "paura" di andare fino in fondo con le analisi.
La dicotomia destra-sinistra si riproporrà, non c'è dubbio. E qui in Sardegna sarà affiancata da un sano patriottismo che metterà in discussione una secolare sottomissione.
Levare la quarta a una macchina che inquina non la farà inquinare di meno. Meglio abbatterla
(esegesi del capitalismo)
Caro compagno Pasquinelli,
nel suo ultimo intervento ha definito l’ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità) come il «tentativo più nobile e forse politicamente più avanzato» di «dare rappresentanza politica alla coscienza infelice della borghesia, o alla nostalgia della Prima Repubblica», sognando addirittura il «ritorno al piccolo vecchio mondo antico dell’Italia democristiana», collocando pertanto l’ARS al centro dello schacchiere politico, almeno secondo le categorie attraverso le quali lei interpreta la realtà. Nonostante io sia un iscritto all’ARS e per di più un militante del gruppo regionale abruzzese, vorrei rispondere a questa sua tesi a titolo puramente personale, senza compromettere l’associazione e senza tuttavia celare la speranza che in queste mie considerazioni possa ritrovarsi la gran parte dei compagni compatrioti dell’ARS.
Prima però mi permetta un breve inciso autobiografico: sono il primogenito di una modesta famiglia della piccolissima borghesia di una città di provincia, Pescara. Mio padre, diplomato, che proviene da un’antica famiglia contadina di mezzadri prima e piccoli proprietari terrieri poi, è un Sovrintendente della Polizia di Stato; mia madre, anche lei diplomata, proviene da una famiglia tradizionalmente operaia che con mio nonno, dopo molti sacrifici, si mise in proprio nell’artigianato. Quanto a me, sono il primo e unico laureato sia da parte paterna che da quella materna; dirò di più: sono un giovane dottore di ricerca in linguistica alla ricerca di una borsa post-dottorale in giro per il mondo, dunque attualmente disoccupato. Se si chiede quale possa essere il mio profilo politico, le rispondo senza esitare che mi sono sempre considerato e continuo a considerarmi un marxista, un marxista critico: ho sempre cercato di assimilare e implementare la critica marxiana al Capitale; continuo ad apprezzare molte delle riflessioni di Lenin; stimo e cerco di approfondire la produzione scientifica di autori che, pur senza essere marxisti, come Keynes e Galbraith, o anche secondo un approccio culturalmente non lontano dalla critica marxiana, come nel caso di Sraffa e Minsky, erano fortemente critici verso i meccanismi di riproduzione, in particolar modo finanziari, del modo di produzione capitalistico; ho sempre eletto e continuo a eleggere Gramsci a nume tutelare personale, ritenendo che quel mostro strano che fu il Partito Comunista italiano sia stato ideologicamente tutto fuorché marxista e culturalmente – nel senso più alto della parola cultura – tutto meno che, ahimè, gramsciano.
A questo punto, dati il suo sistema di riferimento e gli argomenti svolti nel suo ultimo intervento, si chiederà: «ma cosa diavolo c’entra mai questo qui con l’ARS?». Cerco di spiegarglielo, articolando il mio ragionamento attraverso 8 punti essenziali.
1. La questione sollevata da Stefano D’Andrea, e raccolta da lei e da quanti hanno commentato le sue parole, mette sotto la lente dell’osservazione politica – anche qui nel senso più alto e pieno della parola – il sistema di riferimento fondato sulla dicotomia politica sinistra/destra, con l’aggiunta del centro, da non confondere col moderatismo, che in realtà è un approccio che può caratterizzare tanto una politica di destra quanto una politica di sinistra, al pari dell’estremismo. Ora, è del tutto evidente che la questione è cruciale e si riduce al problema fondamentale se abbia ancora senso o meno leggere la politica secondo le categorie destra e sinistra e, nella fattispecie, se l’ARS sia un’associazione di destra, di sinistra o, come lei sostiene, di centro. È un problema che personalmente mi sono posto, come credo abbia fatto chiunque si sia iscritto all’ARS, e ritengo si tratti di una questione ancora aperta, come dimostrano le discussioni degli ultimi giorni, sulla quale è bene che l’ARS cerchi una sintesi se non definitiva per lo meno ampiamente condivisa, perciò la ringrazio per aver stimolato la discussione su un punto che rischierebbe altrimenti d’essere lasciato in un cono d’ombra, favorendo l’insorgere di equivoci e il proliferare di ambiguità.
Analizziamo le categorie sinistra e destra. Si tratta di categorie storiche, socialmente motivate a partire dalla Rivoluzione Francese, su cui, a mio avviso, si può essere d’accordo con Costanzo Preve (che Diego Fusaro, che avete intervistato di recente, conosce molto bene), per il quale l’ipotesi di Norberto Bobbio secondo cui tale dicotomia riposerebbe sul concetto di uguaglianza, laddove la sinistra la persegue e la destra la contrasta, presuppone uno scenario che non c’è più, vale a dire, neanche a farlo apposta, lo scenario della sovranità monetaria degli Stati Nazionali a garanzia della reale possibilità per un governo di programmare una politica economica di sostegno al welfare state oppure di contrazione dello stesso. Perciò, quando con la grande controffensiva reazionaria controriformista lanciata alla fine degli anni Settanta e culminata con il punto di catastrofe del divorzio fra Banche Centrali e Ministeri del Tesoro realizzato a catena nel corso degli anni Ottanta dai paesi di un Occidente sempre più tecnocratico e oligarchico, gli Stati Nazionali furono espropriati della loro sovranità monetaria dai grandi gruppi finanziari e multinazionali deterritorializzati, la dicotomia sinistra/destra si è ridotta di fatto a mero meccanismo artificiale di narcotizzazione politica e di galvanizzazione elettorale. Tanto più fuorviante se si tiene conto del fatto che, a partire dagli anni Novanta, è stata proprio la sinistra riformista (Clinton, Blair, Prodi-D’Alema, ecc.) a introiettare l’apparato concettuale del capitalismo finanziario e ad aderire al fondamentalismo globalista, realizzando l’uno e l’altro tramite la libera circolazione dei capitali in funzione di un processo ben più profondo di centralizzazione del Capitale e di attacco mondiale di classe contro il Lavoro, quest’ultimo iniziato per la verità già sul finire degli anni Settanta. In tal senso, lapidaria è la celebre dichiarazione di Gianni Agnelli: «oggi in Italia un governo di sinistra è l’unico che possa fare politiche di destra».
[contninua]
A questo punto potrebbe essere tentato di rispondere che, relativamente all’Italia, il PDS-DS-PD (che grazie al riduzionismo economicistico del PCI ha finito con l’assimilare lentamente e inesorabilmente le ragioni del Capitale) non è un vero partito di sinistra. Lei stesso, del resto, critica, a ragione, Alberto Bagnai per il fatto di accomunare tutte le sinistre in un unico grande calderore politico a sostegno del fondamentalismo globalista e del progetto eurocratico, sottolineando come in realtà all’interno del campo della sinistra ci sia stata e ci sia un’ampia varietà di approcci e posizioni. Riconoscerà però che proprio questo argomento equivale a darsi una bella zappa sui piedi perché innesca una domanda che spacca dritto al cuore il suo sistema di categorizzazione politica: se le sinistre sono così tante e così diverse, che senso ha riunificarle sotto la grande categoria della sinistra? In altre parole, perché ricondurre tutte queste posizioni che partono da premesse teoriche non sempre condivise e propongono strategie spesso inconciliabili o, ancor peggio, antitetiche? Ecco allora che il problema diventerebbe ancor più sostanziale: cosa s’intende in definitiva con sinistra? E cosa s’intende specularmente per destra? Così facendo, però, temo che non ne caveremo mai niente e neanche fra cinquant’anni saremo riusciti a trovare un punto d’incontro giacché, se è vero come è vero che «l’estremismo è la malattia infantile del comunismo», ci sarà sempre chi si riterrà non solo più a sinistra degli altri ma crederà anche di parlare in nome dell’unica “vera” sinistra. E analogamente per la destra.
Come vede, siamo in un cul de sac. L’unico modo per venirne fuori con onore e con intelligenza è non fossilizzarsi, sapersi adattare, pena l’estinzione. Cosa voglio dire? Che interpretare la realtà attuale con le categorie destra e sinistra è come programmare un viaggio sulla Luna restando nella concezione tolemaica dello spazio. In questa congiuntura, non ci sono più le condizioni storiche e sociali che rendono valide le premesse del suo sistema di riferimento politico, per cui le categorie politiche di quest’ultimo non sono più attuali, non aderiscono più alla realtà quotidiana: tant’è che se ragioniamo nei termini della dicotomia sinistra/destra non ci raccapezziamo più, non comprendiamo la realtà, non riusciamo più nemmeno a comprendere noi stessi e a riconoscerci e, quel che è peggio, non riusciamo più a spiegare i fenomeni culturali, sociali ed economici che attraversiamo. Tutto ci sfugge.
2. Riconosciuta l’inservibilità di categorie quali sinistra, centro e destra, bisogna passare al vaglio anche tutte le altre nozioni che rimandano a queste categorie. Dal momento che lei, Pasquinelli, ha sostanzialmente avanzato l’ipotesi della matrice borghese dell’ARS, seppur della nobile tradizione della coscienza infelice della borghesia, di cui beninteso anche Marx era espressione, mi soffermo qui sulla dicotomia proletariato/borghesia. Ebbene, chi sono oggi i proletari? E, di contro, chi sono oggi i borghesi? Come si vede, un’altra questione cruciale.
Una questione cruciale che d’altro canto può essere efficacemente risolta soltanto riconoscendo il carattere aperto tanto della categoria proletario quanto di quella borghese. Proprio un’attenta lettura di Marx, come aveva recepito anche Gramsci, permette infatti, per prima cosa, di inquadrare storicamente queste categorie, che appartengono allo stato nascente del capitalismo e alla sua fase pienamente industriale, quando il proletariato designava fondamentalmente la classe operaia allorché la borghesia configurava tanto il padronato (l’alta borghesia) quanto la classe dei liberi professionisti (la media borghesia). In secondo luogo, giusto alla luce dei meccanismi di riproduzione del Capitale, appare chiaro come la condizione di proletario sia plasmata sulla base dei processi di centralizzazione della proprietà del Capitale e di progressiva proletarizzazione delle classi lavoratrici, con la conseguente polarizzazione dei rapporti di forza tra una ristretta minoranza di padroni ultracapitalisti che concentrano nelle proprie mani la proprietà dei mezzi di produzione e una sconfinata maggioranza di lavoratori alienati e depauperati. In sostanza, al di là della correttezza o meno delle previsioni di Marx e delle proposte teoriche formulate sin qui dai diversi pensatori marxisti, la nozione di classe non delimita rigidamente un unico ceto sociale definendone una volta per tutte caratteristiche e ragion d’essere; la nozione di classe riunisce plasticamente tutti quei ceti, quei blocchi sociali che, in quel preciso momento storico e in quel particolare contesto sociale, ne condividono i tratti essenziali. Del resto, è noto che, in Inghilterra, all’indomani della Rivoluzione Industriale, quando la nascente industrializzazione cominciava ad aver bisogno di manodopera, questa fu assicurata attraverso lo spopolamento forzoso dei contadini dalle campagne inglesi alla volta dei sobborghi industriali che cominciavano a formarsi nei principali distretti industriali. In poche parole, i rentiers cacciarono buona parte dei contadini dalle campagne, costringendoli a riversarsi in città dove questi, per ragioni di sussistenza, lavoravano come operai nelle fabbriche.
[continua]
E oggi a cosa assistiamo? Non registriamo forse una graduale perdita dei diritti da parte dei lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati, che alimenta da una parte il lavoro precario e dall’altra la massa di disoccupati? Non registriamo forse un immenso planetario processo di centralizzazione dei capitali che concentra la proprietà dei mezzi di produzione nelle mani di poche gigantesche compagnie multinazionali, non a caso sovranazionali, o di colossi finanziari che fagocitano le grandi industrie spezzettandole e distruggono la piccola e media impresa, esattamente come stanno radendo al suolo la piccola e media impresa italiana?
E allora chi sono oggi i proletari? Soltanto gli operai dei grandi complessi industriali? E i dipendenti statali che hanno visto eroso il proprio potere d’acquisto oltre limite, cosa sono? Piccolo-borghesi? E i giovani precari, cosa sono? Aspiranti professionisti della media borghesia? E gli immigrati costretti al lavoro sommerso? E i disoccupati privi di qualsiasi occasione di riscatto? E gli agricoltori tediati dalla odiosa e non casuale legislazione comunitaria europea in tema di produzione agricola, come li classifichiamo? Come contadini reazionari portatori della tradizionale paura per i grandi possidenti, per giunta plagiati dalla cultura cattolica conservatrice? E gli artigiani che hanno reso grande la tradizione manifatturiera italiana e che oggi sono allo stremo, come li cataloghiamo? Come piccoli imprenditori che tendono sotto sotto all’accumulazione, rafforzando il retroterra culturale della grande industria?
Appare dunque chiaro come, nell’attuale fase di sviluppo del modo di produzione capitalistico, non ci sia errore peggiore che ridurre banalmente il proletariato alla sola classe operaia, schiacciando pertanto l’anticapitalismo sulla categoria di sinistra, che vede nella tutela e nel riscatto del lavoro salariato e del proletariato la propria ragion d’essere. Ecco che le equazioni anticapitalismo = sinistra, sinistra = difesa del proletariato all’interno della lotta di classe, proletariato = manodopera salariata industriale, perdono fondamento e risultano perciò sempre più prive di valore.
3. Come si vede, tutto cambia e il complesso di nozioni e categorie passate rapidamente in rassegna più sopra non fornisce più la bussola più affidabile per orientarsi in questo mondo che cambia. Cosa facciamo dunque? Ci disperiamo perché la sinistra ha disatteso ciò che avrebbe dovuto essere? Passiamo il resto della nostra vita a correggere chiunque accusi la sinistra, peraltro a ragione, di aver premuto l’acceleratore sul capitalismo finanziario e globalista, sostenendo che non si sia trattato in realtà della vera sinistra ma di un riprovevole surrogato diretto dai più biechi impostori? Ci flagelliamo perché dirsi di sinistra ormai fa male e significa tante cose che mai avremmo pensato e implica tante colpe che mai avremmo voluto e con le quali, per onestà intellettuale, dobbiamo pur tuttavia fare i conti? Passiamo quindi i nostri giorni scomparendo un po’ per volta, dando così il nostro piccolo contributo all’estinzione di un fronte del Lavoro che si opponga duramente al Capitale? Non mi pare, onestamente, una strategia vincente. Già, perché si tratta di vincere questa che è solo la prima battaglia di una grande guerra. E, a questo proposito, sarebbe bene che chi abbia tradizionalmente militato sempre a sinistra impari a superare il complesso della sconfitta e la smetta di assumere, per uno strano senso di colpa che di fatto ha impedito l’elaborazione di un lutto, quello del comunismo storico novecentesco, modelli per definizione perdenti. Impariamo da chi, proprio all’interno della grande e complessa storia del marxismo, ha riportato vittorie importanti, sebbene non definitive. La lista non è neanche poi così breve ma non è il caso di stilarla in questa sede. Quel che conta adesso è capire che dobbiamo vincere questa prima grande battaglia, vale a dire il recupero della sovranità nazionale, e dunque delle forme che questa sottende (popolare, monetaria, ecc.), e cercare di stabilire quale sia il modo per conseguire questa vittoria.
