Volentieri pubblichiamo ai lettori questo saggio di Mainardi, che sul fenomeno della "prima resistenza antifascista" dice non solo l'essenziale, ma la verità.
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“E quando
anche l’ultimo di noi non ci sarà più, se racconteranno altre storie, se
tenteranno di manipolare i fatti beh! Resistete per noi. Nessun passo indietro!
Toccherà a voi.”
Zaccaria Verucci –
Partigiano
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“Quando il
proletariato, ormai stanco di soffrire e di vedersi portar via tutto, costituì
quel magnifico organismo di difesa, che sono gli Arditi del Popolo, sorsero i
capi Confederali e gli autorevoli delle varie tendenze politiche riformiste, a
sconfessare quello che era lo spontaneo movimento proletario, determinato
dall’impellente bisogno di salvare almeno la vita.”
Guido Picelli – 1922.
Premessa
Il presente lavoro prende le mosse da quella fase storica degli
anni venti, chiamata “contro rivoluzione preventiva”, che dispiegherà tutta la
sua virulenza antiproletaria. Una fase storica voluta scientemente dalle classi
dirigenti e padronali per rivalsa nei confronti delle organizzazioni operaie,
dopo la sconfitta del biennio rosso e delle occupazioni delle fabbriche e delle
terre, nonché per l’affievolirsi di una possibile rivoluzione in Italia.
INTRODUZIONE
Al di là del dibattito storiografico sul fenomeno degli
Arditi del Popolo (che rimandiamo ai testi citati nella bibliografia
essenziale, vedi più sotto), una cosa va detta subito sottolineando una frase di un
antifascista, di un partigiano poi Presidente della Repubblica, Sandro Pertini:
“La Resistenza non ha inizio l’8
settembre 1943, bensì nel 1921.”
E tra gli iniziatori, per l’appunto, ci
furono gli Arditi del Popolo, un’organizzazione militante che si caratterizzò
per il suo antifascismo d’azione, per la sua trasversalità politica all’interno
del movimento proletario, per la sua rapida espansione e un nutrito consenso ma,
purtroppo, anche per il suo rapido declino.
Gli Arditi del Popolo furono i figli legittimi, ancorché
disconosciuti da tutti, di quel complesso laboratorio politico-sociale definito
diciannovismo entro il quale presero
forma il fascismo e il Biennio Rosso, l’autonomia operaia dei Consigli Operai
ma anche l’uso della forza quale nuova strategia politica, non episodica, in
una prospettiva rivoluzionaria.
Laboratorio che introdusse nuovi modi, nuove forme, nuove tecniche di azione e
comunicazione politica, rendendo protagoniste le masse. Il territorio, la
strada, la fabbrica, la piazza non più come manifestazione di rito ma come
azione diretta, di lotta, per interdire il nemico. Fenomeno che portò alla rottura
nei confronti di tutte le tradizioni politiche della democrazia borghese ma
anche del movimento operaio ufficiale e che preparerà il terreno, da lì a poco,
alla guerra civile tra fascismo e movimento proletario.
Un’organizzazione, gli Arditi del Popolo, che per le sue
caratteristiche di provenienza si attirò sospetti, accuse di ogni sorta, ma
che, soprattutto, fu abbandonata e ostracizzata nel momento in cui forse era
ancora possibile battere il fascismo.
Non vogliamo sposare, aprioristicamente,
determinate tesi interpretative storiografiche sul fenomeno dell’arditismo antifascista
(benché ci sembra di potere affermare che alcune non ne disconoscano altre), vogliamo
semplicemente ricordare un pezzo importante dell’antifascismo, poco conosciuto
e volutamente occultato, offrendo spunti di riflessione, ricerca e
approfondimento. A tal proposito, parafrasando una forte e diretta affermazione
di Del Carria, sembra venuto il momento di fare conoscere un antifascismo altro,
messo in ombra, al di là dei canoni della storiografia ufficiale. “Scrivere
la storia degli Arditi del Popolo vuol dire scrivere la storia dell’antifascismo
militante fuori dagli schemi della democrazia parlamentare borghese”. (in
Proletari senza rivoluzione Ed.
Savelli Milano 1975).
Significativo, sul fenomeno degli Arditi del Popolo, è ciò
che scrive Marco Rossi nel suo Arditi,
non gendarmi! (BFS Edizioni- Pisa) e che descrive la metodologia usata sia
dalla storiografia di destra sia dalla storiografia di sinistra,
nell’approcciarsi all’argomento:
Per la storiografia
legata alla Destra, nonostante i declamati ”revisionismi”, rimane inammissibile
che degli ex combattenti, per di più veterani dei Reparti d’Assalto, non solo
si sottrassero alla strumentalizzazione mussoliniana del loro disagio di
reduci, ma vi si opposero anche con le armi, contendendo al fascismo, assieme
alle bandiere nere, l’eredità “spirituale”dell’arditismo di guerra. Per gli
storici che si identificano con la Sinistra, seppure con qualche accento autocritico
per l’isolamento cui questa li condannò, gli Arditi del popolo restano un
fenomeno non compreso e guardato con sospetto sia per il loro passato
militarista sia per il carattere ”estremista” che assunse la loro azione.
Se gli Arditi
del Popolo ebbero un limitato “orizzonte politico” è pur vero che i dirigenti
del movimento operaio dell’epoca – fatta eccezione per Antonio Gramsci e pochi
altri – , dall’alto delle loro elaborazioni teoriche, non seppero valutare adeguatamente
il fenomeno fascista. Il nullismo dei socialisti riformisti e massimalisti impedì
di sfruttare il consenso di molti ex combattenti che, nel frattempo, si
avvicinavano al PSI. L’Avanti! nel 1919 scriverà: “ non per la giustizia si è combattuto, ma per gli interessi del
commercio britannico, per il petrolio, per le colonie: la guerra è la
continuazione dello sfruttamento con altri mezzi. … Solo i socialisti sono
puliti, poiché essi soli furono contro la guerra: la scheda socialista è la
sola che non sia macchiata di sangue” ma il pacifismo esasperato impedirà
la conquista strategica e politica degli ex combattenti; il settarismo del PCdI,
l’accondiscendenza di altre forze politiche – liberali e popolari – e istituzionali
diedero l’agio alla repressione di stato e al fascismo di vincere.
Fu consegnata
nelle mani di Mussolini, una considerevole massa di scontenti che poteva essere
conquistata, diversamente, alla rivoluzione proletaria. E allora all’organizzazione dell’arditismo
popolare va, comunque, riconosciuto il merito, di essere stata tra le prime ad
aver combattuto, quanto meno sul piano militare – con l’utilizzo della forza
per la difesa, il fascismo e in alcuni casi di avere vinto! A dimostrazione che una possibilità vi
era.
Argo Secondari, fondatore degli Arditi del Popolo |
LE ORIGINI – DALLA
TRINCEA ALLA PACE
Il movimento ardito popolare nasce in un momento in cui la
violenza fascista, ormai al soldo degli industriali e degli agrari, si dispiega
in un crescendo drammatico. Il movimento proletario, colpito da aggressioni,
lutti e massicci licenziamenti, non è organizzato in alcun modo, tranne casi
isolati. Versa in ritirata, è scompaginato, cade in depressione. Mentre le
squadre fasciste sono ben foraggiate, il movimento proletario è sulla difensiva.
Scriverà Giacinto Menotti Serrati: …….”Tutto
il basso fondo sociale si è armato di rivoltelle e di pugnale, di moschetti e
di bombe a mano, si è inquadrato, si è assoldato a venti-trenta lire al giorno
e vive della caccia al socialista…” (Lettera inviata a Jacques Mesnil il 28
aprile 1921). Anche i comunisti, sullo squadrismo fascista, scriveranno: “Lo Stato interviene, gli arresti in massa
spezzano la resistenza operaia. Anzi, il governo appoggia l’azione fascista
coll’imporre il disarmo delle due province emiliane. S’intende che a deporre le
armi è il solo proletariato nelle modeste stanze del quale carabinieri e
polizia frugano, battono, rompono…Lo Stato ritira in tal modo5000 fucili,
migliaia di rivoltelle, pugnali, baionette, munizioni, bombe, proiettili in
grande quantità. I fascisti hanno i loro depositi nelle ville dei signori, nei
magazzini militari, quindi restano armati, aumentano di prepotenza.”. (Documento
sequestrato al PCI dalla polizia nel 1923, dal titolo: ”La guerra civile
1919-1922). (in: “Storia del PCI” di Paolo Spriano, Vol.1 Da Bordiga a
Gramsci/Parte prima)
Gli Arditi del Popolo furono fondati, a Roma, dal tenente
dei reparti d’assalto, ardito e anarchico Argo Secondari, insieme ad altri
arditi. Essi nacquero dalla scissione dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia,
l’associazione di ex combattenti.
La maggioranza degli arditi di guerra proveniva dalle fila
dell’interventismo democratico, repubblicano e sindacalista-rivoluzionario; In
gran parte giovani del ceto medio piccolo borghese, che vedevano la guerra come
la giusta continuazione dell’ideale risorgimentale contro gli imperi centrali,
premessa a uno sconvolgimento rivoluzionario.
La parabola politica degli ex arditi di guerra, nel primo
dopo guerra, fu controversa e altalenante ma alla fine si risolse – soprattutto
per la svolta conservatrice e reazionaria del fascismo – con un deciso
schieramento di campo: quello proletario. Molti di essi furono fascisti
sansepolcristi della prima ora nell’immediato dopo guerra, dannunziani nel 20,
antifascisti nel 21.
Un periodo storico dove si svolge una ” ….parabola politica e umana compiuta da
migliaia di giovani - soprattutto piccolo borghesi per condizione sociale –
dall’interventismo rivoluzionario all’internazionalismo
proletario”(in E. Francescangeli: Arditi del Popolo. Argo Secondari e la
prima organizzazione antifascista 1917-1922. Ed. Odradek).
