[ 29 maggio ]
Non è accettabile l'argomento opportunista che la crisi è alle spalle. La crisi sociale ed economica è invece assestata e radicata, e in combinazione con gli eventi politici verificatisi, ha condotto il paese ad una situazione eccezionale. Non convincono quindi le statistiche economiche, peraltro tanto facilmente manipolabili, bensì la situazione obbiettiva del paese all'interno del contesto europeo.
L'analisi accreditata è che la crisi internazionale abbia origine dalla crisi finanziaria, conseguenza dell'indebitamento in ogni ambito e livello, che si è scatenata con il fallimento della banca USA Lehman Brothers nel settembre del 2008. Una volta generata la sfiducia nei mercati finanziari e chiusi i canali di finanziamento preposti, l'approfondirsi della crisi nei vari paesi è stata correlata all'indebitamento di ciascuno e alle possibilità di questi di affrontarla, giacché l'eurozona non dispone di una Banca centrale con il ruolo della Federal Reserve negli Stati uniti.
Anche in Spagna cresce nella sinistra la consapevolezza che l’euro non è solo una moneta, bensì un regime, per l’esattezza fondata sui dogmi del neoliberismo. Un regime che danneggia anzitutto le classi lavoratrici ma anche i cosiddetti “paesi periferici”, e tra questi la Spagna, a tutto vantaggio del grande capitalismo tedesco. Primo firmatario di questo manifesto è il noto Julio Anguita (nella foto) fondatore e portavoce per molto tempo di Izquierda Unida, e da tempo in aperto dissenso con la linea “europeista” di I.U. Il Manifesto ci è stato segnalato dagli amici Pedro Montes e Manolo Monereo.
La crisi continua, i danni si aggravano, la sofferenza si accumula
Uscire dall'Euro
Due anni fa, nei momenti più duri della crisi economica,
migliaia di persone di diversa provenienza, firmavano un documento il cui
titolo “Per recuperare la sovranità economica, monetaria e cittadina”, e il cui
slogan “Uscire dall'euro”, delineavano la soluzione necessaria per il popolo.
Ora è di nuovo necessario rivolgersi alla società spagnola e
alle sue istituzioni per insistere e ratificare l'urgenza di una revisione dei
vincoli del nostro paese con l'Unione europea e i trattati che la
costituiscono. A questo scopo ci proponiamo di promuovere iniziative di
dibattito e d'azione.
STOP ALL'INTEGRAZIONE EUROPEA
Pedro Montes |
L'Europa è impantanata in uno stallo che non ha precedenti
dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Come entità politica l'Unione europea
ha smesso d'essere una potenza rilevante e ha assunto un ruolo sempre più
subordinato ai disegni imperialisti degli USA, come si evince da conflitti e
guerre nei paesi arabi atti a ridisegnare sia il Medio oriente che il centro
Europa, con l'Ucraina trasformata nel cuore dello scontro e gravida di seri
rischi bellici e nuovi strappi nel Continente.
L'irrazionale progetto dell'unione monetaria e le sue
conseguenze hanno messo in crisi l'integrazione europea. Squilibri economici
insostenibili fra i vari paesi e montagne di debiti che strozzano nazioni,
Stati, sistemi finanziari, imprese e famiglie sono il motivo della crisi.
L'indebitamento generale ha
costruito una fitta rete di rapporti finanziari,
carichi di focolai esplosivi e collegamenti molto fluidi derivati dalla
deregolamentazione e della globalizzazione. L'unica àncora di salvezza
proviene da iniezioni di liquidità decise dalla BCE per arginare il pericolo di
nuove e ricorrenti crisi finanziarie, al prezzo di alimentare il volume del
debito che il sistema sopporta.
Di fatto, la BCE per impedire
deflagrazioni fuori controllo, ha dovuto abbandonare ortodossia e
obbiettivi istituzionali: il salvataggio di alcuni paesi, le misure per fornire
liquidità e la recente possibilità che il debito sovrano possa finanziarsi
attraverso i suoi prestiti, seppur con restrizioni e differenziazioni a seconda
del paese. La BCE, malgrado la facilità con la quale adesso opera, non può in
alcun modo essere equiparata alla Federal Reserve degli USA o alla Banca
d'Inghilterra, a causa della contraddizione fra l'unità monetaria e le diverse
politiche fiscali dei paesi che la compongono. L'integrazione
economica si allontana sempre di più a causa dei conflitti fra i vari paesi,
ognuno dei quali agisce secondo i propri interessi.