4. Il primo passo, in tal senso, è individuare il nemico di classe. Come vede, assumo una terminologia e un’impostazione fondamentalmente marxiane. Ebbene, il nemico di classe è rappresentato da quell’8% della popolazione occidentale, al quale bisogna poi aggiungere le élite dei giganti emergenti del BRICS, per un totale che corrisponde a quello che, con le parole di Aldo Giannuli, potremmo definire il «Blocco sociale finanziario», il quale annovera tra le sue fila lo stato maggiore della finanza internazionale, la fascia sociale di “sostegno solidale” alla finanza e l’intera filiera legata ai prodotti finanziari derivati: nell’insieme circa 90 milioni di persone (pari all’1,3% della popolazione mondiale), sostenute dal cosiddetto «Partito della Finanza» (rimando per esempio a Gallino) che vede coalizzati due potentissimi alleati come l’industria militare (si vedano Mini, Vasapollo) e le élites politico-culturali (che comprendono la classe dirigente politica, imprenditoriale, giornalistica, culturale, in particolar modo quella baronale universitaria). Certo, esistono fra questi eccezioni illuminate, gruppi, associazioni o singole persone sinceramente progressiste e, a ben vedere, non si tratta di un fronte così monolitico come potrebbe sembrare. Tuttavia, ha prevalso finora al suo interno l’istinto del profitto a breve termine e la logica della lotta di classe contro il Lavoro nell’interesse comune della conservazione dei loro privilegi, nel tentativo di renderli sempre più inaccessibili. Questo blocco sociale, tra i tanti successi conseguiti, tra i quali la libera circolazione dei capitali, ha finito anche con l’essere l’anima del progetto politico dell’Unione Europea, sublimato dall’esperimento antistorico dell’unione monetaria realizzata con l’euro.
5. Una volta individuato il nemico, cosa deve fare un’associazione come l’ARS? A mio parere, ma credo o almeno spero di intercettare a grandi linee lo stato d’animo di buona parte dei militanti, l’ARS deve muovere dal principio di possibilità di trasformazione della realtà, che è insito nella critica marxiana al Capitale, attraverso il superamento di questo stato di cose in vista del fine ultimo strategico costituito dalla riaffermazione del primato dello Stato, e quindi della politica nella sua concezione più nobile, sull’economia: non la dissoluzione dello Stato auspicata da Marx e preconizzata come esito necessario dell’altrettanto necessario crollo del modo di produzione capitalistico dal quale deriverebbe necessariamente la rivoluzione socialista. Niente affatto, se non altro perché questi passaggi non sono per nulla necessari, la storia lo ha dimostrato. Personalmente non ho mai accettato l’idea che la realizzazione del comunismo dipenda dall’abbattimento dello Stato, ho sempre creduto che ci possa essere socialismo solo nella misura in cui esista davvero uno Stato. E gli strumenti per realizzarlo non possono che essere una vasta opera di investimenti pubblici nel campo della cultura e di tutti gli altri apparati statali, un grande piano di socializzazione dei mezzi di produzione relativamente alle grandi industrie strategiche, la rinazionalizzazione della banca centrale, la tutela del risparmio, della piccola e media impresa e delle imprese cooperative, e naturalmente una decisa opera di repressione finanziaria.
Se questo è il disegno strategico, quali sono però le mosse tattiche tramite le quali realizzarlo gradualmente? Penso che l’unico modo per conseguire questo fine sia coniugare il principio della possibilità di trasformazione della realtà, naturalmente negato e avversato dal fondamentalismo dogmatico liberista e marginalista, col principio di realtà. Anche concordando per un momento sulla categoria di proletariato, esistono oggi le condizioni sociali e culturali per una “rivoluzione proletaria” in senso classico? A mio modesto avviso, no. Per cui sostenerne l’inevitabilità come fa lei, Pasquinelli, non è attualmente fondato. Quello che invece si può e si deve fare è, analogamente a quanto proponeva Gramsci con le Tesi di Lione in riferimento a quella congiuntura storica, elaborare e promuovere un programma minimo comune di tutte le forze anticapitaliste e sovraniste.
In questo senso, anch’io critico la venerazione dogmatica della Costituzione della Repubblica Italiana del 1948, la quale, a ben vedere, è sempre stata tradizionalmente disattesa in molti dei suoi articoli, anche nei principi fondamentali. Pensare che l’Italia della cosiddetta Prima Repubblica fosse un paradiso poiché applicava alla lettera la sua carta costituzionale è storicamente, prima ancora che teoricamente, sbagliato. Certo però la Costituzione ha garantito e permesso la gran parte delle conquiste sociali, economiche e culturali dell’Italia tra gli anni Cinquanta e Settanta. Dunque, per quel che mi riguarda, non è saggio eleggere la Costituzione quale unico punto di riferimento ideologico ma è necessario adottare la sua riaffermazione come primo passo tattico nella battaglia sovranista di recessione dai trattati europei e di uscita da questa unione monetaria. È in questo senso che concepisco la mia militanza nell’ARS.
6. Ma come si può vincere questa prima grande battaglia contro il fondamentalismo liberista e globalista che anima il Blocco sociale finanziario e guida il progetto politico dell’Unione Europea? Qual è questo programma minimo comune che può permettere un’opposizione veramente efficace al Capitale?
Il programma minimo comune cui L’ARS deve contribuire nel quandro di una rivoluzione sovranista e contestualmente costituzionalista non può che consistere nella ricomposizione di un Fronte Unico del Lavoro costituito da quei blocchi sociali finora disgregati e messi ad arte gli uni contro gli altri dal regime capitalista oligarchico e tecnocratico di cui l’Unione Europea a egemonia tedesca è solo una delle diverse espressioni. Quattro grandi blocchi sociali da riunire attraverso una sintesi politica di portata epocale, vale a dire: (a) il lavoro dipendente, sia pubblico (in particolare dell’Istruzione, dell’Università, della Ricerca, della Sanità, della Pubblica Sicurezza, dell’Amministrazione, dei Trasporti, delle ahinoi sempre meno Aziende a partecipazione statale) che privato (operai e i quadri inferiori degli impiegati); (b) il lavoro autonomo (piccole e medie imprese, soprattutto agricole e artigianali); (c) il lavoro precario (in particolare, giovanile e immigrato); (d) il blocco dei disoccupati. Certo, si tratta di una sintesi difficile, la sfida è titanica, fa impallidire e tremare. Non riesco però a pensare a una proposta più radicalmente anticapitalista.
7. In definitiva, diviene quindi più chiara quale sia l’identità dell’ARS. L’ARS è una forza anticapitalista e sovranista che si propone quale suo fine costitutivo la recessione dai trattati europei, l’uscita dall’unione monetaria e il ripristino della Costituzione della Repubblica Italiana all’interno di un movimento sovranista, di cui anche il Movimento Popolare di Liberazione è una frazione, che potrebbe anche chiamarsi – ma si tratta di una mia proposta personale – Movimento di Liberazione Nazionale (MLN). Il tutto nel quadro di una cooperazione internazionale con le altre forze sovraniste dei paesi europei, specie quelli mediterranei, perché la battaglia che abbiamo di fronte si combatte nazionalmente ma si vince internazionalmente giacché il nostro nemico di classe, il Blocco sociale finanziario, è per sua natura transnazionale e deterittorializzato.
Così almeno l’ARS è stata concepita da Stefano D’Andrea e da coloro che vi hanno aderito fin dalla prima ora. E su queste basi ha aggregato militanti con storie politiche e sociali le più diverse ma che possono essere raccolti grosso modo in tre grandi culture: quella keynesiana e post-keynesiana, quella costituzionalista erede dei valori patriottici e solidali della Resistenza, quella, quorum ego, d’ispirazione marxiana e marxista. Senza tuttavia metterle in competizione ma anzi favorendo la ricerca di un punto di equilibrio che tra queste culture tutt’altro che antitetiche e inconciliabili è possibile, e quindi auspicabile, trovare e per il quale stiamo lavorando. E senza escludere le eccezioni rappresentate da quanti, pur provenendo da culture diverse, si siano ciononostante avvicinati a una di queste tre grandi componenti.
Ma c’è dell’altro. A uno sguardo più attento, ritengo infatti che, proprio per queste sue caratteristiche, il programma politico dell’ARS, che consiste per l’appunto nella recessione dai trattati europei, nell’uscita dall’unione monetaria e nel ripristino della Costituzione della Repubblica Italiana, abbia finito per delinearsi, nei limiti delle condizioni economiche e sociali dell’attuale congiuntura storico-politica, come l’essenza stessa di quel programma minimo comune di ricomposizione tattica del Fronte Unico del Lavoro contro il Capitale, che costituisce la premessa necessaria di quel grande movimento sovranista che ho proposto di chiamare MLN. Mi sembra cioè che l’ARS, tanto per la sua natura quanto per la sua operosità nell’organizzarsi sul territorio, si stia sempre più configurando come il cuore di quello che sarà il movimento sovranista nazionale. Non si tratta di una rivendicazione di superiorità né di una pretesa di direzione strategica. Si tratta semplicemente di un’interpretazione personale di una tendenza che mi sembra possibile riscontrare nella realtà in atto e che rafforza la mia adesione all’ARS, nonostante le critiche che ho spesso avanzato circa i ritardi che l’associazione secondo me registra su alcuni punti cruciali, come quello dell’istruzione e della ricerca, all’avanzamento del quale ho cercato – un po’ senza farmi capire fino in fondo e un po’ incompreso al di là delle mie reali responsabilità – di portare il mio contributo, cosa che continuerò nei prossimi mesi.
8. Questa dunque è l’ARS, o almeno così pare a me. Mi permetta di chiudere con due suggerimenti: (1) proprio per la natura profonda dell’ARS, eviterei di appiattire la discussione sulle posizioni del suo Presidente, sia perché Stefano D’Andrea ha sempre sottolineato la necessità di una sana militanza propositiva degli iscritti senza vincolarli all’adesione totale bensì a quella di un nocciolo duro di idee e di proposte sulle quali si deve poi però discutere, sia perché non condivido il riduzionismo personalistico di un’associazione composita come l’ARS sulle proposte del suo massimo dirigente; (2) eviterei, come ho già consigliato agli altri militanti dell’ARS, di polemizzare altrettanto personalisticamente con Bagnai o chi per lui se non altro perché intrecciare il dibattito politico con le dinamiche delle storie e degli scontri personali, sui quali non entro nel merito, danneggia il confronto e rischia di trascinare la discussione serrata in uno scontro sterile e puerile. Il che vale anche per le uscite pubbliche di Bagnai ovviamente come per quelle di molti dei protagonisti del dibattito attuale. Nel mio piccolo, mi limito a considerarli solo per i loro contributi scientifici, e dunque politici, e a non nominarli se non per ragioni strettamente legate all’analisi politica.
Spero di aver fornito un quadro più chiaro.
Saluti sovranisti e, perché no, comunisti
Domenico Di Russo
Caro Di Russo, il tuo lungo intervento - come credo sia ovvio e giusto - apre più questioni di quanto ne chiuda. Mi permetto di portene due.
1.Tu dici che l'idea di "destra" e "sinistra" presuppone uno scenario ben determinato. Finito quello scenario, mi pare di capire, finiscono "destra" e "sinistra". Ora, lo "scenario" è un problema. Davvero è diverso oppure è semplicemente (tra mille virgolette) l'eterno scenario? C'è un'implicita assunzione di "semplicità" dello scenario precedente che non mi convince. No, di più: la considero enormemente errata. Non solo, ma questo scenario coinciderebbe con la sovranità monetaria (!). Qui, scusate i toni, con questa storia della moneta si sta perdendo la testa. Non mi pare di ricordare nessuna discussione sulla moneta e sulla sovranità.
La seconda questione riguarda le basi per il reclutamento di ARS. A me sembra che tu e D'Andrea diciate cose diverse e il dirigente di cui parla D'Andrea fatico ad inserirlo in una delle categorie di cui tu parli. In questo io ci vedo un pizzico di, posso?, marketing. A quelli di destra, dite che destra e sinistra non esistono più (notoriamente chi dice queste cose è abbastanza di destra) a quelli di sinistra che tra di voi accettate solo keynesiani, post-keynesiana, costituzionalisti patriottici, e solidali della Resistenza e marxisti. Mi sembrava che l'adesione di Alemanno, Gasparri, Crosetto, Meloni, Storace non vi facesse problema. Come stanno realmente le cose?
Grazie mille per il pezzo molto denso, di cui ti ringrazio.
Anche se i saluti siano prima sovranisti e poi comunisti...
Moreno Pasquinelli che si dichiara di sinistra, scrive che "In buona sostanza Ars vuole un capitalismo di stato, non è chiaro se in salsa dorotea o fanfaniana". Finamente si esce dal pensiero bipolare. Il titolo dell'articolo, infatti è: Sovranismi (di sinistra, di destra... e di centro)".
Già ARS Longa era riuscito a sfuggire al pensiero bipolare, qualificando il progetto dell'ARS come rivoluzione conservatrice. Una definizione che mi appaga se si aggiunge sociale e conservatrice: "Rivoluzione sociale e conservatrice" ("e conservatrice", mi raccomando. Non "rivoluzione sociale conservatrice").
L'idea che esista un centro, oltre la destra e la sinistra, è già un passo avanti rispetto all pensiero bipolare, semplificato, povero, da ridotto senza vita, da schiavo, da consumatore, da spettatore, da ingenuo, da semplice, da ingannato, da allocco, da fanatico. Però è un passicino piccino piccino. E' un'intuizione subito sfuggita. Infatti, Moreno Pasquinelli aggunge: “ Come fa il D'Andrea e non avvedersi che suona lo stesso spartito dei nemici che dice di voler combattere? Dei neoliberisti, degli euristi, degli affossatori della Prima repubblica che lui tanto rimpiange? ".
Moreno pensa che io suoni lo stesso spartito dei nemici e che non me ne accorga. Insomma crede che sia scemo. Secondo voi dovrei accettare il dialogo con Moreno, per cercare di dimostrargli che non sono scemo? Non mi va. Guarda un po' che tipo!
Ben più pregno di significato è il termine conservatore: Rivoluzione (sociale, mi raccomando, e conservatrice). Ars longa ci ha azzeccato. E' acuto e colto. Però era facile facile trovare la giusta qualifica. E' singolare che il rincoglionimento generale sia talmente grave che una deduzione semplice - la Rivoluzione dell'ARS è conservatrice (ma è anche sociale Ars Longa: più sociale di quella da te desiderata, se è vero che ti accontenti diella soluzione di Lordon (ma lo fai solo perché è "di sinistra"; sinistra per Ars Longa è come una droga) - una deduzione semplice, dicevo, richieda il possesso di particolari acutezza e cultura. E' qualcosa di addirittura pazzesco.
(continua)
Stefano D'Andrea
Infatti, secondo voi, un movimento che si propone di ricollocare - ricollocare, ricollocare, ricollocare: quante volte è stata utilizzata questa parola! - la Costituzione al vertice dell'ordinamento, anche per quanto riguarda la disciplina dei rapporti economici, può essere definito progressista, sotto il profilo considerato? Vuole il nuovo o vuole il vecchio? E sia chiaro che vecchio designa alcuni principi giuridici, alcune discipline, alcune scelte di campo - mentre è ovvio che la vita sarebbe nuova e anche alcuni problemi sarebbero nuovi.
