[ 28 maggio ]
Il Forum Internazionale di Atene è alle porte. Cadrà in un momento delicatissimo. Ammesso che il Fmi conceda in queste ore al governo greco di posticipare il pagamento della prossima rata di debito in scadenza il 5 giugno (quella del 12 maggio è stata saldata con una maldestra partita di giro), a fine mese sapremo se la Grecia andrà in default (con il terremoto che ne conseguirà per l'eurozona) o se sarà stato raggiunto un accordo politico che salvi capra e cavoli.
Ci torniamo più avanti.
Questa situazione di tensione estrema si riverbera dentro SYRIZA. Domenica scorsa si è svolto un infuocato Comitato centrale. La mozione dell’ala sinistra che chiedeva di non rimborsare i prestiti al Fmi, di nazionalizzare le banche e di indire un referendum per respingere ogni accordo capestro, è stata bocciata con 95 voti contro 75. La possibilità di una frattura, nel caso il governo accetti un accordo a perdere con la troika diventa una possibilità. Segnaliamo che, tra gli altri, saranno presenti al Forum di Atene esponenti di spicco della sinistra interna di SYRIZA, ciò che farà del Forum non solo una grande occasione di approfondimento sulle ipotesi di uscita dal marasma economico e sociale, ma un passo verso il coordinamento delle sinistre europee a vario titolo critiche del regime della moneta unica.
Veniamo quindi allo psicodramma del negoziato tra Atene e la troika o, come è stata ribattezzata, "Brussels Group". Vediamo anzitutto di capire qual è il pomo della discordia, il macigno che si frappone ad un accordo. Giorni addietro scrivevamo che si era giunti a fine partita e che dunque si sarebbe scoperto chi stava bluffando, se i falchi euristi capeggiati da Wolfgang Schäuble o il governo greco.
E' lo stesso Varoufakys a giungerci in soccorso per risolvere l'enigma. Egli ha consegnato alle agenzie un articolo che la dice lunga. L'ha pubblicato il 26 maggio Il Sole 24 Ore col titolo
«L’austerity? In Grecia l’abbiamo già fatta». Smentendo la versione dei falchi che vogliono far apparire Atene come disobbediente e inaffidabile, Varoufakys afferma:
Il Forum Internazionale di Atene è alle porte. Cadrà in un momento delicatissimo. Ammesso che il Fmi conceda in queste ore al governo greco di posticipare il pagamento della prossima rata di debito in scadenza il 5 giugno (quella del 12 maggio è stata saldata con una maldestra partita di giro), a fine mese sapremo se la Grecia andrà in default (con il terremoto che ne conseguirà per l'eurozona) o se sarà stato raggiunto un accordo politico che salvi capra e cavoli.
Ci torniamo più avanti.
Questa situazione di tensione estrema si riverbera dentro SYRIZA. Domenica scorsa si è svolto un infuocato Comitato centrale. La mozione dell’ala sinistra che chiedeva di non rimborsare i prestiti al Fmi, di nazionalizzare le banche e di indire un referendum per respingere ogni accordo capestro, è stata bocciata con 95 voti contro 75. La possibilità di una frattura, nel caso il governo accetti un accordo a perdere con la troika diventa una possibilità. Segnaliamo che, tra gli altri, saranno presenti al Forum di Atene esponenti di spicco della sinistra interna di SYRIZA, ciò che farà del Forum non solo una grande occasione di approfondimento sulle ipotesi di uscita dal marasma economico e sociale, ma un passo verso il coordinamento delle sinistre europee a vario titolo critiche del regime della moneta unica.
Veniamo quindi allo psicodramma del negoziato tra Atene e la troika o, come è stata ribattezzata, "Brussels Group". Vediamo anzitutto di capire qual è il pomo della discordia, il macigno che si frappone ad un accordo. Giorni addietro scrivevamo che si era giunti a fine partita e che dunque si sarebbe scoperto chi stava bluffando, se i falchi euristi capeggiati da Wolfgang Schäuble o il governo greco.
