[ 8 giugno ]
Cosa è cambiato con il voto del 31 maggio
Problemi in arrivo nella maggioranza di governo?
Diciamolo subito a scanso di equivoci: le elezioni regionali hanno senza dubbio indebolito il capo del governo, ma il suo progetto autoritario è tutt'altro che sconfitto.
Problemi in arrivo nella maggioranza di governo?
Diciamolo subito a scanso di equivoci: le elezioni regionali hanno senza dubbio indebolito il capo del governo, ma il suo progetto autoritario è tutt'altro che sconfitto.
Un anno fa, immediatamente dopo le elezioni europee, criticammo (vedi La resistibile ascesa di Matteo Renzi) quelli che iniziavano ad immaginare frettolosamente un ventennio renziano. Evidentemente non avevamo torto. Per gli stessi motivi, oggi sbaglia chi comincia a crogiolarsi nell'idea opposta, quella secondo cui Renzi stia per essere rapidamente rottamato dal turbinio mangia-consensi alimentato dalla crisi economica.
Renzi non è certo imbattibile, e lo abbiamo visto. Tuttavia, lo stop che ha subito è pesante ma non ancora decisivo. L'essenziale è capire la sua vulnerabilità, ma senza sottovalutare la forza di cui ancora dispone.
Alcuni pensano che saranno i suoi stessi "mandanti" a liquidarlo ben presto. Idea illusoria e figlia di un complottismo che ritiene che tutto sia pianificato nelle inaccessibili stanze di un potere assoluto. Secondo costoro, i "pianificatori" non hanno da far altro che giocarsi all'infinito una carta dopo l'altra, tanto il popolo è bue e se le beve tutte, più degli inglesi il sabato sera.
Invece non è così. Perlomeno non per quanto riguarda il consenso, che è merce delicata e non del tutto controllabile dal pur potente sistema mediatico. Ne sanno qualcosa Monti e Letta. Ed un anno e mezzo fa Renzi fu scelto anche per questo: c'era bisogno di proseguire con le solite politiche liberiste ed austeritarie, ma ci voleva qualcuno in grado di far credere il contrario. E' cosi che è arrivato il Bomba, ed è per questo che l'élite dominante non potrà permettersi di accantonarlo tanto facilmente.
Fatta questa doverosa premessa, giusto per evitare facili illusioni, il quadro disegnato dalle elezioni del 31 maggio è davvero problematico per il segretario del Pd.
Vedremo oggi, nella direzione del partito, quale linea Renzi vorrà adottare: ci sarà una qualche apertura alla minoranza interna, qualche segnale che tenga conto dei mal di pancia nella maggioranza parlamentare, oppure verrà proposto l'approccio decisionista di sempre? Le elezioni hanno detto che la stessa immagine dell'«uomo solo al comando» non ha più l'appeal dei primi mesi, ma potrà Renzi negare se stesso? Difficile che possa avvenire. Del resto egli potrà sempre scaricare le colpe sul partito, giudicandolo non sufficientemente rinnovato, cioè non ancora del tutto renzizzato.
Aspettiamoci dunque un rilancio, con la sua tecnica di presentarsi come l'uomo del «fare». Che il suo fare si chiami controriforma della scuola, asfaltatura della Costituzione, legge elettorale truffa, poco importa dal suo punto di vista. A dire il vero questo suo fare gli ha anche fatto perdere dei consensi, come certamente è avvenuto nel caso della scuola. E qui è già annunciata qualche modifica di facciata al suo progetto. Ma in generale Renzi non ha alternative: o impone la sua linea di sfondamento o finirà inevitabilmente nella palude. L'uomo non è stupido e lo sa.
Il fatto è che l'astuzia da sola non basta a cambiare più di tanto i rapporti di forza. E i numeri della maggioranza governativa potrebbero andare in crisi al Senato, prima sulla scuola, poi - assai più realisticamente - sul secondo passaggio della controriforma costituzionale. Si dirà che Renzi ha vinto fino ad oggi tutte le sfide parlamentari. E' vero, c'è riuscito usando in maniera spregiudicata tutti i mezzi a disposizione - voto di fiducia, sostituzione dei componenti della minoranza Pd nelle commissioni, eccetera - ma c'è riuscito. Ora, però, il voto regionale cambia un po' le cose.
Il cambiamento non sta solo nell'indebolimento politico di Renzi. E neppure nel maggior coraggio che speriamo possa acquisire la minoranza del suo partito. Esso potrebbe arrivare anche da un diverso atteggiamento degli alleati di governo. Ed è questo l'aspetto di cui vogliamo occuparci in questo articolo.
