[ 13 maggio 2019 ]
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo «Contributo teorico per la costruzione di un Coordinamento per la sovranità nazionale e la de-globalizzazione».
Due precisazioni, da parte nostra sono necessarie.
[1] L'intento unitario è lodevole ma ha un difetto, l'astrattezza — accentuato dalla precisazione che suddetto Coordinamento sovranista dovrebbe avere carattere "trans-ideologico". L'esperienza insegna, anzitutto quella nostra, che per metter su coordinamenti ci siamo svenati. Ogni tentativo è fallito, oltre tutto anche perché erano fin troppo "trans-ideologici". Chi propone l'unità ha il dovere, rubricate le forze in campo e il loro posizionamento, di indicare a chi si rivolge: a quali forze politiche? a quali correnti? a quali associazioni? a quali mondi? O si rivolge alla nebulosa instabile dei tanti cani sciolti, il più dei quali scorbutici e impazienti? Il solo criterio che emerge pare essere il seguente:
[2] C'è poi per noi un punto di dissenso molto serio con la proposta: il giudizio sul governo giallo-verde. Secondo la Armand
La Armand ci perdonerà per questa lunga premessa, siamo certi che come i tanti lettori che ci seguono capirà che non stiamo "spaccando il capello in quattro", che le questioni sono di sostanza. Il tutto con l'auspicio che il dibattito sull'unità prosegua.
La fase che stiamo vivendo ci impone una piena assunzione di responsabilità nei confronti dell’attuale situazione nazionale che presenta forti criticità e peculiari caratteristiche sociali, politiche ed economiche. Così come accadde nel ‘45, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, c’è bisogno di creare una coalizione tra tutte quelle forze che abbiano un carattere trans-ideologico, che abbiano preso la necessaria distanza storica dalla presunta caratterizzazione bipolare del dualismo destra/sinistra, che sappiano creare degli strumenti di lettura della realtà adeguati e che si propongano di agire avendo come principale finalità la lotta per l’uscita dall’Unione Europea e dall’Euro, per il ritorno ad una totale sovranità, ad una nazione che si rinsaldi attorno alle linee guida della Costituzione e che torni a scelte politiche autonome e non imposte dal vincolo esterno della dittatura neoliberale europeista.
Un coordinamento, quindi e non un partito: uno strumento che possa connettere tutte le forze, le organizzazioni, i movimenti che vedono nell’UE il nemico principale; l’UE non è riformabile, non può essere cambiata dall’interno, questo deve essere detto chiaramente, non è per questo che è nata e non v’è alcuna possibilità di modificarne né la natura né la struttura. L’UE va combattuta fino ad arrivare ad una totale emancipazione, all’uscita dal suo sistema.
Il primo passo di questa, che si annuncia come una vera e propria guerra politica, economica e, soprattutto, sociale, è smascherare la tela di ragno che il neoliberalismo europeo ha tessuto, con la complicità e la cooperazione dei diversi poteri e di quei governi che con essa hanno collaborato in Italia come nei diversi paesi. Una tela di ragno formata da direttive europee, esterne e senza alcun legame con la reale situazione dei diversi stati membri, che hanno eroso, in modo spesso sottaciuto, surrettizio ma ineluttabile, fino a cancellarla totalmente, la sovranità e, di conseguenza, l’indipendenza politica degli stati membri. Questi poteri, si sono serviti di differenti strumenti, non solo dei trattati ma di governi tecnici, di incomprensibili quanto inutili diktat economici, di normative, di delibere e, per l’appunto, di direttive: un vincolo esterno che, come un nodo scorsoio, si è stretto intorno alle istituzioni, erodendone il potere decisionale fino ad esautorarle.
I trattati sono solo il fenomeno più eclatante di questo vincolo, ben più pericolose sono le direttive perché difficilmente identificabili, per i non addetti ai lavori, come imposizioni; queste leggi, travestite da consigli e ricche di “si chiede”, “si auspica”, “sarebbe necessario” ecc., trovano il loro riscontro in quello che è chiamato Semestre europeo: durante questo periodo si accerta il modo in cui ogni paese abbia effettivamente portato avanti e realizzato ciò che l’Unione Europea chiedeva. Non è una banale semplificazione, è semplicemente chiamare le cose con il loro nome e mostrare ciò che accade senza inutili tentativi di imbiancare i sepolcri.