Chi vuole ricollocare la Costituzione al vertice dell'ordinamento è conservatore o è reazionario.
Se muove dall'idea che la Costituzione sia morta, e non ferita, per quanto gravemente, vuole conservare la costituzione: direi che è conservatore. Chi crede che sia morta, è reazionario. Conservare e ridare vigore alla Costituzione è l'obiettivo. E' vero che è l'obiettivo di fase; ma l'ARS ha appositamente voluto elaborare soltanto un programma difase, che a mio avviso non è realizzabile prima di quindici anni. Poi si vedrà. Dividerci oggi su ciò che faremo tra quindici anni, nella ipotesi che il progetto sia realizzato pienamente, è atteggiamento da circolo culturale o da setta di fanatici. Il nostro modello di organizzazione politico giuridica della sfera economica è dietro di noi. La liberazione è nella nostra storia. Guardiamo indietro per cercare il modello e guardiamo indietro anche per alcuni, strutturali, essenziali, principi indispensabili per riattuarlo.
Noi vogliamo migliorare la produzione e la distribuzione della ricchezza italiana, a favore dei ceti bassi e medi - ma vogliamo tante altre cose- riattuando un modello antico.
Insomma mi sembra una verità lapalissiana. Non facciamo altro che pronunciare e scrivere parole che testimoniano che siamo conservatori, sotto il profilo dell'idea centrale per la quale è nata l'ARS: ricollocare la Costituzione al vertice dell'ordinamento, anche per quanto riguarda la disciplina dei rapporti economici. Ma chi è vittima dello schema sinistra destra, anche se ci mette in mezzo il centro, non può capire. Conservatore significa. Centro, destra e sinistra non significano (perché significano troppe cose diverse e perfino incompatibili). Insomma Moreno Pasquinelli è passato dal bilateralismo vuoto di significato al trilateralismo ancora vuoto.
(continua)
Stefano D'Andrea
Per quanto riguarda la formula di rivoluzione conservatrice, ARS Longa è giunto a questa qualifica dopo aver analizzato IL MIO MANIFESTO PERSONALE, NON IL DOCUMENTO DI ANALISI E PROPOSTE DELL'ARS. I due documenti sono sufficientemente diversi.
Tuttavia, svolta questa precisazione, copio e incollo le osservazioni che postai come commento all'analisi di ARS Longa.
Esse provano ciò che ha chiarito anche Veritas odium parit, ossia che taluni aspetti che secondo ARS Longa sono espressione di un pensiero conservatore, si ritrovano in autori comunisti (voi direste di sinistra)- Canfora, Zolo, Preve, Marchesi - e addirittura nella piùnobile tradizione comunista (si vedano sotto gli accenni al concetto di capo).
Quindi conservatore è una qualifica che si colloca su un piano diverso da quello sinistra,destra, centro e anche da quello, socialista, comunista, cattolico-deocratico,repubblicano e così via, nel senso che un comunista, come un socialista, come un cattolico democratico può essere un conservatore o no.
(continua)
Stefano D'Andrea
Copio e incollo la mia replica al post di ARS Longa
"Caro ARS longa,
intanto grazie per l’analisi profonda che complessivamente ha colto e sistemato le idee del manifesto.
Mi limito a poche precisazioni, una soltanto delle quali è fondamentale: non ho mai inteso promuovere un partito o movimento o associazione fondati sul manifesto, che infatti ho definito “manifesto personale”. Si tratta del manifesto con il quale mi sono presentato nella rete, per mezzo del quale sono andato alla ricerca di amici che avessero idee e sentimenti simili. E’ un ritratto e niente più. La politica richiede sempre l’analisi concreta della situazione concreta. E infatti ho atteso (quasi) tre anni per promuovere un’associazione fondata su un altro e notevolmente diverso documento (il Documento di analisi e proposte dell’ARS), nel quale ho trasposto ciò che era trasponibile dal primo. Con il secondo documento sono andato alla ricerca di un certo consenso. Non di un consenso diffuso, bensì del consenso di potenziali “capitani”, secondo l’insegnamento di Gramsci nelle Note su Machiavelli. E per ora le cose vanno piuttosto bene, anzi direi benissimo. In un certo senso l’autore da te intervistato lo ha intuito quando ha ipotizzato la confluenza in altri movimenti. Però la sequenza è chiaramente diversa. Uno solo è il movimento collettivo: l’ARS; anzi il soggetto collettivo è una semplice associazione destinata a lavorare tre anni (ora due soltanto) per dar vita ad un partito o movimento. Sono un realista e so che se si rivolge ad altri una proposta si deve esprimere un pensiero “comune”, che non coincide con il proprio. Le prese di posizione morali, per esempio, sono quasi scomparse, come è giusto. Esse erano motivate dalla constatazione che quando, in età molto avanzata, sono sceso nelle catacombe della rete, molti cercavano informazioni ma non esprimevano valutazioni che potessero servire da criteri di orientamento, di ricerca, sistematici. Mi parve un tratto caratteristico del nostro tempo, contro il quale volli prendere posizione. Quindi l’ARS si conosce leggendo gli altri documenti che o segnalato, non il manifesto.
(continua)
Stefano D'Andrea
Per il resto solo qualche veloce osservazione.
Mi piace la formula del “capitalismo minimo”. Quando i bolscevichi proposero la NEP erano diventati filo-capitalisti? Non direi, anche perché erano idee a lungo professate prima del 1917. Il capitalismo minimo è anticapitalismo. I documenti dell’ars sono realistici e non idealistici ma propongono innumerevoli modi per limitare la suprema regola secondo la quale il capitale deve valorizzarsi come e dove meglio vuole. Quindi, sebbene con concretezza, propongono la “riduzione del capitalismo” (io dico del “potere del capitale”, perché con questa formula ti seguono tantissime persone, che invece storcono il muso dinanzi a “anticapitalismo”).
La frase sulla scuola, che evidenzierebbe la volontà di una rivoluzione conservatrice, è una citazione di Concetto Marchesi: “Ho sentito dire che la scuola deve formare l’uomo moderno; io non so che cosa sia quest’uomo moderno. La scuola deve formare l’uomo capace di guardare dentro di sé e attorno a sé; a formare l’uomo moderno provvederanno i tempi in cui egli è nato. Ogni uomo è moderno nell’epoca in cui vive” (Discorso al V congresso del PCI, che ho ripubblicato su appello al popolo). So bene che Concetto Marchesi perse nel dibattito sulla scuola con Banfi, Vittorini e altri. Ma tutti questi erano nani al cospetto di Concetto Marchesi del quale ho anche ripubblicato su Appello al popolo l’appello patriottico alla resistenza: “Studenti: non posso lasciare l’ufficio di Rettore dell’Università di Padova senza rivolgervi un ultimo appello. Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalle violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costruire il popolo italiano”. E so bene che Concetto Marchesi successivamente comprese che la sua idea di mantenere il latino nelle scuole medie era fuori dal tempo. Ma, ripeto, il mio manifesto è personale, idealistico e radicale, e non ambisce e non ambiva a divenire un manifesto di un movimento politico.
Il punto rilevante mi sembra che consista in ciò: c’è una “sinistra” storicamente esistita ed importante, rimossa dalla sinistra moderna – io parlerei di un socialismo patriottico rimosso – sicché le idee di questa sinistra nobile (e a suo modo vincente) vengono dalla sinistra moderna (e perdente) attribuite alla destra.
All’acuto analista è sfuggito poi il termine “eventualmente”, Mi sembrava troppo idealistico e fuori dal mondo escludere ogni rapporto tra la scuola e i lavoro. Però ho inserito “eventualmente” con riguardo alle scuole tecniche. Se fosse per me non farei nessuna differenza tra licei e scuole tecniche.
(continua)
Stefano D'Andrea
La condanna dell’umanitarismo voleva essere soltanto un sintetico richiamo alle idee più volte espresse da Danilo Zolo, per il quale ho ammirazione. Insomma, non condanna dei diritti umani in patria (c’è l’articolo 2 della Costituzione, d’altra parte), bensì condanna della politica internazionale dei diritti umani. Se ripenso all’interventismo della sinistra in Libia, dove è stato distrutto uno stato che non sarà ricostruito prima di trenta anni, confermo totalmente quel punto del manifesto.
Quanto al concetto di capo, non molto tempo fa, Canfora, credo in “La natura del potere” (vado a memoria) o comunque in uno dei suoi recenti libri, affrontava il tema del cesarismo e del capo e osservava come il termine avesse una solida tradizione nei comunisti. Canfora cita Gramsci il quale, scrivendo di Mussolini, rimprovera quest’ultimo di aver dimostrato di essere il “capo dei socialisti” ma non il “capo del partito socialista”, perché perdeva battaglie politiche con persone insignificanti; Lenin, invece, secondo Gramsci (sto sempre ricordando ciò che ho letto nel libro di Canfora) le battaglie le aveva vinte tutte e così aveva dimostrato di essere non soltanto il capo dei bolscevichi ma anche il capo del partito bolscevico. Se non erro Canfora cita anche un articolo di Togliatti in cui quest’ultimo riconosce che Gramsci era il capo dei comunisti italiani.
Dunque, taluni concetti si trovano anche nella tradizione comunista, sebbene si tratti di una tradizione rimossa ed è chiaramente sbagliato, storicamente, attribuirli alla destra, salvo voler insistere nella rimozione. Ma la rimozione credo sia un sintomo di una patologia o una auto-difesa consistente in una falsa coscienza.
Condivido l’idea di Costanzo Preve che ormai da tempo il capitalismo si declina economicamente a destra con i liberismo, politicamente al centro e culturalmente a sinistra. La sinistra moderna è ultracapitaista. Ed è anche totalitaria, come testimonia la norma penale che stanno introducendo, nel silenzio degli pseudo-intellettuali di sinistra, volta a sanzionare penalmente chi discrimina un omosessuale: “non voglio che mio figlio stia al banco con quel ragazzo omosessuale”: reato! “Non voglio stare al banco con Tizio perché omosessuale”: reato! Se non è totalitarismo questo, che pone il diritto penale a difesa di una morale (non nego certo che si tratti di comportamenti moralmente o soltanto culturalmente censurabili)! Eppure si va cercando il totalitarismo nel concetto di capo.
(continua)
Stefano D'Andrea
Non c’è quasi niente da salvare nella cultura di sinistra degli ultimi quaranta anni. Ma non è necessario andare a cercare le idee a destra. Si può risalire alla sinistra anteriore. Quasi nessuno, per esempio, ricorda che il PCI votò contro la ratifica dei Trattati di Roma (la nascita della CEE a sei stati!), affidando il voto contrario a un discorso di Ingrao. Ma il 1956 è venuto rima del 1968, sicché per la sinistra moderna è un anno che non esiste.
Potrei svolgere altre osservazioni analoghe ma l’importante è aver espresso il concetto.
Mi piace il termine sincretismo. Il grande Sergio Quinzio ha insegnato che nessuna nuova religione può nascere dal sincretismo. Però una proposta politica seria si. Per quanto si voglia essere innovativi, ci sarà sempre una persona che, oltre che colta, è anche erudita e ti va a ripescare Alberto Radicati di Passarano.
Mentre nego risolutamente che il risparmio sia una virtù borghese: è una virtu’ universale. Pochi aforismi trovati con google: “Se aggiungi poco al poco, ma lo farai di frequente, presto il poco diventerà molto” Esiodo, Le opere e i giorni, VIII sec. a.e.c.; “Più onore ti fa un ducato che tu hai in borsa che dieci che n’hai spesi”. (Francesco Guicciardini, Ricordi, 1512/30); “Più si risparmia, più si spende; più si accumula, più si perde. Chi sa contentarsi non si disonora, chi sa fermarsi non è in pericolo e può durare a lungo” Lao Tzu, Tao Te Ching, ca. V sec. a.e.c.; “Tra l’avarizia e la prodigalità sta l’economia, ed è questa una virtù che l’uomo onesto deve praticare”. Paolo Mantegazza, Il bene e il male, 1861. La Costituzione promuove e “incoraggia” il risparmio. Mentre il turbo-capitalismo promuove l’indebitamente per l’acquisto di beni di consumo. Ognuno sceglie da che parte stare.
Mi fermo qua e ringrazio l’acuto studioso che ha commentato il mio personale manifesto".
A tanti altri profili che sono emersi, mi sembra che abbiano risposto egregiamente altri commentatori, soci dell'ARS e non.
Discussione interessante. Secondo me, in questa fase storica, non è irragionevole cercare di unire tutte le forze che si riconoscono in un'economia "sociale", e quindi sovranista, contro l'attuale sistema economico della finanza globalizzata. Ci sono parecchie persone che, benchè anti-capitaliste (nel senso di capitalismo eurocratico-liberista), non si riconoscono nella categoria "sinistra": perchè escluderle, visto che già siamo in pochi?
ARS socialdemocratica? Ma ben venga!
Se pensiamo che oggi definirsi "socialdemocratici" sia qualcosa di moderato ci sbagliamo di grosso. Nessuna sinistra occidentale oggi è socialdemocratica. Tutte esprimono sfumature del liberismo. Adirittura nello scacchiere politico italiano c'è chi vede nel maggior liberismo un "progresso" per il pd ( vedi il successo di renzi). E quindi dire che ARS è " conservatore " in realtà va a braccetto con le tesi dei sinistri liberoscambisti alla Renzi. Ricordiamoci che in questo paese è stato scritto un libro dal titolo " il liberismo è di sinistra"...
Ecco oggi presentarsi nel panorama politico con un impianto socialdemocratico a me pare rivoluzionario. Non che si voglia negare una prospettiva di lungo periodo di cambio della società, ma il problema è che ad oggi non esiste una teoria e pratica condivisa di " superamento del capitalismo". MPL ha chiare le proposte di fase, ma il come si costruisce concretamente "il socialismo" mi sembra sia ancora tutto da vedere.
E nel frattempo che si fa? La Costituzione fu un compresso. Vero. Un compromesso di altissimo livello e spessore politico. Vorrei vedere oggi come PD, SEL potrebbero tirar fuori una cosa del genere ...
Per l'anonimo delle 14,06
Ti sbagli. Condivido al 98 e forse 99% ciò che ha scritto Domenico, anche il linguaggio. E l'analisi dell'ARS è sostanzialmente quella, anche se non espressa in linguaggio marxiano, perché noi parliamo ai cittadini, non soltanto agli eredi della tradizione marxista.
Quanto al maketing, io l'ho in odio, e mi oppongo fermamente ad ogni proposta di soci che lo reputano necessario. Probabilmente, quando un'offerta politica già esistente (idee, organizzazione e uomini) si rivolge al pubblico, è necessario adoperare tecniche di comunicazione. Ma ora che stiamo costruendo l'offerta politica proprio non serve a nulla.
Ora bisogna reclutare sulla base di alcuni presupposto.