Personaggi illustri percorsero tale esperienza, tra questi
il Gramsci di “Neutralità attiva e operante” e coloro i quali divennero
successivamente capi della Resistenza: Nenni - fondatore peraltro nel 1919 a Bologna del Fascio di
combattimento - e Togliatti. Aspetto che
sta a dimostrare come il ribellismo del primo dopo guerra fosse difficilmente
classificabile, in assoluto, come fenomeno solo reazionario precursore del
fascismo. Percorso politico-
esistenziale che, con dovuti distinguo, troverà analogie nella generazione
antifascista successiva, quella degli anni quaranta: fascismo, resistenza,
liberazione.
ARDITI DEL POPOLO: LA NASCITA
Gli Arditi del Popolo nascono a Roma nel giugno del 1921
dopo essersi staccati dall’Associazione Nazionale Arditi d’Italia. L’obiettivo,
fin da subito, fu quello di contrastare le violenze dei fascisti sul loro
terreno. La loro apparizione fu accolta molto favorevolmente dal movimento
proletario vessato dallo squadrismo fascista. A onore del vero fin dall’inizio
del 21 si organizzano squadre antifasciste armate (Guardie rosse a Torino – già
protagoniste delle occupazioni delle fabbriche –, Lupi rossi e Figli di nessuno
a Genova, Arditi rossi) ma le stesse risultarono poco efficaci perché tra loro
isolate. Esse confluiranno in gran parte, dopo la fondazione, proprio negli
Arditi del Popolo. Anche il PCdI e la sua organizzazione giovanile nel febbraio
dello stesso anno progettarono la creazione di squadre paramilitari.
“Lavoratori! La sacra unione delle forze
lavoratrici, largamente rappresentata dagli ex combattenti è ormai un fatto
compiuto. Il movimento dei lavoratori esce dalla prova del fuoco ed esce
superbo, assolutamente inattaccabile dalle minoranze faziose e guerrafondaie.
Esso vuole intraprendere il compito di concordia ed intende fronteggiare con la
maestà delle sue forze ogni manipolo che con azione extra legale o legalizzata
tenti portare il subbuglio nell’organismo sociale od osi perpetrare lo stato di
guerriglia presente: strage ed esautoramento voluto dai poteri responsabili.
Mentre il Paese viene mantenuto a bella posta nel caos, la diplomazia, benché
sconfessata crea nuovi irredentismi e vi prepara nuove guerre obbligatorie.
Contro chi ha tentato monopolizzare i nostri sacrifici di 4 anni di guerra e
del dopoguerra, si erge in questi giorni tutta la maggioranza del popolo
italiano. Contro chi travisò il movimento dei combattenti e profanò per le
piazze e i nomi nostri più cari, contro chi ora cade nella sua stessa
perversità si leva tutta la gioventù combattente e incontaminata d’Italia.
Lavoratori! Contro la borghesia mandataria e fautrice di movimenti reazionari e
conservatori e che vanamente appoggiandosi ad una plutocrazia nazionale e
internazionale, nella sua stoltezza si aliena persino le simpatie delle forze
armate a sua difesa, contro la
borghesia capitalistica, sfruttatrice si levino ancora oggi tutti i lavoratori
del braccio e del pensiero. Combattenti, arditi del popolo! Riprendete la
marcia in avanti verso il destino immutabile, intraprendete la lotta per la
vita, per l’elevazione morale ed economica; lotta nazionale nei fini pratici,
internazionale come fine ideale. Vittoria a tale compito giusto e umanitario,
sarà immancabile.”
Un gruppo di Arditi. Roma. (Manifesto del 6 luglio 1921 che sancisce
la scelta di campo degli Arditi del Popolo, a fianco della classe lavoratrice e
a tutela delle sue istituzioni.)
Gli Arditi del Popolo sorsero in alcuni casi autonomamente,
in altri appoggiandosi alla Lega Proletaria (M.I.R.O.V. mutilati invalidi
reduci orfani vedove. Associazione di ex combattenti nata a Milano nel 1918, legata
alla Confederazione Generale del Lavoro e vicina al PSI; già sintesi, in nuce,
dell’auspicata unione tra fabbrica e trincea, tra combattentismo e movimento
operaio) e ad altre formazioni paramilitari già esistenti (Arditi Rossi). Anche
le Camere del Lavoro guidate da repubblicani e sindacalisti rivoluzionari
diedero un fattivo appoggio alla loro nascita. Comportamenti che mostrano come l’avvicinamento
tra combattenti e movimento operaio fosse una necessità per battere la reazione
già in corso. Necessità strategica che i dirigenti dei partiti di sinistra non
vollero e seppero capire.
La loro apparizione destò preoccupazione nel Governo Bonomi (Presidente
del Consiglio dal 4 luglio 1921 al 26 febbraio 1922, nonché ministro ad interim
degli Interni ed Esteri), in quanto metteva in forse l’idea di “patto di
pacificazione” tra socialisti (riformisti e massimalisti) e fascisti (patto che
collocava sullo stesso piano la violenza sempre più montante, sistematica, aggressiva
e antiproletaria dei fascisti e l’auto difesa delle organizzazioni proletarie),
che fu poi realmente siglato il 3 agosto 1921.
“sul serio parlare di
pacificazione tra gente che non ha altro programma che quel di incendiare,
bastonare ed uccidere ed altra che con la prima non ha altri rapporti che
quello d’essere martoriata. … Se i fascisti fossero sul serio intenzionati di
por fine alla guerriglia, non ci sarebbe bisogno di alcun trattato di pace.
Basterebbero smettessero di fare quel che fanno”(“Umanità Nova”, Dopo i
fatti di Sarzana 26 luglio 1921).
Il patto scellerato servì, in realtà, a lasciare mano libera
ai fascisti e consentire la repressione delle organizzazioni armate antifasciste,
da parte dello Stato. Uno Stato – anche nelle sue articolazioni repressive –
già agonizzante e soccombente di fronte al fascismo che però, tragicamente e
pericolosamente, manteneva il monopolio della violenza.
Il 6 luglio del 1921, un mese dopo la loro nascita, ci fu una
grande manifestazione antifascista all’Orto Botanico di Roma, organizzata dal
Comitato di difesa proletaria romano – CDP. Vi partecipano in massa gli Arditi
del Popolo ed è il loro battesimo ufficiale. L’Ordine Nuovo del 7 luglio, dal titolo “Imponente
manifestazione proletaria romana contro i delitti e le violenze del fascismo.
La sfilata degli Arditi del popolo” ne fa un dettagliato racconto:
Secondo le istruzioni
impartite dal Comitato di difesa proletaria, costituito dai rappresentanti
delle due Camere del Lavoro della capitale: quella confederale e quella
sindacale, e dai rappresentanti dei 4 partiti politici sovversivi: comunista,
socialista, repubblicano, libertario, l’intera massa operaia ha sospeso il lavoro
nel pomeriggio, per prendere parte alla manifestazione contro le violenze
fasciste e la reazione statale. Roma era come in stato d’assedio . Squadroni di
cavalleria manovravano per tenere sgombro il piazzale intorno al Colosseo.Tutti
gli sbocchi adiacenti erano sbarrati da fitti cordoni di guardie, dietro le
quali stavano immediato rincalzo altri cordoni di agenti. I centri strategici
romani sono stati pur essi fortemente presidiati. La truppa tutta consegnata.
Gli ufficiali sono rimasti in caserma ai loro posti di comando. La radunata è
stata imponente, indimenticabile: un monito veramente solenne al Governo e ai
suoi complici. Prima ancora dell’ora fissata per il comizio, numerosi gruppi di
operai affollano la sede della Camera del Lavoro e le vie adiacenti. Altri
proletari attendono numerosi stesi sotto gli alberi dell’Orto Botanico. Intanto
giungono nuovi operai, cosicché il verde dei prati scompare sotto una massa
bruna illuminata dal sole che fa risaltare i drappi rossi. Ad un tratto scoppia
un grande entusiastico applauso con grida di evviva. Sono gli arditi del
popolo, militarmente inquadrati al
comando di Argo Secondari, che giungono al comizio. E’impossibile dire quanti
essi siano. Certo superano il migliaio e la loro apparizione produce non poca
impressione. Gli arditi del popolo marciano
al passo militarmente, agli ordini dei capicenturia. Gli arditi del popolo portano a spalla nodosi randelli e vere
clave di legno grossolanamente foggiate. Questi arditi sono uomini di tutte le
età, vi sono giovani imberbi e vecchi coi capelli bianchi: tutti visi risoluti.
I comizianti assistono alla sfilata e alla manovra dei plotoni, plaudendo e
acclamando “Viva gli arditi del popolo!”
Anche la Pravda del 10 luglio pubblica un articolo sulla
manifestazione romana. Lenin, già in polemica con i dirigenti del PCdI, ne fu
colpito favorevolmente e suggerì che quello era l’esempio da seguire.
A Roma –afferma il dirigente bolscevico – ha
avuto luogo un comizio per organizzare la lotta contro il fascismo, al quale
hanno partecipato 50 mila operai, rappresentanti di tutti i partiti: comunisti,
socialisti ed anche repubblicani. Vi sono andati 5 mila ex combattenti in
uniforme militare, non un solo fascista si è azzardato a farsi vedere nelle
strade (in E. Francescangeli).
Il 14 agosto L’Ordine Nuovo di Gramsci, molto vicino agli
Arditi del Popolo, pubblica un appello dell’Internazionale Comunista, che guarda
con favorevole interesse il fenomeno dell’arditismo popolare e che indica come
esempio da seguire verso il fronte unico,
auspicato proprio dall’internazionale stessa.
