[ 17 maggio ]
Dopo mesi di dichiarazioni apodittiche e tranquillizzanti sul fatto che la Grecia non sarebbe andata in default (in stato di insolvenza il quale, ripetiamolo, per uno Stato non è mai bancarotta), e che non sarebbe mai avvenuta la sua uscita dall'eurozona (non più di qualche giorno fa lo stesso Draghi ha ripetuto, con toni minacciosi che tradiscono la fifa, che l'adesione all'euro è "irreversibile"), ora sono sempre più numerosi gli analisti ed i commentatori che lanciano l'allarme sugli effetti devastanti di un default di Atene.
Questo stato di panico l'ha espresso che meglio non si poteva Maurizio Ricci su la Repubblica di ieri. Il titolo è programmatico: "Con il crac greco rischio sconquasso per i conti di Italia e Germania".
Ricci ci spiega che:
Dove sono finiti tutti i soldi dei salvataggi è presto detto: non per risanare i buchi di bilancio dello Stato greco ma per risanare quelli dei suoi predatori: più dell’80% degli “aiuti” della troika sono andati infatti a beneficio diretto o indiretto del settore finanziario (nazionale ed estero). Soprattutto di quello tedesco, che infatti è riuscito a ridurre la propria esposizione nei confronti della Grecia dell’80% circa tra la metà del 2010 – quando è stata approvata la prima tranche di finanziamenti – e la metà del 2012. [vedi tabella n.3]
Nel frattempo il debito della Grecia è esploso, passando dal 130% del 2010 al 177% di oggi [vedi tabella n.4], senza dimenticare che “l’aiuto” della troika è stato utilizzato come piede di porco per imporre alla Grecia un crudele programma di austerità fiscale e salariale che ha bruciato un quarto del reddito nazionale e ridotto in povertà milioni di persone.
“E di chi la colpa se il default di Atene rischia di mandare per aria anche l'Italia?
Non solo della Troika, ma dei governi italiani (Berlusconi prima e Monti poi) e dei politici (Pd e Forza Italia in primis) che accettarono quei due piani di "salvataggio" della Grecia, facendo passare il debito dai bilanci delle banche d'affari italiane a quello dello Stato, quindi sulle spalle dei cittadini. Peggio, facendolo lievitare di dieci volte da 4,5 a 39/40 miliardi. Il tutto nell'interesse delle grandi banche d'affari tedesche, francesi, inglesi e nordamericane».
Non solo della Troika, ma dei governi italiani (Berlusconi prima e Monti poi) e dei politici (Pd e Forza Italia in primis) che accettarono quei due piani di "salvataggio" della Grecia, facendo passare il debito dai bilanci delle banche d'affari italiane a quello dello Stato, quindi sulle spalle dei cittadini. Peggio, facendolo lievitare di dieci volte da 4,5 a 39/40 miliardi. Il tutto nell'interesse delle grandi banche d'affari tedesche, francesi, inglesi e nordamericane».
Questo stato di panico l'ha espresso che meglio non si poteva Maurizio Ricci su la Repubblica di ieri. Il titolo è programmatico: "Con il crac greco rischio sconquasso per i conti di Italia e Germania".
Ricci ci spiega che:
«Il debito pubblico totale della Grecia è di 323 miliardi di euro, di cui solo un quinto è in mano a banche e investitori privati. L’Fmi ne ha un trentina di miliardi (il 10 per cento), la Bce il 6 per cento. Il grosso, il 60 per cento, è detenuto dal resto dell’Eurozona: 142 miliardi dal Fondo salvastati e 53 miliardi dai singoli governi. Ed è qui che il default greco creerebbe sconquassi. In assoluto, il paese più esposto verso Atene - fra prestiti diretti, quota del Fondo salvastati, quota dell’intervento Bce - è la Germania: quasi 60 miliardi di euro. Poi viene la Francia (poco oltre 40 miliardi). L’Italia è terza, con 39 miliardi». [Vedi tabella sopra]Quindi Ricci fa un po' di conti e chiosa:
«Ma se, invece, che alla cifra in quattrini, la si considera in rapporto al prodotto interno lordo, cioè per quanto è effettivamente costata al paese che ha sborsato quei soldi, la classifica cambia. I 60 miliardi di prestiti tedeschi che andrebbero in fumo con un default sono l’1,9 per cento del Pil della Germania. In proporzione, la piccola Slovenia è più esposta: 2,6 per cento del Pil. Ma il caso più preoccupante è quello italiano: l’esposizione di Roma equivale al 2,4 per cento del prodotto interno lordo. Un crac greco sarebbe una mazzata. Soprattutto per l’impatto che avrebbe sulla dinamica del debito pubblico, già oggi il nostro maggior cruccio con Bruxelles. Oggi, il Fmi prevede che il debito netto italiano, nel 2015, salga di 35 miliardi di euro. Con un default greco e il volatilizzarsi dei 39 miliardi che Roma ha prestato, in varia forma, ad Atene, il debito netto schizzerebbe verso l’alto, in un colpo solo, non di 39, ma di 74 miliardi di euro, dieci volte il buco delle pensioni».