1) coloro che accettano di limitarsi al programma di fase; coloro che vogliono introdurre nel programma il modello di società futura non ci interessano. Ecco allora che due persone come Andrea Franceschelli, e Domenico Di Russo, che magari hanno diverse prospettive finali, stanno benissimo all'interno dell'ARS, perché accettano questo primo presupposto. Al contrario tu, non volendo rinunciare a una presa di posizione sul modello finale di società, pur avendo magari idee più vicine a quelle di Domenico, non puoi entrare nell'ARS.
Il MARKETING dunque non c'entra un fico secco. Si tratta di concretezza e realismo, contro fanatismo e infantilismo (perdonami, è un'accusa che non rivolgo a te ma a tutti coloro che in questo momento storico, quasi si trattasse di una regola generale, vogliono aggregare in forza di un modello astratto di società).
2) Il medesimo discorso si pone per il linguaggio scelto, che deve andare bene a tutti e che è quello che si va formando e si andrà formando, piano piano, grazie all'approvazione dei documenti.
SE L'ASSEMBLEA NAZIONALE DI PESCARA HA APPROVATO ALL'UNANIMITà 3 DOCUMENTI (un solo documento ha avuto un voto contrario), significa che c'è una UNITA' ASSOLUTA.
3) Ma la cosa della quale qui su sollevazione non parlate mai è L'ORGANIZZAZIONE. Non esiste alcun partito o movimento politico che non si caratterizzi anche per l'organizzazione. E' da folli aderire ad un partito del quale si condivide l'80% dei contenuti e che tuttavia si reputa mal organizzato, anziché un partito del quale si condivide il 70% ma che abbia una organizzazione efficiente, potente, elastica, funzionale. Un partito o movimento o associazione che deve promuovere un partito NON E' UN CIRCOLO CULTURALE. I contenuti sono una parte; l'altra parte è l'organizzazione.
4)L'ARS si caratterizza anche per il PROGETTO. I tempi: tre anni (ora due) per promuovere un movimento o partito che sia semplicemente una frazione di un'alleanza sovranista;
4) l'ARS si caratterizza anche per il linguaggio, che è dioverso dal vostro linguaggio marxiano. Noi parliamo ai cittadini; voi agli eredi della tradizione comunista.
Allora può accadere che tra A, B con idee molto simili e C, con idee diverse, in ragione del linguaggio, del progetto, dell'organizzazione, dell'idea di limitarsi al programma di fase e dell'idea di disciplina (per la quale chi condivide l'80% del documento di analisi e proposte se aderisce lo accetta in toto) B e C riescano a marciare assieme per decenni, mentre A non si aggregherà mai a nessuno, essendo fanatico di un linguaggio, e/o di un modello astratto di società e/o dell'idea del crollo imminente che non consente una progettazione paziente di medio periodo, o di un certo tipo di organizzazione.
Mi spiace invadere lo spazio dei commenti a questo tuo post. Uno spazio che mi sembra già invaso all’inverosimile. Non posso promettere di essere brve ma so già che sarò più breve di altri.
Veniamo a “Veritas odium parit”. che scrive: “Avevo anche pensato di scrivere una breve confutazione, ma poi ho ricordato che Irradiazioni censura gli interventi sgraditi”. Qui io mi porrei il problema della “memoria” fossi in “Veritas odium parit”, o, se non della memoria della capacità di lettura. Sul nostro blog gli interventi di D’Andrea sono numerosi E tutti sono stati pubblicati e discussi. Ci sono persino interventi dei cani da riporto inviati da un noto (?) economista, altri interventi di sovranisti, e anche interventi tuoi, Moreno, come ben sai. Sgraditi o non sgraditi compaiono sempre. L’unica censura che si attua sono gli attacchi personali. Se n’è verificato uno contro Fraioli e Truman (che mi pare siano sovranisti) e l’ho immediatamente stroncato. Perciò quanto dice “Veritas in odium parit” è privo di valore sia logico che fattuale. Invii la sua “confutazione” la pubblicheremo integralmente ma - ovviamente - la faremo seguire dal nostro pensiero e dalle nostre valutazioni. E come sa qualcuno siamo abbastanza attrezzati per farlo.
Di una sola cosa lo prego se vorrà onorarci con il suo intervento: non scriva “la Konservative Revolution fu la culla ideologica del nazionalsocialismo”, perché questa affermazione già lo situa in un mondo storico parallelo che (almeno in questa dimensione temporale) non ha mai visto la luce. Non vale la pena confutare una affermazione del genere, basterebbe scorrere la lista degli aderenti a quel movimento e verificare la presenza di intellettuali del tutto “inorganici” al nazismo (uno per tutti Thomas Mann).
Quanto poi a ricondurre alcuni temi alla tradizione comunista (e qui anche D’Andrea dovrebbe farsi prudente nell’approvare) dimostra non tanto l’acutezza di “Veritas in odium parit”, quanto la sua scarsa conoscenza del movimento comunista. Assai facile è confondere comunismo con stalinismo, operazione, peraltro cara ad un certo movimento borghese. Insomma in assenza dei riferimenti fondamentali si equipara il culto della personalità come fondamento del comunismo. Quindi ciò che a “Veritas in odium parit” appare come consustanziale al “corpo marxista” con il “corpo marxista” nulla c’entra. Marx è come Proust: grandemente citato sino a pagina 50 e poi “creativamente” reinterpretato da pagina 51 all’infinito.
E con ciò su “Veritas odium parit” non ho altro da aggiungere. Vedremo di proseguire se arriverà la “confutazione” che egli presume censureremo.
Veniamo a quanto scrive D’Andrea. Anche qui occorre preliminarmente osservare un passaggio: “la Rivoluzione dell'ARS è conservatrice (ma è anche sociale Ars Longa: più sociale di quella da te desiderata, se è vero che ti accontenti della soluzione di Lordon (ma lo fai solo perché è "di sinistra"; sinistra per Ars Longa è come una droga)”. Se devo trovare una pecca in D’Andrea è questo suo vezzo di “costruirsi l’interlocutore” in base alle proprie idee. Lo ha già fatto (poco simpaticamente) con la nostra Bamaisin, adesso lo ripete con me. Non si sa bene su quali basi possa affermare che io mi “accontento di Lordon”. Il processo di mettere in bocca all’altro una costruzione mentale propria è tipico di un certo modo di avvicinarsi all’altro. Si tratta però di un difetto, non di una virtù. So che non sarebbe nelle corde ideologiche di D’Andrea apprezzare Kapuscinski, altrimenti gli consiglierei la lettura dell’Altro. L’altra scorrettezza è quella di delegittimare l’interlocutore tentando la ridicolizzazione (“la sinistra è come una droga”). Vecchio trucco D’Andrea, trucco che non la onora anche perché lei sa bene che ogni affermazione che può provenire da me/da noi è costantemente motivata ed articolata. E questo non è - credo me ne darà atto - il comportamento del drogato. Misurarsi senza questi toni da polemicuzza condominiale è cosa che lei può fare egregiamente, non ceda a queste tentazioni di bassa macelleria.
D’Andrea scrive: “ARS Longa è giunto a questa qualifica dopo aver analizzato IL MIO MANIFESTO PERSONALE, NON IL DOCUMENTO DI ANALISI E PROPOSTE DELL'ARS. I due documenti sono sufficientemente diversi”. Su questo due osservazioni. La prima. Il mio collega ha esaminato il “Manifesto del Fronte Popolare” che sta a questo link: http://www.appelloalpopolo.it/?p=22. Come si evince il manifesto è scritto al plurale e sebbene sia stato inserito in una rubrica “documenti personali” sta sul sito di “Appello al Popolo”. Ora - converrà - che in politica un Manifesto, scritto al plurale può essere facilmente scambiato per idee del movimento. Posso prendere atto che invece si tratta di “parole in libertà”, sue opinioni. Mi rimane la perplessità metodologica, direi di prassi politica. In un partito o movimento il presidente assai raramente sostiene dei punti personali. Farlo significherebbe confondere non poco i militanti. Perché i militanti a quel punto passerebbero parte del loro tempo a cercare di decrittare la linea ufficiale nel tentativo di distinguerla dal suo pensiero. Io la consiglierei di ovviare a questa sua consuetudine. Potrebbe succedere, altrimenti, che qualche militante - prima o poi - si spinga a chiederle “ma questa è la tua posizione o quella dell’ARS?”.
Abbiamo dunque analizzato un documento personale del presidente di una associazione, che non riflette gli orientamenti della associazione ma che è ospitato con richiamo in home page sul sito ufficiale della Associazione. Un poco complicato e con un potenziale sviante, ma siamo anche qui sufficientemente attrezzati per rimediare.
Lei scrive che a marcare la differenza tra i documenti dell’ARS e il suo “manifesto personale” sta il fatto che nei primi “Le prese di posizione morali, per esempio, sono quasi scomparse”. Occorrerà fare molta attenzione quando rianalizzeremo il tutto.
Allora, D’Andrea, la sensazione che abbiamo (e che cercheremo di verificare con una analisi attenta di tutti i documenti stavolta ufficiali) è che la sua Associazione non stia né attuando un sincretismo, né superando con una “terza via” la Destra o la Sinistra. Si ha - piuttosto - la sensazione che su temi di grande rilevanza si limiti a tacere e a non prendere posizione con una scelta tattica che “aggira” elementi che farebbero riemergere contraddizioni forti. In altri termini, a me pare che non ci sia affatto un “superamento” di Destra e Sinistra, ma uno “smussamento” di alcuni temi ed il “silenziamento” di altri. Il che mette in difficoltà. Se ad esempio parlo con accenti di contrasto rispetto alla globalizzazione, ma - contemporaneamente - taccio sul problema del lavoro migrante, qualcosa non torna. Non sto superando Destra e Sinistra: semplicemente amputo una parte del problema dal mio orizzonte politico rimandandolo ad un futuro nel quale “deciderà il popolo”.
E questo è un esempio, se ne potrebbero fare altri. Concludendo è il metodo del suo supposto “superamento” della Destra e della Sinistra che mi lascia assai perplesso. Altrove lei ha accusato una delle nostre articoliste di essere “di Sinistra” perché per lei (la cito) “Per me le persone di sinistra sono quelle che danno grande rilievo ai dico, al riconoscimento della famiglia di fatto, alla legalizzazione delle droghe leggere, alla asserita necessità di introdurre una legge contro l’omofobia ...”. Viene da domandarsi, a questo punto, quali sono le posizioni dell’ARS sulle famiglie di fatto (una gran bella fetta delle famiglie italiane visto che dal 1983 data del primo rilevamento ISTAT erano 192.000 e oggi sono 510.000), sulla omofobia e sui diritti delle persone omosessuali, sull’eutanasia. sulle droghe leggere. Io tali posizioni su questi e altri temi non le ho rintracciate. E queste - ed altre posizioni assenti - costituiscono punti nodali del tessuto sociale. Se lei sostiene di non essere né di Destra né di Sinistra significa che può proporre una idea rispetto a questi temi che non appartiene né alla Destra né alla Sinistra. Ma se non propone nulla al suo possibile militante omosessuale cosa dirà? Che sul suo destino di persona deciderà il popolo a tempo debito? E al possibile militante con un malato terminale in famiglia dirà la stessa cosa? Oppure dirà che questi sono temi cari a quei passatisti della Sinistra senza più alcun significato storico? Cosa pensa di dire alla coppia di fatto che pensa di essere sovranista ma non riesce a capire come l’ARS consideri la loro posizione in seno alla società.
Perché se l’ARS non ha preso posizione in merito allora ciò non equivale a superare l’ammuffita Destra e l’ammuffita Sinistra, significa tatticamente cercare di imbarcare tutti in nome dell’uscita dall’Euro e dalla UE. Ma dopo? Che idea ha della società l’ARS? Qual’è il futuro il giorno dopo aver riconquistato la sovranità a parte bocciare di più nelle scuole? Cosa si intende fare di qualche milione di lavoratore migrante? Lasciarlo qui e concedere la cittadinanza? Impacchettarlo e rispedirlo al mittente?
In conclusione (e in attesa di analizzare compiutamente le prese di posizione e le non prese di posizione) rimane - opinione nostra e personale - che l’asserito superamento della Destra e della Sinistra sia per l’ARS più un auspicio che una realtà. Una realtà destinata a manifestarsi se e quando dovrete alzare il tappeto e ritrovarvi sotto questi temi che, magicamente, dimostrerebbero che Destra e Sinistra ci sono e non hanno subito alcun processo di sincretizzazione. Fino ad allora mi consentirà di continuare a vedere nella sua Associazione un legittimo e rispettabile movimento borghese e conservatore. Non c’è nulla di male ovviamente. Ma visto che avete deciso di non definirvi, questa è l’unica definizione che i documenti personali ed ufficiali mi lasciano vedere.
Ci vedremo dopo l’analisi.
Caro ARS Longa, mi dispiace che si sia risentito per le mie affermazioni su Lordon. Erano sincere. Certamente erano sbagliate nella forma, quando ho scritto che lei si "accontenta",perché so che non si accontenta. Però diciamo che nell'immediato le posizioni di Lordon le sembrano più attraenti di quelle dell'ARS che, a mio avviso sono più antiliberiste o meno capitalistiche o più "di sinistra".
Per quanto riguarda il manifesto, è il primo contributo che ho pubblicato sul blog appello al popolo, tre anni prima di costituire l'associazione. Essendo concepito come manifesto di un partito, ho usato il noi. Che facevo, una volta costituita l'ars, lo cancellavo? L'ho lasciato, qualificandolo manifesto personale.
Alcuni temi che lei indica, possono essere ricondotti sotto la categoria "diritti civili". Ebbene su questi temi l'ARS non prenderà mai posizione. Ciò è stato più volte ribadito. Perché? Perché, esclusi gli ininfluenti partiti della destra e della sinistra radicale, in quasi tutti i partiti del mondo su quei temi si ammettono più posizioni.
Prendiamo l'Italia. Io sostengo che dal 1994 abbiamo un partito unico, con due "correnti". Se fosse così, la mia tesi sarebbe vera. Ma anche se consideriamo i singoli poli, dal lato sinistro abbiamo (avuto) la Binetti e la Bindi e dal lato destro abbiamo radicali, Galan e tanti altri. Le sembra che in italia centrodestra e centrosinistra si distinguano davvero su questi temi?
Idem negli stati uniti, dove abbiamo democratici conservatori e repubblicani libertari.
Ma non è soltanto nella realtà concreta che gli schieramenti politici smentiscono che i diritti civili siano idonei a distinguere destra e sinistra, la distinzione è carente anche in teoria. Reco il mio pensiero personale:
1)sono contrario all'inseminazione eterologa e quindi, sotto questo profilo dovrei essere considerato di destra ma sono favorevole a mantenere la legislazione sull'aborto e quindi sotto questo profilo dovrei essere considerato di sinistra;
2) sono favorevole alle unioni civili degli omosessuali e quindi sotto questo profilo dovrei essere considerato di sinistra; ma sono assolutamente contrario alle adozioni da parte degli omosessuali e da parte di single, e sotto questo profilo dovrei essere considerato di destra;
3)sono favorevole all'utilizzo di tecniche di procreazione assistita, e quindi sotto questo profilo dovrei essere considerato di sinistra; ma sono contrario a riconoscere diritti alle famiglie di fatto. E le spiego perché. Dal matrimonio nascono diritti ed obblighi, poteri e soggezioni. Chi sceglie di sposarsi contrae vincoli e acquista diritti. Chi non contrae matrimonio non contrae vincoli e non acquista diritti. Il discorso comune favorevole alla famiglia di fatto tende a far acquistare ai conviventi alcuni diritti ma non i correlativi obblighi e vincoli che hanno i coniugi. E' una soluzione che per tante ragioni, del tutto laiche, e che non sto qui a precisare, non mi sta bene.