Nel momento in cui le
guardie bianche ed i socialisti strettamente uniti vogliono procedere al
disarmo dei lavoratori, i proletari di Roma danno il segnale della rivolta. Le
eroiche vittime di Grosseto, sulle quali il nostro pensiero si sofferma sempre
con ammirazione, hanno fecondato il nostro ardore con il loro sangue. Le decine
di migliaia di lavoratori pronti all’ azione riuniti nell’Orto Botanico a
Roma….mostrano la via al proletariato italiano (in E. Francescangeli).
Pure gli anarchici videro di buon grado l’esordio degli
Arditi del Popolo: “sapevamo che l’ora
della rivincita non poteva tardare ed ecco arrivato il segno indubbio di un
risveglio della coscienza popolare per un’azione concorde di difesa e di offesa
rivoluzionaria”(Umanità Nova, Il
significato di una manifestazione, 9 luglio 1921).
Immediatamente gli Arditi del Popolo,
attivando una capillare rete di collegamento, si diffusero su tutto il
territorio nazionale, pur mantenendo il centro nella capitale. L’organizzazione
si regge su autofinanziamenti sottoscritti dagli stessi militanti. Le sezioni che si formano sul territorio
nazionale mettono in evidenza la prevalenza politica del luogo: senz’altro militanti
della classe operaia e sovversivi e tra essi anarchici, comunisti, socialisti
terzini, repubblicani, sindacalisti rivoluzionari e perfino, in alcune zone,
popolari. L’eterogeneità dei militanti mostra la caratteristica fondamentale
dell’associazione: ciò che tiene insieme queste persone non è il fattore
politico-ideologico ma quello sociale di appartenenza ad una ben determinata classe.
Le prime azioni militari vittoriose contro i fascisti, come le
difese di Viterbo (10-11-12 luglio 1921) e Sarzana (17-18-21 luglio 1921),
ingrossarono le fila degli arditi, dimostrando concretamente che le sconfitte
dei fascisti si ebbero laddove movimento operaio e combattentismo
rivoluzionario unirono i loro sforzi per fare “guerra alla guerra con la guerra”.
I luoghi che si opposero con successo allo squadrismo
fascista, usando energicamente la forza, furono quelli dove forte era il
proletariato portuale (Livorno, Genova, Piombino, Civitavecchia) e in quelle località
(Parma, Ancona, Sarzana, Viterbo, Bari) dove vive sono le tradizioni anarchiche,
sindacaliste rivoluzionarie e combattentistiche antifasciste, dove in pratica
viene organizzata una intelligente unità del proletariato, senza pregiudizi e
settarismi nei confronti di coloro i quali vogliono battersi contro la
reazione. Per essere più espliciti, laddove queste compagini batterono lo
squadrismo fascista è perché si organizzò una vera e propria resistenza di
popolo, guidata dall’unità politico-militare di tutte le componenti
rivoluzionarie, comprese quelle combattentistiche. Ad esempio la vittoria delle
cinque giornate di Parma nell’agosto del 1922, a fascismo già vittorioso, si
rese possibile per le capacità militari messe a disposizione da ex combattenti e
per una genuina mobilitazione di popolo, dove l’uso della forza rispondeva non
solo a “parole d’ordine insurrezionali” ma rientrava in un piano politico
organizzativo reale e condiviso da tutto il movimento di resistenza, dove si
capì che l’arma dello sciopero generale era ormai spuntata contro chi devastava
e uccideva per la conquista del potere.
Ma gli Arditi del Popolo non ricevettero sostegno alcuno da
parte dei maggiori dirigenti della sinistra istituzionale dell’epoca. Inoltre dovettero fronteggiare la repressione
di tutti gli apparati dello Stato.
Il PSI diviso tra tradizione pacifista e il “si fa come in
Russia”e sempre in attesa di un bell’e pronto Sol dell’Avvenire, non ponendosi
il problema di una difesa militare né delle proprie strutture né di quelle
sindacali, oltre ad avere scelto l’inutile linea di resistenza passiva fidando
nell’intervento dello Stato, firmando il Patto di pacificazione, dichiarava –
ancor prima della firma – la propria estraneità nei confronti degli Arditi del
Popolo.
Sconcertante è quello che riuscì a dire Filippo Turati nel
bel mezzo delle aggressioni fasciste: “Non
raccogliete le provocazioni, non fornite loro pretesti, non rispondete alle
ingiurie, siate buoni, siate pazienti, siate santi. Lo foste per millenni, siatelo
ancora. Tollerate, compatite, perdonate anche. Quanto meno mediterete vendetta,
tanto più sarete vendicati. E coloro che scatenano sopra di voi l’obbrobrio del
terrore, temeranno dell’opera propria ” ( Messaggio di Turati ai contadini
pugliesi, “Avanti!” 4 maggio 1921).
Il dramma era compiuto. Nel 1936, Emilio Lussu (ex ufficiale
della Brigata Sassari, organizzatore nel 21 nel cagliaritano, delle camicie
grigie, squadre antifasciste di ex combattenti), studioso dell’arte
dell’insurrezione, dopo aver analizzato i fatti che portarono al potere il
fascismo e quelli a lui contemporanei, profeticamente scrisse: “E il proletariato italiano, oggi,
all’infuori della violenza, non potrà disporre di altri mezzi per la conquista
del potere. Quanti pensano, creando combinazioni di stile parlamentare, di
accelerare il processo di dissolvimento del fascismo, involontariamente non
fanno che prolungarlo. Contro il fascismo italiano non v’è, in prima linea, che
una classe: il proletariato; che una tattica: la rivoluzionaria” (in E.
Lussu: “Teoria dell’insurrezione” Ed. Gwynplaine).
Solo la frazione terzinternazionalista socialista (i
terzini), composta da ex sindacalisti rivoluzionari ex ufficiali e da tutti
quelli che aderiranno al PCdI – tra essi Guido Picelli (organizzatore, insieme
ad altri, della battaglia di Parma), continuerà ad appoggiare l’arditismo
popolare, partecipandovi attivamente. Paradossalmente i socialisti terzini furono
in sintonia con l’Internazionale comunista e in contrasto con il PCdI.
Anche il neonato PCdI sotto la direzione di Amedeo Bordiga,
pur convinto di opporre forza alla forza, sancì che la difesa proletaria doveva
essere esclusivamente compito del partito, definendo gli arditi avventurieri,
“nittiani”(Francesco Saverio Nitti
uomo politico italiano, eterno rivale di Giovanni Giolitti), nonché potenziali
nemici. Il partito ordinò a tutti i comunisti di uscire dall’organizzazione
ardito popolare e inquadrarsi nelle Squadre Comuniste d’Azione, da crearsi –
con scarsità di risorse – ex novo. Per ironia della sorte in diverse
sezioni degli Arditi del Popolo i militanti comunisti erano la maggioranza
degli iscritti. Per essi non ebbe senso abbandonare un’organizzazione avviata e
attiva per costruirne una nuova. Rincarando la dose, invece, dirigenti di
spicco del partito diffusero il sospetto che gli Arditi del Popolo fossero
agenti provocatori appoggiati dai nittiani, più in chiave anti-Giolitti che in
quella antifascista. Non tutti obbedirono agli ordini, molti militanti
comunisti rimasero nell’organizzazione, mentre l’Ordine Nuovo di Gramsci, in un
primo momento, continuò ad appoggiare il fenomeno degli Arditi del Popolo. In
seguito il PCdI normalizzò forzatamente la situazione (minacciando espulsioni),
attirandosi le critiche di settarismo da parte dell’Internazionale Comunista.
Vale la pena riportare ciò che scriverà Bucharin a Grieco
alla fine di gennaio del 1922, sulla miopia del PCdI nei confronti degli Arditi
del Popolo, accusati di essere nittiani:
….agli inizi avevamo a
che fare con un’organizzazione (gli Arditi del Popolo, n.d.r.) di massa proletaria e in parte piccolo
borghese che si ribellava spontaneamente contro il terrorismo fascista di
Giolitti. A questo punto arriva Nitti con il suo seguito e – in assenza di un
genuino capo popolo – si impadronisce del movimento. Dove erano dunque i capi
effettivi della massa operaia? Dove erano in quel momento i comunisti? Erano
occupati a esaminare con una lente di ingrandimento il movimento per decidere
se era sufficientemente marxista e conforme al programma? Non lo crediamo. Ci
pare piuttosto che il nostro giovane PCI in quel momento era troppo debole per
potere dominare questo movimento
spontaneo. Può sorgere il dubbio che la posizione pedantesca, di principio, del
partito di fronte al movimento degli “Arditi del Popolo” fosse causata da
quella debolezza…. ( in E. Francescangeli).
Sulla “pretestuosa purezza” ideologica del PCdI, Bucharin,
facendo riferimento alla rivoluzione dell’ottobre del 1905 (sottolineando l’eterogeneità delle forze che vi
parteciparono) e considerando l’arditismo antifascista come espressione di
interessi comuni tra proletariato
e ceto medio rivoluzionario non assuefatto alla reazione, conclude ironicamente
scrivendo:
“Per il nostro
movimento è sempre più vantaggioso compiere errori con la massa che lontano
dalla massa, racchiusi nella cerchia ristretta dei dirigenti di partito,
affermare la nostra castità per principio” (in E. Francescangeli).
A testimonianza della miopia assunta dai vertici del partito,
un mese prima della marcia su Roma, sull’Ordine Nuovo del 28 settembre 1922, in
opposizione alle direttive del PCdI, apparve il seguente appello: “ E’ necessario che i lavoratori, non si
facciano delle illusioni. I comunisti sono disposti a combattere e lo hanno
dimostrato ormai in troppe occasioni perché ciò possa essere messo in dubbio.