I conti sono giusti? Si, sono giusti.
Ricci dimentica però di dire com'è che lo Stato italiano si è venuto a trovare esposto per 39/40 miliardi di euro verso la Grecia. Ricordiamolo allora!
tabella n. 2 |
Ciò dipende dai famigerati piani di salvataggio del 2 maggio 2010 (110 miliardi di euro) e dell'ottobre 2011 (130 miliardi). Secondo le previsioni della Troika, che nel frattempo aveva posto la Grecia sotto il proprio protettorato imponendo politiche austeritarie durissime, Atene sarebbe uscita dalla devastante recessione e tornata a finanziarsi sui mercati nel 2015.
Che la Grecia rischi invece il default è il segno più evidente che questo piano è fallito miseramente.
Si noti la Tabella n.2.
Essa fotografa la situazione debitoria della Grecia nell'agosto 2011, tra il primo ed il secondo salvataggio (bailout). Al tempo il debito greco era in gran parte in pancia a banche d'affari e fondi speculativi privati. In primis francesi, tedeschi e inglesi. Le banche italiane erano esposte per la modestissima cifra di 4,5 miliardi (più o meno la stessa cifra che è stata utilizzata per salvare il Monte dei Paschi).
tabella n.3 |
Gli architetti di questa gigantesca operazione si sono sbagliati? No, erano criminalmente consapevoli di quel che facevano. [1]
Tornando ai piagnistei a comando di certi analisti e giornalisti al soldo dei banchieri e della finanza predatoria (è il caso di Maurizio Ricci). Essi ora lanciano l'allarme che un default della Grecia sarebbe un disastro per l'Italia.
E di chi la colpa? Non solo della Troika, ma dei governi italiani (Berlusconi prima e Monti poi) e dei politici (Pd e Forza Italia in primis) che accettarono quei due piani di "salvataggio", facendo passare il debito
dai bilanci delle banche d'affari italiane a quello dello Stato, quindi sulle spalle dei cittadini.
tabella n.4 |
Peggio, facendolo lievitare di dieci volte da 4,5 a 39/40 miliardi.
Il tutto nell'interesse delle grandi banche d'affari tedesche, francesi, inglesi e nordamericane.
Una prova lampante che l'europeismo di questi politici è solo l'alibi dietro al quale nascondono il loro essere dei servi e dei gauleiter di potenze finanziarie e politiche esterne.
NOTE
[1] «Incredibilmente, il dubbio che il bailout così come concepito dalla Commissione europea e dalla Bce avesse lo scopo di salvare le banche e non la Grecia fu sollevato a suo tempo persino dal terzo membro della troika, il Fondo monetario internazionale. È riportato nero su bianco nei verbali della drammatica riunione del 9 maggio 2010 in cui l’Fmi ha dato il via libera al primo piano di aiuti per il paese, pubblicati dal Wall Street Journal. I documenti, classificati come riservatissimi e segreti, parlano chiaro: più di quaranta paesi, tutti non europei e pari al 40% del board, erano contrari al progetto messo sul tavolo dai vertici Fmi. Il motivo? Era “ad altissimo rischio”, come ha messo a verbale il rappresentante brasiliano, perché “concepito solo per salvare i creditori, nella gran parte banche del vecchio continente e non la Grecia”. L’articolo spiega che l’Fmi era propenso a imporre subito un taglio al debito greco, per mezzo di un “haircut” (come poi è stato fatto nel 2012), ma la Commissione europea e la Bce erano fermamente opposte a imporre qualunque perdita ai creditori. È interessante notare che l’opposizione dell’Fmi al piano si basava sull’argomentazione secondo cui un prestito così ingente in relazione al Pil del paese (in pochi anni la Grecia ha preso in prestito dalla troika fondi equivalenti al 125% dell’attività economica del paese nel 2014) avrebbe reso il debito greco – al tempo ancora sostenibile, secondo l’organizzazione – definitivamente insostenibile».