In materia di DIRITTI CIVILI, sono di destra o di sinistra? Mi piacerebbe davvero conoscere la risposta di ARS Longa.
(continua, perché non credo che a Sollevazioni dia fastidio; le persone con le quali ho parlato sono molto contente di questa discussione)
Stefano D'Andrea
Ho sempre pensato che il fanatismo sui diritti civili, così a destra come a sinistra, serva a distogliere l'attenzione da questioni importanti e serva a disgregare e mettere gli uni contro gli altri uomini che politicamente, per le questioni economico sociali e anche per molte questioni "culturali" o ambientali potrebbero e dovrebbero marciare uniti. Alla resa dei conti, come ho illustrato, i grandi partiti capitalistici se ne fregano della distinzione e ammettono al loro interno una pluralità di opinioni. Gli anticapitalisti vogliono continuare ad essere sciocchi o comunque deboli o fanatici? L'ARS non percorrerà gli errori di rifondazione, di sel o di forza nuova. Su questi temi ci sarà sempre libertà di voto. Questo è almeno ciò che ho detto in assemblea, senza trovare la minima opposizione in uno dei 145 presenti. Una presa di posizione ufficiale in tal senso non c'è. Ma alla prossima assemblea approveremo, mi auguro, un documento che fissi ufficialmente questa posizione.
Poi di fatto tra noi c'è una maggioranza larga di "progressisti". Ma questa è una questione di fatto.
Discorso più complesso quello sulla immigrazione e sulla emigrazione. Qui posso esporre soltanto mie idee e a livello del tutto PERSONALE, perché l'ARS prenderà certamente posizione su questa questione, certamente prima di costituire il movimento, quindi se non alla prossima assemblea a quella successiva (di questo abbiamo già parlato nel comitato direttivo). Non è tattica ARS Longa: è strategia.
Per ora l'ARS, nel documento su lavoro e previdenza sociale, ha proposto di arrivare ad un equilibrato tasso di sostituzione (tra nuovi nati, stranieri o italiani, e defunti, stranieri o italiani), pari a quello francese, con una politica per la famiglia come quella francese, come unico strumento per far reggere il sistema pensionistico. Ne deriva che, giunta la popolazione, grazie all'entrata di stranieri, al livello reputato ottimale (70 milioni, anziché 60? O 60 è già ottimale? La risposta dipende dall'essere di sinistra o di destra? Non credo), a un certo punto non potrà entrare più nessuno (salvo asili politici ecc.). Insomma, la possibilità di accogliere stranieri diminuisce man mano che si fanno politiche reddituali e di stato sociale a favore della famiglia e man mano che si raggiunga il livello ottimale di popolazione. Poi chi è a favore dell'accoglimento di altri stranieri è anche per la riduzione dei metri quadrati per residente, per l'inurbamento nelle grandi metropoli, per l'enorme diffusione del cemento sulla nostra terra e per la rovina del paesaggio (sa la botte piena e la moglie ubriaca è sempre il sogno dei fanatici. ma non si può).
Come vede, su questi argomenti si può anche ragionare pacatamente, riuscendo ad individuare vincoli e conflitti che a un livello fanatico (sinistra per immigrazione, destra contro), non vengono considerati.
Per affronatare il tema (ripeto sto parlando a titolo personale) ho scelto di interrogarmi, prima di tutto, sulla libera circolazione delle persone nei paesi della UE. Su questo tema quest'anno scriverò un articolo, che sarà pubblicato su appello al popolo ma non sul sito dell'ars, perché l'ars non ha mosso ancora alcuna critica al principio unionista della libera circolazione delle persone.
L'adozione di questo punto di vista mi serve per affrontare il tema esclusivamente dal punto di vista del lavoro e delle politiche per il lavoro, diciamo dal punto di vista socialistico, senza rischiare ridicole accuse di razzismo. Quali effetti comporterebbe una limitazione del principio? Quali potenzialità si sprigionerebbero? Quali conflitti sorgerebbero, che invece restano sopiti? Queste sono le domande che mi porrò.
(continua)
Stefano D'Andrea
Come vede si tratta di un modo del tutto diverso di affrontare le questioni.Dopo attenta riflessione, si prende posizione.
Speso ci si avvede che il pensiero bipolare (destra contro sinistra,PD o PDL, ius soli contro ius sanguinis, entrata di tutti gli immigrati o razzismo esclusivo, omofobo o omofilo) è privo di ogni fondamento razionale; è lo strumento principale di controllo delle masse. Noi ci vogliamo liberare e abbiamo capito che il modello di pensiero semplificato e dualistico è il narcotico.
Sono certo che anche in questa complessa materia riusciremo ad approvare un documento all'unanimità o quasi all'unanimità.
Stefano D'Andrea
Grazie per l'intervento e le precisazioni che seguiranno. Il punto è però che qui non si sta parlando della sua posizione personale (Sinistra/Destra). Su questo occorre che lei (non per me, ma per il bene dei suoi militanti) sciolga questa opacità tra le sue posizioni e quelle della sua Associazione. Non le ho chiesto come la pensa lei (visto che mi ha fatto notare che quel Manifesto non rispecchia le posizioni dell'ARS). Le ho, viceversa chiesto quali sono le posizioni ufficiali dell'ARS sui migranti, sui diritti civili, etc. Ufficialmente i documenti ufficiali dell'ARS dicono che "deciderà il popolo". Ed il punto rimane: qual'è il Paese che Ars vuole dopo essere uscito dall'Euro e dalla UE? Io l'ho già intuito e il mio collega gliel'ha scritto: proponete una rivoluzione conservatrice ma, tatticamente, oggi ritenete più opportuno non toccare tutta una serieGrazie per l'intervento e le precisazioni che seguiranno. Il punto è però che qui non si sta parlando della sua posizione personale (Sinistra/Destra). Su questo occorre che lei (non per me, ma per il bene dei suoi militanti) sciolga questa opacità tra le sue posizioni e quelle della sua Associazione. Non le dirò se per me lei è di Destra o di Sinistra perché non ho chiesto questo. Ho chiesto cosa intende fare l’ARS di quel 10% della popolazione residente in Italia costituito da lavoratori migranti dopo essere uscita dall’Euro e dalla UE? Sui diritti civili non ho chiesto cosa ne pensa lei, ho chiesto cosa dice l’ARS. Ma lei non mi da una risposta oppure mi risponde che su certi temi “in quasi tutti i partiti del mondo su quei temi si ammettono più posizioni”. Ma questo - mi perdoni - non vuol dire nulla. Perché, benché vi siano più posizioni in materia, alla fine tutti i partiti del mondo assumono una linea (che può essere o meno condivisa da alcuni al loro interno) che poi si risolve nell’assunzione di decisioni. Ed allora - a me pare assolutamente cristallino - che prima o poi non sarà D’Andrea come persona a dover dire se è di Destra o di Sinistra ma sarà l’ARS che dovrà prendere posizioni. Al possibile cittadino che si avvicina all’ARS che convive con la sua compagna/o e che magari ha un figlio dichiaratamente omosessuale interessa sapere come vede il futuro l’ARS non come lo vede D’Andrea. E se PD e PDL su questi temi non si distinguono, l’ARS che si pone come il superamento della vecchia partitocrazia li vuole imitare rimanendo nel vago?
E certamente ho elencato temi di diritto civile e l’ho fatto perché lei li ha usati perd dire alla mia amica e collega “sei di Sinistra perché dai grande valore a questi temi”. Ma avrei potuto porne ben altri, sui quali l’ARS - mi sembra - è rimasta in silenzio. Uno è quello della politica riguardo ai migranti. Che è nodo centrale per chi si dice antiglobalista, sovranista e quant’altro. Perciò cominci a non mischiare - e mi pare lei lofaccia spesso, senza malevolezza ma quasi d’istinto - quello che pensa D’Andrea e quello che propone ARS. Ma non lo faccia per me: lo faccia per i suoi militanti attuali e per quelli che vorrebbe attrarre. Inevitabilmente usciranno fuori temi che alla fin fine ci faranno capire qual’è la visione del mondo del suo movimento, non la sua. di argomenti che altrimenti (se chiariti) allontanerebbero possibili militanti. Non c'è niente di male o di illegittimo in questo. Però questa non è una politica di superamento della Destra e della Sinistra. L'ARS non propone il superamento del capitalismo ma il ridimensionamento del capitalismo in una sua forma domestica e "patriottica". Questo non è superamento della Destra o della Sinistra.
Sui diritti civili le ho risposto. Non prenderemo mai posizione. Ovvio che ci sarà una posizione prevalente. ma non è detto, perché su un certo diritto civile gli ipotetici parlamentari potrebbero essere divisi all'incirca a metà.
Questa è oggi la posizione dell'ARS e spero che tale resterà. Se mai arriveremo a candidarci, gli elettori interessati ad alcuni temi sapranno se la maggioranza del partito è a favore o contraria a una certa posizione e quindi ci voteranno o meno anche per questa ragione. Davvero non vedo il problema.
Sugli stranieri non posso dirle qul è la posizione dell'ARS (quelli che stanno in Italia saranno trattati benissimo e vivranno bene, su questo non ho dubbi; i problemi al più sorgono per i nuovi), come non posso dirle quale è la posizione in materia di energie alternative, di autonomie locali, di carriere amministrative, e in tante altre materie di rilevantissimo interesse (spesso molto speriore a taluni diritti civili). Sono tutte materie che richiedono la presenza di iscritti competenti, che le possano studiare a fondo, nonché un dibattito sulle loro relazioni e poi una decisione collettiva.
Siamo sorti da un anno, come potremmo avere già la risposta a tutte queste domande?
Stefano D'Andrea
D'Andrea: "Siamo sorti da un anno, come potremmo avere già la risposta a tutte queste domande?"
Ah,va bene, capisco. Buona fortuna.
Due questioni.
1) Destra e sinistra sono due categorie certo semplificatrici, ma ancora utili. Chi vuole evitarle crede in qualche modo di essere furbo politicamente, in realtà il suo è un atteggiamento che genera sterilità politica.
2) Il vecchio capitalismo di stato italiano si sviluppava in una situazione macroeconomica particolare, oggi mettere in discussione il capitalismo finanziario vuol dire fare scelte radicali e di rottura. Inoltre si deve fare i conti con la globalizzazione, i Paesi in via di sviluppo incombono (direi giustamente, vista la merda che hanno mangiato nei secoli scorsi). Chi non sarà deciso e tergiverserà sarà semplicemente spazzato via, la concretezza dei fatti creerà schieramenti e non si può essere amici di tutti!
GIUSEPPE MAZZINI
Quindi, dal problema se ci sia o meno un'uscita di sinistra dalla gabbia dell'euro (che per noi di Mpl è contestuale allo SGANCIAMENTO dal capitalismo casinò), siamo passati a quella sulla fondatezza della dicotomia sinistra-destra.
Interessante il dialogo sui diritti civili, non sta lì tuttavia, io penso, la discriminante sostanziale. Un fatto è acclarato: i movimenti socialista e poi quello comunista, sul piano dei "diritti civili", hanno preso in eredità i paradigmi della democrazia borghese radicale. Marx per primo —quindi, temo che Ars Longa storca il naso, anche la battaglia per la democrazia politica e la sovranità nazionale.
Ma il marxismo ha preso forma dal momento che ha compiuto una rottura con la democrazia borghese radicale, dal momento che, già giovanissimo, Marx condannò la rivoluzione francese come solo politica, come mero mutamento dei rapporti giuridico-formali, non sociali —il giuridicismo, la sindrome di D'Andrea.
Il socialismo sorse dal momento che, appunto, mostrò che senza la rivoluzione sociale e l'abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la democrazia è solo una finzione.
D'Andrea, per farla breve, sarebbe stato certamente con Mazzini contro Marx.
E segue infatti lo statolatra (tutto sommato teocratico e spiritualista) Mazzini nel fra precedere i doveri ai diritti.
Mazzini era di sinistra o di destra?
In quei tempi, sappiamo, era di sinistra: c'era da combattere aristocratici e preti.
Una volta rimossi i rimasugli feudali e clericali, una volta entrato in scena il movimento socialista e poi comunista, il mazzinianesimo si è necessariamente scomposto.
Così avevamo mazziniani tra gli interventisti e tra i neutralisti, tra i sansepolcristi protofascisti e gli Arditi del popolo.
La medesima melassa usata vent'anni dopo dai repubblichini, dai rosselliani e dai togliattiani.
Una paccottiglia con due ingredienti base: interclassismo e patriottismo. Cioè le due facce identitarie, come Giano bifronte, di Ars.
D'Andrea glissa come un'anguilla e attacca la dicotomia sinistra-destra (va di moda in questa merdosa fase di controrivoluzione postemodernista), ma non sottovaluta affatto la questione delle radici storiche di un pensiero politico.
Così egli tenta di far risorgere un mazzinanesimo politico.
E' di destra o di sinistra? Non cavarete un ragno dal buco interrogando D'Andrea. Lo vedremo invece nei prossimi anni, quando avremo l'incendio sociale (Immagino che D'Andrea faccia gli esorcismi) e vasti strati di piccola borghesia, attaccati a portafogli, risparmi e proprietà, come sempre del resto, saranno la soldataglia della controrivoluzione e seguiranno il salvatore della patria di turno.
Fino a quando non ci sarà un risveglio delle classi proletarie, fino a quando non presenteranno il conto al capitale, ci si può illudere di non stare né a destra né a sinistra, ma, come disse Sgarbi, "in alto".
Icaro fece una brutta fine.
Moreno Pasquinelli
Approfitto della pazienza di Pasquinelli per rispondere brevemente ad Ars longa.
1) Quanto dico riguardo alla censura non so se ha valore logico, lo ha però fattuale, perché settimane fa pubblicai un breve intervento (non ricordo in calce a quale discussione), né offensivo né attinente a chicchessia, che fu prontamente censurato.
2) I rapporti fra un movimento di pensiero e un movimento politico sono sempre complessi e articolati. Se lei ha qualche cognizione in materia, saprà che sui rapporti fra rivoluzione conservatrice (nelle sue varie sfaccettature) e nazionalsocialismo (nelle sue varie sfaccettature) è in corso da sempre un nutrito dibattito, con sostenitori delle tesi sia della continuità che della discontinuità. Per cui la onoro di informarsi meglio prima di trinciare giudizi perentori quanto infondati.
3) Gli intellettuali hanno la tendenza a decantare gl’impeti rivoluzionari delle masse (che si tratti della bionda bestia da preda o del calloso pugno proletario) finché non se li trovano sotto casa. Di poi cominciano i sottili distinguo. Proprio come i vari Jung, Rauschning e lo stesso Mann (incoraggiato dal fatto di essere giudeo) si ritrassero colmi di sacro obbrobrio dinanzi allo sforzo hitleriano di realizzare gran parte delle tematiche ch’essi avevano propugnato fino al giorno prima, il nostro Ars longa si indigna al solo pensiero – rozzo, incolto, ridicule – che le formule realizzative senza eccezione assunte in sede storica dal marxismo abbiano il minimo addentellato colla celeste nobiltà della dottrina. L’Unione sovietica “nulla c’entra” con il “corpo marxista”, la Cina comunista (che abbiam visto com’è finita) neppure ecc. ecc. ecc. – la cosa è tanto lapalissiana che il Nostro “non ha altro da aggiungere”.
