[ 10 maggio 2019 ]
In un modo che più furtivo non si può e mentre chiude bottega, il Parlamento europeo ha approvato una specie di direttiva che obbliga gli stati dell'Unione ad adottare un modello pienamente liberista del sistema pensionistico.
Di seguito la dichiarazione del Coordinamento europeo per l'uscita dall'Unione, dall'euro, dalla NATO e dal neoliberismo —di cui Programma 101 fa parte.
* * *
Dichiarazione del coordinamento europeo no-euro sul "Sistema pensionistico individuale paneuropeo" (PEPP)
Il 4 aprile scorso il fantoccio Parlamento europeo ha approvato il PEPP (Pan-European personal pension product), un nuovo regolamento che obbliga gli Stati membri ad adottare un omogeneo sistema pensionistico basato sulle privatizzazioni. Ciò è accaduto senza alcun dibattito pubblico, senza che i principali partiti nei abbiano mai parlato lo abbiano chiesto nei loro programmi elettorali, il tutto a poche settimane dalle prossime elezioni. Questa decisione stata chiaramente una manovra alle spalle dei popoli e sotto la pressione delle lobby che esercitano un vero predominio nelle istituzioni della UE. Il documento è stato sbrigativamente approvato grazie al voto favorevole dei popolari e dei liberali e con l’astensione dei socialisti.
Questo regolamento è stato avanzato dai colossi del mondo finanziario-speculativo, certo nel servile appoggio della Commissione europea e del Consiglio europeo. Il progetto è un condensato tutti i concetti liberisti che sono predominanti nelle strutture di governo dell'Unione e che ispirano la maggior parte dei governi che ne fanno parte. E questo, senza che la UE abbia specifiche competenze sui sistemi pensionistici nazionali, visto che non esiste una politica comune riguardo ai diritti sociali, ciò affinché i paesi si facciano concorrenza al ribasso tra loro. È un nuovo attacco delle forze che si oppongono alla difesa dei sistemi pensionistici pubblici, di un nuovo passo verso la privatizzazione dei sistemi pensionistici. È infatti una dichiarazione esplicita a favore dei sistemi privati e una pressione sui governi per facilitare e incoraggiare lo sviluppo di piani pensionistici privati, a scapito dei sistemi pubblici.
L'argomento centrale del legislatore è che la base della popolazione lavorativa si va riducendo rispetto all'aumento della popolazione in età pensionabile. Ma queste sono considerazioni e stime distorte e approssimative, che non tengono conto di fattori decisivi come i flussi migratori, il crescente ritardo nell'età di richiesta delle pensioni, la possibilità di sviluppare politiche mirate al tasso di natalità, né — aspetto decisivo — la promozione di politiche attive per l'occupazione. A nulla serve avere una popolazione significativa in età lavorativa, se questa non ottiene lavoro o se questo è precario; senza un pieno e dignitoso impiego non è possibile garantire la sostenibilità del sistema pensionistico.
Con l'approvazione del PEPP, la UE è fatta portavoce di due tipi di interessi. Da un lato, gli interessi delle imprese, sempre più riluttanti a contribuire per le quote sociali ai sistemi pensionistici pubblici. D'altra parte, gli interessi del predatorio settore finanziario speculativo per il quale la semplice esistenza di sistemi pensionistici pubblici costituisce una concorrenza seria, il PEPP è infatti una maligna attività senza rischi. Tutti gli argomenti della Commissione europea sono diretti alla necessità di aumentare l'età pensionabile della popolazione attiva, di ridurre l'ammontare delle pensioni in proporzione ai salari della popolazione attiva.
Su quest'ultimo punto, la Commissione Europea, in realtà, tenta di ridurre la pressione sui bilanci pubblici, punto di forza essenziale dei sistemi welfaristi con l'argomento che diventa insostenibile assicurare pensioni dignitose. Si prescinde da un fattore fondamentale: i contributi da parte di lavoratori e datori di lavoro durante l’arco della vita lavorativa. In questo contesto è ovvio che dato il "Sistema pensionistico indivuduale paneuropeo" le aziende non saranno obbligate a fornire contributi complementari di alcun tipo complementari ai loro dipendenti.
