[ 15 maggio ]
Chi ci segue sa che noi adottiamo la categoria di "capitalismo casinò" per contraddistinguere il modello sociale (formazione sociale) iper-finanziarizzato e bancocratico venuto avanti in Occidente dopo il decennio dei '70 del secolo scorso. Il neoliberismo ne rappresenta il rivestimento ideologico.
Secondo una certa vulgata questo sistema iper-finanziarizzato sarebbe oltre il capitalismo, sarebbe insomma un sistema del tutto nuovo, con leggi, contraddizioni e dinamiche su proprie. Per cui, addio alle "anticaglie" teoriche quali, ad esempio, non solo le scoperte teoriche di Marx ma pure a fondamentali categorie dell'economia politica classica.
In diverse occasioni [ad esempio QUI, QUI, QUI e QUI] abbiamo criticato questa tesi, cercando di dimostrare tre cose: (1) nonostante i forti elementi di novità e di discontinuità con il capitalismo storico, il capitalismo-casinò, non era un sistema diverso nella sua essenza; (2) che la crisi finanziaria del 2008 segnava l'inizio della fine del modello e del lungo ciclo di iper-finanziarizzazione neoliberista e del dominio incontrastato dell'Occidente imperialistico; (3) messo alle strette dall'avanzata di nuove potenze capitalistiche come la Cina, il capitalismo occidentale era costretto a tornare sui suoi passi.
A questo proposito Il Sole 24 ore del 14 maggio ha pubblicato un articolo di Vittorio Carlini che ci pare degno di nota: Le borse sono scollegate dalla realtà? Un indice dimostra che non è così.
Carlini utilizza i calcoli sulle correlazioni [1] tra il Prodotto interno lordo e le Borse che Mps Capital services ha realizzato per il Sole24ore.com. Questi dati mostrano che, considerato il Pil principale market mover, c'è una stretta correlazione, una sincronia, tra l'andamento del Pil e quello delle borse. Espone quindi le due tabelle che qui riportiamo. La prima tabella (sopra) mostra, considerando gli ultimi dieci anni, la correlazione tra il Pil degli Stati Uniti e lo S&P500.
La seconda Tabella (a destra) mostra la correlazione tra il Pil dell'Eurozona e l'indice EuroStoxx50 (sempre nell'arco degli ultimi dieci anni).
Cosa si ricava da questi dati?Che nonostante tutto, c'è un legame molto forte tra l'andamento dell'economia reale e quello delle borse e che «Nel Vecchio continente il mondo dell’economia, della realtà ha un legame più forte con l’azionario rispetto agli Stati Uniti».
Dalle tue tabelle si nota come prima del grande crollo finanziario del 2008 l'andamento delle borse fosse fortemente sganciato da quello del Pil. Ciò che, appunto, ci aiuta a capire una delle cause del crollo medesimo. Con quel gigantesco crollo notiamo come i movimenti speculativi finiscono per riallinearsi all'economia reale.
Carlini nota giustamente che i disallineamenti dopo il 2011 (la discesa della correlazione, anzitutto negli Usa) sono la
NOTE
[1] Sulla correlazione tra andamento del Pil e Borse Carlini precisa:
«Ebbene, ciò che salta fuori è che negli ultimi 10 anni la correlazione tra il Pil Usa e l’S&P500 è stata in media dello 0,7. Si tratta di un valore che indica un buon legame tra le due grandezze. Come è noto, infatti, la correlazione varia nell’intervallo tra -1 e +1. Al livello più basso della forchetta (-1) c’è la cosiddetta completa correlazione inversa. Cioè, quando una grandezza va in una direzione l’altra prende la strada opposta. Il valore (+1) più alto, invece, indica la completa sincronizzazione positiva. Entrambi gli asset si muovo nella stessa direzione. Nel valore intermedio (0) infine i due asset non sono correlati. Vale a dire, l’uno è indipendente dall’altro. Ebbene, il valore di 0,7, per l’appunto, segnala che Wall Street va molto a braccetto con l’economia. La situazione, tuttavia, cambia se si accorcia l’arco di tempo considerato. Negli ultimi 5 anni, infatti, il valore della correlazione scende allo 0,33. Sempre positivo, per carità. E, però, non può negarsi che il legame si allenta. Cioè, il collegamento tra la dinamica di Wall Street e il Pil non è più così forte.