E' lo stesso Varoufakys a giungerci in soccorso per risolvere l'enigma. Egli ha consegnato alle agenzie un articolo che la dice lunga. L'ha pubblicato il 26 maggio Il Sole 24 Ore col titolo
«L’austerity? In Grecia l’abbiamo già fatta». Smentendo la versione dei falchi che vogliono far apparire Atene come disobbediente e inaffidabile, Varoufakys afferma:
«Il nostro governo è più che desideroso di attuare un’agenda che includa tutte le riforme economiche che i think tank economici europei considerano centrali. E siamo perfettamente in grado di garantire il sostegno dell’opinione pubblica greca per un programma economico efficace.
Di cosa stiamo parlando? Di un’agenzia delle entrate indipendente; di mantenere in eterno un avanzo di bilancio primario ragionevole; di un programma di privatizzazioni sensato e ambizioso, combinato con un’agenzia per lo sviluppo che sfrutti i beni pubblici per creare flussi di investimenti; di una riforma autentica del sistema pensionistico che garantisca la sostenibilità a lungo termine del sistema di previdenza sociale; della liberalizzazione dei mercati dei beni e dei servizi, ecc».
Si tratta di affermazioni programmatiche pesanti, molto gravi. Egli finalmente scopre (quasi completamente) le carte: dichiara che il governo greco accetta di mantenere in eterno un "ragionevole" avanzo primario, di volere un piano di privatizzazioni "sensato" ma "ambizioso", di rimettere mano alle pensioni, di accettare un piano di liberalizzazioni dei servizi e dei mercati (oltre quelle già fatte in ossequio ai diktat della troika). In buona sostanza si tratta del puro e semplice rinnegamento del Programma di Salonicco con cui SYRIZA ha vinto le recenti elezioni.
In cambio di questi doni enormi cosa chiede Varoufakys agli strozzini del popolo greco? Semplice a dirsi: la fine dell'austerità. E' triste dirlo, ma dal bluff nella partita negoziale con la troika, si passa a prendere per i fondelli i cittadini greci.
Il programma da lui sopra esposto non è altro che la continuazione, sotto mentite spoglie, delle terapie austeritarie imposte da Unione europea, Bce e Fmi. In un paese che ha perso in pochi anni il 25% del Pil, con un tasso di disoccupazione del 26%, con salari crollati del 16%, anche solo il prospettare un avanzo primario significa continuare le politiche austeritarie e deflazionistiche. Non ci vuole un master in economia per sapere che l’avanzo primario non solo è il contrario di una politica anticiclica di deficit spending per sostenere la domanda aggregata, ma che il disavanzo è funzionale al pagamento del debito e degli interessi sul debito pubblico.
Il fondato sospetto è che Tsipras e Varoufakis, quando parlano di fine ell'austerità, vogliano emulare Matteo Renzi e la sua farsa degli 80 euro: si continua nel rispetto dei diktat euristi e delle politiche austeritarie ma si elargisce qualche zuccherino allo scopo di non essere travolti
In questi mesi ci chiedevamo se il governo SYRIZA avesse un "Piano B" in caso di default e rottura con l'euro-Germania. Rispondevamo che di questo "Piano B" non c'era ombra. Le dichiarazioni di Varoufakis ne sono una lampante conferma. L'unico "piano" che sembra avere SYRIZA è quello di raggiungere un compromesso ad ogni costo coi creditori, e pur di ottenerlo accetta nella sostanza di continuare una politica economica neoliberista.
Quanto diciamo è evidentemente chiaro da tempo agli interlocutori di Atene, falchi compresi. Com'è che allora l'accordo non si chiude?
Ma è semplice! Perché SYRIZA in cambio chiede una sostanziale ristrutturazione del debito —320 miliardi in totale. Non solo un dilazionamento dei pagamenti, ma un robusto taglio a capitale e interessi.
Richiesta che sin qui la troika ha sempre respinto, malgrado questo taglio sia sostenibile.
Ma se è sostenibile perché la troika non ne ha sin qui voluto sapere?
