[ 19 ottobre ]
Vi è uno splendido tweet che molto circola in rete in questi giorni: “dati dicono immigrati si stanno integrando e sostituendo ad autoctoni nella filiera produttiva”. Curioso modo di esprimersi, che chiede di essere commentato. Vi scorgo due curiosi lapsus.
Deputati PD @Deputatipd
#immigrazione #accoglienza @EnricoBorghi1: “Dati dicono immigrati si stanno integrando e sostituendo ad autoctoni nella filiera produttiva”
11:43 - 14 Ott 2015
Intanto – partiamo dal primo – sia consentito sollevare il dubbio che possa darsi un’automatica e irriflessa identità tra integrazione e inserimento nella filiera produttiva; ché, se così fosse, anche gli schiavi ai tempi dello schiavismo americano e perfino Spartaco e i suoi compagni di sventura dovrebbero a rigore dirsi “integrati” in quanto parti attive della produzione. Integrazione, forse, dovrebbe dire qualcosa di diverso e di più alto, credo: ad esempio, riconoscimento di diritti civili e sociali; ma poi anche dignità del lavoro e integrazione culturale.
Ciò che, ovviamente, non si vede sotto il cielo. Il sistema della produzione, che parla la neolingua buonista per nascondere le proprie politiche spietate, ha bisogno dei migranti e sempre li elogia, ma non per integrarli (se non secondo la discutibile identità di cui sopra), bensì per sfruttarli come nuovi schiavi; non mira a dare loro diritti, ma a togliere anche a noi i pochi diritti superstiti; insomma, si sa, aspira a produrre l’ennesima guerra tra poveri e insieme, a usare i più poveri per abbassare al loro livello i meno poveri.
Insomma, il sistema mondialista della produzione fa credere agli italiani poveri che la loro povertà dipenda da chi è ancora più povero (mai dal potere, dalla finanza, dalle banche, ecc.) e che, dunque, occorra prendersela con chi sta sotto, non con chi sta sopra. Ne è l’emblema la patetica retorica delle “ruspe” rivolte sempre e solo verso il basso, mai – guarda caso – verso l’alto.
Secondo lapsus del tweet: gli immigrati – si dice – si stanno “sostituendo ad autoctoni nella filiera produttiva”. La parola chiave è, naturalmente, “sostituendo”. Il re è nudo, il gioco è chiaro, l’obiettivo è palese: per la destra del denaro l’obiettivo è sostituire i lavoratori autoctoni con gli immigrati; per la sinistra del costume, questo si chiama “integrazione” ed “emancipazione”.
Insomma, emancipazione e integrazione significa far lavorare i migranti nelle filiere della produzione a prezzi stracciati e senza il giusto riconoscimento dei diritti. Significa sostituire la manodopera che ha diritti sociali e una residuale coscienza di classe oppositiva (scioperi, ecc.) con una nuova manodopera che non ha né gli uni né l’altra, e che è disposta a tutto pur di sopravvivere. Disposta anche a fare per 3 euro all’ora ciò che la manodopera educata dalla stagione delle lotte di classe e dello “stato sociale” mai accetterebbe.
Così, vince la legge del capitale, che è sempre una sola: trovare qualcuno disposto a fare lo stesso a un prezzo più basso. Delocalizzazione della produzione e immigrazione coatta sono le due facce della stessa medaglia, sono i due movimenti simmetrici con cui il capitale sposta la produzione dove costa meno o attira lavoratori disposti a lavorare a prezzi più bassi e con meno diritti: la medaglia dalle due facce è, ovviamente, quella del conflitto di classe, che il capitale sta vincendo senza incontrare resistenza e con la piena subalternità culturale di intellettuali, sinistre, ecc. Che subito diffamano come razzista e xenofobo chiunque osi dire ciò che l’immigrazione è oggi uno strumento della lotta di classe nelle mani dei dominanti.
Si dovrebbe, credo, ripartire dal “Capitale” di Marx: dalla categoria di “esercito industriale di riserva”. Si capirebbero molte cose: tra cui le ragioni dell’ipocrita elogio dell’immigrazione che i magnati della finanza e la politica al loro guinzaglio continuano quotidianamente a fare.
* Fonte: il fatto quotidiano
Vi è uno splendido tweet che molto circola in rete in questi giorni: “dati dicono immigrati si stanno integrando e sostituendo ad autoctoni nella filiera produttiva”. Curioso modo di esprimersi, che chiede di essere commentato. Vi scorgo due curiosi lapsus.