Ma tuttavia senza l’intervento delle grandi masse la forza dei comunisti
sarebbe infine certamente sopraffatta da quella di migliaia di fascisti giunti
dalle altre regioni e protetti e aiutati dall’autorità statale. I comunisti
possono, da soli, salvare il loro partito……ma non possono, da soli, difendere
tutto il proletariato…” (in Storia degli Arditi del Popolo di A. Ceste e G.
Torri Ed. Savelli). Ma ormai i giochi erano fatti.
Socialisti e comunisti, chi prima chi dopo e con motivazioni
diverse, respinsero l’alleanza tra movimento operaio e gli strati più
agguerriti della media e piccola borghesia rappresentata dai combattenti. Non
vollero capire che voler fare la rivoluzione significa coinvolgere tutte le
classi della società e che essa è, come diceva Lenin, “un fiume in piena che raccoglie mille rivoli”. Soprattutto il PCdI
non capì che per fare la rivoluzione doveva conquistare la massa del
proletariato, avere una forza armata preparata e agguerrita, sfruttare le
contraddizioni della borghesia e allearsi con il ceto medio rivoluzionario –
avverso al fascismo – degli ex combattenti del dopo guerra.
Altre forze della cosiddetta sinistra interventista (repubblicani,
legionari fiumani antifascisti, sindacalisti rivoluzionari), pur senza divieti
draconiani nei confronti dell’arditismo popolare, scelsero di dotarsi di proprie
forze di difesa (Avanguardie repubblicane e Squadre d’azione repubblicane i
repubblicani, Legione arditi proletari “Filippo Corridoni” i sindacalisti
rivoluzionari e legionari fiumani antifa).
Contrariamente a quanto fecero i maggiori partiti del
movimento operaio gli anarchici, nel dopo guerra, non persero i contatti con la
massa degli ex combattenti e, seppure in posizione critica, neppure con gli ex
legionari fiumani, considerati preziosi alleati in vista dell’auspicata
rivoluzione proletaria:
“durante la guerra
foste gli inconsapevoli strumenti del capitalismo internazionale: credeste di combattere
per la guerra democratica, per la Società delle Nazioni ecc. ecc. ma come
potete constatare nessuna delle
promesse fatte in tempo di guerra è stata mantenuta. Riproduzione articolo de Il Libertario pag 215 e
216 Noi non deridiamo il vostro sacrificio,
ma appunto perciò ci teniamo ad illuminarvi, onde cessiate di essere lo
zimbello di una truffa senza precedenti nella storia; appunto perciò vi
incitiamo a cancellare per altra via, e cioè unendovi alle classi operaie, ciò
che invano avete atteso dall’opera dei governanti. Aiutateci a fondare la
società degli uomini liberi di tutte le patrie, affratellati nel lavoro e nel
godimento dei frutti del lavoro. Sarà questo il degno coronamento dei duri sacrifici
impostivi dalla guerra.
Fate
che la truffa di cui foste vittime, si ritorca contro i vostri nemici.
Pace, pace fra gli oppressi.
Guerra,
guerra all’oppressore!”
(Il Libertario Gli ex-combattenti, in Luigi Balsamini: Gli Arditi del
Popolo Ed. Galzerano editore.)
Gli anarchici dell’USI (Unione Sindacale Italiana) e
dell’UAI (Unione Anarchica Italiana), insieme a Errico Malatesta, che si spese
molto in loro favore, sostennero apertamente dall’inizio alla fine gli Arditi
del Popolo, pur su posizioni diverse e di piena autonomia e nonostante lo
spiccato antimilitarismo libertario.
“sono sorti in piedi,
spinti da un generoso sentimento di solidarietà verso i fratelli lavoratori,
sdegnati per lo scempio che si sta facendo di tutte le conquiste ottenute dal
popolo in tanti anni di sacrificio e martirio, nauseati pel mercimonio osceno,
per le turpitudini che si commettono in nome di quell’Italia alla quale essi
hanno dato i giorni migliori della loro balda giovinezza, il sangue delle loro
vene, il sudore delle loro fronti. Il loro gesto simpatico e virile ha avuto
una eco in tutti i cuori dei lavoratori, ha suscitato l’entusiasmo delle masse,
ha rinfrancato gli animi fiaccati da tante bassezze e da tante delusioni..
Siamo convinti che nell’ora attuale questa organizzazione è una necessità;
siccome non vediamo altro mezzo di difesa da opporre validamente alla guardia
bianca instaurata della reazione imperante, plaudiamo senza reticenze a questi
valorosi Arditi del popolo ed esortiamo i compagni ad affratellarsi con essi, a
combattere in quelle file in difesa della libertà della vita umana. Evviva gli
Arditi del popolo” (Il Libertario del 21 luglio 1921, in A. Staid: Gli
Arditi del Popolo. Ed . La Rivolta).
La componente
anarchica nell’arditismo popolare fu preponderante in alcune zone del
territorio nazionale e considererà la collaborazione con esso come la necessità
storica di un fronte unico contro la reazione e il nemico di classe. Occorreva,
come scrisse Malatesta, una “resistenza
energica, metodica, organizzata contro la violenza avversaria” .
“in sostanza…tutti
concordano nel considerare simpaticamente questo movimento che non può essere anarchico
ma neanche avversario degli anarchici finché non vi siano ragioni
plausibili.”
Il consiglio generale
dell’UAI (adunato in Roma il 14-15 agosto) senza entrare in merito all’organizzazione interna degli Arditi del
popolo, che è indipendente e autonoma di fronte a tutti i partiti, e quindi
anche di fronte all’UAI; esprime la sua simpatia e riconoscenza per l’opera di
difesa da essi compiuta a vantaggio delle libertà proletarie e popolari; ed
augura loro di restare immuni da ogni infiltrazione di borghesi e politicanti,
sempre vigili in difesa della libertà e della giustizia” (Roma -Consiglio
generale dell’Unione Anarchica Italiana “ Umanità Nova” del 19 agosto 1921, in
A. Staid).
Anche in questo caso, pur partendo da presupposti
rivoluzionari diversi, a differenza dei comunisti italiani, gli anarchici
sostennero una tesi simile, fin dal 1920, a quella caldeggiata successivamente dall’Internazionale
comunista.
“ i gruppi anarchici, che sono rivoluzionari, devono
fiancheggiare, facilitare, sussidiare con i propri mezzi l’opera degli
specialisti gruppi d’azione; svolgere una propaganda che crei intorno a questi
l’atmosfera più favorevole possibile; criticarne qualche errore eventuale in
modo di non screditarne o ostacolarne l’attività in generale, svolgere la propria
attività di partito, di critica e di polemica, in modo da evitare risentimenti,
collere fra le varie fazioni operaie, ma orientarle tutte contro la borghesia e
lo stato; essere a disposizione dei gruppi d’azione per aiutarli ogni volta che
ve ne fosse necessità. A lotta iniziata, i gruppi anarchici parteciperanno
all’azione perché questa azione si svolga quanto più rivoluzionariamente e liberamente è possibile, in modo di
espropriare al più presto i capitalisti ed esautorare ogni governo; vecchio o nuovo
che sia (Unione Anarchica Italiana, Il fronte unico rivoluzionario.
Relazione sui rapporti del movimento anarchico con le altre forze sovversive e
rivoluzionarie. Il congresso nazionale a Bologna, 1-2-3-4 luglio 1920, Bologna
1920, in A. Staid).
Dopo il riallineamento al partito da parte di Gramsci e
dell’Ordine Nuovo, il quotidiano anarchico “Umanità Nova” fu quello che perorò
la causa degli Arditi del Popolo, difendendoli dalla repressione dello Stato e
dei fascisti, fino alla loro scomparsa nel 1922. Gli anarchici stessi,
peraltro, costituirono a Roma nell’ottobre 1922, il 1° Battaglione Arditi
anarchici.
“L’ottimo, dice il
proverbio, è nemico del buono: si faccia come si può, se non si può fare come
si vorrebbe, ma si faccia. Da soli non possiamo debellare il fascismo e anche
meno battere le istituzioni. Dunque, o unirsi a coloro che, pur non essendo
anarchici, hanno comuni con noi gli scopi immediati, o lasciare che i fascisti
continuino, colla complicità del governo, a tiranneggiare l’Italia, e che la
monarchia regni indisturbata” (Enrico Malatesta
in “Umanità Nova”del 25 giugno 1922, “Il dovere dell’ora” , in A. Staid).
STRUTTURA E COMPOSIZIONE
La struttura degli Arditi del Popolo era di tipo
prevalentemente militare e militante; forza agile per interventi rapidi e di
massima potenza laddove ve ne fosse bisogno, controllo del territorio con marce
pubbliche, pattugliamento e identificazione degli elementi ritenuti fascisti,
milizia di quartiere e di rione. Molto praticate le tecniche militari,
acquisite durante la guerra: guerra di movimento sia d’attacco e rappresaglia,
sia difensiva.
L’organizzazione interna dell’associazione ricalcava, naturalmente,
quella militare: battaglioni, compagnie (dette anche centurie), squadre ed era
supportata da reparti ciclisti che avevano il compito di tenere i collegamenti
tra le formazioni e il comando. Non mancavano le esercitazioni sul campo che
prevedevano anche l’utilizzo delle poche armi in dotazione.
I simboli dell’arditismo popolare provenivano dall’arditismo
militare: teschio con corona d’alloro e pugnale tra i denti (orbite e pugnale
di colore rosso per distinguerlo da quello usato dagli squadristi fascisti),
gladio con foglie di alloro e quercia, la scritta “A noi!”. Simboli e motti,
tra i molti, usurpati successivamente dal fascismo. Da segnalare che altre
milizie antifasciste – ad esempio quelle comuniste romane – indossavano la camicia nera sulla quale
era cucito un teschio di filo d’argento. Molti arditi del popolo usavano il
saluto “A noi!” col pugno chiuso.