Fin qui gli Stati Uniti: ma quale la situazione in Europa? È presto detto. Nel Vecchio continente, considerando il Pil dell’Eurozona e l’indice EuroStoxx 50, la correlazione, negli ultimi 10 anni, è lo 0,79. »
Chi ci segue sa che noi adottiamo la categoria di "capitalismo casinò" per contraddistinguere il modello sociale (formazione sociale) iper-finanziarizzato e bancocratico venuto avanti in Occidente dopo il decennio dei '70 del secolo scorso. Il neoliberismo ne rappresenta il rivestimento ideologico.
Secondo una certa vulgata questo sistema iper-finanziarizzato sarebbe oltre il capitalismo, sarebbe insomma un sistema del tutto nuovo, con leggi, contraddizioni e dinamiche su proprie. Per cui, addio alle "anticaglie" teoriche quali, ad esempio, non solo le scoperte teoriche di Marx ma pure a fondamentali categorie dell'economia politica classica.
Tabella n. 1 |
In diverse occasioni [ad esempio QUI, QUI, QUI e QUI] abbiamo criticato questa tesi, cercando di dimostrare tre cose: (1) nonostante i forti elementi di novità e di discontinuità con il capitalismo storico, il capitalismo-casinò, non era un sistema diverso nella sua essenza; (2) che la crisi finanziaria del 2008 segnava l'inizio della fine del modello e del lungo ciclo di iper-finanziarizzazione neoliberista e del dominio incontrastato dell'Occidente imperialistico; (3) messo alle strette dall'avanzata di nuove potenze capitalistiche come la Cina, il capitalismo occidentale era costretto a tornare sui suoi passi.
A questo proposito Il Sole 24 ore del 14 maggio ha pubblicato un articolo di Vittorio Carlini che ci pare degno di nota: Le borse sono scollegate dalla realtà? Un indice dimostra che non è così.
Carlini utilizza i calcoli sulle correlazioni [1] tra il Prodotto interno lordo e le Borse che Mps Capital services ha realizzato per il Sole24ore.com. Questi dati mostrano che, considerato il Pil principale market mover, c'è una stretta correlazione, una sincronia, tra l'andamento del Pil e quello delle borse. Espone quindi le due tabelle che qui riportiamo. La prima tabella (sopra) mostra, considerando gli ultimi dieci anni, la correlazione tra il Pil degli Stati Uniti e lo S&P500.
Tabella n.2 |
La seconda Tabella (a destra) mostra la correlazione tra il Pil dell'Eurozona e l'indice EuroStoxx50 (sempre nell'arco degli ultimi dieci anni).
Cosa si ricava da questi dati?Che nonostante tutto, c'è un legame molto forte tra l'andamento dell'economia reale e quello delle borse e che «Nel Vecchio continente il mondo dell’economia, della realtà ha un legame più forte con l’azionario rispetto agli Stati Uniti».
Dalle tue tabelle si nota come prima del grande crollo finanziario del 2008 l'andamento delle borse fosse fortemente sganciato da quello del Pil. Ciò che, appunto, ci aiuta a capire una delle cause del crollo medesimo. Con quel gigantesco crollo notiamo come i movimenti speculativi finiscono per riallinearsi all'economia reale.
Carlini nota giustamente che i disallineamenti dopo il 2011 (la discesa della correlazione, anzitutto negli Usa) sono la
«... conseguenza delle grandi manovre espansive realizzate dalla Fed. L’enorme quantità di liquidità immessa sul mercato ha certamente «allentato» l’impatto dell’economia sull’azionario. Gli investitori hanno dato minore peso alle dinamiche del mondo reale, a scapito di variabili quali, ad esempio, le aspettative sul rialzo dei tassi.
Oltre a ciò hanno poi avuto più rilevanza dinamiche di carattere finaziario. Ad esempio, gli investitori si sono messi a stimare il possibile apprezzamento di un titolo in seguito ai buyback. A Wall Street, infatti, molte società hanno accumulato ingenti quantità di cassa. Denari non investiti nella crescita, bensì in mega operazioni di ri-aacquisto dei propri titoli. Così, di nuovo, i cari e vecchi fondamentali economici sono finiti in un angolo».
La quale cosa potrebbe accadere anche nella Ue con il Quantitative easing lanciato dalla Bce.
L'immensa liquidità immessa nei mercati dalle banche centrali, secondo alcuni analisti, se ha aiutato gli Stati Uniti ad uscire momentaneamente dalla spirale recessione-deflazione, ha prodotto tuttavia una gigantesca bolla speculativa, che potrebbe deflagrare da un momento all'altro.
