[ 18 maggio ]
Ora sono tutti scandalizzati. Ma qual è il vero problema della sinistra italiana?
La notizia è di qualche giorno fa. Con una nuova giravolta Barbara Spinelli ha lasciato la "Lista Tsipras". Ma oltre alla piroetta c'è anche una conferma: Spinelli manterrà il seggio a Strasburgo. Il seggio, non la presenza, che nell'apposita graduatoria del 2014 è risultata terzultima con la partecipazione a 3 votazioni su 39 (7,69%!).
Ora, sulle qualità della signora resterebbe ben poco da aggiungere. In tanti hanno già ricordato che nel marzo dello scorso anno aveva "accettato" di candidarsi, ma solo - parole sue - per «lasciare il seggio a candidati che hanno più energia e competenze». Promessa subito smentita agli inizi di giugno, quando si era tenuta il seggio - ovviamente non per sé, non sia mai detto - ma per il bene della sinistra, del Paese e dell'Europa intera.
Aggiungono i maligni, e noi lo registriamo per dovere di cronaca, che nell'anno trascorso Spinelli non avrebbe versato neppure un euro delle quote previste al gruppo parlamentare. Ma non spariamo sulla Croce Rossa, che già ci pensano i vecchi compagni di cordata. «Incoerente», ha protestato il sellino Fratoianni. E sai che scoperta!
Perché tornarci sopra adesso, nel momento in cui la Spinelli è ormai sputtanata a 360 gradi? Per un semplice motivo. Perché, al di là delle miserie personali, questa vicenda ci parla più in generale del marasma in cui versa la sinistra italiana. Una sinistra che sente di avere potenzialmente un notevole spazio, lasciatogli dall'operazione neo-democristiana di Renzi, ma che non ha la più pallida idea di come conquistarlo davvero.
Il quadro è abbastanza noto, ma merita di essere ricordato. La "Lista Tsipras" in pratica non esiste più. Dei "promotori" è rimasto solo Marco Revelli, dopo che se ne sono andati anche Gallino e Viale. Un altro europarlamentare, Curzio Maltese, è entrato a far parte - come "indipendente", una novità assoluta - nella segreteria di SEL. Il partito di Vendola, sebbene ancora alleato di Renzi in tante realtà, vorrebbe far da cerniera tra chi sta uscendo dal Pd e il resto della sinistra. In quanto a Rifondazione, la Direzione della scorsa settimana ha lanciato la «costituente della sinistra», un ipotetico rassemblement della sinistra antiliberista che dovrebbe costituirsi in «sinergia con la "Coalizione sociale" di Landini».
E qui, come nel Gioco dell'Oca, torniamo alla casella di partenza. Cioè alla signora Spinelli la quale dichiara all'Huffington Post di voler ora «rappresentare Landini a Strasburgo». Ma il segretario della Fiom non ha ancora deciso cosa fare da grande. Di certo, se dalle parole passerà ai fatti, egli non vorrà dare troppo spazio ai brandelli dell'ex Arcobaleno, e questo spiega il ruolo meramente "sinergico" e complementare che gli attribuisce il preoccupato Ferrero.
Insomma, gli spazi ci sono, ma troppi sono i galli a cantare. La cosa più grave è però un'altra. Ed è che in questa rissa brillano le gomitate, non le idee. Anzi, le idee vengono quasi considerate un'optional, come se bastasse dirsi anti-liberisti ed anti-renziani.
Ed invece non basta affatto. Naturalmente non possiamo che essere felici del diffondersi dell'anti-renzismo, così come dell'anti-liberismo. Ma il renzismo - ed il suo stesso costruirsi tendenzialmente come regime - affonda le sue radici nella condizione strutturale di un'Italia inserita e schiacciata nel sistema dell'euro. Ed è impossibile lottare concretamente contro il neo-liberismo senza mettere in discussione questo sistema.
Ora, noi siamo realisti, e non possiamo certo illuderci su rapide correzioni di rotta in materia. Ci accontenteremmo perciò di un inizio di discussione sul tema. Ma questo inizio non c'è. Perlomeno non in personaggi come Vendola, Ferrero, Revelli o Landini. Costoro, inclusa la new entry Civati, continuano a non dire una parola nel merito. Ed è un silenzio pesante come un macigno. Una reticenza che spiega la loro scarsa credibilità.
Non si difendono gli interessi delle classi popolari rinchiudendosi in una nicchia a reclamare salario, occupazione e diritti, fingendo di non sapere che questi obiettivi sono incompatibili con l'appartenenza all'eurozona. Fingendo di ignorare la sua manifesta (la Grecia insegna) irriformabilità. Fingendo che non esista, insieme alla questione di classe, una gigantesca questione nazionale, che rischia così di venir lasciata interamente nelle mani della destra.
Noi restiamo fiduciosi del fatto che una sinistra sovranista finirà con l'emergere. Non nascerà però dai personaggi di cui ci siamo fin qui occupati. Costoro, anche dovessero ricredersi (come, sia chiaro, ci auguriamo), arriverebbero sempre tardi. Ecco perché la vicenda di Barbara Spinelli non è da archiviarsi come un semplice "incidente di percorso", un errore che può capitare a tutti. No, l'accettazione della sua leadership in occasione delle elezioni europee, di ben altro ci parla: di una subalternità culturale, quando non anche politica, ai signori dell'euro, magari in nome di un "internazionalismo" inteso di fatto come mera accettazione della globalizzazione capitalistica.
Inutile scandalizzarsi, quindi, di Barbara Spinelli. Del tutto inutile, fintanto che non ci si saprà liberare di questa subalternità. Che è il vero problema della sinistra italiana.