Come abbiamo visto all’organizzazione antifascista aderirono
militanti dei partiti operai, sovversivi “senza partito”, anarchici, socialisti
“terzini”, repubblicani, sindacalisti-rivoluzionari e soprattutto comunisti,
nonostante le direttive contrarie del partito. Per questo motivo il profilo
sociale degli aderenti, in breve tempo, cambiò. Prese una connotazione
prevalentemente proletaria e di classe e ne fecero parte: ferrovieri, operai
delle ferrovie, operai metalmeccanici, braccianti agricoli, operai dei cantieri
navali, operai edili, postelegrafonici, tramvieri, contadini. Anche impiegati,
pubblicisti, studenti, artigiani e qualche libero professionista diedero il
loro contributo. Molti avevano svolto il servizio militare o combattuto in
guerra (anche nei reparti d’assalto), alcuni con il grado di ufficiale; numerosi
i giovani che non avevano fatto il servizio militare. A Roma perfino alcune
guardie regie, ex arditi, aderirono brevemente all’organizzazione antifascista.
Gli Arditi del Popolo ebbero un loro organo di stampa,
“L’Ardito del popolo”, che uscì saltuariamente e in pochi numeri, mentre
“Umanità Nova”, giornale degli anarchici e molto diffuso, pubblicò sempre
comunicati manifesti e appelli dell’organizzazione.
Gli Arditi del Popolo vissero per poco più di un anno, dal
giugno-luglio 1921 all’ottobre 1922, fino alla marcia su Roma. Con la nascita dell’Alleanza del Lavoro
nel febbraio del 1922 in alcune zone l’organizzazione ne divenne la milizia
irregolare, in altri casi opererà congiuntamente con le Squadre d’azione
comuniste. Alcune sezioni,
continuarono dopo tale periodo in completa clandestinità, fino al loro definitivo
scioglimento. Il fascio continuò a
temerli. Ancora nel giugno del 1924, dopo l’uccisione di Matteotti, molti
Arditi del Popolo erano pronti ad agire a Roma ma gli aventiniani non diedero
mai l’ordine per l’insurrezione armata.
L'eroica resistenza di Parma |
DONNE ARDITISMO E ANTIFASCISMO
L’argomento è ancora tutto da scoprire ma gli archivi
storici indicano che anche la componente femminile fu attiva nel primo
antifascismo. Quel periodo rappresentò, per le donne, una doppia battaglia, la
prima per la loro emancipazione, la seconda per affermare la loro
consapevolezza politica, in una società essenzialmente conservatrice e
maschilista. Esse parteciparono
attivamente al movimento antifascista e numerose caddero per mano dei fascisti.
A Trieste fu operativo un raggruppamento di Ardite Rosse, mentre viene
segnalata a Torino una componente femminile negli Arditi del Popolo.
I fascisti si meravigliarono non poco di trovarsi di fronte
delle donne come avversarie politiche:
non più angeli del focolare, mogli, madri ma belve! Le violenze subite dalle donne furono
eguagliabili per cruenza a quelle inflitte agli uomini. La prima vittima donna
fu Teresa Galli, operaia e sovversiva, uccisa negli scontri che portarono alla
devastazione dell’Avanti! milanese,
il 15 aprile 1919. Tra il 1919 e
la presa del potere del fascismo, le donne si batterono nelle organizzazioni di
sinistra o nel movimento fiumano e furono presenti a tutti i momenti decisivi e
di massa.
Politicamente decise, molte di loro furono lungimiranti. Ad
esempio, le donne socialiste furono risolute, sopravanzando i dirigenti maschi
del partito nel censurare la condotta di resistenza passiva, che non faceva
altro che rafforzare gli squadristi. Le donne non si tirarono indietro negli
scontri e non si fecero intimorire. Gli stessi fascisti lo confermarono, senza
mancare di esternare, ovviamente, il loro disprezzo assoluto definendole per
questo streghe, megere e prostitute.
ARDITI DEL POPOLO E RESISTENZA.
CONTINUITA’ IDEALE
Identificare tout court il movimento ardito popolare con la
Resistenza è cosa assai ardua, tuttavia un fil rouge semi nascosto esiste. Lo
si può ritrovare nell’opposizione vigorosa e militare alla sopraffazione
fascista e dello Stato e nella continuazione della lotta di quegli uomini, ex
arditi del popolo, che combatterono per la libertà sulle barricate della
Resistenza. Se vi fu una
continuità ideale dell’antifascismo tra l’arditismo popolare e Resistenza, esso
ebbe senz’altro significati diversi per composizione e obiettivi politici e
sociali. L’arditismo antifascista fu un fenomeno tendenzialmente di classe, che
agì manu militari contro lo
squadrismo fascista all’interno di uno scontro tra movimento operaio e borghesia,
nella strenua difesa di diritti, libertà democratiche e conquiste economiche
del proletariato. Diritti e libertà conquistati con sacrifici e lotte, negli
anni precedenti. L’arditismo ebbe come nemico anche quella società liberale (che
andava dai socialriformisti di Bonomi ai nazionalisti), che prima favorì
l’ascesa del fascismo e poi con esso ne fu ampiamente colluso. Quello stesso mondo
che, vent’anni dopo, ritroveremo nel campo resistenziale; un mondo che sapeva già in anticipo che,
tolto di mezzo il fascismo, doveva riorganizzare lo Stato nella continuità e
che per questo motivo doveva salvare le vecchie burocrazie e i vecchi poteri
istituzionali per arrivare alla repubblica ma impedendo alle sinistre di
prendere il potere. Per questo mondo la Resistenza fu un semplice intermezzo da
inibire immediatamente. A conferma
di ciò, Bonomi, capo del governo e filofascista nel 1921, lo ritroveremo quale
presidente del Comitato di Liberazione Nazionale, presidente del Consiglio dopo
la liberazione di Roma e primo presidente del Senato della Repubblica.
La Resistenza nel contesto storico e internazionale in cui
agì ebbe come priorità, senz’altro, la lotta di liberazione nazionale cui fece
seguito, però, l’affermarsi di un ordinamento democratico a carattere
interclassista. Essa, infatti, ebbe senz’altro due anime, una filo
anglo-americana moderata/democratica che fu prevalente, l’altra – per la “patria socialista” – socialista,
comunista azionista, libertaria anarchica – favorevole invece a un cambiamento
radicale, sia sociale sia politico. In questa seconda compagine va collocata la
continuità ideale tra l’arditismo antifascista e la Resistenza.
Molti arditi antifascisti continuarono a combattere il
fascismo prima in clandestinità, poi in Spagna tra le formazioni garibaldine e
anarchiche (si costituì addirittura un battaglione di volontari che
esplicitamente si rifaceva all’arditismo popolare chiamato Battallon de la
Muerte /Centuria Malatesta) e successivamente nella Resistenza. Durante la
lotta partigiana molte formazioni – comuniste e anarchiche – si diedero il nome
di Arditi del Popolo. Tra queste quella del gappista romano Antonello
Trombadori. Lelio Basso, socialista di sinistra e responsabile del Fronte
proletario rivoluzionario, propose che le bande partigiane si chiamassero, “Arditi del Popolo”, mentre il giornale
del FPR, Bandiera Rossa, invitava alla costituzione di “squadre di Arditi del
Popolo decise a combattere per l’instaurazione e la difesa della repubblica
socialista”(in A. Peregalli: L’altra Resistenza Ed. Graphos).
CONCLUSIONI
Al termine di questo percorso storico vale la pena porsi tre
domande e darsi possibili risposte, nel tentativo di chiarire le complessità dell’arditismo
antifascista.
Perché gli Arditi del Popolo hanno avuto, in un così breve
periodo, un ampio consenso?
·
Perché, pur nati nel variegato solco del diciannovismo, combatterono lo
squadrismo fascista sullo stesso piano militare.
·
Perché riuscirono laddove socialisti e comunisti
fallirono: unirono organicamente ex combattenti dei reparti d’assalto e
movimento operaio in un fronte antifascista, dando forma all’idea mito del combattente
proletario, del soldato del popolo, dell’esercito rosso proletario (Guido
Picelli in ”L’Ardito del popolo” del 1 ottobre 1922).
·
Perché furono trasversali a tutte quelle forze
della sinistra proletaria: anarchici, socialisti, comunisti, sindacalisti
rivoluzionari, repubblicani.
·
Perché ebbero il più ampio consenso dalle basi
dei partiti proletari.
·
Perché praticarono sul campo, senza fumose
alchimie compromissorie, quel fronte unico di azione diretta, auspicato
dall’Internazionale comunista e dagli anarchici.
Perché gli
Arditi del Popolo furono sconfitti?
·
Per la mancanza di “raffinatezza politica”, in
quanto eredi di quella parte del diciannovismo
post bellico che però si schierò decisamente nel campo dell’antifascismo.
·
Per non avere avuto un progetto politico forte
di ampio respiro ma per avere puntato
tutto sull’aspetto militare a difesa del movimento proletario aggredito
dallo squadrismo fascista.
·
Per divergenze interne all’organizzazione e
l’allontanamento di Secondari.
·
Per essere stati ostacolati, abbandonati,
ostracizzati dal PSI e PCdI.
·
Per la mancanza di un giusto equilibrio, a
sinistra, tra pacifismo e utilizzo della forza quando si viene aggrediti.
·
Per il Patto di pacificazione siglato tra
socialisti e fascisti.
·
Per la repressione dello Stato (D.L. del 2
ottobre 1921 sul disarmo dei cittadini e applicazione unilaterale del codice
penale).
·
Per la virulenta azione squadristica dei
fascisti.