Semplice anche questo: non si può concedere ad un governo "di estrema sinistra" ciò che non è stato concesso ai governi amici precedenti come quello di Samaras. La questione è dunque anzitutto politico-simbolica. Unione europea, Bce e Fmi sanno che se accettassero una sostanziale ristrutturazione del debito greco, condizione affinché avvenga un allentamento delle politiche austeritarie, ciò non solo smentirebbe il dogma che sorregge la loro narrazione —che i debiti vanno onorati, che solo seguendo politiche deflazionistiche e di taglio alla spesa pubblica crescerà la "competitività" e ci sarà la "ripresa", che dunque solo a queste condizioni eventuali aiuti saranno sborsati—, ma sarebbe un precedente che aprirebbe una breccia nella quale si incuneerebbero altri paesi, legittimando e rafforzando i partiti anti-austerità (M5S in Italia e Podemos in Spagna anzitutto).
Ora che Varoufakys ha scoperto le carte e fatto vedere il suo punto, la mano passa alla troika. Accetteranno di chiudere la partita con un compromesso che salvi capra e cavoli? Lo vedremo appunto nei prossimi gionri. C'è chi dice che i "mercati", ovvero grandi banche d'affari e fondi speculativi, avrebbero già scontato, almeno in parte, l'eventuale default della Grecia, e dunque l'uscita dall'eurozona (Vittorio Carlini; Il Sole 24 Ore del 26 maggio). Evidentemente ritengono che i falchi euristi guidati dalla Germania respingeranno la mano testa di Atene.
12 commenti:
Articolo che si auto contraddice in maniera piuttisto evidente, soprattutto se si considera quello recente di Cesaratto.
Piemme critica Varoufakis perché si accontenta della fine dell'austerità; aggiunge Piemme che questa presunta fine dell'austerità sarebbe in realtà una continuazione della stessa.
Dopodiché scrive che Atene vuole la ristrutturazione del debito e questa non può essere concessa perché aprirebbe un pericoloso precedente che favorirebbe i rampanti partiti (abbastanza) anti europa in tutto il continente.
Ma allora se la tattica di Atene consentisse ai greci di passare per perfettamente adempienti ma mettesse in grave scacco la Troika (grave, lo dice anche Piemme) perché Piemme la critica?
Cosa pretende che i greci si suicidino uscendo dall'euro? Perché di suicidio si tratterebbe se Piemme si ferma un attimo a riflettere che:
1) una volta uscita di sua volontà è evidente che la Troika e i poteri internazionali cercherebbero di puntire duramente la Grecia come hanno fatto con l'Argentina. Ma l'Argentina si trova lontana in un continente che le è amico, per la Grecia sarebbe molto peggio.
2) il popolo greco è per il 70% (settanta!) contrario all'uscita dall'euro. Come puoi pensare di decidere contro la maggioranza dei cittadini che ti hanno eletto senza provocare in Grecia una situazione che porterebbe a dei conflitti interni identici a quelli dell'immediato dopogierra, ovviamente sobillati da qualche manina esterna?
L'USCITA DALL'EURO SARÀ POSSIBILE SOLO SE ALCUNI PAESI, NON UNO SINGOLO, DECIDERANNO DI METTERLA IN ATTO IN MANIERA COORDINATA.
3) la Grecia dovrebbe rivolgersi a Russia e Cina ma in che posizione, con quale forza contrattuale? Ovviamente nessuna e si troverebbe nuovamente a fare il vaso di coccio; per di più una simile decisione sposterebbe gli equilibri geopolitici in maniera drammatica con esiti di cui Piemme non ha la minima paura ma per la quale Tsipras e Varoufakis, che sono loro a stare sul pezzo, sanno che ci sarebbe un altissimo prezzo da pagare.
A mio avviso Piemme non valuta il senso della strategia di Syriza, ossia di Varoufakis: l'economista greco ritiene, e lo ha scritto chiaramente nel suo libro, che alla Germania e alla Troika del debito greco non importi nulla.