La desolazione attraversa le nostre società. Alcuni paesi
del sud sono in frantumi: bancarotta finanziaria, diseguaglianze laceranti,
corrosione del welfare, hanno relegato gran parte della popolazione
nell'esclusione e nella miseria. Niente di nuovo, niente che non sia già noto:
l'alternativa per i paesi meno avanzati e sfavoriti dell'unione monetaria è
quella di recuperare la sovranità economica e monetaria.
LA GRECIA OLTRAGGIATA
La Grecia è oggi nell'occhio del ciclone e si è trasformata
in un banco di prova che finirà per ratificare questa soluzione.
Il cambiamento che reclama la società greca dopo le elezioni
del 25 gennaio non è compatibile con l'euro. L'esito di questo conflitto avrà
ripercussioni decisive, sia politiche che economiche, in tutta Europa, poiché
non ci sarà altra soluzione che l'uscita della Grecia dall'euro. Se il governo
di Syriza sarà piegato dalla Troika, profonda sarà la delusione della sinistra
europea, ma soprattutto aumenterà la sofferenza per la popolazione greca. Se,
al contrario, il nuovo governo sarà in grado di superare l'ultimatum e ottenere
dilazioni al proprio fallimento, attraverso prestiti e salvataggi ponte, senza
modificare le cause essenziali della sua crisi, alla Grecia resterà ancora
molta strada da fare intrappolata nelle esigenze dei mercati e delle
istituzioni finanziarie. Con il passare del tempo, in un periodo non lungo,
sarà evidente l'insensatezza di quest'ultima alternativa che significa
continuare a tenere incatenato il paese e in sospeso la cittadinanza, senza
alcuna speranza nel futuro.
Solo affrontando la crisi in modo radicale e dirompente, con
l'uscita dall'euro e quindi con il recupero della sovranità monetaria e fiscale
e liberandosi da un debito che non si può pagare, il popolo greco inizierà a
scrivere un nuovo capitolo della propria storia.
Appare ingenuo e falso l'intero dibattito di una sinistra
convinta che non vi sia soluzione alla crisi all'interno dell'euro, ma che
cerca di distinguere fra dissociarsi dall'euro o essere espulsi dall'unione
monetaria.
Come anzidetto, l'Europa attraversa un momento decisivo. Il
timore dei paesi egemoni -Germania in testa- è che l'uscita della Grecia
dall'euro crei un precedente che acuisca l'instabilità dominante. Pure,
potrebbe darsi che venga adottato il criterio opposto: costringere la Grecia,
attraverso l'imposizione di condizioni insopportabili, ad uscire dall'euro e
dall'Unione europea quale deterrente per evitare, per qualche tempo, l'ascesa
di forze politiche che promuovono il recupero della sovranità economica e
politica in altri paesi del sud Europa. In entrambi i casi si apre un periodo
di grande instabilità, teso e transitorio.
L'euro, nella sua attuale forma, è destinato a sparire.
L'inevitabilità della sua scomparsa va data per certa. Ed è proprio a causa
dell'immane disastro causato in Europa che dovrebbe scaturire un risveglio
morale e intellettuale dei cittadini sull'irrazionale e perverso progetto di
unità monetaria.
Stanno nascendo in Europa movimenti e formazioni politiche
che mettono al centro della loro proposta l'uscita dall'euro. Non è più
questione di discutere la bontà e l'opportunità
dell'unione monetaria, anche se solo come anello d'integrazione sociale e
politica europea. Questo dibattito per molti europei si è già concluso. Ora si
discute se la scomparsa dell'euro può essere un processo consensuale e
controllato per evitare danni imponderabili o se i paesi dovranno agire
unilateralmente la rottura con la zona euro. Gli indiscutibili vantaggi della
prima ipotesi non garantiscono un processo sensato ed equilibrato come sarebbe
auspicabile. Tutto sembra indicare che sarà un processo turbolento e
distruttivo poiché vi sono in ballo molti interessi contrapposti. Tentare che
nell'ambito del capitalismo dominino altri valori e criteri, è un atto di fede
senza fondamento.