Ogni passo compiuto dai diversi governi che si sono succeduti è stato un semplice ratificare precise risoluzioni europee; ogni legge, ogni decisione presa era conforme ad esse:
Questo governo, il governo così detto del cambiamento, per ora non si sta dimostrando tanto diverso dai precedenti. Non si sta dimostrando all’altezza del ruolo di cui il voto “populista” lo aveva investito.
“Ce lo chiede l’Europa!” E’ vero, ma all’Europa voi avreste dovuto opporvi, siete stati scelti ed eletti per questo. Avreste dovuto, nei fatti, rappresentare il cambiamento auspicato, l’inversione di rotta.
A distanza di un anno, invece, anche questo governo, sta dando prova di un quasi totale asservimento al vincolo esterno europeo, senza presentare alcun elemento di reale rottura. Ha trasformato in legge direttive europee già avallate dai precedente governi, dalla normativa sulla Fatturazione Elettronica all’inserimento della Triptorelina tra i farmaci a carico del SSN, passando per il peggioramento della Legge Lorenzin e per la trasformazione del Reddito di cittadinanza in uno Hartz IV.
Ha, di fatto, amministrato senza governare, mantenendo inalterati quei poteri che da decenni gestiscono le sorti del paese: istruzione, sanità e trasporti sono ancora in mano al vecchio apparato, neoliberale e convinto europeista, rappresentato in primo luogo dal PD. Ciò che è avvenuto all’ISS ed all’AIFA ne è un eloquente esempio.
Il 4 marzo 2018, il “popolo” non chiedeva una rivoluzione socialista, chiedeva semplicemente di accogliere delle istanze sezionali espressione di un crescente malcontento, chiedeva di difendere i propri diritti sociali ed economici con scelte politiche responsabili.
Non più marionette mosse dall’esterno, non più tecnici spacciati come al di sopra delle parti, ma politici che assumessero la responsabilità di operare scelte, per l’appunto politiche, che difendessero gli interessi e portassero avanti le necessità ed i bisogni dei cittadini.
È, oggi più che mai, necessario ripensare una reale ed effettiva azione politica autonoma, che non agisca in base alle direttive di un governo sovranazionale come quello dell’Unione Europea e dettate da poteri economici transnazionali ma si adoperi per il ripristino e la difesa della sovranità, di quell’indipendenza politica decisionale che fa di un’espressione geografica uno stato.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo «Contributo teorico per la costruzione di un Coordinamento per la sovranità nazionale e la de-globalizzazione».
Due precisazioni, da parte nostra sono necessarie.
[1] L'intento unitario è lodevole ma ha un difetto, l'astrattezza — accentuato dalla precisazione che suddetto Coordinamento sovranista dovrebbe avere carattere "trans-ideologico". L'esperienza insegna, anzitutto quella nostra, che per metter su coordinamenti ci siamo svenati. Ogni tentativo è fallito, oltre tutto anche perché erano fin troppo "trans-ideologici". Chi propone l'unità ha il dovere, rubricate le forze in campo e il loro posizionamento, di indicare a chi si rivolge: a quali forze politiche? a quali correnti? a quali associazioni? a quali mondi? O si rivolge alla nebulosa instabile dei tanti cani sciolti, il più dei quali scorbutici e impazienti? Il solo criterio che emerge pare essere il seguente:
«una coalizione tra tutte quelle forze che abbiano un carattere trans-ideologico, che abbiano preso la necessaria distanza storica dalla presunta caratterizzazione bipolare del dualismo destra/sinistra».Di conseguenza noi, in quanto Sinistra Patriottica ne saremmo fuori, poiché di sinistra e rivoluzionari noi eravamo, siamo e resteremo. L'idea della fine delle dicotomia, ove non sia un capriccio intellettualistico, è un dispositivo tipico del pensiero postmodernista e neoliberale. L'idea che basti riferirsi alla Costituzione del '48, con l'aggiunta di una lista di rivendicazioni tattiche, a nostro modesto avviso, anche vista l'esperienza, è una pia illusione.