Perché gli Arditi del Popolo sono stati
dimenticati nel secondo dopoguerra?
·
Perché l’antifascismo ufficiale avrebbe dovuto
ammettere la sua incapacità nell’analisi del fascismo e dei suoi metodi
violenti, nonché l’aperta collusione di liberali, cattolici, nazionalisti con
il fascismo stesso.
·
Perché si doveva ammettere apertamente che la
Resistenza non fu un blocco omogeneo ma fu distinta in due parti per nulla
convergenti negli obiettivi finali.
·
Perché significava scrivere una contro-storia
dell’antifascismo fuori dagli schemi storici e politici a priori stabiliti dai
partiti “dell’arco costituzionale”.
·
Perché è stato lasciato irrisolto, in quel
frangente storico, il che fare?
quando l’avversario si arma e si avvale anche della violenza delle istituzioni e
per non avere usato, per tempo, la forza contro il fascismo.
·
Perché la sinistra è rimasta sorda di fronte
alla necessità del fronte unito, auspicato dall’Internazionale comunista e
dagli anarchici.
·
Perché significava ammettere l’enorme contributo
dato dagli anarchici, dall’inizio alla fine, all’esperienza
ardito-popolare.
Per dirla con Arnaldo Lippi, ex ardito del popolo di Terni: “Questi arditi del popolo, che non l’ha
voluti riconoscere nemmeno il governo nella legge a tutela degli antifascisti,
sono stati i primi, autentici identificatori che hanno interpretato in senso giusto la svolta reazionaria
nel nostro paese. Erano i grandi protestatari, l’iniziatori d’un nuovo, che i
vecchi non vedevano” (Alessandro Portelli – Biografia di una città. Storia
e racconto: Terni 1830-1985 Ed. Einaudi ).
Una sorte che segnerà anche il combattentismo sovversivo antifascista europeo degli anni venti: tra
esso, la Roter Frontkamperbund tedesca e il Front Rouge francese.
Si dovranno attendere gli anni Settanta per vedere
rivalutato il fenomeno degli Arditi del Popolo quale esempio militante di
antifascismo d’azione contro la rinascita dello squadrismo neofascista, strumento
del golpismo e dello stragismo di
stato.
Gli Arditi del Popolo furono compagine antiborghese e
sovversiva, un movimento di classe, anche se al di fuori dagli schemi classici
dell’ortodossia marxista, “ ribelli combattenti
di strada” con obiettivi politici poco definiti e articolati. Ciò non toglie,
però, che furono tra i primi che si risolsero contro il fascismo con l’azione
diretta. Poco importa stabilire che gli Arditi del Popolo non affondavano le
loro radici nel movimento operaio ma nel combattentismo rivoluzionario, quel
che conta è che ben presto s’integrarono in esso a pieno titolo divenendone,
prima di altri, milizia armata a sua difesa. Certamente un fenomeno eterodosso
rispetto alle “purezze ideologiche” politiche, vecchie e nuove, dell’epoca.
Arditi!
Getto il petardo
dell’adunata.
In quest’ora livida di
raffiche e torbida di avvenimenti, lancio il nostro grido “all’erta”.
L’Ardito che ha
l’iniziativa radicata nell’animo, ha atteso pazientemente appartato e adesso
vede il suo momento propizio. Eccoci qua alfine in piedi; restammo nell’ombra,
pensatori di un sogno sconfinato, ma ora sorgiamo tremendi e ammonitori verso
chi ci insediò lungamente.
Eravamo nelle nostre
case, ai nostri lavori, alla sanità della vita, sentimmo sulla piazza rumor di
conflitti, udimmo individui immeritevoli fare un monopolio del nostro nome
luminoso. Come fummo Arditi in battaglia, Arditi nei compiti civili, con
l’istinto insofferente radicato nell’animo, noi siamo sempre i ribelli. Il
sovversivismo, con la sua amara ebbrezza, ci istiga ad assumerci il grave compito
di una morale di resurrezione ed emancipazione.
Possiamo serrare
adesso le nostre file, forti del nostro pensiero e sicuri del nostro braccio di
lavoratori. Il campo è ormai ben
delineato e diviso: lavoratori da un lato, parassiti, energumeni ed
aggressori dall’altro. Ebbene: i
lavoratori sono fermamente decisi a non lasciarsi più oltre sopraffare: essi
hanno reclamato noi che siamo i loro esponenti, forze vive e agili: e noi
abbiamo risposto entusiasticamente all’appello. E come nei reparti d’assalto, noi
figli del popolo fummo animati dal pensiero autonomo, fieri, ribelli ad ogni
comando ma fautori dell’esempio, così ora, rivendicando la nostra povertà
onesta siamo la scorta incitatrice all’azione nobile di giustiziere di
rivendicazioni.
Noi arditi, che non ci
vendemmo o prostituimmo, noi che restammo incontaminati dalle morbose
imperialistiche passioni, reparto anarchico per eccellenza, rappresentiamo oggi
sparpagliati nella vita civile, la pattuglia di punta e di avanguardia di tutte
le idee progressiste e ardimentose, consapevoli che ineluttabilmente si dovrà
passare per un lavacro sociale rigeneratore.
La vita è per noi una
parentesi dentro la morte: siamo tutt’ora le tempre dei prodigiosi temerari: ed
anche avendo le membra stroncate noi rifuggiamo dalla lotta in campo aperto e
gridiamo il nostro “urrà” di vittoria. Abbattuti i milionari mostruosi idoli,
proseguiremo a passo rapido sulla via della civiltà.
Questo è il nostro
compito, o arditi che lavorate, non altri!
Noi sovversivi nel
senso più vasto della parola, non daremo mai il nostro braccio per le tirannie,
non ci lasceremo illudere da scopi che non sono i nostri: e saremo tra i più
intransigenti selezionatori di chi vorrà essere tra noi (“Un manifesto agli
arditi del popolo” in Umanità Nova 3 luglio 1921).
Le ambiguità e le zone d’ombra a volte sono l’azzardo, la
scommessa dei soggetti politici nascenti ma esse si possono spiegare (nel caso
degli arditi del popolo) anche, come scrive Eros Francescangeli, “con il profilo politico dei suoi quadri
dirigenti, tutti quanti, chi più chi meno, degli eretici….degli irregolari dei rispettivi movimenti. Comunisti antisettari, socialisti
antirinunciatari, anarchici militaristi, repubblicani e sindacalisti più
classisti che nazionali e popolari più proletari che clericali erano accumunati
da quell’indole “interventista” che, se era garanzia di volontà d’azione, non
era però foriera di analisi politica di ampio respiro.”
Mentre i dirigenti dei partiti operai, chiusi nelle loro monadi ideologiche, non seppero valutare
il fascismo, l’arditismo popolare fu, per l’appunto, una minoranza combattiva
del movimento proletario che scese sullo stesso terreno di scontro. Una
risposta concreta alle drammatiche esigenze reali di quella fase storica. (fine)
SCHEDA STORICA
DAGLI ARDITI DI GUERRA AGLI ARDITI DEL
POPOLO, 1917- 1922
1917
·
Costituzione del corpo degli Arditi nel Regio
Esercito Italiano. Gli arditi spesso solidarizzano con i fanti contadini contro
i Reali Carabinieri, usati dai comandi in funzione repressiva.
1918
·
Fine del primo conflitto mondiale.
Smobilitazione dei reparti in armi.
1919
·
Congedo degli ex combattenti.
·
1 Gennaio: Costituzione dell’Associazione fra
gli Arditi d’Italia per opera del capitano Mario Carli. Nasce sotto l’influenza
futurista. Nonostante l’idealità sovversiva antiborghese che caratterizza gli
arditi e un “ vago programma di sinistra”, il patriottismo e l’essere contro il
socialismo – quello del PSI pacifista e neutralista – li porterà a lavorare per
la reazione. Ma non durerà a lungo, la contraddizione tra idealità sovversiva e
pratica reazionaria esploderà. Dopo la fine dell’impresa fiumana una parte
consistente di ex arditi si schiererà con il fronte antifascista.
·
Inizio del Biennio Rosso: moti contro il
carovita e occupazione delle fabbriche.
·
23 marzo: Fondazione a Milano dei Fasci Italiani
di Combattimento – Programma di San Sepolcro.
·
15 aprile: Devastazione dell’Avanti! milanese da parte dei fascisti. Parti
consistenti degli Arditi non vogliono prestare il fianco alla reazione.
Articolo di Mario Carli su “L’Ardito”: “Arditi
e non gendarmi”. Per gran parte del 1919 gli arditi della AFAI svolgono
essenzialmente il ruolo di “guardie bianche” del padronato italiano ma a volte
si schierano con i dimostranti nelle lotte del caroviveri e ammiccano al
Partito socialista.
·
12 Settembre: Occupazione di Fiume da parte di
Gabriele d’Annunzio.
1920
·
Lento esaurirsi del Biennio Rosso.
·
Gli Arditi nel mese di giugno guidano a
Brindisi, Ancona e Trieste la rivolta e le manifestazioni contro l’invio di
truppe in Albania.
·
Tra la primavera e l’estate, il fascismo mostra
il suo vero volto reazionario in funzione dichiaratamente antioperaia.
·
Nascita dell’Associazione Nazionale Arditi
d’Italia filo-fascista e anti-Fiume.
·
In autunno i fascisti, con l’aiuto dei militari,
mettono a ferro e fuoco Trieste, devastano l’Avanti! romano, assaltano e devastano i municipi socialisti. Il 21
novembre assaltano il comune di Bologna.
Fatti di Piazzale Accursio: 9 morti e 60 feriti, punto di non ritorno.
·
Contatti tra D’Annunzio movimento operaio e
anarchici. Malatesta, Bombacci e Serrati tentano di organizzare un’insurrezione
che prevede una marcia su Roma. Il Tentativo fallisce. Lenin criticherà
aspramente il mancato progetto d’insurrezione.