NOTA
* Naturalmente, così come le colpe dei padri non debbono ricadere sui figli, neppure quelle dei mariti o compagni debbono ricadere sulle mogli o compagne. Tuttavia, al solo sentir nominare il nome di Padoa Schioppa non possiamo fare a meno di ricordarci quel che scrisse sul Corriere della Sera del 26 agosto 2003 a proposito delle famose "riforme strutturali" per l'euro(pa):
«Nell'Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev'essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l'individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere».
5 commenti:
Dice Mazzei: "Una sinistra che sente di avere potenzialmente un notevole spazio, lasciatogli dall'operazione neo-democristiana di Renzi, ma che non ha la più pallida idea di come conquistarlo davvero."
Non credo che la cosiddetta sinistra voglia davvero conquistare spazi. Ha la singolare predilezione di spararsi sui piedi ogni volta che se ne presenti l'occasione. E tale sindrome autolesionista non può essere annoverata tra le tecniche di conquesta del potere. In realtà assistiamo ad una autentica mattanza di parole d'ordine, quelle cose semplici che una volta riuscivano a convincere i lavoratori, nel nome e per conto di protagonismi più o meno palesi.
La sinistra ha perso qualsiasi credibilità, e chi ancora vi milita (come il sottoscritto) non può che prendere atto dell'esistenza di diverse sinistre. Io con la sinistra della Spinelli (o D'alema) non ci voglio avere nulla a che fare. Mi chiedo quali analisi possano fare persone che non conoscono bene tutti i retroscena che Sollevazione continua ad esporre.
Credo sia facile definire cialtroni "quelli di sinistra", e questo non fa che fare il gioco neoliberista, purtroppo.
Giorgio
Il problema di questa "sinistra", non è solo l'euro. E non è solo un opportunismo di piccolissimo cabotaggio e cortissimo respiro. E' l'incapacità e la paura ada assumere un punto di vista veramente radicale che la più grave crisi economica degli ultimi vent'anni imporrebbe. Scrive Mazzei che questa "sinistra" fa come se non esistesse "insieme alla questione di classe, una gigantesca questione nazionale", ma questa affermazione può valere per il PCL o i Carc o i Centri Sociali non per i personaggi citati nell'articolo che ignorano oltre alla questione nazionale pure quella di classe. Insomma sono senza speranza...
Segnalo alla redazione questo articolo di Militant: http://www.militant-blog.org/?p=11953 che in parte tocca lo stesso argomento dello scritto di Leonardo Mazzei. Mi piacerebbe conoscere il vostro punto di vista sulle posizioni espresse da Militant.
Io conosco una sola sinistra ed è ad essa che voglio tributare questo ricordo:
18 maggio 1944
« Ora tirano dalla strada, dal campanile e dalle case più lontane. Gli sono addosso, non gli lasciano scampo. Di Nanni toglie di tasca l'ultima cartuccia, la innesta nel caricatore e arma il carrello. Il modo migliore di finirla sarebbe di appoggiare la canna del mitra sotto il mento, tirando il grilletto poi con il pollice. Forse a Di Nanni sembra una cosa ridicola; da ufficiale di carriera. E mentre attorno continuano a sparare, si rovescia di nuovo sul ventre, punta il mitra al campanile e attende, al riparo dei colpi. Quando viene il momento mira con cura, come fosse a una gara di tiro. L'ultimo fascista cade fulminato col colpo. Adesso non c'è più niente da fare: allora Di Nanni afferra le sbarre della ringhiera e con uno sforzo disperato si leva in piedi aspettando la raffica. Gli spari invece cessano sul tetto, nella strada, dalle finestre delle case, si vedono apparire uno alla volta fascisti e tedeschi. Guardano il gappista che li aveva decimati e messi in fuga. Incerti e sconcertati, guardano il ragazzo coperto di sangue che li ha battuti. E non sparano. È in quell'attimo che Di Nanni si appoggia in avanti, premendo il ventre alla ringhiera e saluta col pugno alzato. Poi si getta di schianto con le braccia aperte nella strada stretta, piena di silenzio. »
Forse tutto ciò è solo leggenda, ma a me piace ricordarlo così.
Ciao Dante
CHE PENSIAMO DI MILITANT?
sorvoliamo sul nome del gruppo (perché mai usare la lingua dell'impero?).
Ci pare che siano colpevolmente reticenti sulla questione della necessità di uscita dall'euro. Certa sinistra non solo ritiene che NON sia centrale la questione della sovranità monetaria. Certa sinistra rifiuta per principio di sollevare la questione della sovranità nazionale. Al fondo pensano forse che la globalizzazione imperialistica sia preferibile alle nazioni sovrane.
Leggiamo dall'articolo da te citato:
«Un capitalismo irriformabile esige un pensiero politico all’altezza dei tempi, capace cioè di rompere con una tradizione socialdemocratica, riformista, redistributiva, che oggi è inutile perché irrealizzabile. Lo ribadiamo, cercando di essere il più chiari possibile: non è inutile una redistribuzione dei redditi, così come non è la stessa cosa un capitalismo liberista da uno “keynesiano”, ma sono oggi irrealizzabili».
E' la solita solfa per cui, siccome non ci sarebbe spazio per riforme, si può solo fare la rivoluzione....
Se si vuole criticare il "keynesismo" lo si faccia in maniera seria, non liquidando la questione a priori che tanto è un'utopia....
se ci pensi è lo stesso approccio ideologico dei liberisti rispetto al pensiero di Marx: con la scusa che è un'utopia non entrano mai nel merito...
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