Ai poteri forti europei INTERESSA MANTENERE LA GRECIA IN UNO STATO DI INADEMPIENZA PER POTER ESERCITARE LA PROPRIA EGEMONIA CONTINENTALE.
Vengono imposte le famose riforme le quali impediranno la rinascita dell'economia greca e la lasceranno per decenni in balia dei padroni del nord. Lo stesso sta succedendo nei confronti degli altri PIIGS.
Allora Varoufakis cerca per prima cosa di liberarsi dal giogo ritenendo che DOPO
a) Atene avrà ripreso la sua libertà di decisione "assolta" da quella specie di vergogna infamante dell'enorme debito irredimibile
b) la cosa più importante. Se Varoufakis ottiene questa ristrutturazione del debito COME SCRIVE LO STESSO PIEMME questo costituirà un decisivo precedente che porterà i cittadini della periferia europea a eleggere i partiti anti euro come Podemos, 5 Stelle etc
ALLORA E SOLO ALLORA la Grecia potrà prendere certe decisioni che oggi materialmente non può prendere.
Scusate ho dimenticato la cosa più importante.
Tsipras e Varoufakis hanno una stella polare ed è che se ci dovrà essere rottura delle trattative, perché i greci ce la hanno davvero delle linee rosse, È ESSENZIALE CHE LA DECISIONE DELLA ROTTURA VENGA PRESA DALLA TROIKA E DALLA GERMANIA NON DAI GRECI.
In realtà sono i poteri forti internaizonali a essere sotto scacco: se vincono apertamente lasciano un'autostrada aperta all'avanzata di Alba Dorata e di tutti gli altri partiti aspeamente anti euro nel continente.
Se concedono qualcosa aprono l'autostrada ai partiti anti euro moderati i quali chiederanno quella fine dell'austerità che la Troika NON PUÒ MATERIALMENTE CONCEDERE PENA LA FINE DELLA SUA EGEMONIA.
P.S.: Inoltre hanno fatto delle votazioni interne a Syriza. C'è modo di sapere come hanno votato Tsipras e Varoufakis, possibilmente con dei link?
Grazie
Guardate, ho trovato questo articolo di un giornalista greco che conferma in pieno quello che ho scritto sopra
Dice Dimitri Deliolanes:
"...Questi sono gli interrogativi che si fanno i ministri, gli elettori di Syriza e tutti i greci. Chi si arrovella di più però è lo stesso Tsipras. Il suo ostentato ottimismo non è di maniera. Chi lo conosce bene sa che il premier greco è profondamente europeista e non può ammettere facilmente CHE LA SUA IDEA DI EUROPA SIA ORMAI FUORI DALLA REALTA' [maiuscole mie]. La stragrande maggioranza dei greci vuole rimanere nell’eurozona. Ma una maggioranza ancora più consistente vuole farla finita con l’austerità.
Di fronte a uno scenario del genere, la leadership politica greca non può fare molto. L’unica strada è quella di negoziare fino all’ultimo secondo. Tentando magari di trovare una mediazione sulla lotta all’evasione fiscale, sulle imposte ai consumi di lusso e sulle pensioni anticipate. E se alla fine sarà rottura, affrontarla a viso aperto,con la coscienza che si è fatto di tutto per evitarla."
Link
http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2015/05/28/leuropeismo-di-tsipras-e-fuori-dalla-realta/?uuid=7yx98XBf
Una variante della filosofia dell'intelligente usuraio (qui: Unione Europea/Troika): la pecora la si tosa ma non la si uccide. Però senza ucciderla si possono operare salassi controllati, aggiungendo all'utile della lana quello del sangue prelevato, e ciò con un vantaggio notevole, poiché la pecora indebolita dai salassi sarà ancora più facile da tosare. Ancora una volta si dimostra come il capitalismo riesce sempre a trovare forme nuove per sopravvivere, a spese crescenti per le sue vittime.