LA CRISI CONTINUA
Per quanto riguarda la Spagna, i motivi esposti nel
Manifesto del 2013 -richiesta di
recupero della sovranità economica e uscita
dall'euro- sono ancora pienamente vigenti, nonostante la confusione esistente,
generata con tenacia dal governo, di far credere in modo demagogico e
fraudolento che la crisi economica sia ormai questione del passato.
La curva del debito pubblico spagnolo |
Gli esigui cambiamenti nell'evoluzione dell'economia
spagnola non lasciano credere che la crisi sia alle nostre spalle. La
situazione economica e sociale è desolante. I danni causati dal 2008 ad oggi
sul fronte economico, a cominciare da disoccupazione, precarietà nel lavoro,
diseguaglianze nel welfare... sono così tanti che, dal punto di vista del
benessere generale del paese, la crisi non potrà dirsi superata per molti anni
a venire. In assenza di qualsivoglia criterio per evitare gli errori del
passato, non può certo confortarci la modesta crescita del PIL, favorita da
alcuni fattori: BCE, petrolio, turismo, deprezzamento dell'euro. Quando parlano
del nuovo modello economico ci fanno uno scherzo di cattivo gusto. Quando
parlano di crescita, siccome la ripresa è lenta e contradditoria, ogni volta
devono ingigantire le menzogne per sostenere il messaggio, tanto più essenziale
in campagna elettorale.
L'analisi accreditata è che la crisi internazionale abbia origine dalla crisi finanziaria, conseguenza dell'indebitamento in ogni ambito e livello, che si è scatenata con il fallimento della banca USA Lehman Brothers nel settembre del 2008. Una volta generata la sfiducia nei mercati finanziari e chiusi i canali di finanziamento preposti, l'approfondirsi della crisi nei vari paesi è stata correlata all'indebitamento di ciascuno e alle possibilità di questi di affrontarla, giacché l'eurozona non dispone di una Banca centrale con il ruolo della Federal Reserve negli Stati uniti.
L'economia spagnola era una delle più indebitate del mondo,
in seguito ai grandi squilibri della bilancia dei pagamenti dall'instaurazione
dell'euro e all'entusiastica partecipazione all'euforia finanziaria che
precedette la crisi. Era pertanto destinata a subire un grosso shock economico
com'è accaduto, senza che i problemi di base siano per ora mutati.
IL DEBITO DIVORA
Alla fine del 2007, l'indebitamento finanziario lordo
dell'economia spagnola, in tutti i suoi settori, fra amministrazione pubblica,
sistema finanziario, imprese e famiglie, ammontava a 9,7mila miliardi di euro (ad
una più dettagliata analisi il passivo aumenterebbe), al quale
vanno aggiunti
altri 2,2mila miliardi, la cifra che nell'insieme di questi settori nazionali, gli
operatori economici del paese, avevano di passivo con l'estero. L'indebitamento
totale era dunque di 11,9mila miliardi di euro, equivalente a 11,3 volte il PIL di
quest'anno.
Chi detiene il debito pubblico spagnolo |
I numeri alla fine del 2013, con tutti i cambiamenti
economici e le convulsioni finanziarie registrate da allora, sono i seguenti:
l'indebitamento fra settori interni 10,1mila miliardi di euro, più 2,3mila miliardi con
l'estero, per un totale di 12,4mila miliardi di euro di passivo, equivalente a 12,2
volte il PIL del 2013 (inferiore di un 3,4% all'anno 2007).
Rispetto al debito, la situazione
dell'economia spagnola si è pertanto aggravata negli ultimi anni, ed quindi
potenzialmente più esposta che nel passato a sconvolgimenti finanziari di ogni
genere. Le agevolazione previste dalla BCE, con il loro impatto sui tassi d'interesse,
compreso il cosiddetto premio per il rischio,
possono illudere che il clima economico e finanziario sia sereno, ma l'eccezionale instabilità
finanziaria internazionale ed europea è sempre in agguato e non passerà molto
tempo prima che sorgano altri periodi di agitazione e disordine.
Se ci riferiamo ad un aspetto
particolare e vitale della posizione finanziaria del paese, dobbiamo ricordare
che alla fine del 2007 il debito pubblico dello Stato era al 36% del PIL; alla
fine del 2014 era al 100% del PIL. La politica brutale e i tagli per sanare i
conti pubblici hanno provocato un vertiginoso incremento del debito pubblico e
un deficit incorreggibile dell'amministrazione pubblica, che nel 2015 è ancora
stimato, con poco fondamento, in un 4,5% del PIL, e produrrà, di conseguenza,
un altro aumento della spesa pubblica.
