[ 28 febbraio ]
Crollato il filo-europeismo tra i cittadini italiani: da un gradimento del 40% di cinque anni fa, si è passati al 15,5% dei giorni nostri. E crescono i commenti per un divorzio dell'Italia dalla Ue. Un'indagine sul web.
Cresce l'onda antieuropeista, che - almeno in Rete - consolida il proprio consenso, attestandosi attorno all'85% dei pareri espressi. E non vale a placare le polemiche la proposta della Cancelliera tedesca di formalizzare l'esistenza di una Europa "a due velocità". E' quanto emerge dalla lettura di quasi 200 mila testi pubblicati su Twitter nel mese di febbraio appena concluso. Dal 2012 ad oggi l'Unione europea ha infatti progressivamente perso il favore dell'opinione pubblica del Bel Paese: da un gradimento del 40% di cinque anni fa, si è passati al 15,5% dei giorni nostri (comunque superiore, piccola nota di ottimismo, al minimo dell'11% toccato nel 2016).
I giudizi sui temi economici guidano, tra le principali ragioni, il fronte anti-Ue: il 35,1% dei commenti avversi all'Unione ne criticano infatti le politiche di eccessiva austerità. La gestione delle emergenze migratorie è invece nel mirino del 24,2% dei commenti, cui si aggiunge - sempre sul fronte delle relazioni internazionali - l'8,7% di chi reputa che la Ue non sappia affrontare adeguatamente le proprie esigenze di difesa. Quasi un terzo dei testi esaminati, invece, muove all'Ue una obiezione di fondo, non legata a specifiche scelte politiche: l'Unione è una tecnocrazia e le sue istituzioni mostrano un deficit strutturale di democrazia. La minoranza dei sostenitori dell'Unione europea, d'altra parte, sostiene che l'Ue abbia reso migliore la vita dei cittadini europei (75,2%) e che l'esistenza delle istituzioni europee abbia accresciuto l'autorità e il potere decisionale dei Paesi aderenti nello scacchiere geopolitico internazionale (24,8%).
In questo quadro, le recenti dichiarazioni della signora Merkel circa l'esistenza di una Europa a più velocità non migliorano il quadro, dividendo esattamente a metà l'opinione pubblica on-line. A determinare la spaccatura, probabilmente, è il diverso parere che viene espresso circa l'appartenenza dell'Italia al gruppo di testa o a quello di coda di una ipotetica Europa "frammentata". Il 36,7% dei commenti reputa così che la formalizzazione dell'esistenza di due gruppi di Paesi all'interno della Ue sarebbe un vantaggio per l'Italia, mentre il 33,6% ritiene che le conseguenze per il Paese sarebbero negative. A questi ultimi vanno aggiunti quanti sostengono che il frazionamento in gruppi dei Paesi dell'Unione gioverebbe alla sola Germania, vista ovviamente come il leader del gruppo "superiore" (17,2%). Una parte non trascurabile dei post analizzati, forse più pragmatici, invita invece a prendere atto che l'Europa è già di fatto composta da gruppi di Paesi che si muovono a velocità diverse (12,5%). E anche qua, i pareri su quale sia la velocità con cui effettivamente l'Italia si stia muovendo rimangono discordanti.
Insieme ai sentimenti antieuropeisti, si vanno radicando i pareri favorevoli all'Italexit, ovvero ad una uscita dell'Italia dall'Unione europea, sulla falsariga della Brexit, decisa nel giugno scorso dai cittadini del Regno Unito. Tra chi si esprime sul tema (una percentuale di commenti ancora minoritari, ma - attenzione - in rapida crescita) i favorevoli all'Italexit supera il 60%. Il dato positivo (si fa per dire) è che tale percentuale si ferma diversi punti al di sotto delle percentuali di avversione all'Unione europea: la differenza, peraltro non determinante, può riflettere la consapevolezza che il nostro Paese - a differenza del Regno Unito - condivide con i Paesi dell'Unione, oltre ai trattati sul mercato comune, anche la scelta della moneta unica.
* Fonte: VOICES from the Blogs
Crollato il filo-europeismo tra i cittadini italiani: da un gradimento del 40% di cinque anni fa, si è passati al 15,5% dei giorni nostri. E crescono i commenti per un divorzio dell'Italia dalla Ue. Un'indagine sul web.
