[ 11 maggio ]
Ecco cosa scriveva Pietro Nenni
sull'Avanti del 20 gennaio 1924*
«Oggi, prima del decreto di scioglimento, prima della convocazione dei comizi, prima della giornata elettorale, le elezioni sono già fatte e il governo è già plebiscitariamente rieletto colla sua maggioranza fedelissima. Gran virtù della mirifica riforma elettorale, mercé la quale la dittatura si fa dare l’avallo dalla sovranità popolare ridotta a un fantoccio… senza corona e senza scettro!
Bisogna proprio essere della levatura portentosa di Michelino Bianchi per insistere sulla necessità di una riforma costituzionale che garantisca al governo il potere per tutta la durata della legislatura. E bisogna essere costituzionali della stoffa della “miserabile classe dirigente”, per non capire che la riforma costituzionale c’è già tutta nella riforma elettorale a cui hanno dato il “placet” tutti i più ortodossi zelatori di tanti princìpi.
Ora le elezioni sono fatte a Palazzo Chigi, là il governo ha manipolato la sua maggioranza futura, ha dato i primi posti e i più numerosi, agli uomini del suo partito, e poi ha dosato il resto con una scelta di ascari fedeli dalle truccature variopinte. Varata ufficialmente quella lista, essa è già eletta, nella sua integrità, senza possibilità di contendenti nel campo nazionale perché la minaccia è sospesa contro chi ardisse da parte costituzionale contrastare razionalmente la lista del governo, che rappresenta il Partito fascista e quindi, senz’altro, la patria. Se non c’è già qui una riforma costituzionale – dato che si possa chiamare riforma… l’abrogazione della Costituzione – non sappiamo quali altre elucubrazioni possano a tal riguardo fermentare nei cervelli geniali dei nuovi statisti pullulati dalla marcia su Roma.
[…] Basta che il duce arroti i denti, e agiti lo staffile, ed eccoli tutti accovacciati come nella storica seduta del bivacco».
Bisogna proprio essere della levatura portentosa di Michelino Bianchi per insistere sulla necessità di una riforma costituzionale che garantisca al governo il potere per tutta la durata della legislatura. E bisogna essere costituzionali della stoffa della “miserabile classe dirigente”, per non capire che la riforma costituzionale c’è già tutta nella riforma elettorale a cui hanno dato il “placet” tutti i più ortodossi zelatori di tanti princìpi.
Ora le elezioni sono fatte a Palazzo Chigi, là il governo ha manipolato la sua maggioranza futura, ha dato i primi posti e i più numerosi, agli uomini del suo partito, e poi ha dosato il resto con una scelta di ascari fedeli dalle truccature variopinte. Varata ufficialmente quella lista, essa è già eletta, nella sua integrità, senza possibilità di contendenti nel campo nazionale perché la minaccia è sospesa contro chi ardisse da parte costituzionale contrastare razionalmente la lista del governo, che rappresenta il Partito fascista e quindi, senz’altro, la patria. Se non c’è già qui una riforma costituzionale – dato che si possa chiamare riforma… l’abrogazione della Costituzione – non sappiamo quali altre elucubrazioni possano a tal riguardo fermentare nei cervelli geniali dei nuovi statisti pullulati dalla marcia su Roma.
[…] Basta che il duce arroti i denti, e agiti lo staffile, ed eccoli tutti accovacciati come nella storica seduta del bivacco».
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