Lo stesso regolamento nella sua giustificazione esprime chiaramente quali interessi serva. Non si tratta di preservare un diritto sociale, ma piuttosto l'obiettivo del legislatore è quello di creare un mercato finanziario unico e garantire che la massa di denaro accumulata in questi prodotti pensionistici diventi patrimonio d'investimento a lungo termine. Come indicato nel Piano d'azione della Commissione per la creazione di un mercato dei capitali nel settembre 2015, «una pensione europea individuale e facoltativa, potrebbe essere concepita come modello normativo basato su un livello adeguato di protezione dei consumatori e che i fornitori di pensioni possano utilizzare, in tutta la UE, quando offrono i loro prodotti».
Il mercato pensionistico privato europeo mira a creare un mercato dei capitali a lunghissimo termine che tenderà naturalmente ad convertirsi in progetti con periodi di maturità simili di recupero incerto. Il regolamento stabilisce che «la proposta intende consentire a un'ampia gamma di promotori (banche, compagnie assicurative, gestori patrimoniali, fondi pensione per il lavoro, società di investimento) di offrire PEPP e garantire condizioni di parità. I PEPP possono essere offerti online, compresa la consulenza, e non richiederebbero una rete di filiali, facilitando l'accesso al mercato. Le normative sui passaporti aiuteranno i promotori a entrare in nuovi mercati nazionali. La standardizzazione degli elementi chiave dovrebbe anche ridurre i costi dei promotori e aiutarli a raggruppare i contributi dei diversi mercati nazionali, al fine di convogliare le attività verso investimenti a livello dell'UE».
I piani pensionistici privati significano anche un reddito fisso per i loro gestori, come percentuale sulla massa del denaro gestito, un giro d'affari per tutti i promotori coinvolti. Non assumono rischi per l'esecuzione dei piani e fanno pagare per avere al loro servizio un'immensa massa di denaro che la Commissione Europea si aspetta si sommi al mercato unico dei capitali europeo, per stabilizzare la sua valuta sempre meno solvibile.
Di fronte alle speculazioni distorte dell'Unione europea, la realtà è molto chiara. La recente storia dei piani pensionistici privati non è soddisfacente in condizioni di crisi economica e finanziaria. In questo senso, gli esempi di Argentina e Cile sono clamorosi. Il modello a cui la UE intende adottare è quello di ridurre le pensioni pubbliche, con una minore pressione sui bilanci pubblici degli Stati membri e una riduzione degli oneri sociali per le aziende con l'argomento che i sistemi pensionistici pubblici non sono sostenibili. La vera domanda è se un sistema economico è sostenibile visto che per la sua sopravvivenza deve ridurre le pensioni pubbliche.
In verità, ciò che crea difficoltà ai sistemi pensionistici sono la riduzione delle quote sociali delle imprese e le sovvenzioni pubbliche alle aziene da un lato, dall’altro i bassi salari dei lavoratori sottoposti ad una feroce svalutazione interna che ha ridotto i loro contributi e gli alti tassi di disoccupazione o sottoccupazione. Tutto ciò è reversibile solo mettendo fine alle politiche di austerità imposte dalla UE e dalla BCE.
Ma il progetto della Commissione europea va ben al di là di questa seria incoerenza, già grave per sé stessa. Il regolamento PEPP apre anche le porte a una progressiva privatizzazione dei sistemi pensionistici pubblici, che hanno una causa ben diversa da quella descritta dalla retorica del legislatore. Dato il sopraggiungere di un nuovo ciclo recessivo, il potere finanziario teme che il debito pubblico causato dai salvataggi delle banche derivanti dalla crisi del 2008 non consenta nuovi salvataggi e quindi il settore finanziario stia annusando un nuovo deposito di solvibilità degli stati, che sono in rovina e hanno perso gran parte delle loro aziende pubbliche. La cessione parziale o totale delle pensioni pubbliche potrebbe consentire una nuova boccata di ossigeno ai settori finanziari in perenne agonia, essendo questo regolamento una finestra aperta alla privatizzazione delle pensioni alle porte di una nuova crisi.