E' molto probabile che così vada a finire. Quando le speculazione finanziaria s'ingrossa e si fa prendere dall'ebrezza, sganciandosi dai fondamentali, i crolli borsistici sono inevitabili, ed essa fa la fine di Icaro.
NOTE
[1] Sulla correlazione tra andamento del Pil e Borse Carlini precisa:
«Ebbene, ciò che salta fuori è che negli ultimi 10 anni la correlazione tra il Pil Usa e l’S&P500 è stata in media dello 0,7. Si tratta di un valore che indica un buon legame tra le due grandezze. Come è noto, infatti, la correlazione varia nell’intervallo tra -1 e +1. Al livello più basso della forchetta (-1) c’è la cosiddetta completa correlazione inversa. Cioè, quando una grandezza va in una direzione l’altra prende la strada opposta. Il valore (+1) più alto, invece, indica la completa sincronizzazione positiva. Entrambi gli asset si muovo nella stessa direzione. Nel valore intermedio (0) infine i due asset non sono correlati. Vale a dire, l’uno è indipendente dall’altro. Ebbene, il valore di 0,7, per l’appunto, segnala che Wall Street va molto a braccetto con l’economia. La situazione, tuttavia, cambia se si accorcia l’arco di tempo considerato. Negli ultimi 5 anni, infatti, il valore della correlazione scende allo 0,33. Sempre positivo, per carità. E, però, non può negarsi che il legame si allenta. Cioè, il collegamento tra la dinamica di Wall Street e il Pil non è più così forte.
Fin qui gli Stati Uniti: ma quale la situazione in Europa? È presto detto. Nel Vecchio continente, considerando il Pil dell’Eurozona e l’indice EuroStoxx 50, la correlazione, negli ultimi 10 anni, è lo 0,79. »
3 commenti:
Manca una piccola cosetta per capire il discorso sulla finanziarizzazione dell'economia.
I derivati, quelli quanto denaro muovono?
Gli indici azionari sono comunque fondati sull'economia reale (a parte i bilanci truccati ovviamente), ma tutto il resto, derivati et similia?
In quelli si annidano i pericoli, della iperfinanziarizzazione dell'economia.
Quindi si possono citare fino all'infinito gli indici di borsa, ma il problema grosso non sta lì.
Riccardo.
Caro Riccardo,
come detto le tabelle mostrano la correlazione tra andamento dei Pil e performances delle borse. Non indicano l'ammontare dei valori reale e nozionali transati nelle borse medesime.
Nelle borse si scommette e si spacciano (e come!) anche titoli derivati.
I dati pubblicati non tengono invece conto di quel che si muove sui mercati Over the Counter (OTC), o mercati grigi.
A quanto ammontano i volumi delle transazioni in derivati sui mercati Otc? A moltissimo.
ma ci torneremo.
Esatto. Questa è la contraddizione del sistema:
a) per andare avanti bisognerebbe riattivare la domanda quindi aumentare la quota salari
b) questo è inaccettabile per i dominanti perché sanno molto bene che la massa con il benessere economico tende a rivendicare la propria soggettività politica ossia quello che succedeva negli anni '70 e che le élites hanno cercato in tutti i modi di combattere (con successo). Tanto è vero che fu scritto un libro della Trilateral Commission nel 1975, The Crisis of Democracy con un saggio di Samuel Huntington in cui si sosteneva con decisione la necessità di limitare la democrazia
http://www.trilateral.org/download/doc/crisis_of_democracy.pdf
c) quindi l'unico modo per fare profitti senza alzare i salari è il capitalismo casinò ma questo porterà a delle bolle che prima o poi scoppieranno.
Il problema è quando si sveglieranno i cittadini e se mai si sveglieranno. La borsa che sale significa un sacco di soldi per la media borghesia che è il ceto che dà il tono dei risultati elettorali.
Se Fassina se ne va dal PD sarebbe un fatto importante ma si tratterebbe comunque di una fase intermedia perché in prima battuta i transfughi del PD cercherebbero una riedizione raffazzonata del consociativismo dei decenni scorsi imbarcando la stessa solita gente tipo Bindi, bersani e i sindacati che non farebbero che cercare il compromesso con i dominanti (di cui ambiscono solo ad essere i vassalli accreditati come intermediari presso il popolo).
Insomma non credo che ci sarà un botto e via; sarà piuttosto un lento sgretolarsi che durerà (temo) più di noi.Speriamo almeno di poter vedere qualche segnale forte e inequivocabile del cambiamento, così tanto per avere la soddisfazione.
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