Alcuni pensano che saranno i suoi stessi "mandanti" a liquidarlo ben presto. Idea illusoria e figlia di un complottismo che ritiene che tutto sia pianificato nelle inaccessibili stanze di un potere assoluto. Secondo costoro, i "pianificatori" non hanno da far altro che giocarsi all'infinito una carta dopo l'altra, tanto il popolo è bue e se le beve tutte, più degli inglesi il sabato sera.
Invece non è così. Perlomeno non per quanto riguarda il consenso, che è merce delicata e non del tutto controllabile dal pur potente sistema mediatico. Ne sanno qualcosa Monti e Letta. Ed un anno e mezzo fa Renzi fu scelto anche per questo: c'era bisogno di proseguire con le solite politiche liberiste ed austeritarie, ma ci voleva qualcuno in grado di far credere il contrario. E' cosi che è arrivato il Bomba, ed è per questo che l'élite dominante non potrà permettersi di accantonarlo tanto facilmente.
Fatta questa doverosa premessa, giusto per evitare facili illusioni, il quadro disegnato dalle elezioni del 31 maggio è davvero problematico per il segretario del Pd.
Vedremo oggi, nella direzione del partito, quale linea Renzi vorrà adottare: ci sarà una qualche apertura alla minoranza interna, qualche segnale che tenga conto dei mal di pancia nella maggioranza parlamentare, oppure verrà proposto l'approccio decisionista di sempre? Le elezioni hanno detto che la stessa immagine dell'«uomo solo al comando» non ha più l'appeal dei primi mesi, ma potrà Renzi negare se stesso? Difficile che possa avvenire. Del resto egli potrà sempre scaricare le colpe sul partito, giudicandolo non sufficientemente rinnovato, cioè non ancora del tutto renzizzato.
Aspettiamoci dunque un rilancio, con la sua tecnica di presentarsi come l'uomo del «fare». Che il suo fare si chiami controriforma della scuola, asfaltatura della Costituzione, legge elettorale truffa, poco importa dal suo punto di vista. A dire il vero questo suo fare gli ha anche fatto perdere dei consensi, come certamente è avvenuto nel caso della scuola. E qui è già annunciata qualche modifica di facciata al suo progetto. Ma in generale Renzi non ha alternative: o impone la sua linea di sfondamento o finirà inevitabilmente nella palude. L'uomo non è stupido e lo sa.
Il fatto è che l'astuzia da sola non basta a cambiare più di tanto i rapporti di forza. E i numeri della maggioranza governativa potrebbero andare in crisi al Senato, prima sulla scuola, poi - assai più realisticamente - sul secondo passaggio della controriforma costituzionale. Si dirà che Renzi ha vinto fino ad oggi tutte le sfide parlamentari. E' vero, c'è riuscito usando in maniera spregiudicata tutti i mezzi a disposizione - voto di fiducia, sostituzione dei componenti della minoranza Pd nelle commissioni, eccetera - ma c'è riuscito. Ora, però, il voto regionale cambia un po' le cose.
Il cambiamento non sta solo nell'indebolimento politico di Renzi. E neppure nel maggior coraggio che speriamo possa acquisire la minoranza del suo partito. Esso potrebbe arrivare anche da un diverso atteggiamento degli alleati di governo. Ed è questo l'aspetto di cui vogliamo occuparci in questo articolo.
Gli alleati del Pd nella maggioranza governativa - Ncd e centristi vari - fino ad oggi sono stati talmente proni ai voleri del premier da aver accettato una legge elettorale che li taglia fuori dai prossimi giochi per il governo. Storditi dai bagliori dei successi del Renzi della prima ora, i vari Alfano, Casini e soci, si sono accontentati di salvarsi grazie alla riduzione dello sbarramento al 3%.
Ma quel che ieri gli sembrava molto, adesso, dopo che il voto ha chiarito che la destra può rientrare in corsa nella partita per il governo della prossima legislatura, l'Italicum non può che andare stretto a costoro.
Certo, il rientro in gioco potrà avvenire solo a precise condizioni. Nell'immediato non facili da realizzarsi. Tuttavia una di queste condizioni è proprio l'affossamento dell'Italicum. Ma come, la nuova legge truffa è di fresca approvazione e già si pensa di poterla mandare in soffitta? Il fatto è che si tratta di una legge pasticciata che - come abbiamo più volte spiegato - cadrebbe necessariamente in caso di sconfitta del governo (o parlamentare, o per via referendaria) sulla controriforma costituzionale.
Dunque i giochi non sono chiusi. E non è un caso che Quagliarello abbia formalmente chiesto di riaprire la questione. Il punto è che Ncd e soci sanno perfettamente come verrebbero massacrati da una legge con il ballottaggio di lista che esclude le coalizioni. Se vogliono sopravvivere politicamente essi non possono che agire, in questa fase, come guastatori dall'interno del disegno renziano. Se ne avranno la forza lo vedremo nelle prossime settimane.