Il Coordinamento denuncia questa nuova imposizione delle istituzioni dell'Unione europea, condannando la sua approvazione alle spalle dei cittadini (ad eccezione della Spagna dove il movimento dei pensionati è forte) che ignorano assolutamente questa nuova erosione dei propri diritti. Ricordiamo infine con forza alla finanza predatoria ed alle oligarchie, che non riconosceremo alcun debito, né alcun diritto che in futuro possa derivare da questo quadro legislativo illegittimo, anti-popolare ed estremamente ingiusto.
Roma 14 aprile 2019
Questo regolamento è stato avanzato dai colossi del mondo finanziario-speculativo, certo nel servile appoggio della Commissione europea e del Consiglio europeo. Il progetto è un condensato tutti i concetti liberisti che sono predominanti nelle strutture di governo dell'Unione e che ispirano la maggior parte dei governi che ne fanno parte. E questo, senza che la UE abbia specifiche competenze sui sistemi pensionistici nazionali, visto che non esiste una politica comune riguardo ai diritti sociali, ciò affinché i paesi si facciano concorrenza al ribasso tra loro. È un nuovo attacco delle forze che si oppongono alla difesa dei sistemi pensionistici pubblici, di un nuovo passo verso la privatizzazione dei sistemi pensionistici. È infatti una dichiarazione esplicita a favore dei sistemi privati e una pressione sui governi per facilitare e incoraggiare lo sviluppo di piani pensionistici privati, a scapito dei sistemi pubblici.
L'argomento centrale del legislatore è che la base della popolazione lavorativa si va riducendo rispetto all'aumento della popolazione in età pensionabile. Ma queste sono considerazioni e stime distorte e approssimative, che non tengono conto di fattori decisivi come i flussi migratori, il crescente ritardo nell'età di richiesta delle pensioni, la possibilità di sviluppare politiche mirate al tasso di natalità, né — aspetto decisivo — la promozione di politiche attive per l'occupazione. A nulla serve avere una popolazione significativa in età lavorativa, se questa non ottiene lavoro o se questo è precario; senza un pieno e dignitoso impiego non è possibile garantire la sostenibilità del sistema pensionistico.
Con l'approvazione del PEPP, la UE è fatta portavoce di due tipi di interessi. Da un lato, gli interessi delle imprese, sempre più riluttanti a contribuire per le quote sociali ai sistemi pensionistici pubblici. D'altra parte, gli interessi del predatorio settore finanziario speculativo per il quale la semplice esistenza di sistemi pensionistici pubblici costituisce una concorrenza seria, il PEPP è infatti una maligna attività senza rischi. Tutti gli argomenti della Commissione europea sono diretti alla necessità di aumentare l'età pensionabile della popolazione attiva, di ridurre l'ammontare delle pensioni in proporzione ai salari della popolazione attiva.
Su quest'ultimo punto, la Commissione Europea, in realtà, tenta di ridurre la pressione sui bilanci pubblici, punto di forza essenziale dei sistemi welfaristi con l'argomento che diventa insostenibile assicurare pensioni dignitose. Si prescinde da un fattore fondamentale: i contributi da parte di lavoratori e datori di lavoro durante l’arco della vita lavorativa. In questo contesto è ovvio che dato il "Sistema pensionistico indivuduale paneuropeo" le aziende non saranno obbligate a fornire contributi complementari di alcun tipo complementari ai loro dipendenti.
Lo stesso regolamento nella sua giustificazione esprime chiaramente quali interessi serva. Non si tratta di preservare un diritto sociale, ma piuttosto l'obiettivo del legislatore è quello di creare un mercato finanziario unico e garantire che la massa di denaro accumulata in questi prodotti pensionistici diventi patrimonio d'investimento a lungo termine. Come indicato nel Piano d'azione della Commissione per la creazione di un mercato dei capitali nel settembre 2015, «una pensione europea individuale e facoltativa, potrebbe essere concepita come modello normativo basato su un livello adeguato di protezione dei consumatori e che i fornitori di pensioni possano utilizzare, in tutta la UE, quando offrono i loro prodotti».