IN RISPOSTA
il debito di Atene è stato già ristrutturato in due occasioni. E questa ristrutturazione i greci l'hanno pagata a caro prezzo, con l'austerità appunto. La fine (vera) dell'austerità la ottieni se ti sganci dall'euro, riprendi sovranità monetaria e politica e dichiari una moratoria unilaterale sul debito. Oltre, evidentemente ad altre misure, tra cui il controllo sul movimento dei capitali.
Cesaratto pensa che ci siano ancora spazi di manovra entro la Ue. Io non ci credo. Punto. Se varoufakis mi dimostrerà il contratio, se l'eurogermania abbasserà la cresta condividendo i debti della Grecia, farò ammenda.
l'autocontraddizine...(?)
Le dichiarazioni pro-liberiste di Varoufakis, hanimé, parlano chiaro.
Io ho scritto che con privatizzazioni e liberalizzazioni (liberismo) puoi fare della renzate stile 80 euro, ma non poni fine alle politiche mercantilistiche e deflattive salariali.
Piemme
1) Da dove saltano fuori le privatizzazioni?
Io avevo letto "liberalizzazioni" che sono una cosa molto diversa.
2) Cesaratto ha scritto piuttosto che fuori dall'UE la Grecia si troverebbe nuovamente a fare il vaso di coccio in mezzo a Cina, Russia, India, Brasile per di più aprendo un vaso di Pandora geopolitico del quale rischierebbe di pagare lo stesso prezzo pagato nel dopoguerra per essersi "buttata a sinistra".
3) Varoufakis non è un marxista come si ciancia in giro e la prova è nel libro dove non in un solo momento affronta le interessantissime problematiche che mette in evidenza da una prospettiva di classe. Se vogliamo dirla tutta - da bravo borghese ricco di famiglia e straricco per matrimonio - si abbandona a lodi quasi affettuose di Paul Volcker e Strauss Khan. Ma è appunto un borghese, cosa si pretende da lui? E' stato eletto dal popolo proprio perché il popolo (essendo "popolo") si fida solo di chi sta più in alto nella scala sociale.
Ma come borghese Varoufakis è il meglio che ci si potesse aspettare, è il classico borghese illuminato di cui se non ricordo male parlava anche Marx. E ha coraggio perché la questione dell'austerità credo non l'abbiate capita fino in fondo; l'Europa dei tecnocrati NON PUO' CONCEDERE L'AUSTERITA' ma contemporaneamente se non la concede scatena il consenso elettorale per tutti i partiti non allineati all'Unione siano essi moderati come Podemos e Syriza o reazionari come FN e i polacchi appena eletti o indefiniti ma radicalmente antisistema come i 5 Stelle.
L'idea coraggiosa di Varoufakis secondo me è nell' assecondare gli avversari ma chiedendo alla Troika ciò che la mette in scacco, cioè meno austerità.
Ho apprezzato spesso le vostre analisi ma qui come in altre occasioni ritengo che pecchiate di scarsa visione strategica.
A questo giro credo di essere d'accordo in linea di massima con l'anonimo qui sopra ma con 2 principali differenze.
Partiamo dallo studio del contesto,il quale ci dice che l' europa si trova in una situazione di stallo per quanto riguarda il fronte della legittimità sia interna che estera (per varie ragioni storiche che non sto qui ad argomentare per un problema di spazio).
-Punto A (legittimità interna):
Sono d'accordo qui con l'anonimo che chiarisce come il comportamento della germania abbia come obbiettivo quello di non legittimare ulteriormente un governo ostile alla troika tramite una ristrutturazione pesante del debito o comunque una serie di concessioni che creerebbero un precedente pericoloso per tutti i paesi del sud europa i quali sono oggettivamente i più vicini alla situazione greca.
Ma quando parliamo di legittimità interna dobbiamo parlare in fondo dei rapporti di forza tra le varie sovranità statali che dentro l' eurozona stanno faticosamente convivendo.