Cresce l'onda antieuropeista, che - almeno in Rete - consolida il proprio consenso, attestandosi attorno all'85% dei pareri espressi. E non vale a placare le polemiche la proposta della Cancelliera tedesca di formalizzare l'esistenza di una Europa "a due velocità". E' quanto emerge dalla lettura di quasi 200 mila testi pubblicati su Twitter nel mese di febbraio appena concluso. Dal 2012 ad oggi l'Unione europea ha infatti progressivamente perso il favore dell'opinione pubblica del Bel Paese: da un gradimento del 40% di cinque anni fa, si è passati al 15,5% dei giorni nostri (comunque superiore, piccola nota di ottimismo, al minimo dell'11% toccato nel 2016).
I giudizi sui temi economici guidano, tra le principali ragioni, il fronte anti-Ue: il 35,1% dei commenti avversi all'Unione ne criticano infatti le politiche di eccessiva austerità. La gestione delle emergenze migratorie è invece nel mirino del 24,2% dei commenti, cui si aggiunge - sempre sul fronte delle relazioni internazionali - l'8,7% di chi reputa che la Ue non sappia affrontare adeguatamente le proprie esigenze di difesa. Quasi un terzo dei testi esaminati, invece, muove all'Ue una obiezione di fondo, non legata a specifiche scelte politiche: l'Unione è una tecnocrazia e le sue istituzioni mostrano un deficit strutturale di democrazia. La minoranza dei sostenitori dell'Unione europea, d'altra parte, sostiene che l'Ue abbia reso migliore la vita dei cittadini europei (75,2%) e che l'esistenza delle istituzioni europee abbia accresciuto l'autorità e il potere decisionale dei Paesi aderenti nello scacchiere geopolitico internazionale (24,8%).
In questo quadro, le recenti dichiarazioni della signora Merkel circa l'esistenza di una Europa a più velocità non migliorano il quadro, dividendo esattamente a metà l'opinione pubblica on-line. A determinare la spaccatura, probabilmente, è il diverso parere che viene espresso circa l'appartenenza dell'Italia al gruppo di testa o a quello di coda di una ipotetica Europa "frammentata". Il 36,7% dei commenti reputa così che la formalizzazione dell'esistenza di due gruppi di Paesi all'interno della Ue sarebbe un vantaggio per l'Italia, mentre il 33,6% ritiene che le conseguenze per il Paese sarebbero negative. A questi ultimi vanno aggiunti quanti sostengono che il frazionamento in gruppi dei Paesi dell'Unione gioverebbe alla sola Germania, vista ovviamente come il leader del gruppo "superiore" (17,2%). Una parte non trascurabile dei post analizzati, forse più pragmatici, invita invece a prendere atto che l'Europa è già di fatto composta da gruppi di Paesi che si muovono a velocità diverse (12,5%). E anche qua, i pareri su quale sia la velocità con cui effettivamente l'Italia si stia muovendo rimangono discordanti.
Insieme ai sentimenti antieuropeisti, si vanno radicando i pareri favorevoli all'Italexit, ovvero ad una uscita dell'Italia dall'Unione europea, sulla falsariga della Brexit, decisa nel giugno scorso dai cittadini del Regno Unito. Tra chi si esprime sul tema (una percentuale di commenti ancora minoritari, ma - attenzione - in rapida crescita) i favorevoli all'Italexit supera il 60%. Il dato positivo (si fa per dire) è che tale percentuale si ferma diversi punti al di sotto delle percentuali di avversione all'Unione europea: la differenza, peraltro non determinante, può riflettere la consapevolezza che il nostro Paese - a differenza del Regno Unito - condivide con i Paesi dell'Unione, oltre ai trattati sul mercato comune, anche la scelta della moneta unica.
* Fonte: VOICES from the Blogs
osservatorio scientifico sui social media dell'Università Statale di Milano curato da A. Ceron, L. Curini, S.M. Iacus e G. Porro.
2 commenti:
Il filo-europeismo è al tramonto ma cosa si profila all'orizzonte?
I vostri amici senso-comune ci dicono che "le richieste di democratizzare l’Europa come quelle avanzate dal movimento DIEM25 guidato dall’ex ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis sono così importanti".
Noooo, ancora Varoufakis no. Cadere nelle grinfie di quelli come Varoufakis sarebbe il peggio del peggio.
D'altro canto Mosler ribadisce ancora una volta che si deve dare "un lavoro temporaneo ai disoccupati" e quando l'economia riparte (hai voglia) "avverrà poi la graduale transizione di questi lavoratori dal settore pubblico a quello privato"
Sono sempre più convinto che abbia ragione Azzarà, ci vorranno ventanni e forse manco quelli basteranno.
Ho riletto adesso, onde evitare ambiguità. La seconda parte del mio precedente commento non vuole essere pro Mosler ma contro la proposta Mosler. Spiacente per l'eventuale ambiguità.
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