[2] C'è poi per noi un punto di dissenso molto serio con la proposta: il giudizio sul governo giallo-verde. Secondo la Armand
«anche questo governo, sta dando prova di un quasi totale asservimento al vincolo esterno europeo, senza presentare alcun elemento di reale rottura».Ecco la prova provata di come dividere invece di unire. Anche questa sentenza inappellabile escluderebbe noi dal "Coordinamento" e, quel che è peggio, pregiudicherebbe la simpatia di qualche milionata di cittadini che invece ancora sperano che questo governo resista e il "cambiamento" lo faccia. Sorvoliamo sul contrasto logico e politico con la formulazione molto più sfumata due righe prima: «il governo non si sta dimostrando all’altezza del ruolo di cui il voto “populista” lo aveva investito» — delle due l'una: un conto è dire che il governo giallo-verde non "è all'altezza", tutt'un altro è asserire che da prova di "un quasi totale asservimento al vincolo esterno europeo". Un governo "non all'altezza" va, come diciamo noi, "incalzato", un governo "asservito" va combattuto su tutta la linea. Un giudizio così duro e inesorabile è sbagliato, come minimo prematuro. La tregua con l'Unione europea è stata solo momentanea visto che solo nei prossimi mesi sapremo se questo governo capitola (alla Tsipras) e quindi va combattuto, o se invece resisterà disubbidendo — e allora va difeso con le unghie e coi denti. La prova del fuoco l'abbiamo davanti, non alle spalle, e Dio ce ne scampi dal tuttosubitismo.
La Armand ci perdonerà per questa lunga premessa, siamo certi che come i tanti lettori che ci seguono capirà che non stiamo "spaccando il capello in quattro", che le questioni sono di sostanza. Il tutto con l'auspicio che il dibattito sull'unità prosegua.
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«Contributo teorico per la costruzione di un
Coordinamento per la sovranità nazionale e la de-globalizzazione»
Un coordinamento trans-ideologico
La fase che stiamo vivendo ci impone una piena assunzione di responsabilità nei confronti dell’attuale situazione nazionale che presenta forti criticità e peculiari caratteristiche sociali, politiche ed economiche. Così come accadde nel ‘45, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, c’è bisogno di creare una coalizione tra tutte quelle forze che abbiano un carattere trans-ideologico, che abbiano preso la necessaria distanza storica dalla presunta caratterizzazione bipolare del dualismo destra/sinistra, che sappiano creare degli strumenti di lettura della realtà adeguati e che si propongano di agire avendo come principale finalità la lotta per l’uscita dall’Unione Europea e dall’Euro, per il ritorno ad una totale sovranità, ad una nazione che si rinsaldi attorno alle linee guida della Costituzione e che torni a scelte politiche autonome e non imposte dal vincolo esterno della dittatura neoliberale europeista.
Un coordinamento, quindi e non un partito: uno strumento che possa connettere tutte le forze, le organizzazioni, i movimenti che vedono nell’UE il nemico principale; l’UE non è riformabile, non può essere cambiata dall’interno, questo deve essere detto chiaramente, non è per questo che è nata e non v’è alcuna possibilità di modificarne né la natura né la struttura. L’UE va combattuta fino ad arrivare ad una totale emancipazione, all’uscita dal suo sistema.
Il primo passo di questa, che si annuncia come una vera e propria guerra politica, economica e, soprattutto, sociale, è smascherare la tela di ragno che il neoliberalismo europeo ha tessuto, con la complicità e la cooperazione dei diversi poteri e di quei governi che con essa hanno collaborato in Italia come nei diversi paesi. Una tela di ragno formata da direttive europee, esterne e senza alcun legame con la reale situazione dei diversi stati membri, che hanno eroso, in modo spesso sottaciuto, surrettizio ma ineluttabile, fino a cancellarla totalmente, la sovranità e, di conseguenza, l’indipendenza politica degli stati membri. Questi poteri, si sono serviti di differenti strumenti, non solo dei trattati ma di governi tecnici, di incomprensibili quanto inutili diktat economici, di normative, di delibere e, per l’appunto, di direttive: un vincolo esterno che, come un nodo scorsoio, si è stretto intorno alle istituzioni, erodendone il potere decisionale fino ad esautorarle.
I trattati sono solo il fenomeno più eclatante di questo vincolo, ben più pericolose sono le direttive perché difficilmente identificabili, per i non addetti ai lavori, come imposizioni; queste leggi, travestite da consigli e ricche di “si chiede”, “si auspica”, “sarebbe necessario” ecc., trovano il loro riscontro in quello che è chiamato Semestre europeo: durante questo periodo si accerta il modo in cui ogni paese abbia effettivamente portato avanti e realizzato ciò che l’Unione Europea chiedeva. Non è una banale semplificazione, è semplicemente chiamare le cose con il loro nome e mostrare ciò che accade senza inutili tentativi di imbiancare i sepolcri.