E' qui che muovo una piccola critica all'anonimo perchè credo che non prenda in considerazione i modi di uscita dall'eurozona anche in termini di economia politica, perchè se è pur vero che le classi dirigenti europee non vogliono alcun allontanamento geopolitico è anche vero che questo può essere gestito in vari modi ed è qui che la soggettività politica gioca un ruolo fondamentale poiché si inserisce in una spaccatura intercapitalista ma dovrebbe farlo con cognizione di causa,in parole povere con un piano b in grado di giocare di sponda con queste contraddizioni ma avendo sempre chiaro in mente il benessere relativo in questa fase della classe sociale di riferimento(forse piemme intendeva questo quando rimprovera la mancanza di un piano b di atene,mi corregga se sbaglio).
Le contraddizioni intercapitaliste mi portano al punto B (legittimità esterna):
Qui non sono affatto d'accordo con l'anonimo il quale dice che la grecia si troverebbe in una situazione di debole potere contrattuale.
Ecco io penso l'esatto contrario poiche:
_L'europa vuole a tutti i costi mantenere una centralità globale che pian piano sta perdendo (secondo certi docenti universitari siamo all'apice di questo processo storico),e per farlo sta in maniera stupida e poco lungimirante mostrando muscoli che fondamentalmente non ha prendendo decisioni impulsive senza tenere conto delle conseguenze .
_In virtù di questo la Grecia si trova nella situazione di improrogabile uscita dall'eurozona ma con un potenziale partner più che interessato ad avere sponde e nuovi alleati europei,e cioè la russia,che non a caso in termini di linguaggio diplomatico sta sempre più invogliando un discorso volto alla legittimità interna degli stati e la natura fittizia del diritto internazionale (stupido esempio è il caso Fifa dove Putin ha martellato su questi concetti come lo aveva fatto in maniera più incisiva per la situazione ucraina che è un teatro centrale per la ridefinizione dei fronti geopolitici in seno all'europa).
In virtù di questo secondo me la strategia di Atene è una strategia giusta ma solo sul piano esterno poiché si nota una mancanza della gestione interna di questo cambiamento che può portare ad un riposizionamento geopolitico greco ma su basi essenzialmente reazionarie.
Credo in fondo che l'anonimo abbia capito l'importanza delle spaccature “orizzontali” ma senza tener conto della natura “verticale” di un determinato tipo di gestione dell'uscita,cosa che invece è il punto forte di sollevazione.
Nel mio piccolo propongo un integrazione fra queste due visioni,un integrazione che trova uno spunto teorico in un libro che consiglio vivamente di leggere (e studiare se possibile) cioè “tempi decisivi,natura e retorica delle crisi internazionali” scritto l'anno scorso dal professor Alessandro Colombo.
.
Karl
rispetto la tua opinione però csul quale non c'è proprio da discutere: se Atene avesse dichiarato di avere un piano B avrebbe perso in partenza.
La vittoria per i greci potrà essere di due tipi:
riescono a spuntare condizioni "visibilmente" migliori di quelle ottenute dal governo precedente
oppure arrivano alla rottura ma per colpa sempre "visibilmente" dell Troika e della Germania
Comunque ne discuteremo ancora perché la telenovela promette di andare oltre il 5 giugno...
E' vero sarà interessante vedere lo sviluppo di questa situazione,e anch'io inizio a credere che sia saggio non proclamare subito un piano b per considerazioni che nascono dall'ambito internazionale.
Riguardo le possibili vittorie dei greci tu dici:
_riescono a spuntare condizioni “visibilmente” migliori di quelle ottenute dal governo precedente:
e questo mi sembra di poterlo escludere visto quello che ho scritto nel post precedente
_oppure arrivano alla rottura ma per colpa sempre “visibilmente” della Troika e della Germania.:
Ma questo Impone un piano b soprattutto se consideriamo che è possibile vista la situazione una disgregazione dell'eurozona e una conseguente particolarizzazione degli interessi dei vari attori europei (e su questo versante sarebbe interessante seguire il dibattito interno tedesco come il modo di posizionarsi dei vari stati europei nello scacchiere internazionale,che dovrebbe essere inteso non come un teatro unico ma come la sommatoria di varie zone nel quale questi attori operano).