·
Ha termine l’impresa fiumana.
·
Fondazione della Federazione Nazionale Legionari
Fiumani (che comprende molti ex arditi accorsi a Fiume) che si schiererà su
posizioni antifasciste con l’avallo di D’annunzio.
1921
·
14 gennaio sul Popolo d’Italia Mussolini
annuncia la propria “riconciliazione” con il capitalismo e lo definisce un
valore “insostituibile.”
·
21 gennaio nascita a Livorno del Partito
Comunista d’Italia.
·
Gramsci su L’Ordine Nuovo traccia un bilancio
positivo dell’impresa fiumana, stigmatizzando l’incapacità del Partito
Socialista di cogliere la potenzialità rivoluzionaria, che in essa vi era.
·
Escalation della violenza fascista.
·
Tentativo d’incontro in primavera tra D’Annunzio
e Gramsci.
·
Nasce a Roma nel mese di gennaio il Partito
Nazionale Fascista.
·
Il fascismo è definitivamente una forza di
destra antiproletaria.
·
I fascisti nel mese di novembre decretano la
fine del patto di pacificazione con i socialisti firmato ad agosto.
·
L’ANAI nel corso dell’anno cambia rotta, ritrova
lo spirito di sinistra, rivendica autonomia nei confronti dei fascisti e si
schiera contro le violenze da essi perpetrate contro il movimento proletario.
Riprende i contatti con D’Annunzio e la FNLF, fa propria la Carta del Carnaro e
invita i suoi membri a fuoriuscire dai FIdC. Propugna un’equidistanza tra fascisti e socialisti e si
schiera per una pacificazione nazionale. A Roma l’ala filo-fascista viene
espulsa, mentre quella anarchica e repubblicana, che fa capo a Secondari, si
dichiara contro l’equidistanza e apertamente antifascista. Tale componente che
darà vita, in estate, agli Arditi del Popolo si schiererà senza indugio a
difesa del movimento proletario.
1922
·
In primavera incontro tra D’Annunzio e D’Aragona
segretario della CGdL, nel tentativo di mettere il poeta alla testa del
movimento antifascista. L’incontro non avrà seguito.
·
28 ottobre marcia su Roma da parte dei fascisti.
·
In autunno l’ala filo fascista, espulsa dall’ANAI,
fonda la Federazione Nazionale Arditi d’Italia.
·
Presa di potere definitiva del fascismo.
SCHEDA STORICA: ARDITI DEL POPOLO
E ANTIFASCISMO
1919
·
A Trieste si forma una sezione del fascio che
diverrà una delle più grandi d’Italia. Da essa partiranno le azioni violente
contro croati, sloveni e movimento operaio.
1920
·
I fascisti incendiano a Trieste il centro
economico, culturale e politico delle nazionalità slovene e croate. Periscono 2
persone.
1920-1921
·
Primi episodi di squadrismo fascista e prime
forme di resistenza armata operaia e popolare.
·
Il tenente anarchico Argo Secondari dell’ANAI
tenta di fare schierare gli arditi con le agitazioni operaie del Biennio Rosso.
1921
·
All’inizio della primavera nasce la necessità di
un’azione antifascista a livello nazionale. Nascono le prime squadre armate
antifasciste (Guardie Rosse- Lupi Rossi –Figli di nessuno). La loro incisività
è però scarsa perché operano isolatamente.
·
La componente anarchica repubblicana individualista
dell’ANAI si schiera risolutamente con l’antifascismo militante. A Roma il 27
giugno viene costituito il battaglione “Arditi del Popolo”.
·
L’arditismo antifascista si sviluppa rapidamente su tutto il
territorio nazionale con il contributo di numerosi operai, ex combattenti, ex
legionari fiumani. Gli Arditi del Popolo inizialmente si appoggiano alla Lega
Proletaria (molte sezioni della Lega, sotto attacco fascista, divennero sezioni
degli Arditi del Popolo) e ad altre formazioni.
·
Nel mese di luglio, all’Orto Botanico di Roma
imponente manifestazione antifascista organizzata dal “Comitato di difesa
proletaria romano”. Vi partecipano duemila Arditi del Popolo, inquadrati
militarmente che si scontreranno successivamente con i fascisti. Lenin sulla
Pravda indicherà gli Arditi del Popolo quale esempio da seguire per la
rivoluzione in Italia. I dirigenti del PCdI e del PSI, con motivi diversi,
decidono invece di isolare l’arditismo antifascista.
·
10-11-12 luglio fatti di Viterbo. Mobilitazione
antifascista di massa.
·
L’Ordine
Nuovo di Gramsci esprime una
valutazione positiva sul fenomeno dell’arditismo antifa.
·
17-18-21 luglio fatti di Sarzana. I fascisti
prima vengono fronteggiati poi caricati dagli arditi e dalla popolazione.
·
A Milano nascono gli Arditi Ferrovieri.
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A Brescia inaugurazione del gagliardetto della
locale sezione degli Arditi del Popolo.
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A Novate Milanese segnalata la presenza di
giovani Arditi del Popolo.
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Azione repressiva del governo Bonomi contro gli
Arditi del Popolo.
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Attività antifascista degli Arditi del Popolo a
Pavia.
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Pubblicazione del primo numero “L’ardito del
popolo – giornale proletario”.
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Emanato dal governo Bonomi il decreto legge sul
disarmo dei cittadini. Il decreto verrà usato esclusivamente contro gli arditi
antifa e i sovversivi.
·
Gli Arditi del Popolo guidati da Baldazzi,
succeduto a Secondari, decidono di proseguire l’attività antifascista in semi
legalità.
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7-11 novembre a Roma in occasione della nascita
del Partito Nazionale Fascista gli Arditi del Popolo insieme con altri
militanti di sinistra (comunisti-socialisti-anarchici-proletari in genere)
attaccano i fascisti. Questi ultimi tengono il centro della città ma
accerchiati non penetreranno nei quartieri popolari. Violentissimi scontri a
San Lorenzo, Testaccio, Trionfale, Trastevere.
·
Il governo Bonomi preserverà le squadre d’azione
fasciste e ordinerà invece lo scioglimento degli Arditi del Popolo.
1922
·
Le azioni squadristiche proseguono su tutto il
territorio nazionale.
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Nasce l’Alleanza del Lavoro per opporsi alla
reazione antiproletaria.
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Il 25 aprile la città di Piombino è difesa dagli
Arditi del Popolo dall’assalto dei fascisti che sono sbaragliati.
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A Milano una squadra di circa sessanta Arditi
del Popolo si scontra con la Guardia Regia.
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Il 24 maggio a Roma il tentativo dei fascisti di
espugnare San Lorenzo fallisce per la mobilitazione popolare antifascista. I
fascisti vengono tratti in salvo dalla forza pubblica.
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L’azione quadristica e la repressione
governativa si fanno sentire: morti, arresti, carcerazioni.
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9/24 luglio: battaglia di Novara contro le
squadre fasciste.
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La conoscenza anticipata della data dello
sciopero – 1 agosto – organizzato dall’Alleanza del Lavoro da’ modo ai fascisti
e al Governo di accentuare la violenza e la repressione sugli antifascisti.
·
2 /4 agosto: battaglia di Ancona. Nonostante la
strenua difesa della città le milizie antifasciste vengono battute dall’azione
congiunta di fascisti e forza pubblica. Faranno seguito le devastazioni delle
sedi del movimento operaio.
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2/4 agosto: battaglia di Bari. Gli Arditi del
Popolo, alla cui testa vi è Giuseppe Di Vittorio, impediscono ai fascisti di
Caradonna di conquistare la città.
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4 agosto: battaglia di Civitavecchia. Gli Arditi
del Popolo, all’interno dei quali sono inquadrati 300 operai jugoslavi, con
altre forze proletarie battono le forze dell’ordine e i fascisti.
·
2/5 agosto: battaglia di Genova. I fascisti appoggiati
dalle forze dell’ordine hanno ragione della resistenza antifascista.
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1-2 agosto: a Livorno, dopo gli scontri tra
antifascisti e fascisti, la giunta socialista rassegna le dimissioni.
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2/5
agosto: battaglia di Parma. Gli Arditi del Popolo, guidati da Guido Picelli e
Antonio Cieri, con la Legione Proletaria “Filippo Corridoni” e il popolo in
armi sconfiggono quindicimila fascisti, guidati da Italo Balbo. I soldati, dopo
la ritirata dei fascisti, solidarizzano con gli insorti.
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28 ottobre marcia su Roma. Il fascismo è ormai
dilagante, il Re conferisce l’incarico a Mussolini di formare il suo governo. A
Roma però i fascisti non riusciranno a penetrare nei quartieri popolari di San
Lorenzo, Testaccio, Trionfale.
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Il 31 ottobre a Roma l’ex tenente degli arditi,
nonché fondatore degli Arditi del Popolo, Argo Secondari viene aggredito
selvaggiamente dai fascisti. Non si riavrà da questa aggressione. Morirà anni
dopo in manicomio.
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Gli Arditi del Popolo sono messi fuori legge in
tutta la nazione.
ARDITI DEL POPOLO
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Argo
Secondari. Tenente degli Arditi, anarchico, fondatore degli Arditi del
Popolo a Roma. Morirà nel
manicomio di Rieti il 17 marzo 1942, dove fu ricoverato per le conseguenze della
brutale aggressione avvenuta nel
1922, da parte dei fascisti. I funerali si svolsero in privato per ordine della
questura. Dopo circa vent’anni i fascisti temevano ancora la figura
dell’indomito combattente antifascista. Riposa nel Cimitero Maggiore di Rieti. Il 14 marzo2013 l’ANPI Provinciale di Rieti,
il Circolo libertario Popolo 33 di Rieti, l’Archivio di Stato di Rieti, l’ARCI
di Rieti, hanno reso omaggio alla figura di Argo Secondari.
