[ 10 febbraio ]
«Il mondo in sé non è ragionevole: è tutto ciò che si può dire. Ma ciò che è assurdo è il confronto di questo irrazionale con il desiderio violento di chiarezza, il cui richiamo risuona nel più profondo dell'uomo. L'assurdo dipende tanto dall'uomo quanto dal mondo, ed è per il momento il loro solo legame».
Albert Camus
Cari compagni, ritengo importante questo dibattito sul suicidio del povero Michele poiché vuol dire che nonostante la dura scorza di militanti rivoluzionari, non siamo le copie speculari dei nostri nemici sistemici e non ci appassioniamo soltanto ai temi politico-economici e all'auspicata sollevazione ma ci resta, malgrado tutto, un cospicuo residuo di umanità.
Pur non essendo un filosofo professionale e non andando in televisione come Fusaro, mi proverò a dire qualcosa non per semplice dovere di partito (pardòn, movimento), ma perché lo sento. Naturalmente dirò delle cose (non stratosferiche, per carità), ma che potranno apparire gergali o erudite, sia pure in un contesto di persone colte e intelligenti, qual è il nostro Comitato Centrale.
Cominciamo col dire dunque che il suicidio è la forma negativa della libertà assoluta e, voglio aggiungere, non è scelta in sé deplorevole se, come ad es., per gli Stoici, la libertà è un bene superiore alla stessa vita —Vivere non est necesse, navigare necesse est. Se venivano meno le condizioni per un'esistenza dignitosa e serena, i saggi stoici dovevano, si badi bene, dovevano, togliersi la vita. Nulla era infatti considerato più magnanimo che il gesto della libera morte, in mezzo a figli e testimoni. Può essere considerato il caso di Socrate, che in un certo senso volle morire, perché erano venute meno in Atene le condizioni della libera ricerca e dell'indagine speculativa, e che preferì la morte al silenzio che la debole e ambigua democrazia del tempo voleva imporgli.
E' il caso ancora più eclatante di Catone Uticense, che si uccise per protesta contro il venir meno delle forme dell'antica libertà repubblicana e l'instaurarsi della dittatura di Cesare, al punto che Dante ne fa il custode dell'Antipurgatorio —"Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta". Purg. I,71-72.
Dunque Michele si è ucciso poiché non sopportava di essere astrattamente libero, lasciando sussistere le condizioni esterne che vanificavano la sua libertà e dignità. "Ma Bruto è un uomo d'onore"...Ora il problema è che, esattamente come lo spettro del padre di Amleto, il suicidio è il convitato di pietra che ci mette improvvisamente, inaspettatamente, brutalmente in un rapporto assoluto con l'Assoluto
e l'Assoluto per noi storicisti, in quanto marxisti (di ascendenza idealistica) è la Morte, che è irriducibile alla storicità, anzi che sempre e comunque la trascende. Per noi la realtà è Storia e nient'altro che Storia, vale a dire totalità dialettica determinata dal meccanismo della trasformazione sociale (Hegel, Marx, Croce, Gramsci, Preve, Bontempelli, etc.).
e l'Assoluto per noi storicisti, in quanto marxisti (di ascendenza idealistica) è la Morte, che è irriducibile alla storicità, anzi che sempre e comunque la trascende. Per noi la realtà è Storia e nient'altro che Storia, vale a dire totalità dialettica determinata dal meccanismo della trasformazione sociale (Hegel, Marx, Croce, Gramsci, Preve, Bontempelli, etc.).
E poi, e dopo? Ogni morte è per me occasione di raccoglimento, perché la Morte mi mette di fronte al Mistero, alla trascendenza, non nel senso immediatamente religioso del termine, ma metafisico, poiché essa annulla e trascende dunque la dimensione storica che è per noi la dimensione della (consapevole) produzione materiale dell'esistenza. A differenza del problema, che è qualcosa che sta interamente dinanzi a me, che posso delimitare e affrontare con un certo metodo, il mistero è qualcosa in cui sono pienamente coinvolto, in cui (come voleva Gabriel Marcel) non posso distinguere tra "in me e davanti a me". Qui non può esservi più l'atteggiamento del soggetto storico, politico o collettivo ma "è lo stesso recuperarsi e raccogliersi del pensiero nelle sue radici ontologiche". La Morte ripropone ogni volta il mistero ontologico, la domanda sull'Essere che è alla base del soggetto stesso che la pone.
E' stato Camus, per concludere, che ha visto nel Mito di Sisifo (tornando al tema del suicidio) l'emblema dell'assurdità della condizione umana, squilibrata tra l'infinità delle aspirazioni e la finitezza delle possibilità e culminante nella vanità di tutti i suoi sforzi. Più precisamente l'assurdo per Camus scaturisce dal "divorzio" di ragione ed esistenza, ovvero dal contrasto tra l'opaca, ottusa resistenza della realtà e il bisogno umano di felicità e chiarezza.