A dire la verità infatti questa situazione imporrebbe un piano b anche e soprattutto alle oligarchie che preferirebbero avere i massimi vantaggi da una situazione essenzialmente persa (faccio riferimento all'uscita da “destra” dall'eurozona).
E' in questo contesto che ti muovevo critica e la muovevo al governo di atene che si sta professando europeista secondo me non in maniera tattica ma in maniera strategica.
Karl
Attenzione: non ho detto che non si deve avere un piano B, ma che non lo si deve dichiarare.
Tu sei sicuro che Tsipras e Varoufakis fra loro non ci abbiano pensato a un piano B?
Parto dicendoti che di sicuro non so nulla io tento di dedurre a seconda delle informazioni che ricevo (da varie “campane”) e delle conoscenze storiche che apprendo man mano che vado avanti.
Detto questo ritorno a bomba sull'articolo e su ciò che Varoufakys ha dichiarato in maniera ufficiale e cioè
«Il nostro governo è più che desideroso di attuare un’agenda che includa tutte le riforme economiche che i think tank economici europei considerano centrali. E siamo perfettamente in grado di garantire il sostegno dell’opinione pubblica greca per un programma economico efficace.
Di cosa stiamo parlando? Di un’agenzia delle entrate indipendente; di mantenere in eterno un avanzo di bilancio primario ragionevole; di un programma di privatizzazioni sensato e ambizioso, combinato con un’agenzia per lo sviluppo che sfrutti i beni pubblici per creare flussi di investimenti; di una riforma autentica del sistema pensionistico che garantisca la sostenibilità a lungo termine del sistema di previdenza sociale; della liberalizzazione dei mercati dei beni e dei servizi, ecc».
Ecco a me questo preoccupa (come preoccupa anche piemme e i compagni antieuropeisti interni a Syriza) perchè sembra effettivamente una dichiarazione di intenti ben precisa,che si rifà a ciò che ti dicevo riguardo al piano b.
Io mi auguro che loro lo abbiano e che io mi stia sbagliando ma gli indizi mi suggeriscono che ci sia questa deprecabile possibiltà.
Ci sarebbe quindi da discutere sulla concezione europeista della stragrande maggioranza delle classi dirigenti della sinistra europea (cosa che a mio avviso denota un involuzione teorica tragica e dalle dimensioni ben più consistenti di quanto non appaiano nelle discussioni della maggior parte delle sigle italiane) che dimostra per l'ennesima volta 3 cose:
_A) L'accettazione acritica di questo sistema produttivo e della natura dei rapporti di forza che genera.
_B)Il gap incolmabile tra questa concezione e le tendenze storiche imposte dal sistema produttivo stesso.
_C) ne discende un incapacità di capire i bisogni sociali che queste tendenze impongono e di qui la successiva crisi di rappresentanza dei blocchi sociali subalterni.
DA DOVE SALTANO FUORI LE PRIVATIZZAZIONI?
Cazzo, pensavo che chi commenta leggesse almeno il post che commenta.
Nel mio articolo è citato testualmente Varoufakis, e parla chiaramente di PRIVATIZZAZIONI
Copio e incollo:
«Il nostro governo è più che desideroso di attuare un’agenda che includa tutte le riforme economiche che i think tank economici europei considerano centrali. E siamo perfettamente in grado di garantire il sostegno dell’opinione pubblica greca per un programma economico efficace.
Di cosa stiamo parlando? Di un’agenzia delle entrate indipendente; di mantenere in eterno un avanzo di bilancio primario ragionevole; di un programma di privatizzazioni sensato e ambizioso, combinato con un’agenzia per lo sviluppo che sfrutti i beni pubblici per creare flussi di investimenti; di una riforma autentica del sistema pensionistico che garantisca la sostenibilità a lungo termine del sistema di previdenza sociale; della liberalizzazione dei mercati dei beni e dei servizi, ecc».
Piemme
Posta un commento