Il debito estero e quello pubblico,
due dati fondamentali per giudicare la salute dell'economia, costituiscono un
grosso freno, che impedisce di affermare che l'economia è sanata e in condizioni
di decollare. Alla fine del periodo elettorale che ci attende, così incline a
promesse, falsità e menzogne, appariranno di nuovo i fantasmi della crisi, se
tutto non subisce un'accelerazione per la questione greca.
Il governo nasconde e disdegna questi
dati essenziali nel tentativo di confondere l'opinione pubblica, non solo per
far credere che la crisi è passata, ma anche per confermare che la politica di
sacrifici e di perdita di benessere della popolazione era l'unica possibile ed
è stato giusto attuarla. Da lì, è un passo concludere che è necessario
continuare ad applicare la politica dell'austerità, con il paradosso che mentre
si esaltano i risultati dell'economia spagnola il governo continua a stringere
sui tagli alla spesa pubblica, come nel caso dei disoccupati senza alcuna
protezione.
CECITA' COLLETTIVA
Il Manifesto “Per recuperare la
sovranità economica, monetaria e cittadina” aveva visto giusto affermando che
il nostro paese era ad un bivio: o si lasciava trascinare nel sentiero dell'austerità
ad oltranza, come esigevano le istituzioni e i mercati finanziari
internazionali, cosa che avrebbe aggravato la crisi economica e sociale, o
altrimenti doveva imboccare il cammino per recuperare la sovranità economica e
monetaria, per un futuro che corregga ed eviti disastri come quello in cui è
precipitata la popolazione spagnola. Un cammino non privo di complessità.
Le condizioni politiche del paese
rafforzano tale proposta, in un momento in cui le mobilitazioni popolari contro
tante ingiustizie e le aspettative per le prossime elezioni mettono all'ordine
del giorno l'urgenza di risolvere i problemi economici dei cittadini. Milioni
di persone sono vittime della povertà, e molti altri sono schiacciati e
sommersi dalla crudezza e caparbietà delle politiche neoliberiste.
Il dramma del paese è che di fronte
a questa cogente necessità, non vi sono forze politiche che capiscano che
schivare il problema e il bivio che ci sta di fronte è un grave errore e un
suicidio politico. Lasciamo da parte il PSOE, con il suo impegno cieco per
l'euro, la sua obbedienza sottomessa alla Troika, compresa la riforma del 2011
dell'articolo 135 della Costituzione, “suggerita” dalla BCE. Accenna ad
un'altra politica, fa timidi passi d'opposizione e al medesimo tempo affianca senza
soluzione di continuità il PP con il quale condivide gli obbiettivi essenziali.
Non si può contare nei dirigenti del PSOE per liberarsi dalla morsa della
moneta unica.
Debiti privati e debito pubblico in Spagna |
Le forse politiche alla sinistra
del PSOE, vecchie e nuove, sono più attive nella protesta contro la politica
neoliberale; affiancano e collaborano nelle mobilitazioni contro gli abusi e le
violenze del sistema. Disgraziatamente però confondono la popolazione,
suscitano aspettative irrealizzabili e con ciò preparano le persone a prossime
cogenti delusioni e frustrazioni che possono sfociare in cambiamenti molto
controproducenti nelle coscienze del popolo oppresso e umiliato. Dicono che è questione di volontà
politica e parlano di un'altra politica economica e sociale, di un altro modello
produttivo, ma senza il minimo rigore. Nella situazione di fallimento
finanziario del paese, nel contesto dell'unione monetaria, non c'è possibilità
per una politica fondamentalmente diversa da quella condotta dalla Troika, le
cui conseguenze sono ampiamente provate.
È questa cruda realtà che dobbiamo
trasmettere alla popolazione e dobbiamo metterla di fronte al bivio che abbiamo
davanti. È così irrecuperabile il terreno perso in questi anni che persino se
miracolosamente sparisse il debito che divora il paese non sarebbe possibile
risollevarsi e creare un'economia sufficientemente forte e competitiva per
sopravvivere all'interno della zona euro. La lieve crescita del PIL negli
ultimi trimestri sta già trasformandosi in un significativo peggioramento del deficit della bilancia dei
pagamenti.