Per quanto attiene al culto della personalità, concordo sulla sua assenza dal corpo *dottrinario* del marxismo. Ma siccome, Weber docet, nessun movimento religioso (in senso proprio o secolarizzato) può dar luogo a frenesie messianiche (e quindi addivenire a un’impetuosa espansione) fuori da una dimensione carismatica, il *movimento* marxista è tutto uno spumeggiare di miti dell'eroe condottiero: dal culto tributato a Lenin fino a Stalin, a Mao e, più oltre, ai miti che hanno nutrito il Sessantotto (da Ho Chi Minh al *comandante* Che Guevara).
Moreno, così il discorso è più interessante. Si possono accettare i toni, anche aggressivi - non ho mai stima dei permalosi, figurati se lo sono - ma non la tesi che noi come degli scemi facciamo il gioco degli euristi.
Mazzini certamente può dire qualche cosa - anzi molte cose - visto che l'obbiettivo dell'Unione europea è distruggere gli stati nazionali, sottraendo ad essi poteri e l'effetto degli squilibri da essa creati potrebbero essere le secessioni.
C'è qualche ingenuo che crede che le elite tedesche e austriache si dispiacerebbero se tra dieci o venti anni nel nord italia si verificassero delle secessioni? Magari non le desiderano (non lo so; gli stati hanno una loro strategia nascosta). Ma operano in modo da creare la possibilità e si gioverebbero dell'evento catastrofico.
Per chi non lo avesse capito, il venir meno della coesione sociale e territoriale può provocare secessioni, soprattutto in stati "deboli", per ragioni diverse.
Dunque Mazzini è fondamentale, non soltanto utile.
Ma la parte della Costituzione dedicata ai rapporti economici trova fondamento nell'interventismo successivo alla grande crisi, nel cattolicessimo sociale (chiamatelo pure il fascismo - in realtà corporativismo - democristiano di fanfani) e nel marxismo.
Noi rivendichiamo il grande valore di quelle norme costituzionali calpestate. Sta là ciò che i Costituenti aggiunsero a Mazzini e alla straordinaria esperienza della Repubblica Romana.
Quindi Mazzini si, è indispensabile, perché non combattono solo le classi ma anche gli stati; e così come una classe, per il fatto che dimentichi di combattere, trastullandosi, non smette di subire i colpi dell'altra, allo stesso modo, il fatto che uno Stato sia in mano a degli imbecilli, non impedisce certo che gli stati interessati lo attacchino. Questa forse è la dimenticanza che si trova nell'eccellente articolo di Domenico Di Russo.
C'è un lungo lavoro culturale da fare. Ma il nostro linguaggio è semplice e comune. Sicché può darsi che i salvatori della patria che saranno seguiti saremo noi.
Stefano D'Andrea
"Per quanto attiene al culto della personalità, concordo sulla sua assenza dal corpo *dottrinario* del marxismo. Ma siccome, Weber docet, nessun movimento religioso (in senso proprio o secolarizzato) può dar luogo a frenesie messianiche (e quindi addivenire a un’impetuosa espansione) fuori da una dimensione carismatica, il *movimento* marxista è tutto uno spumeggiare di miti dell'eroe condottiero: dal culto tributato a Lenin fino a Stalin, a Mao e, più oltre, ai miti che hanno nutrito il Sessantotto (da Ho Chi Minh al *comandante* Che Guevara)."
Il che significa che nel corpo dottrinario nulla si rinviene del "culto della personalità". Quod erat demonstrandum.
"Per cui la onoro di informarsi meglio prima di trinciare giudizi perentori quanto infondati".
La stupirebbe quanto sull'argomento io abbia cognizione. Ed è appunto in base a questa che le ribadisco quanto detto in proposito.
Come vede non c'era nulla da aggiungere ma, evidentemente, a lei piace menar cani per l'aia. La lascio al suo sport.
"Marx per primo —quindi, temo che Ars Longa storca il naso, anche la battaglia per la democrazia politica e la sovranità nazionale".
Mi volete tutti molto bene: D'Andrea mi fa dire cose che non dico, tu prevedi che io storca il naso. A me l'unica cosa che può stupire - a questo punto - è che ti trastulli ancora con Mazzini per dimostrare agli epigoni non si bene cosa. Rimane misterioso cosa c'azzecchi con qualcuno che (con tutto il diritto di dirlo) sostinene che "i salvatori della patria che saranno seguiti saremo noi". Certo sono passati tanti anni ma mi rimane un mistero di come si possa aver fondato in Gruopi Bolscevichi quarant'anni fa e ritrovarsi a fre queste discussioni.
Avrà avuto ragione la Yourcenar quando diceva che "il tempo è un grande scultore".
ARS Longa, però capita anche a lei di far dire agli altri cose che non hanno dette. Più volte ha ripetuto che l'ARS non ha dimostrato di aver superato la distinzione tra destra e sinistra. Ma l'ARS non ha mai preteso di superarla! L'ARS non si autoqualifica e constata che altri la qualifica di destra, di sinistra e di centro. Sono gli altri che devono mettersi d'accordo. All'ARS le qualifiche non interessano.
Al più sosteniamo che i diritti civili sono inidonei a fungere da spartiacque tra sinistra e destra, perché un ipotetico partito che avesse le mie posizioni in materia di diritti civili evidentemente non potrebbe essere qualificato di destra o di sinistra. Giustamente lei si è rifiutato di qualificare la mia posizione sui diritti civili, perché voleva qualificare quella dell'ARS. Ma non vi è dubbio che non avrebbe potuto qualificare l'ARS come di destra o come di sinistra se l'ARS (o qualsiasi partito)avesse avuto le mie posizioni in materia di diritti civili. Ogni tanto anche le persone acute e colte dovrebbero ammettere: "è giusto ed evidente, strano che non ci avessi pensato; effettivamente anche i radicali, il partito che sembra inventato dalla Cia (che la Cia non avrebbe potuto inventare meglio), i quali hanno concorso a distruggere tutto il distruggibile sotto il profilo politico-statale-economico-sociale sono per i diritti civili".
Prendendo come criterio per qualificare di sinistra una persona il sostegno ai diritti civili, i radicali, che sono la destra estrema, sarebbero di sinistra!
Invece un tema interessante sarebbe: l'ideologia dei diritti civili è di destra, considerato che è stata inizialmente sostenuta dai radicali-liberisti-maggioritaristi- europeisti, antistatalisti ed è stata poi abbracciata dalla ex sinistra, quando ormai era diventata liberista, maggioritarista-europeista e antistatalista? Quando il PCI rifiutava di approvare il Trattato di Roma, Togliatti negava la ricandidatura di Teressa Mattei rimasta in cinta.
Mi sa proprio che l'ideologia dei diritti civili è di destra. E lo è nel senso che ho detto io, che serve a dividere i dominati, mentre su ogni questione, ogni cittadino, laicamente, potrebbe decidere secondo coscienza, riconoscendo le ragioni che spingono i suoi amici di partito a pensarla diversamente.
Stefano D'Andrea
D'Andrea è molto semplice : i Radicali sono di sinistra sui diritti civili , ma sono di destra sui diritti dei lavoratori .
Se Togliatti ha fatto quella cosa vuol dire che in quella circostanza è stato di destra .
L'ARS è di destra sui diritti civili , ma è di centro/sinistra sui diritti dei lavoratori ( ma ho dei dubbi ).
Il PD è di destra sui diritti dei lavoratori ed è di destra anche nei diritti civili ( altrimenti l'ala ex margherita si arrabbia ).
Comunque anche parlando solo dei lavoratori : o sei per la Nazione , o stai con i lavoratori : le due cose insieme non stanno .
Gentile Anonimo delle 8,44,
1)perché dice che l'ARS è di destra sui diritti civili se l'ARS non ha preso posizione e sostiene che ogni iscritto può pensarla come vuole? A che serve falsare le carte in tavola? La sua affermazione è chiaramente smentita dai fatti, salvo che, secondo lei sia di destra anche il partito che decide di non prendere posizione e di lasciare ai singoli membri libertà di opinione. Ma questa estensione (fanatica) del criterio fino ad ora non era stata ancora affermata.
2) e poi le chiedo, se io personalmente sono contrario all'inseminazione eterologa ma sono a favore della attuale liesgislazione sull'aborto; se sono a favore delle unioni civili degli omosessuali ma contro l'adozione delle coppie omosessuali e dei single; e se sono a favore delle tecniche di procreazione assistita ma contro l'estensione dei (soli) diritti (senza i correlativi obblighi) alle coppie di fatto; insomma se su tre diritti civili sono a favore e su tre sono contrario, sono di destra o di sinistra? E se fossi stato a favore di quattro diritti civili e contrario a due, sarei stato di destra o di sinistra? La prego sinceramente di rispondere.
Ma come fate a non capire che la vostra impostazione non ha alcun senso da un punto di vista logico, tanto è vero che vi dovete rifiutare di rispondere a queste domande?
Ho quasi l'impressione che il criterio che è dentro di voi, e che non vi è chiaro, sia: "per essere di sinistra bisogna appartenere ad un partito che non lascia libertà di opinione sui diritti civili e che si fa portatore di tutti i diritti civili". Se permette, questa è una posizione fanatica.
Gentile Anonimo delle 9:18 , sopra mi sono dimenticato di firmarmi . Mi chiamo Fabio .
Ora le rispondo
1) E’ vero , l’ARS non si è espressa su questi temi . Ma i diritti non sono statici , aumentano sempre , e per affermarli occorre prendere posizione .
2) Su tre diritti civili sei di sinistra , su tre sei di destra .
In generale , per quanto mi riguarda ( io parlo per me , fa senza dire “voi” ) , essere di sinistra vuol dire prendere posizione sui diritti della persona contro il capitale , contro la tradizione , contro la razza , contro le distinzioni di origine nazionale , sessuale , religiosa etc..
Fabio
L'economicismo è una brutta malattia compagni.
Mi scusi "compagno" invidia verso il fatto che l'ARS riesce ad organizzare convegni regionali in tutta Italia, mentre lei per avere un contatto o qualche commento in più deve ricorrere all'insulto di persone dabbene? Non si preoccupi una sola volta ho avuto modo di commentare, e avendo modo di capire che la sua unica moneta è la disonestà intellettuale, non starò a far polemica oltre e mi ritirerò nella mia tana. Infatti lei accusa D'Andrea di essere quello che è uno con la sua storia la sua provenienza e le sue radici culturali, e quando lo accosta alla prima repubblica, lei lo fa con l'evidente intenzione di screditarlo! Credo che l'utilità di questo blog alla battaglia contro l'U€ sia paragonabile a quella dei comunisti alla rivoluzione per le strade di Barcellona nel Maggio del 1937. a mai più risentirla
D'ANdrea scrive: "ARS Longa, però capita anche a lei di far dire agli altri cose che non hanno dette. Più volte ha ripetuto che l'ARS non ha dimostrato di aver superato la distinzione tra destra e sinistra. Ma l'ARS non ha mai preteso di superarla!" Le chiarisco che non ho molto interesse a gsre dialettiche. Non servono e qui nessuno vuole prvalere. Sta nel'ordine della logica che una formazione politica dicendo "non siamo di Destra né di Sinistra" trascenda (superi, sorpassi, faccia lei)la dicotomia Destra-Sinistra. Non è che avetebisogno di dirlo scolpendolo nella pietra: è implicito nel rifiuto di dirvi di Destra o di Sinistra. Ciò posto non fate niente di nuovo: lo fa già il M5S. Però guardando il vostro programma (distinguendo, con fatica, tra le sue posizioni e quelle ufficiali) si deduce che vi state caratterizzando come un partito conservatore, di orientamento borghese, non intenzionato a superare il capitalismo e che non si pronuncia ancora su temi fondamentali. Questa è l'analisi che faccio, senza nulla metterle in bocca che non sia nei fatti e nelle affermazioni. Io non mi contrappongo, non critico e non rimprovero alcunché. Prendo atto che, nella migliore delle ipotesi operate un "métissage". Non mi fermo ai diritti civili, non faccio paragoni con il PR. La mia l'ho detta sino allo sfinimento. Se vuole risultate più vicini alla visione dei "partiti" dell'Italia umbertina che non a quella dei partiti usciti dal secondo dopoguerra. Non posso andare oltre nell'analisi perché, come detto, su temi essenziali non avete preso posizione. Personalmente non capisco come si possano cercare aderenti con queste mancanze. Ma questo è un mio giudizio personale e nulla conta. Non ho altro da aggiungere. Semmai l'unico dubbio che mi rimane riguarda MPL e Moreno, perché dal post che ha iniziato la discussione e dai commenti di Moreno non riesco a dedurre quale mai possa essere il collante politico che, anche per un breve tragitto, potrebbe unirvi.
DIRITTI, DOVERI, INTERESSI E BISOGNI
Ars Longa, non pensavo si sarebbe piccata. L'ho fatta a ragion veduta mi pare, ovvero avendo letto che Lei, tra le differenti e conflittuali correnti di pensiero del movimento comunista, quella a cui si sente più prossimo è quella d'estrema sinistra, in particolare il suo filone tedesco (KAPD, consigliarismo). Converrà con me che quella corrente aveva, come tratto costitutivo, il rifiuto di fare proprie le rivendicazioni "democratiche borghesi", di qui, ad esempio, il rigetto del principio dell'autodeterminazione delle nazioni —in nome dell'internazionalismo proletario. Ricorderà la discussione sul suo blog sulla vicenda dell'occupazione francese della Rhur.
Volevo invece ricordare a Stefano che ciò che lo distanzia sideralmente dal marxismo (non dallo stalinismo, che apprezza, anche nella sua versione senile zyuganoviana) è che egli resta prigioniero della coppia giuridico-formale diritti/doveri, mentre Marx fondava il suo discorso teorico sulla coppia sostanziale interessi/bisogni.
Sembra oggi, nelle società tardo-capitaliste, che la tesi marxiana della contraddizione antagonistica tra capitale e lavoro salariato (sfera degli interessi) sia invalidata. Io penso invece sia stata momentaneamente soppressa. Qui occorrerebbe indicare le cause, ma il discorso ci porterebbe lontano. D'Andrea non solo muove dal postulato teorico (mazziniano) che non ci sia alcuna contraddizione costitutiva tra capitale e lavoro salariato, non ritiene nemmeno che la crisi generale del capitalismo che viviamo la riporti in auge —quindi esclude che questa contraddizione possa essere leva del fare politico.
Ma il discorso di Marx sugli "interessi" contrapposti delle due classi fondamentali parrebbe un mero sindacalismo operaista se non lo si legasse a quello dei "bisogni", che non sono puramente materiali ma pure spirituali, che caratterizzano il genere umano, e che segnano tutta la sua epopea.
Si può essere d'accordo o meno, ma per Marx, e ciò sulle tracce di Hegel, interpreta la storia umana come una lotta incessante per realizzare i suoi bisogni, sempre cangianti e storicamente determinati. Sono dunque questi bisogni nuovi che spingono gli uomini associati a sviluppare le loro forze produttive.
