[ mercoledì 29 maggio 2019]
Comunicato n. 6-2019 del Comitato centrale di P101
Alle porte di elezioni europee che l’élite eurocratica aveva trasformato in un referendum pro o contro la sua supremazia invitammo ad un voto contro l’Unione europea, augurandoci dunque la tenuta del governo giallo-verde. Mentre a livello europeo il variopinto blocco a guida eurocratica ha momentaneamente vinto, in Italia è stato nuovamente sconfitto, a conferma che quella della protesta affermatasi il 4 marzo 2018 è un’onda forte e lunga. L’Italia e la Gran Bretagna si confermano come le due temibili spine nel fianco all’eurocrazia, ed i paesi dove più profonda è la crisi dell’élite e del loro tradizionale sistema di comando bipolare.
Comunicato n. 6-2019 del Comitato centrale di P101
Il doppio risultato
Alle porte di elezioni europee che l’élite eurocratica aveva trasformato in un referendum pro o contro la sua supremazia invitammo ad un voto contro l’Unione europea, augurandoci dunque la tenuta del governo giallo-verde. Mentre a livello europeo il variopinto blocco a guida eurocratica ha momentaneamente vinto, in Italia è stato nuovamente sconfitto, a conferma che quella della protesta affermatasi il 4 marzo 2018 è un’onda forte e lunga. L’Italia e la Gran Bretagna si confermano come le due temibili spine nel fianco all’eurocrazia, ed i paesi dove più profonda è la crisi dell’élite e del loro tradizionale sistema di comando bipolare.
Alleanza giallo-verde a rischio
Quell’onda lunga ha sì confermato che il “campo populista” conserva un consenso maggioritario nel Paese ma ha prodotto un profondo ribaltamento dei rapporti di forza al suo interno: la Lega ha raddoppiato i suoi voti mentre i 5 stelle hanno subito un vero e proprio tracollo elettorale. Questo capovolgimento potrebbe avere conseguenze letali per il governo ove Salvini cercasse un nuovo assetto in seno al governo umiliando i 5 stelle. Per questo, mentre chiamavamo ad un voto di resistenza che sostenesse il governo giallo-verde, scongiuravamo uno sfondamento della Lega e un forte indebolimento dei pentastellati.
La prova del 9 di Salvini
E’ legittimo, dato il responso delle urne, mettere mano alla composizione del governo? Sì, lo è. Ma ciò può avvenire in due opposte maniere: a spese dei 5 stelle oppure a quelle del Cavallo di Troia dei poteri forti“, il partito di Mattarella” il quale, vale ricordarlo, non è solo la terza forza della coalizione ma quella che detiene l’ultima parola sulle decisioni che contano. Se la Lega vuole più potere in seno al Consiglio dei ministri, avocasse a sé i Ministeri chiave dell’Economia e degli Esteri. Se invece Salvini non attaccherà in quella direzione — ove ad esempio ponesse sul tavolo in modo ultimativo questioni come una flat tax a favore dei più ricchi o la sciagurata “autonomia differenziata” che approfondirebbe il solco già enorme tra Nord e Sud del Paese —, vorrà dire che avrà ceduto alle frazioni nordiste e anti-nazionali della Lega che hanno già deciso di rompere l’alleanza col M5s per andare ad elezioni anticipate. Soluzione gradita ai poteri forti che così vedono la possibilità di restaurare il sistema bipolare o delle “larghe intese”.
La partita decisiva dell’autunno
Ove Salvini chiedesse la sostituzione di Tria e Moavero vorrà dire non solo che la Lega è davvero nelle sue mani, che egli farà seguire alle parole — “non rispetteremo i vincoli di bilancio che la Ue vuole imporre, non torneremo a politiche austeritarie” — i fatti, sfidando così l’Unione europea in vista della prossima, fatale partita da cui molto dipende, quella della Legge di bilancio. L’augurio della Sinistra patriottica è dunque che il governo resti in sella, che la Lega non rompa il patto coi 5 stelle e non precipiti il Paese verso elezioni anticipate che sancirebbero, come spera l’élite eurocratica, la disintegrazione del “campo populista”.
