[ 16 giugno ]
Wolfgang Munchau [nella foto ]è un noto economista, non certo per le sue simpatie "bolsceviche". Scrive anzi per il Financial Times. E' l'economista che nel 2006 preconizzò che l'eurozona si sarebbe sfasciata, ed in particolare che l'Italia sarebbe uscita dall'euro entro il 2015. Alle porte della decisiva riunione di dopodomani, 18 giugno, dell'Eurogruppo che ci dirà se ci sarà accordo tra la troika e SYRIZA, Munchau sostiene che il male minore per la Grecia sarebbe fare default e uscire dall'euro. Qui le CINQUE DATE che decidono il futuro della Grecia
«Alla fine ci siamo arrivati: Alexis Tsipras deve prendere o lasciare. Che cosa dovrebbe fare il leader di Syriza? Le prossime elezioni in Grecia non sono previste prima del gennaio 2019, e qualsiasi linea d'azione deciderà di assumere dovrebbe portare frutti nell'arco di tre anni, o anche meno. Prima di tutto mettiamo a confronto i due scenari estremi: accettare l'offerta finale dei creditori o abbandonare l'Eurozona. Accettando l'offerta dei creditori, Atene acconsentirebbe a un aggiustamento di bilancio dell'1,7 per cento del prodotto interno lordo nell'arco di sei mesi.
Il mio collega Martin Sandbu ha calcolato l'effetto che avrebbe un aggiustamento di queste proporzioni sul tasso di crescita del Paese. Io ho allargato quei calcoli includendo l'intero programma di aggiustamento richiesto dai creditori nell'arco di quattro anni. Basandomi sulle stesse ipotesi che fa Sandbu sull'interazione tra politica di bilancio e Pil, un processo bidirezionale, arrivo a una botta complessiva sul Pil del 12,6 per cento in quattro anni. Il rapporto debito/Pil della Grecia comincerebbe ad avvicinarsi al 200 per cento. La mia conclusione è che accettare il programma della trojka rappresenterebbe un doppio suicidio: per l'economia greca e per la carriera politica di Tsipras.
L'estremo opposto, la cosiddetta Grexit, garantirebbe un risultato migliore? Ci potete scommettere, e per tre ragioni. La prima, e più importante, sarebbe che la Grecia si libererebbe finalmente di questi deliranti aggiustamenti di bilancio. Dovrebbe comunque puntare a un piccolo avanzo primario, che potrebbe rendere necessario un aggiustamento una tantum, ma solo questo.
La Grecia dichiarerebbe lo stato di insolvenza nei confronti di tutti i creditori ufficiali – il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea e il Meccanismo europeo di stabilità – e sui prestiti bilaterali ricevuti dai suoi creditori europei. Ma continuerebbe a rifondere tutti i prestiti privati, con l'obbiettivo strategico di riguadagnare accesso ai mercati nel giro di qualche anno.
La seconda ragione è la riduzione del rischio. Dopo un'uscita dall'euro, il rischio di ridenominazione valutaria non rappresenterebbe più un deterrente. E le possibilità di un default totale sarebbero molto ridotte, perché la Grecia avrebbe già dichiarato lo stato di insolvenza nei confronti dei suoi creditori ufficiali, e dunque sarebbe smaniosa di riconquistarsi la fiducia degli investitori privati.
La terza ragione è l'impatto sulla posizione esterna dell'economia. A differenza delle piccole economie del Nordeuropa, quella greca è un'economia relativamente chiusa. Circa i tre quarti del suo Pil sono interni; di quel quarto che non lo è il turismo costituisce la fetta maggiore, e il turismo beneficerebbe della svalutazione. L'effetto complessivo della svalutazione non sarebbe certo importante come per un'economia aperta quale l'Irlanda, ma in ogni caso sarebbe positivo. Dei tre effetti che ho elencato, il primo è il più importante sul breve termine, mentre il secondo e il terzo diventeranno preponderanti nel lungo periodo.