Segno distintivo dell'uomo, per Marx, è il suo bisogno supremo di LIBERTA'.
Ora è vero, come diceva Marcuse, che il capitalismo induce bisogni negativi o autodistruttivi, che quindi non tutti i bisogni sono emancipativi. Proprio per questo una forza politica rivoluzionaria non può sorvolare bellamente sui bisogni nuovi, deve saper discernere quello buoni da quelli cattivi, cioè antiemancipativi.
L'importante è capire che alla base ci sono sempre bisogni, bisogni che mutano col cambiamento sociale, bisogni che il Diritto poi deve normare — il Diritto è come la nottola di Minerva, si alza sempre al crepuscolo, regola sempre ex-post.
Da questa angolatura non c'è dubbio che la Costituzione italiana, sul piano etico è un ferro vecchio.
Prendete ad esempio il TITOLO SECONDO, DIRITTI E DOVERI DEI CITTADNI (mi riferisco agli Art. 29, 30, 31), quello sui rapporti etico-sociali, dove la famiglia patriarcale e monogamica viene sacralizzata. Non c'è alcun dubbio, a mio modo di vedere, che questa parte non corrisponde più ai nuovi bisogni e modi di vita sociali.
A Stefano chiedo: vogliamo cambiarle queste parti antiquate della Costituzione, o vogliamo fare della Costituzione mosaiche tavole della Legge?
Moreno,
intanto sono costretto a correggerti.
Non è assolutamente vero che io muova "dal postulato teorico (mazziniano) che non ci sia alcuna contraddizione costitutiva tra capitale e lavoro salariato", e che non ritenga che la crisi generale del capitalismo che viviamo la riporti in auge".
Credo fermamente che esista un conflitto strutturale e permanente tra capitale e lavoro. Se rileggi il post che hai preso in considerazione, vi è scritto che il lavoro, autonomo e subordinato, ha interesse a distruggere l'unione europea, per liberarsi da tanti vincoli che il capitale è riuscito ad imporre negli ultimi trenta anni. E ho scritto più volte che la crisi dell'euro è "un'occasione unica" per poter tentare una contro-rivoluzione rispetto alla rivoluzione silenziosa che ha sconfitto il lavoro e quindi l'uomo negli ultimi venti anni.
Soltanto che io vedo tante forme del conflitto capitale lavoro. Vedo per esempio che sono stati aboliti i minimi tariffari per gli avvocati e dopo averli reintrodotti hanno abbassato in ciompensi dfel 66% (non scherzo)! Tutto a favore (di pubbliche amministrazioni e) e delle multinazionali (banche assicurazioni) che riescono a far lavorare gli avvocati per compensi risibili. Vedo ciò che fanno le case produttrici di automobili ai rivenditori autorizzati e ai concessionari. 1% di ricarico sulle automobili vendute! A gente che ha 14 o 20 dipendenti! Imprenditori che perdono 50% o 100% euro l'anno e che vedono aumentare i vincoli imposti dalle case madri. E vedo il lavoro in agricoltura sottopagato (è dir poco) e rifiutato dagli italiani (giustamente). E vedo stipendi miserabili per tanti dipendenti.
E vedo che la finanza (la rendita finanziaria) succhia almeno 50 miliardi di interessi allo stato che quest'ultimo è costretto a recuperare con le tasse e a non poter adempiere il dovere costituzionale di dare lavoro.
La differenza tra me e te è che io vedo tutte le forme di sfruttamento, tutte le soggezioni da parte di tutti i lavoratori, mentre tu, che pure ogni tanto apri, poi ricadi nelle accuse di interclassismo e quindi stai ancora nella posizione di coloro che quando parlano di "mondo del lavoro" parlano solo del lavoro subordinato. Se un lavoratore subordinato si disinteressa del fatto che moltissimi giovani avvocati "guadagnano" a 35 anni 1000 euro al mese, perché hanno ricavato una stanzetta nella casa paterna e perché evadono il 70%, e sono costretti a comportamenti immorali, allora questo giovane avvocato fa bene a infischiarsene se quel dipendente è schiavizzato. Per me sono due lavoratori sfruttati (anzi il giovane avvocato è stato pure ingannato).
Un certo numero di norme della Costituzione possono essere migliorate; non vi è dubbio. Ma siccome è ferita e morente, e siccome non sto in Parlanmento, mi disinteresso di questi problemi che travalicano la fase. Forse tra quindici anni il problema diverrà attuale (lo spero).
Infine non sono mai favorevole ad esprimermi a favore della modifica di una norma, se prima non leggo la norma nuova. L'esperienza di questi venti anni mi dice che i propositi di riforma, anche quando astrattamente giusti, hanno sovente o sempre esiti disastrosi.
Se c'è una cosa che è chiara in tutto questo thread è la posizione di D'Andrea. Al di là della naïveté di pensare che siccome i radicali italiani difendevano i diritti umani allora i diritti sono di destra (eh???), che immagino sia una sorta di boutade, rimane che c'è un'idea chiara, un programma politico chiaro, degli obiettivi e delle idee di come raggiungerli.
Detto questo non mi sembra produttivo per nessuno continuare a dire "ma guarda che i tuoi obiettivi sono sbagliati/contradditori/didestra/superficiali" e via contestando. D'Andrea e (forse, anche io non ho capito benissimo) l'ARS pensano che si debba far questo, utilizzano alcune retoriche/scorciatoie/nondetti - che ci credano o meno che importa? - che immaginano poterli aiutare, fare "marketing" (non capisco il dispiacere per il termine: fare proselitismo vi sembra tanto più nobile?), arrivare alle elezioni portando in parlamento una pattuglia di parlamentari.
Bene, al massimo l'unica cosa che si può fare è NON augurargli successi, ma pretendere che un associazione di cui non si fa parte si adegui a vincoli esterni mi pare eccessivo. Quindi, cari D'Andrea e altri, speriamo davvero che questa esperienza si chiuda presto, a sinistra non c'è bisogno di ulteriori distrazioni.
ps. Detto en passant, e considerato il luogo in cui il dibattito si svolge, queste questioni dovrebbero suonare sinistre alle orecchie di Pasquinelli. Perché a me pare che la posizione di ARS incontri perfettamente l'idea sovranista. E' quella di Pasquinelli che la stiracchia verso il socialismo. Ma questa è un'altra storia.
bvzm1 (o "anonimo delle 14.06" che è più bello)
Sollevazione,
Il MPL, nel documento i Dieci Comandamenti, sostiene al primo punto: "1. Libertà. Diritto di ogni persona alla propria autodeterminazione." Più avanti si precisa giustamente, che "La società stabilisce quindi il modo in cui le libertà vengono esercitate, quali volontà possono essere soddisfatte e quali bisogni siano realizzabili.". Non so cosa si intende di preciso per "società", ma se intendiamo uno stato nazionale sovrano, repubblicano, democratico, ad economia programmata a fini sociali, la visione si attaglia perfettamente alla mia.
Tuttavia, secondo me resta un dubbio che è fondamentale sciogliere:
A) Cosa ne facciamo di questa libertà? Non credo che libertà sia possibilità di uscire con il cane nel parco o di sedersi liberamente al bar a giocare a carte. Io ho una mia personale risposta.
Uno dei frutti più importanti della libertà (e della democrazia) è la mobilità sociale, garantita da massicci investimenti nell'istruzione e nella cultura, e dal suffraggio universale. La democrazia e la libertà implicano l'esistenza della mobilità sociale, e quindi la creazione di una classe media o ceto medio, secondo il criterio della meritocrazia.
In Sudamerica i cittadini del ceto medio sono aumentati di 1/3, arrivando a 150 milioni, nel giro di 5 o 6 anni. In SUdamerica è aumentata la mobilità sociale, il benessere, la cultura, la coesione sociale e territoriale. In Europa ci muoviamo nella direzione opposta.
MPL è dello stesso avviso?
B) Parlando di "rivoluzione conservatrice", di "conservatorismo borghese", quale parte della società intendiamo includere sotto l'etichetta "borghese" o "piccolo-borghese"? Perché se si pensa di screditare professionisti, statali, piccoli e medi imprenditori, ecc. si rischia di creare fratture nel popolo già duramente provato. E questo al momento non credo serva a nessuno. Io sono dell'avviso che occorre compattare, non la classe media, non la classe proletaria, ma il fronte popolare di tutti i lavoratori. E daltronde MPL sta per movimento popolare di liberazione (non mov. proletario di liberazione).
C) Se, come leggo nei vostri documenti, la soluzione è nel superamento del capitalismo, e quindi non (soltanto) nella gestione dei settori strategici e nel potere di disciplinare in chiave sociale l'economia e la finanza da parte di uno Stato (come sostiene l'ARS),
i. pensate che il tessuto sociale italiano, tutto il popolo italiano, sia pronto ad una simile scelta in forma condivisa?
ii. pensate che l'obiettivo sia raggiungibile senza una guerra civile o comunque senza spargimento di sangue?
Gianluigi Leone
Moreno, non mi sono sentito piccato, volevo fare una battuta. Per l'analisi, come non essere concorde?
LUPUS INFABULA
L'amico Leone afferma:
«C) Se, come leggo nei vostri documenti, la soluzione è nel superamento del capitalismo, e quindi non (soltanto) nella gestione dei settori strategici e nel potere di disciplinare in chiave sociale l'economia e la finanza da parte di uno Stato (come sostiene l'ARS),
i. pensate che il tessuto sociale italiano, tutto il popolo italiano, sia pronto ad una simile scelta in forma condivisa?
ii. pensate che l'obiettivo sia raggiungibile senza una guerra civile o comunque senza spargimento di sangue?»
Non ho detto per captatio benevolentiae che Ars è un tentativo politico "nobile". Io in persona, su gentile invito dell'amico D'Andrea, all'assemblea nazionale di Ars, feci un discorso in cui molto insistetti, data l'allarmante situazione sociale e una incipiente e scomposta rivolta, sulla necessità di fare fronte, dissi anche che era ora che in Italia, sull'esempio del manifesto spagnolo di Anguita e altri, si lanciasse prima possibile, un appello per l'unità delle forze sovraniste, democratiche e socialiste. "Diamo subito un segnale", diamolo noi, conclusi, altrimenti l'uscita l'avremo, ma di destra.
Il D'Andrea rispose che questa proposta non era ricevibile. L'argomento si fondava su due punti essenziali: (1) non c'è fretta, abbiamo davanti diversi anni e, (2) in questi anni Ars pensa esclusivamente a diventare "partito".
Per questo mi sono permesso di dire che Ars ha una tendenza all'autismo, affermando che quest'attacco viscerale alla sinistra i ogni sua forma, oltreché disonesto perché sottace di una sinistra che mai è venuta a patti col sistema e con Pd e sua frattaglie, segnala una pulsione ad andare verso destra (col pretesto del consenso qui e ora e del proselitismo).
Venendo alle sue due domande finali, mi consenta di citarle F. Engels:
«Il comunismo non è una pura e semplice dottrina di partito della classe operaia, ma una teoria il cui obbiettivo finale è la liberazione dell’intera società, compresi i capitalisti, dai rapporto odierni che la soffocano. Questo è giusto in senso astratto, ma nella pratica è per lo più peggio che inutile. Finché le classi abbienti non soltanto non sentiranno alcun bisogno di liberazione, ma si oporranno con tutte le forze all’autoliberazione della classe operaia, la classe operaia sarà costretta a iniziare e a compiere da sola la rivoluzione sociale».
[Prefazione del 1892 alla Situazione della classe operaia in Inghilterra]
Sollevazione,
intanto ringrazio per le risposte.
Occorre qualche precisazione.
Sono iscritto ad ARS, e collaboro attivamente anche. Nessuno dell'Associazione ha mai sferrato attacchi viscerali nei confronti di chi si ritiene "di sinistra" o "di destra". Anzi, ci siamo sempre dovuti difendere da attacchi di chi, "a destra", ci riteneva un'associazione di sinistra tatticamente travestita, e di chi "a sinistra", ci etichettava come nazionalisti, fascisti, liberisti, e ora, nostalgici della vecchia DC. Come dice l'amico Fiorenzo, il problema evidenziato da ARS, in numerose discussioni che spero troveranno presto una forma organica e definitiva, è di natura squisitamente "nominalistica". Tutto nasce dalla volontà dell'ARS di denunciare i cortocircuiti che si creano nella comunicazione a causa della demarcazione destra-sinistra assunta come discriminante in ogni scelta di campo politica. Questo, converrete, non è un attacco a chi si ritiene (a ragion veduta) la vera sinistra, ma un passo avanti nella comunicazione. Se vado a comprare la frutta, posso basare la scelta solo sul colore oppure posso chiedere al commerciante di assaggiare. Nel secondo caso non si può sbagliare. Insomma, per evitare fraintendimenti, ci si confronta sui contenuti, e non sui contenitori. Magari voi reputerete questo atteggiamento inutile o addirittura dannoso. Ma dove sarebbe l'errore?
Riguardo la presunta volontà dell'ARS di evitare in maniera "snob", come ho letto altrove, il confronto, anche qui, bisogna tentare di dirimere la questione.
L'ARS intende diventare la frazione di un fronte politico, composto dalle principali forze sovraniste, da portare in Parlamento. Il collante sarà appunto il sovranismo e la necessità di ritornare ad una prassi programmatica dell'economia, in un'ottica redistributiva. Tuttavia, si ritiene che al momento non ci siano i requisiti numerici, e questo è un semplice fatto.
Il requisito numerico, si badi, non è il consenso cioè la domanda, ma l'offerta stessa, che è incompleta. E di questo non si può accusare il presidente. Non spetta a lui decidere su tutto per tutti.
Gianluigi Leone
>>>>> Il che significa che nel corpo dottrinario nulla si rinviene del "culto della personalità". Quod erat demonstrandum. <<<<<
La discussione è nata sul confronto fra il marxismo e le posizioni dell'ARS. Essendo quest'ultimo un movimento politico, il raffronto dovrebbe avvenire col marxismo come concreto movimento politico.
Vede, per me discutere è confrontarsi pacatamente, non tirarsela inalberando il piumaggio accademico.
Per quanto riguarda la rivoluzione conservatrice, potremmo risolvere la cosa alla maniera della filosofia da università e fare la conta delle rispettive pubblicazioni internazionali in materia.
«Anzi, ci siamo sempre dovuti difendere da attacchi di chi, "a destra", ci riteneva un'associazione di sinistra tatticamente travestita, e di chi "a sinistra", ci etichettava come nazionalisti, fascisti, liberisti, e ora, nostalgici della vecchia DC».
Col che si ammette candidamente che tutta la litania sul fatto che i concetti di sinistra e destra sarebbero defunti va a farsi friggere.
Anche Mussolini andò al potere dicendo che il fascismo non era né di destra né di sinistra. S'è visto come andò a finire.
Poi venne L'Uomo Qualunque di Giannini. S'è vista come andò a finire.
Oggi lo spazio politico del "né destra né sinistra", piaccia o meno, è ampiamente occupato dal M5S.
Facile immaginare che anche l'ultimo tentativo andrà ramengo. Molto presto, e vedrete che le anime di sinistra e di destra abilmente miscelate da Grillo si riscomporranno.