Cultura, diritti sociali, sanità e territorio
Ogni passo compiuto dai diversi governi che si sono succeduti è stato un semplice ratificare precise risoluzioni europee; ogni legge, ogni decisione presa era conforme ad esse:
Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti - Aumento del prezzo del carburante - Chiusura degli ospedali di zona - Direttive agro-alimentari - Ecotassa - Fattura elettronica - Global compact (immigrazione) - Legge sulle Fake news - Jobs Act - Macroregioni - Normative sulle vaccinazioni - Rete di trasporto europeo - Riduzione del numero dei parlamentari - Riforma delle pensioni - Triptorelina - Unione bancaria.Questi sono solo alcuni macroscopici esempi di disposizioni europee fatte passare come decisioni politiche governative.
Questo governo, il governo così detto del cambiamento, per ora non si sta dimostrando tanto diverso dai precedenti. Non si sta dimostrando all’altezza del ruolo di cui il voto “populista” lo aveva investito.
“Ce lo chiede l’Europa!” E’ vero, ma all’Europa voi avreste dovuto opporvi, siete stati scelti ed eletti per questo. Avreste dovuto, nei fatti, rappresentare il cambiamento auspicato, l’inversione di rotta.
Bilancio di un anno di governo
A distanza di un anno, invece, anche questo governo, sta dando prova di un quasi totale asservimento al vincolo esterno europeo, senza presentare alcun elemento di reale rottura. Ha trasformato in legge direttive europee già avallate dai precedente governi, dalla normativa sulla Fatturazione Elettronica all’inserimento della Triptorelina tra i farmaci a carico del SSN, passando per il peggioramento della Legge Lorenzin e per la trasformazione del Reddito di cittadinanza in uno Hartz IV.
Ha, di fatto, amministrato senza governare, mantenendo inalterati quei poteri che da decenni gestiscono le sorti del paese: istruzione, sanità e trasporti sono ancora in mano al vecchio apparato, neoliberale e convinto europeista, rappresentato in primo luogo dal PD. Ciò che è avvenuto all’ISS ed all’AIFA ne è un eloquente esempio.
Il 4 marzo 2018, il “popolo” non chiedeva una rivoluzione socialista, chiedeva semplicemente di accogliere delle istanze sezionali espressione di un crescente malcontento, chiedeva di difendere i propri diritti sociali ed economici con scelte politiche responsabili.
Non più marionette mosse dall’esterno, non più tecnici spacciati come al di sopra delle parti, ma politici che assumessero la responsabilità di operare scelte, per l’appunto politiche, che difendessero gli interessi e portassero avanti le necessità ed i bisogni dei cittadini.
È, oggi più che mai, necessario ripensare una reale ed effettiva azione politica autonoma, che non agisca in base alle direttive di un governo sovranazionale come quello dell’Unione Europea e dettate da poteri economici transnazionali ma si adoperi per il ripristino e la difesa della sovranità, di quell’indipendenza politica decisionale che fa di un’espressione geografica uno stato.
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7 commenti:
Alcune precisazioni:
1) Il titolo apposto Sovranisti di tutta Italia unitevi” non è mio, né corrisponde a quel che ho scritto nel mio documento.
2) Il sottotitolo “per un coordinamento trans-ideologico” non è quello che io ho messo e che, semplicemente, recita: Cultura, diritti sociali, sanità e territorio.
3) Non è mia la suddivisione in capitoli. Il mio documento era un unicum.
Questo per la forma.
Entrando nel merito squisitamente politico e rispondendo alle critiche esposte, desidero chiarire che:
A) Io non mi rivolgo, astrattamente, a tutto il mondo sovranista ma, al contrario, a quella miriade di associazioni, organizzazioni, anche territoriali, che esprimono rivendicazioni ed “istanze sezionali prepolitiche” ma riconducibili, de facto, al Sistema Europa. Mi sembra si evinca bene dal testo del documento stesso.
B) Come ho scritto, altrettanto chiaramente, nell’articolo pubblicato da Sollevazione il 10/05/19, per me il termine “sinistra” non vuol dire nulla, è un significante vuoto, storicamente prima che politicamente. Marxista, leninista, trotskista finanche lambertista o bordighista ma sinistra no!
C) Da quanto ho affermato sopra, si evince ineluttabilmente che, non esistendo una sinistra, non può esistere alcuna dicotomia destra/sinistra. Ma capisco che il dibattito possa chiedere più tempo ed una trattazione più completa: non ora, non qui.