Il tracollo dei 5 stelle
Vero è che le elezioni europee, più delle altre, sono contraddistinte da un’accentuata volatilità elettorale, che sono niente di più che un grande sondaggio. Tuttavia le dimensioni della sconfitta elettorale dei 5 stelle (sei milioni di voti persi in un anno) hanno messo in evidenza sia i suoi lampanti punti deboli che i suoi errori. Tra i punti deboli la sua effimera e aleatoria struttura d’organizzazione, e l’assenza di una netta identità ideologica. O si riforma come partito democratico di massa o il M5s sparirà come fugace figlio di una stagione di transizione. E se non vorrà sparire deve darsi una nuova e più combattiva direzione ed una spiccata identità politica . La sola che può scegliere, dato che il populismo reazionario salviniano occupa quasi tutto il lato destro dello spettro politico, mentre il vecchio “centro moderato” è presidiato dall’élite euro-liberale coi suoi ammennicoli libertari di sinistra, è quella di un deciso “populismo di sinistra” che sfidi entrambi per l’egemonia. Di Maio, con la sua furbizia trasformistica, è l’incarnazione stessa di questo vuoto identitario e ideologico. Egli (e chi lo ha piazzato come capo politico) ha sulle spalle gran parte della responsabilità del tracollo. Avendo un cuore che pulsa a destra Di Maio ha prima fatto enormi concessioni a Salvini, consentendogli di passare come il dominus del governo, poi, in campagna elettorale ha tentato di contrastarlo ma adottando un profilo moderato, europeista, anti-populista, gradito ai poteri forti e alla Confindustria. Al primo grave errore ha fatto dunque seguito il secondo, peggiore. V’è infine, per spiegare il tonfo, la discrepanza avvertita tra i settori colpiti dalla povertà tra le aspettative suscitate dal cosiddetto “Reddito di cittadinanza” e l’effettivo risultato: date le stringenti condizionalità reddituali per riceverlo (fissate per rispettare i parametri euro liberisti sul deficit pubblico) troppi non l’hanno ricevuto, moltissimi percependo un umiliante “assegno di povertà”. Un tonfo elettorale che il m5s ha infatti subito anzitutto nel Mezzogiorno, dove di fatto ha vinto il “partito dell’astensione” mentre solo un anno fa il Movimento aveva ottenuto consensi anche oltre il 50%.
L’avanzata precaria di Salvini
Non c’è quindi da stupirsi se Salvini ha stravinto il duello con Di Maio, ed ha stravinto non solo per la sua straordinaria abilità populista di parlare a milioni di italiani, ma perché ha raccolto una serie di istanze ideali, domande sociali e aspettative inevase, indirizzando la protesta e il desiderio di un cambiamento contro i poteri forti, tra cui anzitutto l’eurocrazia. No all’immigrazione di massa, sicurezza, stato forte, fine dell’austerità, lavoro, giustizia sociale, rispetto democratico della volontà dei cittadini, orgoglio nazionale. Da intelligente populista non ha solo fatto sue questa catena di disparate domande, le ha ordinate in una scala gerarchica, incardinandole a quella principale — quella del no all’immigrazione —, le ha quindi impastate con una forte identità di tradizionalismo cattolico. Ma la stessa onda che lo ha portato in alto può presto trascinarlo in basso. La gerarchia dei fattori che lo hanno portato alla vittoria non corrisponde infatti a quella di chi comanda davvero, che imporrà ben presto — lettera Commissione Ue in arrivo con minaccia di procedura d’infrazione su deficit e debito — la sua propria agenda, che al primo posto pone il rientro dell’Italia, già con la prossima Legge di bilancio, nei ranghi delle politiche austeritarie ed eurocratiche. La tregua tra Bruxelles e Roma siglata a dicembre aveva una scadenza ed è già finita. Vedremo presto se Salvini vorrà resistere ai diktat di Bruxelles e Francoforte o se cederà. Non potrà ubbidire a due padroni, rispettare al medesimo tempo le principali quanto contraddittorie domande sociali che ha raccolto ed i desiderata dell’eurocrazia.