«Il mondo in sé non è ragionevole: è tutto ciò che si può dire. Ma ciò che è assurdo è il confronto di questo irrazionale con il desiderio violento di chiarezza, il cui richiamo risuona nel più profondo dell'uomo. L'assurdo dipende tanto dall'uomo quanto dal mondo, ed è per il momento il loro solo legame».
Poi, ne L'Uomo in rivolta, Camus ha descritto nelle sue varie forme, la rivolta metafisica, cioè «Il movimento per il quale l'uomo si erge contro la propria condizione e contro l'intera creazione», rivendicando un'unità felice contro la sofferenza del vivere e del morire. L'Homme revoltè siamo o dovremmo essere noi, il Noi siamo che si pone davanti alla Storia, che a sua volta deve fare i conti con questa soggettività cosciente che si propone la difesa della comune dignità umana, "che non posso lasciar avvilire in me stesso e neppure nell'altro".
Speriamo...Saluti.
Nello De Bellis (P101)
5 commenti:
Complimenti a De Bellis per il suo scritto!
Ma e' ora di svegliarsi.
Invece di disquisire sul presunto nichilismo della lettera di commiato di Michele facciamone un grido, un manifesto di rivolta contro il regime come lo fu il suicidio di Mohamed Bouazizi in Tunisa e di Jan Palach in Cecoslovaccia. Questo e' il compito che abbiamo difronte.
Tutti a Roma a chiedere la caduta di questo governo criminale in nome di Michele e di tutti noi oppressi e umiliati come lui.
Grazie Michele
Non mi pare che la lettera di Addio di Michele possa essere derubricata in una forma di nichilismo. Al contrario mi sembra un atto di accusa estremo contro il nichilismo del sistema che priva i giovani di identita', riconoscimento, senso della vita che non siano quelli di ingurgidare merci, false illusioni e falsi idoli.
Michele in fondo che ci dice? Che era anticonformista, che aveva dei valori, degli obbiettivi, dei sentimenti, desideri, sensibilita', sogni e ambizioni come un qualsiasi uomo normale, forse come un individuo al di sopra della normalita', ma che tutto questo si scontrava con un sistema che li nega alla radice per fare di te un automa, un numero, un semplice bankomat, un essere smidollato senza anima e coscienza.
"non ci sono le condizioni per impormi e io non ho i mezzi e il potere per crearle". Qui ci vedo un j'accuse contro tutta la politica da destra a sinistra incapace di offrire ai giovani un arma di riscatto. E allora la scelta di farla finita come gesto estremo di rivolta contro il non essere della vita che tutti fingiamo di vivere facendola passare per normalita'. Ma a quella normalita' lui non si e' piegato! Allora dico Chapeau a Michele che ha riscattato con la morte la dignita' della vita, negata dal sistema. E che che ha anche politicizzato il suo gesto indicando simbolicamente in un rappresentante dell'orrore sociale (tal Poletti) un obbiettivo da combattere.
Forse dovremmo avere la dignita' di osservare un religioso silenzio difronte a quello che io definisco un gesto eroico che riscatta tutti gli offesi ed umiliati (nonche' rifiutati) e dovrebbe anzi diventere un grido di rivolta come lo fu quello di Jan Palach in Cecoslovacchia e Mohamed in Tunisia. Michele e' gia' nella storia!! Del resto i grandi suicidi nella storia come quello di Socrate, Cristo, Guevara, Giordano Bruno, con le dovute differenze, non ne hanno fatto dei martiri iconografici, delle presenze immortali che lottano tra di noi?
l'assurdo vero è che michele era rifiutato pure dalle donne.
antonio.
Narcisismo edonistivo verus nichilismo, l'ultima chance del liberismo ai milioni di giovani "disturbati" come Michele.
Quand'è che si mette in atto la lotta, vera terapia sociale, che fa incontrare i giovani "disturbati" liberati dagli arresti domiciliari.
Bifo per evitare la fatica della lotta parla di mancanza di carezza per allungare l'agonia consolatrice nel turbo capitalismo, altri parlano del "diritto al suicidio" che solo la morale cattolica inibisce, i media individualizzano "il disturbo"
O forse dobbiamo aspettare che la disperata solitudine si approfondisca ancora, che veda le mamme disperate organizzare le barricate, come nella Comune di Parigi(l'armata dei sonnamboli Wu Ming), o come per le mamme del Chiapas invocare l'insurrezione del 1994 perchè vivere o morire in quelle condizioni era la stessa cosa.
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