4 commenti:
Per capire il gioco di Varoufakis bisogna leggere il suo The Global Minotaur disponibile per intero qui in pdf
http://www.file-pdf.it/2015/05/15/varoufakis-the-global-minotaur/varoufakis-the-global-minotaur.pdf
Secondo Yanis dopo Bretton Woods il sistema economico si reggeva sulla "minotauresca" domanda degli USA che avendo il dollaro come moneta di riferimento mondiale potevano allargare a dismisura il loro deficit e lo squilibrio della bilancia commerciale tanto gli altri paesi avrebbero riversato su di loro i soldi guadagnati vendendo appunto agli USA.
Quei soldi venivano investiti in operazioni finanziarie "creative" rischiosissime e nel 2007 crolla questo schema ma la politica invece di reagire prendendo in mano la situazione decide di salvare quelle che Varoufakis chiama le "ancelle" del Minotauro (la finanza speculativa") consegnando loro definitivamente le chiavi dello Stato e venendo di fatto esautorati.
Per farla breve Varoufakis dice varie volte che è solo questione di tempo ma visto che non si è deciso di uscire dal sistema della speculazione e visto che gli USA non sono più in grado di sostenere il loro ruolo di "acquirenti di ultima istanza", ci sarà inevitabilmente una ricaduta ancora peggiore della crisi.
IN PARTICOLARE DICE CHE SE IN EUROPA VA IN DEFAULT UN PAESE SEGUIRANNO A RUOTA TUTTI GLI ALTRI COME QUANDO IN UNA CORDATA ALPINISTICA CADE UNO TRASCINANDO TUTTI GLI ALTRI (metafora sua).
In sostanza Varoufakis pensa: se mi mandano in default crollano pure loro quindi ho una forza contrattuale; se mi concedono di farla finita con l'austerità si trovano a dover rinunciare al mezzo che gli concede il dominio politico e il profitto.
In ogni caso se la Grecia recalcitra loro finiranno per perdere, anche se non si può dire che la Grecia "vincerà".
Certo è che facendo leva su questa aporia del sistema dei dominanti la Grecia (e il resto del mondo, alla fine...) quantomeno si libererebbe dal giogo.
E una situazione apparentemente in stallo ma stanno succedendo tantissime cose. Non prendiamo sotto gamba per esempio il riconoscimento della Palestina da parte del Papa con la conseguente "delusione" espressa da Israele.
Quanto mi duole la loro delusione.
Grazie per il commento e la efficace sintesi del pensiero di Varoufakis.
Mettiamola così: vorremmo che la tesi del Nostro fosse giusta. Ma non è detto che lo sia. Per cui, con l'enorme posta che sta sul piatto, andare a vedere nella certezza che gli euro-oligarchi stiano bluffando, è un azzardo al limite della follia.
Detto fra noi: è anche un alibi per Tsipras che non vuol sentire parlare di grexit e "Piano B" —e non è esattamente sulle stesse posizioni ddel Ministro delle finanze.
Le prossime settimane (non i prossimi mesi e anni) ci diranno se c'era il bluff e quindi come andrà a finire.
Certo un governo che in queste circostanze drammatiche non si attrezza per un'uscita unilaterale, anche come mossa di ultima istanza, è un governo di mezze tacche.
Piemme
Risposta a Redazione 1
Cara Redazione,
come vi ho detto varie volte siete i migliori a sinistra ma su alcuni punti la vedo in maniera molto diversa.
E' GIUSTISSIMO dire e pensare che si deve uscire dall'euro; c'è un piccolo dettaglio: dall'euro non si esce ordinatamente né per scelta unilaterale, o si viene cacciati o crolla tutto il sistema della moneta unica senza possibilità di controllare la situazione.
Perché se si parte dal presupposto che l'euro è un mezzo per esercitare il potere di dominio sui subalterni:
1) se IN QUANTO GOVERNANTE ti presenti dicendo esplicitamente che vuoi uscire ti cacciano subito e purtroppo, al contrario di quello che dicono alcuni sprovveduti, l'uscita non concordata sarà nel primo periodo terribile anche perché ovviamente i padroni adotterebbero pesantissime misure punitive.