La Sinistra Patriottica
La sinistra radicale esce nuovamente malconcia dalla prova elettorale. L’aggressiva quanto velleitaria politica anti-salviniana in nome dell’antifascismo, dell’immigrazionismo come atto di fede, del prima i diritti civili di piccole minoranze rispetto a quelli sociali delle masse popolari — quindi la sua prossimità ideologica con l’élite dominante liberal-liberista —, l’ha fatta precipitare ad un nuovo minimo storico di consensi. Potrà sopravvivere come satellite del Pd o come pulviscolo settario e autoreferenziale. A causa di questo disastro nel vecchio perimetro della sinistra radicale ed ex-rivoluzionaria prevale l’idea che quello attuale sia “il più nero periodo di sempre”. Una visione allucinata che indica quanto siderale sia la distanza non solo dalla grande maggioranza del popolo lavoratore ma dalla realtà effettuale. Non serve frustare un cavallo morto, chi vorrà vivere vivrà. Alla divisa Sinistra Patriottica, spetta unire le forze e mettere da parte vecchie incrostazioni, per costruire una nuova e solida casa dei rivoluzionari. La crisi sistemica è di lunga durata, ed aperta a sbocchi diversi e opposti. Proprio adesso i rivoluzionari debbono organizzarsi, prepararsi, non commettere errori tattici che potrebbero rivelarsi strategicamente fatali. Chi è minoranza oggi può diventare maggioranza domani. Siamo solo alla prima fase del “momento populista”, seguirà la seconda, quella in cui larghe e giovani masse entreranno finalmente in scena dando la spinta che serve al “populismo di sinistra” per sfidare e battere quello della nuova-vecchia destra.
Non c’è liberazione sociale senza liberazione nazionale!
Costruire il partito della sinistra patriottica!
Il Comitato centrale di Programma 101
Roma, 28 maggio 2019
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12 commenti:
Se qualche meridionale mi legge voglio dirvi:
Avete visto che bel pasticcio avete combinato
con la vostra astensione di massa...
Italia insulare votanti 37 %
Italia meridionale votanti 48 %
Con la vostra astensione, il governo che vi
ha dato un reddito di cittadinanza, seppur minimo,
rischia di cadere e rischiamo di farci governare
da quella lega che FINGE di essere nazionalista
ma in segreto persegue da sempre la secessione
della padania teorizzata da Gianfranco Miglio.
Fidatevi se ve lo dice un veneto che li conosce bene.
Cominciate da subito a mobilitarvi per le prossime
elezioni politiche se non volete che si realizzino
gli antichi sogni di Umberto Bossi.
Grazie per il consiglio, ma penso che anche l'astensione, come dato, vada interpretata.
La massima delegittimazione dell'Unione europea viene oggi dal mezzoggiorno.
Vi conviene guardare tutti al sud, invece di accusarlo di aver aperto la strada alla destra, con Salvini in testa.
Non bisogna prendersela con i meridionali , anch'io lo sono anche se trapiantato in Lombardia e ho votato 5 stelle turandomi fortemente naso , orecchie e altri pertugi . Le gente tutta a parte quella leghista convinta ( sono gli unici che hanno certezze , beati loro ) vive un colossale disorientamento dovuto all'incapacita' di costruire una sinistra minimamente decente in questo disgraziato paese . La globalizzazione ha distrutto tutto il tessuto sociale, la finanza imperversa e le persone vagano nel limbo dell'insicurezza e della precarieta' esistenziale . Ora siamo un po' tutti frastornati e ci aggrappiamo ora ai vaffa , ora a demagoghi e saltimbanchi ed anche l'astensionismo fa parte di queste paure ed incertezze . Non
me la sento di biasimarli ! Hai ragione sulla Lega , chi nasce quadro non muore tondo e prima o poi ritirera' fuori la secessione , dal momento che il suo statuto non e' stato cambiato .
Per il commentatore delle 9.21, probabilmente vicino a M5S, la colpa sarebbe dunque del popolo per come ha votato a cui lui fa pure saccentemente la lezzzioncina. L'avanzata di Salvini e l'enorme astensione sono invece da addebitare proprio agli errori di M5S.
Mi sa che non ha letto bene l'articolo, continuate così e vedrete come M5S sparirà e lo avrà pure meritato.