Il mercato pensionistico privato europeo mira a creare un mercato dei capitali a lunghissimo termine che tenderà naturalmente ad convertirsi in progetti con periodi di maturità simili di recupero incerto. Il regolamento stabilisce che «la proposta intende consentire a un'ampia gamma di promotori (banche, compagnie assicurative, gestori patrimoniali, fondi pensione per il lavoro, società di investimento) di offrire PEPP e garantire condizioni di parità. I PEPP possono essere offerti online, compresa la consulenza, e non richiederebbero una rete di filiali, facilitando l'accesso al mercato. Le normative sui passaporti aiuteranno i promotori a entrare in nuovi mercati nazionali. La standardizzazione degli elementi chiave dovrebbe anche ridurre i costi dei promotori e aiutarli a raggruppare i contributi dei diversi mercati nazionali, al fine di convogliare le attività verso investimenti a livello dell'UE».
I piani pensionistici privati significano anche un reddito fisso per i loro gestori, come percentuale sulla massa del denaro gestito, un giro d'affari per tutti i promotori coinvolti. Non assumono rischi per l'esecuzione dei piani e fanno pagare per avere al loro servizio un'immensa massa di denaro che la Commissione Europea si aspetta si sommi al mercato unico dei capitali europeo, per stabilizzare la sua valuta sempre meno solvibile.
Di fronte alle speculazioni distorte dell'Unione europea, la realtà è molto chiara. La recente storia dei piani pensionistici privati non è soddisfacente in condizioni di crisi economica e finanziaria. In questo senso, gli esempi di Argentina e Cile sono clamorosi. Il modello a cui la UE intende adottare è quello di ridurre le pensioni pubbliche, con una minore pressione sui bilanci pubblici degli Stati membri e una riduzione degli oneri sociali per le aziende con l'argomento che i sistemi pensionistici pubblici non sono sostenibili. La vera domanda è se un sistema economico è sostenibile visto che per la sua sopravvivenza deve ridurre le pensioni pubbliche.
In verità, ciò che crea difficoltà ai sistemi pensionistici sono la riduzione delle quote sociali delle imprese e le sovvenzioni pubbliche alle aziene da un lato, dall’altro i bassi salari dei lavoratori sottoposti ad una feroce svalutazione interna che ha ridotto i loro contributi e gli alti tassi di disoccupazione o sottoccupazione. Tutto ciò è reversibile solo mettendo fine alle politiche di austerità imposte dalla UE e dalla BCE.
Ma il progetto della Commissione europea va ben al di là di questa seria incoerenza, già grave per sé stessa. Il regolamento PEPP apre anche le porte a una progressiva privatizzazione dei sistemi pensionistici pubblici, che hanno una causa ben diversa da quella descritta dalla retorica del legislatore. Dato il sopraggiungere di un nuovo ciclo recessivo, il potere finanziario teme che il debito pubblico causato dai salvataggi delle banche derivanti dalla crisi del 2008 non consenta nuovi salvataggi e quindi il settore finanziario stia annusando un nuovo deposito di solvibilità degli stati, che sono in rovina e hanno perso gran parte delle loro aziende pubbliche. La cessione parziale o totale delle pensioni pubbliche potrebbe consentire una nuova boccata di ossigeno ai settori finanziari in perenne agonia, essendo questo regolamento una finestra aperta alla privatizzazione delle pensioni alle porte di una nuova crisi.
Il Coordinamento denuncia questa nuova imposizione delle istituzioni dell'Unione europea, condannando la sua approvazione alle spalle dei cittadini (ad eccezione della Spagna dove il movimento dei pensionati è forte) che ignorano assolutamente questa nuova erosione dei propri diritti. Ricordiamo infine con forza alla finanza predatoria ed alle oligarchie, che non riconosceremo alcun debito, né alcun diritto che in futuro possa derivare da questo quadro legislativo illegittimo, anti-popolare ed estremamente ingiusto.
Roma 14 aprile 2019
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