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Gino
Lucetti. Ardito, anarchico, organizzò a Roma l’11 settembre 1926
l’attentato a Mussolini. Durante la Resistenza partigiana, in Toscana si formò
il battaglione anarchico Lucetti.
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Riccardo
Lombardi. Simpatizzante degli Arditi del Popolo partecipò alle loro azioni.
Personaggio di spicco della Resistenza, fu Prefetto nella Milano liberata.
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Giuseppe
Di Vittorio. Sindacalista rivoluzionario pugliese, socialista poi
comunista. Combattente in Spagna con i repubblicani, parteciperà alla
Resistenza. Primo segretario della CGIL nel secondo dopo guerra.
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Vincenzo
“Cencio” Baldazzi. Volontario e ardito di guerra. Responsabile degli Arditi
del Popolo a Roma dopo l’allontanamento di Argo Secondari. Imprigionato,
partecipa successivamente alla Resistenza romana.
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Guido
Picelli. Responsabile della difesa di Parma. Sottotenente e socialista,
fonda la Lega Proletaria a Parma e organizza la Guardia Rossa. Arrestato, viene
scarcerato perché eletto deputato nel PSI. Fonda gli Arditi del Popolo di
Parma. Nel 1923 diviene deputato del PCdI. Il 1 maggio 1924 fa sventolare la
bandiera rossa a Montecitorio. Incarcerato nuovamente, fugge in URSS. Raggiunge
la Spagna e combatte con i repubblicani nelle fila delle Brigate
Internazionali. Il 5 gennaio 1937, sempre in Spagna sulle alture di S.
Cristobal, al comando del battaglione Garibaldi, morirà in combattimento.
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Antonio
Cieri. Anarchico, combattente con i gradi di caporale, venne decorato con
la medaglia di bronzo al valor militare. Ad Ancona nel 1920 organizza il blocco
delle truppe italiane destinate all’Albania. Successivamente, sempre ad Ancona,
fonda la locale sezione degli Arditi del Popolo. A Parma insieme a Picelli
organizza la difesa nell’agosto del 1922. Combattente in Spagna morirà a Huesca
nel 1937.
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Gaetano
Perillo. Militante degli Arditi del Popolo, combattente della Resistenza
nella lotta antifascista a Genova.
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Armando
Vezzelli. Combattente durante la prima guerra mondiale e insegnante. Responsabile degli Arditi del Popolo di
Genova, fu uno dei fondatori del PCdI. Partigiano, imprigionato muore nel lager
di Gusen.
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Umberto
Marzocchi. Militante anarchico, combattente degli Arditi del Popolo, si
distingue nella difesa di Sarzana. Antifascista, combatte con i repubblicani in
Spagna. Sarà partigiano nella Resistenza francese.
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Dante
Gorrieri. Combattente nel primo conflitto mondiale, entra nella Gioventù
Socialista per passare poi al PCdI. Sindacalista della Unione Italiana del
Lavoro di Alceste De Ambris, contribuirà alla difesa di Parma nelle fila degli
Arditi del Popolo. Fu antifascista e partigiano.
·
Aldo
Eluisi. Ardito di guerra, anarchico partecipa all’impresa di Fiume. Insieme
a Secondari fonda a Roma gli Arditi del Popolo. Antifascista collabora con
Baldazzi. Si avvicina al Partito d’Azione, è responsabile della Resistenza
romana nelle fila di Giustizia e Libertà. Catturato e torturato dalla banda
Koch, tiene duro. Sarà fucilato alle Fosse Ardeatine.
·
Emilio
Canzi. Militante antifascista degli Arditi del Popolo di Piacenza.
Combattente con i repubblicani in Spagna. Antifascista e capo partigiano di
spicco nella zona del piacentino, muore investito da una camionetta inglese il
17 novembre 1945.
·
Attilio
Paolinelli. Anarchico interventista, fonda a Roma con Secondari gli Arditi
del Popolo. Militante antifascista, più volte incarcerato, è posto sotto
strettissima sorveglianza dei fascisti prima della liberazione di Roma.
·
Alberto
Acquacalda. Tenente degli arditi, mazziniano e interventista di sinistra.
Durante il Biennio Rosso svolge attività di propaganda rivoluzionaria nel
ravennate. Nel 1921 aderisce al PCdI. Istruttore e capo squadra degli Arditi
del Popolo di Ravenna. Ucciso dagli squadristi l’11 agosto 1921.
BIBLIOGRAFIA
·
Nanni Balestrini: Parma 1922. Ed. Derive
Approdi.
·
Luigi Balsamini: Gli Arditi del Popolo. Ed.
Galzerano.
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(A cura di) Francesco Barilli: intervista a Ivano Tagliaferri autore di
“Morte alla morte. Arditi del Popolo a Piacenza 1921-1922”. Ed. Vicolo del
Pavone.
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Cesare Bermani: La battaglia di Novara. Ed.
Derive Approdi.
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Fabrizio Billi: recensione di “The resistibile rise of Benito Mussolini”, in
Iperbole.
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Pino Cacucci: Oltre torrente. Ed. Feltrinelli.
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Pino Cacucci: “Argo l’ardito”, in Ribelli. Ed.
Feltrinelli.
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Mario Carli: Il nostro bolscevismo. Ed. S.E.B.
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Armando Ceste e Gianfranco Torri: La storia
degli Arditi del Popolo. Ed. Savelli.
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Ferdinando Cordova: Arditi e Legionari
dannunziani. Ed. Manifesto Libri.
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Massimiliano e Pier Paolo Di Mino: Il libretto
rosso di Pertini. Ed. Purple Press.
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Vittorio Foa: Questo novecento. Ed. Einaudi.
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Eros Francescangeli: Storia degli Arditi del
Popolo. Ed. Odradek.
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Enrico Galmozzi: Diciannovismo. Senza edizione.
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Valerio Gentili: La Legione romana degli Arditi
del Popolo. Ed. Purple Press.
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Valerio Gentili: Roma combattente. Ed.
Castelvecchi.
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Valerio Gentili: Bastardi senza gloria. Ed.
Castelvecchi.
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Valerio Gentili: Nuova introduzione a “La
Legione romana degli Arditi del Popolo”, Antifascismo, un’analisi del fenomeno.
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Antonio Gramsci: Opere/Scritti giovanili
1914-1918; Socialismo e fascismo – L’Ordine Nuovo 1921-1922. Ed. Einaudi.
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Emilio Lussu: Teoria dell’insurrezione. Ed.
Gwynplaine.
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Giuseppe Maione: Il Biennio Rosso. Ed. Il
Mulino.
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Paolo Nello: L’avanguardia giovanile alle
origini del fascismo. Ed. Laterza.
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Moreno Pasquinelli: Politicamente scorretto. Ed.
Giovane Talpa.
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Patria Indipendente – Rivista dell’ Associazione
Nazionale Partigiani d’Italia, 23 maggio 2004: Gli Arditi del Popolo di A.L.
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Arturo Peregalli: L’altra Resistenza. Ed.
Graphos.
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Mario Rossi: Arditi non gendarmi. Dall’arditismo
di guerra agli Arditi del Popolo 1917-1922. Ed. BFS.
·
Mario Rossi: Siam del popolo gli arditi. In A
Rivista anarchica n° 367 dicembre 2011-gennaio 2012.
·
Mario Rossi: Un altro genere di arditismo/Donne
cadute per mano fascista. In A Rivista anarchica n° 373 Estate 2012.
·
Paolo Spriano: Storia del PCI – Vol.1, parte
prima, Da Bordiga a Gramsci. Ed. L’Unità/Einaudi.
·
Giancarlo Bocchi: Il ribelle. Guido Picelli una
vita da rivoluzionario. Ed. IMP
·
Marco Minardi: Le “trincee del popolo” Ed.
Ediesse
·
Claudia Piermarini: I soldati del popolo. Ed.
Redstarpress.
·
Siti internet.
5 commenti:
Pagina di storia italiana ormai quasi ignorata, ma che ebbe allora momenti di epico eroismo. Purtroppo finì tutto nel regime e, con il tempo, si evolse nell'attuale PD !!!!!!!!!!!.
Sic transit .....
Sembra una cosa impossibile che si sia finiti così nonostante le angarie che il Popolo ha dovuto subire negli ultimi anni!
Marcia Commemorativa 2012 Onore e gloria ai partigiani.
2012 San Lorenzo Marcia commemorativa partigiani.
Vale sempre il terzo principio della dinamica. Merde eurofasciste sapevatelo!
Interessantissimo saggio. Grazie alla redazione per averlo pubblicato.
" .... eurofasciste"
L'aggettivo è fantasioso. Non c'è la minima analogia fra fascismi ed "Europa dell'euro" dato che quest'ultima, a meno che non la si inquadri nel neo nazismo, è di concezione atlantista e sottoposta ad interessi di certo non europei. Basta considerarei debiti pubblici.
Se avessi scritto "merde fasciste sapevatelo!" lei avrebbe sicuramente ragione. Ma ho scritto "eurofasciste", che è come dire "nazionalsocialisti" invece che "nazisti" o "socialisti". Che nel nazismo ci fossero influssi socialisteggianti e keynesisteggianti questo è innegabile, ma né il socialismo né il keynesismo possono essere ridotti al nazismo.
Allo stesso modo, anche se è vero che nel progetto eurista vi è, alla base, una visione liberale, è pur vero che si farebbe torto al pensiero liberale se lo si identificasse, tout-court, con la sua declinazione in salsa eurista. In sintesi: il tutto è più della somma delle cose.
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