L'Argentina ne sa qualcosa e quel paese è in mezzo a un contesto sudamericano in rivolta contro il dominio USA; pensate cosa succederebbe in un'Europa che di ribellarsi non ha la minima intenzione.
2) Il bluff. ATTENZIONE: i dominanti non bluffano. Semplicemente non possono fare altro e per di più sono accecati dal loro potere dato che oltretutto vedono che il popolo europeo proprio non reagisce. VAROUFAKIS NON VA A VEDERE UN BLUFF a mio avviso; sta facendo saltare delle contraddizioni che verranno fuori solo quando si arriverà sull'orlo del burrone. Magari fosse un bluff...è follia cari compagni e contro la follia non c'è altro rimedio che l'attesa e la capacità di soffrire in attesa che l'irrazionalità entri in corto circuito.
3) Se Tsipras e Varoufakis dichiarassero un piano B di uscita avrebbero automaticamente perso e sarebbero immediatamente cacciati dall'UE. GIUSTAMENTE DEVONO DIMOSTRARSI FINO ALL'ULTIMO "COSTRUTTIVI" senza sfidare direttamente la strapotenza dei pazzi dominanti.
Lentamente, temporeggiando fino all'esasperazione, stanno venendo fuori le magagne con i dati USA che non migliorano, con Draghi e gli altri paesi del mondo che annunciano QE a gogò che ovviamente a un certo punto, facendoli tutti senza eccezione, non serviranno più e le bolle cominceranno a esplodere a raffica. CERCHIAMO DI NON ESSERNE TROPPO CONTENTI PERCHE' SARA' UNO TSUNAMI MICIDIALE E NE PAGHERANNO LE CONSEGUENZE PIU' DI TUTTI I POVERI. Ma "forse" (forse...) sarà il momento in cui la gente aprirà gli occhi.
4) Per quanto riguarda noi come diavolo pensate di uscire dall'euro? Riflettete: (SEGUE)
Risposta a Redazione 2
segue...a) può decidere di uscire il governo Renzi? No.
b) deve andare al governo un altro partito CHE DICHIARI IN CAMPAGNA ELETTORALE CHE VUOLE L'USCITA. Gli esiti sono due: quasi sicuramente la gente vota per qualcun altro perché la maggioranza ha troppa paura e sta troppo bene.
Seconda ipotesi: il partito anti euro vince...e allora o l'Italia viene cacciata fuori dall'euro o crolla del tutto l'intero sistema dato che i dominanti si rendono conto di non essere in grado di mantenerlo.
Ma che un governo decida per l'uscita IN ITALIA è impossibile.
Solo con una generale presa di coscienza popolare qualcosa potrà succedere e ADESSO - nonostante la giustezza dell'idea - non è il momento né qui né altrove.
4) Ultima annotazione. Guardate che Varoufakis è un signore borghese molto "illuminato" ma è pur sempre di cultura, educazione e frequentazioni borghesi. Non potete aspettarvi che si comporti come un leader proletario (figura puramente mitologica, ovviamente).
A mio avviso il risveglio del popolo avverrà solo ed esclusivamente quando la borghesia locale prenderà coscienza della situazione comprendendo che la sua unica speranza è rivolgersi al popolo (essendo lei, in quanto "locale" e non "cosmopolita" come i dominanti, l'unica che il popolo è disposto realmente ad ascoltare).
Allora o voi imparate a convincere i borghesi qui in Italia (programma abbastanza vasto data l'ignavia indecorosa della nostra classe dirigente locale) o imparate a svegliare il popolo prima che lo facciano loro (altra impresa vasta ma Grillo qualche primo sostanzioso passo in questa direzione lo ha compiuto perché NON HA FATTO IL PRECISINO SCHIZZINOSO!).
Le riunioni e le conferenze dovete farle SU QUESTA PROBLEMATICA NON SULLE ANALISI POLITICO ECONOMICHE che alla fine sono le pippette di chi non può fare nulla "di concreto"; le analisi valide, cari compagni, si regalano omaggio con i buoni del supermercato. Il vero plus valore è saper parlare al popolo in modo da essere ascoltati e con la capacità di infiammare i cuori.
Io sfrutterei il M5S entrandoci dentro.
Poi arriverà la borghesia come dimostrano i dolori del giovane Civati e di Fassina, ma CI CONVERREBBE MUOVERCI CON UN MINIMO DI ANTICIPO.
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