Bilancia dei pagamenti (current account) spagnola |
SOVRANITA' E DEMOCRAZIA
Ci rivolgiamo a tutte le forze
impegnate nel cambiamento e a tutti i cittadini che soffrono davvero la crisi.
L'unica via d'uscita valida è quella di recuperare la sovranità economica.
Abbiamo bisogno di una nostra moneta per affrontare meglio la competizione e di
una banca centrale per gestire meglio la politica fiscale. Qualsiasi tentativo
di applicare gli insegnamenti keynesiani richiede di accantonare per qualche
tempo i problemi del deficit pubblico, fino al rilancio attraverso la domanda
delle risorse produttive, fino a generare reddito ed aumentare il gettito
fiscale, combattendo seriamente la frode fiscale.
Più neoliberismo aggrava la
catastrofe sociale del paese. È bene ricordare che continua il negoziato per
l'accordo del TTIP fra l'Unione europea e gli Stati uniti in completa impunità
e segretezza. Un trattato che distrugge la capacità degli Stati di
regolamentare aspetti chiave della vita della popolazione – lavoro, sanità,
ecologia, cultura- e ne riduce la sovranità fino ad equipararli alle
multinazionali in quanto a potere di negoziazione. L'uscita dall'euro
eviterebbe di dover condividere tale accordo che si sta preparando a
tradimento, alle spalle del popolo.
La destra politica e i poteri
economici non esitano nel perseguire i loro disegno di un mondo senza diritti e
di una democrazia fittizia che conduce alla barbarie.
La difesa e la costruzione della
democrazia politica è inseparabile dalla sovranità popolare ed economica. Il
processo costituente necessario a garantire i diritti politici e sociali della
cittadinanza, potrà dirsi concluso con successo soltanto dopo aver recuperato
gli strumenti economici che rendono effettiva tale sovranità.
Essendo tanti i valori in gioco e differenti
le opinioni di come si intende una società civilizzata, tutte le forze
politiche che considerino inevitabile aprire un Processo Costituente, e tutte
le vittime dell'attuale situazione, sono chiamate ad unirsi e trovare una
convergenza per porre fine alla
desolazione e alla mancanza di speranza che si sono instaurate con il
capitalismo nella fase distruttiva della sua storia.
Le rivendicazioni, le proposte, gli
obbiettivi sono nelle menti e nelle coscienze di tutti, dovremo continuare fino
ad ottenere quanto vogliamo. Solo così avanzeremo insieme e indicheremo la
direzione politica a partiti, sindacati, movimenti... mostrando che la
sovranità popolare è necessaria e inevitabile.
Il nostro obbiettivo finale è
quello di liberare il popolo dal giogo imposto dalle oligarchie dominanti
dell'Unione europea e così, fuori dalla trappola dell'euro, costruire
un'alternativa economica, sociale e politica che argini la barbarie. A questo
scopo chiamiamo ad organizzare, in Spagna, durante il 2015, un “Incontro”, al
quale dovrebbero partecipare le voci autorizzate di altri paesi con i nostri
stessi obbiettivi e per la preparazione del quale si costituirà un Gruppo
Promotore.
Di fronte al fallimento e al
disastro causato dall'attuale progetto neoliberista europeo, i popoli
sottomessi della UE devono intraprendere altre soluzioni basate sul recupero
della sovranità popolare, la solidarietà, la cooperazione e la fraternità.
Aprile 2015
(Traduzione Marina Minicuci)
PRIMI FIRMATARI
JULIO
ANGUITA
SANTIAGO
ARMESILLA
DAVID
BECERRA
MIREIA
BIOSCA
LUIS
BLANCO
ROSA
CAÑADELL
MANUEL
COLOMER
ALBERT
ESCOFET
SANTIAGO
FERNANDEZ
VECILLA
RAMÓN
FRANQUESA
HÉCTOR
ILLUECA
PEDRO
LOPEZ
LOPEZ
JOAQUÍN
MIRAS
NEUS
MOLINA
MANUEL
MONEREO
AGUSTÍN
MORENO
ROSANA
MONTALBAN
PEDRO
MONTES
ARACELI
ORTIZ
GUMER
PARDO
MIGUEL
RIERA
CLARA
RIVAS
JUAN
RIVERA
JOAN
TAFALLA
DIOSDADO
TOLEDANO
RODRIGO
VÁZQUEZ DE PRADA
PAU
VIVAS
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