Il ceto politico di Ncd è uno dei più squallidi presenti sulla faccia della terra. L'opportunismo dei suoi capibastone è cosa fin troppo nota. Ma il caso vuole che costoro vengano a trovarsi adesso in una posizione decisiva.
Nelle recenti elezioni Ncd si è alleato dappertutto con la destra, pur nelle diverse geometrie variabili che questa ha assunto nelle varie realtà locali. L'attuale alleanza di governo con il Pd appare dunque del tutto temporanea. Adesso non possiamo sapere come la destra, nel suo complesso, vorrà riorganizzarsi, ma di certo avrà enormi difficoltà a farlo con l'Italicum.
E' questo un particolare di cui si dimenticano troppo facilmente i giornalisti che parlano di una "destra competitiva purché unita". Già, unita, ma come? Una cosa è mettersi insieme su un non-programma per le regionali, altra cosa allearsi su un programma politico per il governo del paese. Come potranno stare insieme un Salvini anti-euro e gli euristi ancora assai forti nel mondo della destra? Questo è già un bel problema da risolvere, anche se - vedrete - alla fine l'opportunismo salviniano aiuterà... Il fatto è che questo problema diventa invece irrisolvibile con l'Italicum, dato che la legge renziana esclude le coalizioni.
Con l'Italicum la destra avrebbe solo due possibilità: o presentarsi divisa, od unirsi in un indistinto "listone". La prima possibilità avrebbe senso solo se il vincente della sfida a destra avesse elevate probabilità di andare al ballottaggio con il Pd. In questo caso l'unità della destra si ricomporrebbe in qualche modo al secondo turno. Ma una destra divisa dovrebbe fare i conti con M5S per la conquista della seconda posizione, ed il voto del 31 maggio ci dice che sarebbero i grillini a prevalere.
L'altra possibilità - quella del "listone" - è forse ancora più sfavorevole per la destra. Nel "listone" Salvini e la Lega sparirebbero. Il ballottaggio verrebbe probabilmente conquistato, ma la sconfitta al secondo turno sarebbe pressoché certa. Ecco allora la necessità - anche a destra - di far saltare l'Italicum. Unico modo per riproporre una qualche forma di coalizione.
E' vero, i berluscones l'Italicum l'hanno prima concordato e poi votato al Senato. Hanno poi fatto marcia indietro alla Camera, ma solo per lo sgarbo di Renzi sull'elezione del presidente della repubblica. Gli alfaniani l'hanno invece approvato anche alla Camera. Possono rimetterlo adesso in discussione?
Possono, perché la situazione è cambiata e Renzi non è più la macchina acchiappa-voti che anch'essi temevano. Qual è stata infatti la minaccia del Bomba ogni volta che si sono manifestati dissensi od anche semplici mal di pancia? «O si fa come dico io, od andiamo alle elezioni». Questa minaccia sarebbe fortissima se l'Italicum fosse già in vigore e se il Senato non elettivo fosse già legge. Ma così non è. In caso di elezioni - a meno di un vero e proprio golpe istituzionale - si voterebbe con il Consultellum, un proporzionale con sbarramenti al 2% (per i coalizzati) ed al 4% (per i non coalizzati).
Certo, il Pd arriverebbe primo. Ma anche se dovesse tornare al mitico 40,8% - e non crediamo proprio - sarebbe pur sempre costretto ad un governo di coalizione. Una coalizione che avrebbe bisogno anche di Forza Italia.
Per Renzi dunque la scorciatoia delle urne non è una soluzione. Tentare di sfuggire alla palude per via elettorale porterebbe solo ad una palude e mezzo. Egli ha bisogno di mandare in porto, in tutti i modi, la controriforma del Senato. Solo così potrà mettere davvero in cassaforte l'Italicum, ben sapendo che con questa legge rimarrebbe il dominus della politica italiana nonostante il calo dei consensi.
Lo snodo decisivo è dunque lì. Lo è per Renzi, come lo è per chi - come noi - si oppone alla sua politica ed al suo disegno autoritario. Ma lo è anche per chi, dall'interno del Palazzo, persegue altri progetti.
Cosa accadrà davvero non lo sappiamo. Saggio è colui che non si illude mai troppo. Ma le contraddizione del campo avverso vanno sempre considerate. Se i ragionamenti svolti fin qui sono fondati lo sapremo comunque a breve. Può darsi che abbia ragione chi pensa che non succederà niente. Ipotesi plausibile, dato che il potere ha tante vie per ricucire i diversi interessi che lo compongono. Ma personalmente non mi stupirei del contrario. Non mi stupirei, ad esempio, se una parte di chi ha votato il Senato non elettivo si scoprisse ora a favore di quello elettivo... Con tutte le conseguenze del caso.
Vedremo.
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