Un'uscita dall'euro naturalmente ha le sue insidie, quasi tutte nel brevissimo termine. L'improvvisa introduzione di una nuova valuta sarebbe caotica. Il Governo potrebbe dover imporre controlli di capitale e chiudere le frontiere. Nel primo anno le perdite sarebbero sostanziali, ma una volta placato il caos l'economia si riprenderebbe rapidamente. Il confronto fra questi due scenari mi fa tornare in mente quell'osservazione di Winston Churchill sull'ubriachezza, che a differenza della bruttezza è transitoria: il primo scenario è semplicemente brutto, e lo rimarrà sempre; il secondo ti procura un'emicrania, ma poi segue una certa sobrietà.
Insomma, se questa fosse la scelta, i greci avrebbero un motivo razionale per preferire l'uscita dall'euro. Ma non è questa la scelta che dovranno prendere questa settimana. La scelta è tra accettare o rifiutare l'offerta dei creditori. La Grexit è una conseguenza possibile, ma non scontata, di un rifiuto.
Se Tsipras dovesse respingere l'offerta e mancare l'ultima deadline – la riunione del 18 giugno dei ministri dell'Economia dell'Eurozona – i rimborsi del debito di luglio e agosto salterebbero. A quel punto la Grecia sarebbe ancora nell'Eurozona, e sarebbe costretta a uscire solo se la Bce riducesse il flusso di liquidità verso le banche elleniche al di sotto dei limiti tollerabili. Cosa che potrebbe succedere, ma non è scontata.
I creditori dell'Eurozona potrebbero a quel punto tranquillamente decidere che è nel loro interesse parlare di un alleggerimento del debito per Atene. Basta considerare la loro posizione: se la Grecia dovesse dichiarare il default sull'intero suo debito nei confronti dei creditori ufficiali, solo Francia e Germania finirebbero per perdere circa 160 miliardi di euro; Angela Merkel e François Hollande passerebbero alla storia come i più grandi perdenti finanziari. Adesso i creditori si rifiutano anche solo di parlare di un alleggerimento del debito, ma le cose potrebbero cambiare se la Grecia cominciasse davvero ad andare in default. Se negozieranno, tutti ne trarranno vantaggio: la Grecia rimarrebbe nell'euro, perché l'aggiustamento di bilancio sarebbe più tollerabile con un fardello del debito meno pesante; e i creditori potrebbero recuperare in parte un denaro che altrimenti andrebbe perderebbero di sicuro. La sostanza, quindi, è che in realtà la Grecia non ha nulla da perdere a rifiutare l'offerta di questa settimana».
Il mio collega Martin Sandbu ha calcolato l'effetto che avrebbe un aggiustamento di queste proporzioni sul tasso di crescita del Paese. Io ho allargato quei calcoli includendo l'intero programma di aggiustamento richiesto dai creditori nell'arco di quattro anni. Basandomi sulle stesse ipotesi che fa Sandbu sull'interazione tra politica di bilancio e Pil, un processo bidirezionale, arrivo a una botta complessiva sul Pil del 12,6 per cento in quattro anni. Il rapporto debito/Pil della Grecia comincerebbe ad avvicinarsi al 200 per cento. La mia conclusione è che accettare il programma della trojka rappresenterebbe un doppio suicidio: per l'economia greca e per la carriera politica di Tsipras.
L'estremo opposto, la cosiddetta Grexit, garantirebbe un risultato migliore? Ci potete scommettere, e per tre ragioni. La prima, e più importante, sarebbe che la Grecia si libererebbe finalmente di questi deliranti aggiustamenti di bilancio. Dovrebbe comunque puntare a un piccolo avanzo primario, che potrebbe rendere necessario un aggiustamento una tantum, ma solo questo.
La Grecia dichiarerebbe lo stato di insolvenza nei confronti di tutti i creditori ufficiali – il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea e il Meccanismo europeo di stabilità – e sui prestiti bilaterali ricevuti dai suoi creditori europei. Ma continuerebbe a rifondere tutti i prestiti privati, con l'obbiettivo strategico di riguadagnare accesso ai mercati nel giro di qualche anno.