D) Il giudizio su questo governo è basato sui fatti realmente accaduti, cioè sui dati reali. Non ho competenze astrologiche così profonde che mi permettano di leggere con certezza il futuro, non mi fido né degli Aurispici né dei catrastofisti. Se il futuro dovesse presentare delle improvvise svolte anti-europeiste di una qualsiasi delle due forze al governo o,miracolo!, di entrambe, né prenderò gioiosamente atto. Ciò non toglie che, fino ad ora, la realtà è sotto gli occhi di tutti e per non leggerla o affermare il contrario, occorre essere ciechi o abbagliati da non so quale luce potente.
Inessa Armand
Scusate, vi seguo ormai da tanto tempo e ho condiviso con voi l'appoggio critico a questo governo.
Con maggior convinzione oggi penso che è la posizione giusta, per tanti motivi.
Questo appello, mi sento in dovere di scrivervelo, tradisce la vostra linea.
Mi fa piacere la premessa in cui spiegate che ve ne tagliate fuori da subito.
Questo appello ha di buono solo il titolo: "Sovranisti di tutt'Italia uniamoci".
Lo avrei sottoscritto subito, se non fosse per il contenuto.
A parte che mi trovo in disaccordo sulla famigerata fine della dicotomia destra-sinistra, il trans-ideologico mi sconvolge.
Le ideologie, a mio modesto avviso, sono ancora vive. E' vero, non è più come un tempo, ma quei pochi comunisti e rivoluzionari lottano oggi adattando alla realtà storica l'ideologia, ovvero la bussola che li spinge in direzione del socialismo. Con quel fine in mente si agisce nel concreto a seconda delle circostanza.
Bisognerebbe opporsi a chi dice destra e sinistra non ci sono più e che le ideologie sono superate. Chi lo dice non sa che il pensiero post-moderno è introiettato in loro.
Mi fermo qui, voglio solo aggiungere due parole sul reddito di cittadinanza, perchè in vari commenti su questo blog ho letto critiche che forse non tengono conto di alcuni fattori. Come strumento il Rdc è criticabilissimo e potrebbe essere completamente migliorato. Però ho due familiari che lo hanno preso, e vedo con i miei occhi che stanno rinascendo. Ecco, incalziamo i 5 Stelle su questo, invece di dargli addosso.
Il mio voto sarà per loro.
Si dovrebbe andare anche a vedere le facce di quelli che invece sono stati esclusi dal rdc o quelli che stanno prendendo solamente due lire. Loro certamente non rinascono.
Poi se li incalziamo forse invece di escluderne n fanno un emendamento e ne escludono n-1, magari dobbiamo essere pure contenti dell'insignificante passettino avanti.
Chi va al governo deve avere il coraggio di fare quello che va fatto anche a costo di sacrifici personali. I 5 stelle sono bravi a parlare e basta. E soprattutto chi sono l'altra faccia della medaglia del PD. Qualcuno ha percepito la rabbia del popolo e ha creato i 5 stelle. I 5 stelle hanno placato gli animi spacciandosi per politici dalla parte del popolo. Ora che la rabbia è passata e il popolo chiede di avere "i gilet gialli al governo" potranno colpire in tutta serenità,tanto loro sono quelli buoni. Io il 4 marzo li votai. Il 26 Marco Rizzo senza ombra di dubbio.
io invece credo che la dicotomia destra/sinistra descriva ancora oggi una contrapposizione tra due modi opposti di concepire la società. In fondo il mondo è sempre uguale, nulla è cambiato.
I termini che descrivono le opposte nature sono egoismo/solidarietà. Possiamo dire che la nostra Costituzione è di "sinistra" in quanto esprime, richiede e impone doveri di solidarietà sociale allo Stato, alle formazioni sociali e al singolo.
Tutto questo in contrapposizione all'egoismo tipico, ad esempio, del neoliberismo. Concezione del mondo in cui, sia il successo, sia l'insuccesso del singolo e della famiglia, sono "meritate", cioè naturali, cioè sostanzialmente irrimediabili e, al più, alleviabili mediante il sistema della carità residuale privata e pubblica.
Come si vede, essere di destra o di sinistra, non necessariamente comporta una necessità di analisi dei meccanismi relativi ai rapporti di produzione e di classe. Si tratta di visioni del mondo generalissime che possono convivere ed essere applicate in sistemi politici diversi.
D'altra parte Keynesismo e socialdemocrazia esprimono la necessità di applicare la solidarietà ad un mondo in cui non è in discussione il mercato e la proprietà dei mezzi di produzione.