Nuove energie saranno liberate dalla crisi di M5S, quelli che non andranno a casa cercheranno approdi radicali, non vorranno altre narrazioni sincretiche.
Noi non diciamo che l'ars non è né di destra né di centro né di sinistra. Diciamo definiteci come volete.
Ma se, conoscendoci da un po' di anni, scrivete che facciamo il gioco degli euristi, ci fate sorridere.
Se definite l'ars conservatrice, rispetto alla proposta fondamentale di ricollocare la costituzione al vertice dell'ordinamento, anche per quanta la disciplina dei rapporti economici, mi sembra che sia oggettivo che lo siamo: il nostro modello è in dietro non avanti: voi lo inventate o narrate o ipotizzate o abbozzate, il nostro è stato realtà.
Se ci dite che l'ars è di destra per quanto riguarda i diritti civili, ferma ogni altra riserva sulla dicotomia destra sinistra, dite il falso, perché l'ARS lascia liberi i membri di sostenere le opinioni che vogliono.
Il nostro progetto è tutto volto a superare la realtà virtuale. Consideriamo esistenti soltanto i movimenti che hanno una esistenza e consistenza nella realtà. Perciò noi ancora non ci consideriamo esistenti, stiamo tentando di esistere e non consideriamo esistente come movimento reale MPL, quindi, da un lato non ci reputiamo pronti ad allearci con nessuno, per umiltà iscritta nel progetto originario; dall'altro, quando saremo pronti, ci alleeremo, eventualmente, con voi, soltanto se a quel tempo avrete dimostrato di esistere nella realtà.
Ma perché Moreno e i suoi amici non proseguono limpidamente per la loro strada, mostrando ciò che sanno fare, e lasciano noi, Bagnai, gli studenti della MMT e ogni altro gruppetto procedere per la loro? Possibile che vogliono insegnare a Bagnai, all'ARS e chi sa a chi altro e vogliono correggere la rotta altrui?
Tra l'altro, a me sembra una strategia suicida.
SD'A
Cari esponenti MPL,
spero di non abusare della vostra pazienza e di questo spazio, in cui avete deciso di parlare di noi.
Pongo un'altra precisazione.
Ci paragonate a vecchia DC, PNF, Fronte dell'Uomo Qualunque, M5S... Tutti questi paragoni esulano completamente da contenuti, contesto storico e politico, metodi e messaggi. Ma servirebbero a descrivere il venir meno della demarcazione destra-sinistra.
Noi pensiamo che questa dicotomia sia servita in 30 a confondere e dividere il popolo che invece su alcuni temi chiave sarebbe dispostissimo a marciare unito. Abbiamo motivato la nostra posizione, esponendo tutte le ragioni. Abbiamo anche detto che sarebbe possibile sostituire i termini tradizionali, ormai consunti e privi di significato, con "scelta capitalista" e "scelta socialista". Dove starebbe il sincretismo?
Voi siete di avviso diverso? Se sì ci può stare. Ma non ho capito le vostre ragioni.
Io posso testimoniare, in base all'esperienza personale, la comunanza riscontrata dialogando con persone provenienti da vari bacini elettorali. Il metodo consiste nel cercare la comunanza su alcuni temi chiave, fino al risveglio completo, fino alla sollevazione, appunto.
Dov'è l'errore?
Gianluigi Leone
amici di Ars,
guardatevi attorno
perché sputate addosso alla sinistra se è proprio a sinistra che è tutto un brulicare di iniziative e movimenti in difesa della Costituzione.
Ad esempio l'area di Rodotà-Landini-Zagrebelsky, che il 12 ottobre ha indetto una grande manifestazione per la difesa e l'applicazione della Costituzione. E di sicuro andranno a fare un partito a sinistra del Pd che fa della Costituzione la propria bandiera ed ha molte possibilità di essere un grosso aggregatore elettorale.
Insomma, tutta la sinistra a sinistra del Pd è per difendere (e applicare) la Costituzione.
Ergo: agli occhi dell'opinione pubblica, dei media, dei partiti di regime, difendere la Costituzione è inequivocabilmente di sinistra.
Fare della Costituzione il proprio principale segno identitario e programmatico, lungi dal porvi oltre sinistra e destra, vi collocherà vostro malgrado, agli occhi dei comuni cittadini, come appendici di questa sinistra —che è per l'euro-
Comunque la mettete fare della Costituzione il proprio elemento identitario contribuisce è insufficiente, è anzi un errore.
Piero
Piero, il tuo intervento è importante.
Tu lo credi insufficiente noi no. Lo dirà la storia. Ma noi non invochiamo genericamente la Costituzione. Noi sappiamo, che al di là delle modifiche che vogliono introdurre e alle altre, anche esse vergognose, che sono state già introdotte.
Su questa materia gli euristi-europeisti Zagrebelsky e Rodotà tacciono, non certo per ignoranza - sanno come stanno le cose - bensì per ideologia unionista (probabilmente appartengono alla schiera di coloro che vogliono e credono sia possibile modificare l'unione europea: mi viene da ridere per la loro stoltezza politica). Pertanto ad oggi sono PALESEMENTE AVVERSARI, nostri e credo anche del MPL.
Noi abbiamo proprio interesse a non farci sscambiare per simili a colporo ai quali siamo opposti per quanto riguarda il tema centrale per il quale siamo nati (o stiamo cercando di nascere). Nessun rapporto con gli unionisti di centro, di destra e di sinistra. Sono tutti nemici dell'italia e dei lavoratori tutti. Il fatto che quelli di sinistra non se ne rendano conto o fingano di non rendersene conto, non li rende avversari meno pericolosi. Li rende più pericolosi. Bisogna assolutamente marcare la distanza. Sono d'0accordo con te. Altrimenti il nostro progetto non soltanto non sarebbe insufficiente ma sarebbe ridicolo, monco, ingenuo e in parte anche ipocrita come il loro.
SD'A
Dico la mia sul succo della discussione.
Primo, D’Andrea è una persona in gamba che ha capito la situazione e non dice tutto quel che pensa, come si conviene a un leader politico che deve aggregare.
Avendo capito la situazione, D’Andrea e l’ARS che ne è emanazione procedono all’atto fondamentale dell’agire politico che schmittianamente è l’individuazione del nemico. Il nemico è la globalizzazione, la dittatura della finanza internazionale (più i suoi manutengoli locali) e lo spostamento del discorso politico dai diritti socioeconomici a quelli civili (con annessa personalizzazione, spettacolarizzazione e finta dicotomizzazione della politica), che serve ad allontanare lo sguardo dallo smantellamento sistematico delle nostre radici, della nostra civiltà e del nostro benessere.
Di conseguenza, l’ARS punta a ricentrare il discorso etico-politico attorno al tema nazionale e costituzionale. Con tre propositi: 1) è un colpo al cuore del regime mondialista 2) è un attacco che il regime ha difficoltà a parare perché non è ancora pronto a sconfessare i vincoli nazionali e costituzionali 3) è un modo per redimere le masse dall’estraniamento indotto dalla martellante propaganda avversaria.
Un progetto così vasto travalica la dicotomia destra-sinistra nella misura in cui punta a ripristinare una forma di convivenza e del discorso politico in cui tali categorie avevano significati diversi da quelli odierni. Avevano un significato reale anziché essere sabbia gettata negli occhi. L’ARS vorrebbe ripristinare una civiltà più sana.
Contro questo proposito si levano, mi sembra, due diversi rimproveri del ‘muoversi verso destra’.
Da una parte ci sono i sognatori. Sono i superstiti dell’antica sinistra ancora legati all’aspettativa escatologica. Qui l’accusa principale è di voler ripristinare un capitalismo sano al posto di quello attuale, degenerato. Pasquinelli preferisce il secondo perché l’unica cosa che gl’interessa è il suo tracollo, premessa di un ipotetico rovesciamento in chiave socialista. Il vecchio compromesso socialdemocratico non gli va a genio perché faceva star bene la gente e le plebi pasciute non fanno rivoluzioni. Qui la distinzione destra/sinistra conserva una sua logica per quanto alienata dalla realtà: è di sinistra chi punta al socialismo e di destra tutti gli altri. I sognatori sono utili ma difficilmente gestibili.
L’altra linea critica è quella dei poveri di spirito. Si tratta dei sinistri interni all’ARS e anche di Ars longa. E’ gente ancor dentro alle fittizie dicotomie create dal regime, in particolare a quella destra-sinistra con cui sono cresciuti e che li motiva profondamente. Non si rendono conto del totale estraniamento delle categorie politiche di base verificatosi nel corso degli ultimi trent’anni, e quindi dell’insensatezza di richiamarsi alla ‘sinistra’ in quanto categoria unitaria. Sono parte del problema che l’ARS vorrebbe risolvere. Chiamiamola zavorra creativa.
E’ chiaro che quando il discorso assume i connotati di una ricentratura di civiltà, e un’ampia fetta degli aderenti allo stesso ARS sono dentro al problema, i tempi non possono che essere lunghi. Si tratta di cambiare le associazioni mentali e gl’istinti aggregativi delle masse: e allora si capiscono la mancanza di fretta di D’Andrea e certa sua necessitata reticenza.
"Ci sono migliaia di milioni di bambini felici e centomila sofferenti, che si sobbarcano la maledizione di distinguere il bene dal male".
Cito :
“la dittatura della finanza internazionale ……. smantellamento sistematico delle nostre radici …… regime mondialista….. L’altra linea critica è quella dei poveri di spirito. Si tratta dei sinistri interni all’ARS ….Sono parte del problema che l’ARS vorrebbe risolvere. Chiamiamola zavorra creativa.”
a quando “Eja Eja Alalalà” ?
Veritas... dice:
"Primo, D’Andrea è una persona in gamba che ha capito la situazione e non dice tutto quel che pensa, come si conviene a un leader politico che deve aggregare."
Fosse corretta questa chiave interpretativa avremmo che D'Andrea nel suo intimo è un politicante in puro stile populista e fascista.
In effetti leggendolo il dubbio c'è.
Io resto in attesa di una replica....
A me interesserebbe sapere se D'Andrea è d'accordo con Veritas odium parit, se è possibile
bvzm1
Brezza rossa
a quale Suo post si riferisce?
A chi chiede la replica? Siamo a 100 commenti e qualcosa potrebbe esserci sfuggito.
Quello a cui si riferisce anche bvzm1.
Sono stato due gorni fuori per gli incontri dell'ARS. Tornato do una risposta.
Mi si chiede di commentare questo brano se non erro: ""Primo, D’Andrea è una persona in gamba che ha capito la situazione e non dice tutto quel che pensa, come si conviene a un leader politico che deve aggregare."
Fosse corretta questa chiave interpretativa avremmo che D'Andrea nel suo intimo è un politicante in puro stile populista e fascista.
In effetti leggendolo il dubbio c'è."
Di fascisti io ne trovo non pochi tra i commentatori di questo post e in genere di sollevazione.
Ma peggio dei fascisti ci sono gli stupidi e i fanatici. Gli stupidi e i fanatici credono che una persona che voglia proporre un itinerario per arrivare a formare un partito, debba esternare esattamente le sue idee. Invece è ovvio che si debba avanzare una proposta che possa essere una linea comune per tutti coloro che potenzialmente possono aderire. Quindi come ho sempre detto, il documento di analisi e proposte dell'ARS non coincide con il mio pensiero. Ars longa ha commentato egregiamente, salvo alcune imprecisioni che ho segnalato, il mio manifesto personale. Tra i due testi ci sono differenze. Sono pubblici; le differenze stanno là, basta andarsele e leggere.
Il fanatico è quello che propone la costituzione di un partito, ossia di un soggetto collettivo, e lo fa avanzando IL SUO PENSIERO. E' una cosa pazzesca. Salvo che si stia parlando di carlo marx o di giganti simili, questo comportamento lo tengono solo gli idioti. Perciò, pensare che se una persona umilmente si comporta con razionalità e formula una proposta di fase, che non è quella che astrattamente preferirebbe, e alla quale si sottopone con disciplina, sia un populista fascista è veramente un pensiero misero, che non apprezza l'umiltà, che non apprezza la razionalità, che non apprezza l'accettazione di una disciplina. Una scelta umile, razionale e disciplinata viene scambiata per populista e fascista. Ma dove volete andare? Veritas sbaglia nella parte in cui sostiene che io non dica tutto. Nel documento dell'ARS non dico tutto, anche se per i prossimi quindici anni è quel documento e gli altri che stiamo approvando, ciò che conta. Ma ciò che penso è tutto scritto nel manifestopersonale ed è stato anche commentato da Ars Longa.
SD'A
D'ANDREA SCRIVE:
« Gli stupidi e i fanatici credono che una persona che voglia proporre un itinerario per arrivare a formare un partito, debba esternare esattamente le sue idee. (...) Il fanatico è quello che propone la costituzione di un partito, ossia di un soggetto collettivo, e lo fa avanzando IL SUO PENSIERO».
Stefano, ma non era mica questo il punto. Non confondere la tua professione di avvocato con quella di leader politico. Un avvocato deve ribaltare le accuse ad un suo assistito accusato di un reato e dimostrare la sua innocenza o "non colpevolezza" anche contro cosiddette "evidenze". Questo giochetto sofistico lasciamolo alle aule dei tribunali.
La questione non è se che un leader politico debba costruirsi un gruppo a sua immagine e somiglianza.
La questione è del tutto diversa, ed è se un leader politico debba essere sincero o meno almeno davanti ai suoi militanti. Se cioè possa o non possa nascondere il suo fine —dove per fine s'intende senza alcun dubbio il suo ideale di società.
Può essere necessario, perciò legittimo, nascondere le proprie finalità al nemico, ed anche ad alleati momentanei. Non lo è occultarle ai proprio militanti.
Quindi, che non "esterni" le tue vere idee in blog altri ci sta —col che ammetti però che non solo ce le hai, idee che vanno ben al di là delle posizioni pubbliche di Ars, ma che non le esterni) .
Ma allora non devi lamentarti se poi c'è chi dal di fuori t'interpreta, si chiede dove vuoi andare a parare, come si deve fa con chiunque pretenda consenso politico e addirittura guidare il paese.
La questione quindi riguarda anzitutto i "soci" di Ars non noi.
Fammi aggiungere solo un concetto: militanti pronti ad ogni sacrificio li si ha solo se essi hanno piena (non incondizionata) fiducia nei propri dirigenti. Questa fiducia il gruppo dirigente può ottenerla in due modi soltanto: o perché fa affidamento sulla intelligenza e la completa condivisione di itinerario e fine da parte dei militanti stessi, oppure perché fa leva, come nelle sette, su una relazione di subordinazione fideistica. Come diceva Brecht, beato il popolo che non ha bisogno di eroi.
Moreno Pasquinelli
Moreno,
le mie idee, per i prossimi quindici anni, saranno quelle dell'ARS. E' dentrolì'associazione che, con assoluta sincerità, cercherò di promuoverne qualcuna mia personale non ancora emersa, sempre che ritenga che possa ottenere il consenso dell'80-90% dei soci,perchél'ARS cerca sistematicamente l'unanimità (o quasi), come emerge palesemente dall'atto costitutivo. Se per caso non raggiungessi tale consenso, ritirerei l'idea, che dovrebbe restare mia e non divenire dell'ARS, per evitare ogni inutile spaccatura o rottura.
SD'A
Posta un commento