La seconda ragione è la riduzione del rischio. Dopo un'uscita dall'euro, il rischio di ridenominazione valutaria non rappresenterebbe più un deterrente. E le possibilità di un default totale sarebbero molto ridotte, perché la Grecia avrebbe già dichiarato lo stato di insolvenza nei confronti dei suoi creditori ufficiali, e dunque sarebbe smaniosa di riconquistarsi la fiducia degli investitori privati.
La terza ragione è l'impatto sulla posizione esterna dell'economia. A differenza delle piccole economie del Nordeuropa, quella greca è un'economia relativamente chiusa. Circa i tre quarti del suo Pil sono interni; di quel quarto che non lo è il turismo costituisce la fetta maggiore, e il turismo beneficerebbe della svalutazione. L'effetto complessivo della svalutazione non sarebbe certo importante come per un'economia aperta quale l'Irlanda, ma in ogni caso sarebbe positivo. Dei tre effetti che ho elencato, il primo è il più importante sul breve termine, mentre il secondo e il terzo diventeranno preponderanti nel lungo periodo.
Un'uscita dall'euro naturalmente ha le sue insidie, quasi tutte nel brevissimo termine. L'improvvisa introduzione di una nuova valuta sarebbe caotica. Il Governo potrebbe dover imporre controlli di capitale e chiudere le frontiere. Nel primo anno le perdite sarebbero sostanziali, ma una volta placato il caos l'economia si riprenderebbe rapidamente. Il confronto fra questi due scenari mi fa tornare in mente quell'osservazione di Winston Churchill sull'ubriachezza, che a differenza della bruttezza è transitoria: il primo scenario è semplicemente brutto, e lo rimarrà sempre; il secondo ti procura un'emicrania, ma poi segue una certa sobrietà.
Insomma, se questa fosse la scelta, i greci avrebbero un motivo razionale per preferire l'uscita dall'euro. Ma non è questa la scelta che dovranno prendere questa settimana. La scelta è tra accettare o rifiutare l'offerta dei creditori. La Grexit è una conseguenza possibile, ma non scontata, di un rifiuto.
Se Tsipras dovesse respingere l'offerta e mancare l'ultima deadline – la riunione del 18 giugno dei ministri dell'Economia dell'Eurozona – i rimborsi del debito di luglio e agosto salterebbero. A quel punto la Grecia sarebbe ancora nell'Eurozona, e sarebbe costretta a uscire solo se la Bce riducesse il flusso di liquidità verso le banche elleniche al di sotto dei limiti tollerabili. Cosa che potrebbe succedere, ma non è scontata.
I creditori dell'Eurozona potrebbero a quel punto tranquillamente decidere che è nel loro interesse parlare di un alleggerimento del debito per Atene. Basta considerare la loro posizione: se la Grecia dovesse dichiarare il default sull'intero suo debito nei confronti dei creditori ufficiali, solo Francia e Germania finirebbero per perdere circa 160 miliardi di euro; Angela Merkel e François Hollande passerebbero alla storia come i più grandi perdenti finanziari. Adesso i creditori si rifiutano anche solo di parlare di un alleggerimento del debito, ma le cose potrebbero cambiare se la Grecia cominciasse davvero ad andare in default. Se negozieranno, tutti ne trarranno vantaggio: la Grecia rimarrebbe nell'euro, perché l'aggiustamento di bilancio sarebbe più tollerabile con un fardello del debito meno pesante; e i creditori potrebbero recuperare in parte un denaro che altrimenti andrebbe perderebbero di sicuro. La sostanza, quindi, è che in realtà la Grecia non ha nulla da perdere a rifiutare l'offerta di questa settimana».
* Fonte Il Sole 24 Ore del 15 giugno
6 commenti:
Oh, vedo che avete pubblicato l'articolo che vi avevo segnalato in cui GUARDA CASO si scrive esattamente quello che vi dicevo io e cioè che Tsipras e Varoufakis stanno giocando una grandissima partita.
Sono arrivati al punto, per dirla à la Brancaccio, in cui i tedeschi dovranno scegliere fra modalità alternative di prenderselo nel di dietro.