Stiamo dicendo banalità, ovviamente. In questo senso possiamo concordare con Ines: se abbiamo nel DNA Marx, Lenin, Trotsky, etc. dire che siamo di sinistra non è sufficiente per spiegare cosa vogliamo, anzi.
Per di più, dobbiamo oggi affrontare la grande vittoria del capitale sul piano culturale e della quotidiana mistificazione e manipolazione del senso delle cose. Ad esempio, gli USA sono la democrazia e il PD è la sinistra. il significato delle parole, come largamente accettato, non corrisponde al senso reale delle cose e rende necessarie precisazioni del tipo di quella fatta da Ines.
Però la stoccata sul tuttosubitismo (epiteto bagnaiano) potevate pure evitarvela. La prossima volta cosa direte dei vostri oppositori, che sono marxisti dell'Illinois?
Provo a rispondere ad alcuni commenti, cercando di fare ordine tra le critiche ed i dubbi sollevati in alcuni interventi.
Intanto ribadisco che il termine “sinistra” è diventato talmente generico da perdere di significato, per questo non lo uso, preferisco specificazioni che spazzino via ogni dubbio: ho chiarito questa mia necessità nell’altro articolo pubblicato.
Dico subito che c’è un tendenzioso fraintendimento che inficia la comprensione di quanto ho scritto. La tesi della fine delle ideologie, propugnata non solo dalle élites ma anche da diversi “filosofi”, non mi appartiene, considero l’ideologia “ineliminabile” -per dirla con C. Preve- come si evince chiaramente da quanto ho scritto: se uso il termine trans-ideologico è palese che non nego l’ideologia, altrimenti avrei usato altri lemmi, per esempio avrei apposto una “a” privativa, o avrei optato per “non-ideologico” o ancora “anti-ideologico”, per non parlare dell’incongruo “post-ideologico”! Quindi di sconvolgente c’è solo il fraintendimento terminologico che soggiace ad alcune critiche che mi vengono mosse. Nei fatti, cosa vuol dire il termine trans-ideologico? Trans deriva dal latino e vuol dire non solo “di là da” o “al di là”, ma anche “attraverso”. Per chiarire meglio farò un esempio pratico: il 13 ottobre del 2018 P101 ha organizzato a Roma un incontro a cui hanno partecipato più di 200 persone, al dibattito sono intervenuti non solo alcuni aderenti di Programma 101 ma anche S. Fassina (Attualmente Patria e Costituzione), M. Zanni (Lega), A. M. Rinaldi (Lega), F. Donato (Lega), L. Barra Caracciolo (sottosegretario agli Affari Europei) … presenti c’erano, per altro membri dei CARC e, perfino, F. Storace, a cui nessuno si è, giustamente, sognato di sbarrare l’ingresso in sala. E’ stato un incontro trans-ideologico o no? Certamente sì! Ed è stato non solo interessante ma estremamente produttivo. Questo è un punto di forza, non di debolezza. Se questo Blog ospita interventi che portano posizioni non totalmente allineate, caro Filippo, intervento del 13/05/19 h.19,04, è perché il dibattito, come il dialogo, è alla base dello scambio di idee; attraverso i commenti ci si chiarisce, oltre il pregiudizio fuorviante ed il Credo. Per altro aggiungo che non v’è una grande contraddizione tra ciò che è espresso nell’appello al voto di P101 e quanto sostengo. Nell’appello, tra l’altro, si legge: “I patrioti con la testa sulle spalle si recheranno dunque alle urne, votando i candidati no euro presenti nelle liste del M5S. A chi invece intende votare per la destra leghista diciamo: …date la preferenza ai candidati sovranisti che in questi anni si sono battuti non solo contro l’euro ma in difesa della Costituzione del 1948”
Ribadisco: l’opposizione all’Unione Europea ed all’Euro è una lotta trans-ideologica, cioè che va condotta passando al di là delle ideologie che ci potrebbero dividere. Certo c’è un limite oltre il quale non si può andare: ad esempio, poiché Sovranismo e Nazionalismo indicano due concetti politici diversi, io difendo l’uso del termine Sovranismo e non intendo parlare di Nazionalismo.
La sola differenza è nella valutazione sull’operato di questo governo: non sono stata e non sono una detrattrice tout court, mi baso esclusivamente sulla relazione promesse pre-elettorali/ attuazioni ed incidenza delle direttive europee sulle stesse, in uno spazio temporale determinato dai fatti; non vado oltre ciò che ci è possibile esaminare. Vedremo cosa potrà accadere in futuro e, se dovrò ricredermi, non mi tirerò indietro.
I.Armand
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