Ed è partito il voto su Rousseau, la piattaforma più manipolabile che ci sta. Io ancora mi ricordo di ALDE.
analisi stracorretta ma pongo una domanda a p101: escludiamo per principio che Bruxelles voglia concedere al governo ulteriore flessibilità? Se vanno all'attacco scatenando i mercati rischiano di approfondire il casino che potrebbe sfuggirgli di mano. Insomma: forse gli conviene abbassare la cresta.
Enrico
Anche io sono meridionale. E anche io mi sono astenuto. Ma non l'ho fatto per menefreghismo e neppure perche' non abbia preso il RdC. L'ho fatto perche' non potevo dare il mio voto a un soggetto politico che PRIMA dice di voler organizzare il referendum per uscire dall'euro e POI dichiara che l'euro non e' in discussione... PRIMA dice di voler cambiare le regole in Europa (ben sapendo che e' impossibile) e POI abbassa le braghe (al pari del "nazionalista" Salvini) al momento della legge di Bilancio... PRIMA dice di voler tagliare le spese militari e poi?... Per la serie: si nasce incendiari e poi si muore pompieri... Un movimento che piazza come capilista delle "donne manager"... Ecc...ecc... Cos'altro avrei dovuto fare se non astenermi?
Per quanto riguarda la malafede della lega, concordo in pieno: il progetto delle "autonomie diferenziate" ne e' una prova indiretta.
Francesco F.
Manduria (Ta)
E leggo solo adesso: "la Lega è primo partito a Riace e Lampedusa".
Tanti saluti al sindaco eroe dell'immigrazione incontrollata ed al modello Riace. Il PD crolla al 17.4%.
Giovanni
LA PARTITA CON LA U.E.
Enrico ci dice, in buona sostanza, che non esclude un nuovo compromesso tra Roma e Bruxelles.
La questione c'è, effettivamente. Ove Bruxelles sferrasse l'attacco al governo giallo-verde, con lo spread che si impenna, la prima vittima sarebbe il sistema bancario italiano, col rischio di un contagio a scala più ampia che destabilizzerebbe tutta la Ue.
Vero. Ma c'è da tenere in considerazione gli appetiti dei concorrenti esteri che non vedono l'ora di papparsi le banche italiane a quattro soldi e di mettere dunque le mani sulla montagna di risparmio privato. Infine c'è il dato politico: gli eurocrati pensano di uscire rafforzati dalle elezioni e debbono punire l'Italia populista.
Insomma,a Bruxelles c'è un dilemma, e ogni decisione ha delle forti contro-indicazioni.
Mettiamola così: 60-40.
60% che arriva il procedimento d'infrazione....
In questa analisi manca totalmente una lettura dell'astensione
Insisto. Trovo che non parlare affatto dei dati sull'astensione sia un grande e grave errore di questa analisi. Non perché gli astenuti siano automaticamente rivoluzionari, ma perché sarranno sicuramente i protagonisti e l'ago della bilancia. Se andranno dai cinque stelle questi possono addirittura vincere le elezioni, se andranno alla sinistra rivoluzionari a idem. E così via. È evidente che quello è il popolo con cui dobbiamo sintonizzarci. Si pensi che al sud è addirittura del 60 per cento!!! Una massa di diseredati da comprendere, studiare, infine mobilitare.
Per questo la vostra nota è buona, ma fuori tema. Quindi insufficiente
Rosso Nera
forse hai ragione che P101 non ha sottolineato come si dovrebbe il dato sull'astensione (media nazionale 43,7%), in SIcilia e Sardegna il 60%. Nel Comunicato se ne fa accenno infatti per segnalare che è stata molto massicci in amplissime aree del Mezzogiorno.
dato che ci siamo ne approfittiamo per fare due conti e ridimensionare quallc he il sinistrato Fratoianni (intervista a il manifesto) ha definito "ONDA NERA" (sic!) della Lega.
vediamo un po'.. La Lega ha quindi ottenuto il 34% del 56%.
Fatto 100 il totale dei cittadini aventi diritto di voto quel 34% quanto fa?
Fa che han scelto Salvini meno del 20% degli italiani, ovvero più di un terzo e meno di un quarto.
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