ORA SECONDO VOI VAROUFAKIS, che è professore e che tiene una capa tanta, NON LO AVEVA PREVISTO??? Avendolo lui scritto esplicitamente nel 2011 (QUATTRO ANNI FA!!!) direi che la domanda è retorica...
Questo cari compagni ci indica una precisa modalità strategica della quale faremmo bene a discutere in una riunione apposita. Sono certo che molti lettori sarebbero entusiasti di partecipare.
Ora inoltre sappiamo come valutare certi piccoli professorini che imperversano in zone "salvatiche" notoriamente abitate da orsi, lupi e pecore che per darsi un tono (poveretti) avevano sparato per iscritto che Tsipras aveva tradito e che Varoufakis non ci capiva una mazza.
Ho i link e quando finisce sta storia ve li posto così chiudiamo una volta per tutte il lungo e tedioso capitolo intitolato "Professorini di secondo piano spetazzanti e arrivisti"
Scusate l'OT compagni ma leggendo le parole del Papa vi giuro che mi è venuta la pelle d'oca dalla testa ai piedi.
“Non è intoccabile il diritto a proprietà privata”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/16/enciclica-laudato-si-papa-francesco-diritto-alla-proprieta-privata-non-e-intoccabile/1782891/
Se loro si spingono a dire una cosa del genere è segno che siamo vicini a un turning point epocale.
Veramente lo Spirito Santo accompagna quest'uomo.
Peccato che non l'accompagni alla stazione termini o alla stazione centrale, o a ventimiglia.
Ma non hanno il patrimonio immobiliare più grande al mondo in cui ci starebbero tutti i migranti che arrivano?
Ah sì, bisogna scusarlo, sta scrivendo la prossima enciclica in cui esorta a soccorrere i poveri. già...già
E poi, in fondo, c'è proprietà privata e proprietà privata, vuoi toccare anche quella di dio?
g
A quello delle 13:30, fammi capire per arrivare fino a qui c'è voluto tutta questa telenovela? Tutto questo tira e molla. E come mai ancora oggi i greci non hanno ancora capito bene che l'euro e i suoi meccanismi di funzionamento oltre alle politiche neoliberiste sono alla radice di questa crisi?
Comunque, se usciranno, vedremo come gestiranno l'evento a favore del popolo, quello sarà il vero banco di prova.
Non quello che qui si sapeva già, che o dall'euro si usciva o si crepava.
Dispiace solo che quei due saltimbanchi ci abbiano messo tanto per capirlo, dopo 5 anni buoni di macelleria in Grecia.
Dopo tanta sofferenza, sarebbe il minimo che la sinistra cominci a fare qualcosa per il proprio popolo.
Altro che professorini.
Partita? Cosa cambiava se muovevano il culo, prima, e uscivano 1 o 2 mesi fa?
Ma per favore.
Riccardo.
A quello delle 15:56, vorrei ricordare che sto tizio (bergoglio) non dice niente di diverso da quello che diceva leone xiii nella Rerum Novarum, pio xi (quello del concordato tra la santissima trinità e l'unto del signore mussolini) nella quadragesimo anno e quello stinco di santo (vai alla voce pinochet) di giovanni paolo ii nella centesimus annus.
A quanto pare la pubblicità della dolce euchessina colpisce ancora.
Ai bambini buoni, dolce euchessina regola dolcemente l'intestino.
Riccardo.
Mi sembra invece che nell'enciclica papale ci siano tutti i temi
che stanno a cuore a un buon comunista moderno: rispetto dell'ambiente,
decrescita economica, rispetto dell'uomo, no al potere della finanza,
pericolosità della tecnologia nelle mani di pochi.
Sembra davvero di leggere Serge latouche e quindi penso che
Francesco sia davvero un valido alleato.
Finiamola di fare i comunisti mangiapreti e di darci la zappa sui piedi.
Un comunista può essere ateo o credente
l'importante è che abbia l'amore e il rispetto
altrimenti è un comunista inutile.
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