Deputati PD @Deputatipd
#immigrazione #accoglienza @EnricoBorghi1: “Dati dicono immigrati si stanno integrando e sostituendo ad autoctoni nella filiera produttiva”
11:43 - 14 Ott 2015
Intanto – partiamo dal primo – sia consentito sollevare il dubbio che possa darsi un’automatica e irriflessa identità tra integrazione e inserimento nella filiera produttiva; ché, se così fosse, anche gli schiavi ai tempi dello schiavismo americano e perfino Spartaco e i suoi compagni di sventura dovrebbero a rigore dirsi “integrati” in quanto parti attive della produzione. Integrazione, forse, dovrebbe dire qualcosa di diverso e di più alto, credo: ad esempio, riconoscimento di diritti civili e sociali; ma poi anche dignità del lavoro e integrazione culturale.
Ciò che, ovviamente, non si vede sotto il cielo. Il sistema della produzione, che parla la neolingua buonista per nascondere le proprie politiche spietate, ha bisogno dei migranti e sempre li elogia, ma non per integrarli (se non secondo la discutibile identità di cui sopra), bensì per sfruttarli come nuovi schiavi; non mira a dare loro diritti, ma a togliere anche a noi i pochi diritti superstiti; insomma, si sa, aspira a produrre l’ennesima guerra tra poveri e insieme, a usare i più poveri per abbassare al loro livello i meno poveri.
Insomma, il sistema mondialista della produzione fa credere agli italiani poveri che la loro povertà dipenda da chi è ancora più povero (mai dal potere, dalla finanza, dalle banche, ecc.) e che, dunque, occorra prendersela con chi sta sotto, non con chi sta sopra. Ne è l’emblema la patetica retorica delle “ruspe” rivolte sempre e solo verso il basso, mai – guarda caso – verso l’alto.
Secondo lapsus del tweet: gli immigrati – si dice – si stanno “sostituendo ad autoctoni nella filiera produttiva”. La parola chiave è, naturalmente, “sostituendo”. Il re è nudo, il gioco è chiaro, l’obiettivo è palese: per la destra del denaro l’obiettivo è sostituire i lavoratori autoctoni con gli immigrati; per la sinistra del costume, questo si chiama “integrazione” ed “emancipazione”.
Insomma, emancipazione e integrazione significa far lavorare i migranti nelle filiere della produzione a prezzi stracciati e senza il giusto riconoscimento dei diritti. Significa sostituire la manodopera che ha diritti sociali e una residuale coscienza di classe oppositiva (scioperi, ecc.) con una nuova manodopera che non ha né gli uni né l’altra, e che è disposta a tutto pur di sopravvivere. Disposta anche a fare per 3 euro all’ora ciò che la manodopera educata dalla stagione delle lotte di classe e dello “stato sociale” mai accetterebbe.
Così, vince la legge del capitale, che è sempre una sola: trovare qualcuno disposto a fare lo stesso a un prezzo più basso. Delocalizzazione della produzione e immigrazione coatta sono le due facce della stessa medaglia, sono i due movimenti simmetrici con cui il capitale sposta la produzione dove costa meno o attira lavoratori disposti a lavorare a prezzi più bassi e con meno diritti: la medaglia dalle due facce è, ovviamente, quella del conflitto di classe, che il capitale sta vincendo senza incontrare resistenza e con la piena subalternità culturale di intellettuali, sinistre, ecc. Che subito diffamano come razzista e xenofobo chiunque osi dire ciò che l’immigrazione è oggi uno strumento della lotta di classe nelle mani dei dominanti.
Si dovrebbe, credo, ripartire dal “Capitale” di Marx: dalla categoria di “esercito industriale di riserva”. Si capirebbero molte cose: tra cui le ragioni dell’ipocrita elogio dell’immigrazione che i magnati della finanza e la politica al loro guinzaglio continuano quotidianamente a fare.
* Fonte: il fatto quotidiano
3 commenti:
L'immigrazione (mi riferisco soprattutto ai profughi in fuga per salvare la pelle da disordini causati da sommovimenti provocati per ragioni politine e di sopraffazione di governi non graditi all'eshtablishment imperante) è fenomeno terribile e penosissimo e ha lo scopo di disorganizzare certi stati e di causare marasma internazionale (caos, destabilizzazione, disgregazione su cui impiantare il NWO)). Pertanto va considerata genericamente come una invasione. Ovviamente chi ne è causa rimane defilato in quanto a responsabilità e i poveri disgraziati che cercano scampo dalla morte violenta derivante dalle ribellioni armate non portano colpa della loro disperazione..
I paesi che si trovano ad affrontare il fenomeno sono messi nelle condizioni di subire "un'offerta che non possono rifiutare." in nome di un inquietante umanitarismo. L'offerta che non si può rifiutare è un'azione di costrizione che configura un comportamento tipicamente "mafioso".
Il rimedio sta a monte come ha deciso di fare Putin, ma in tal caso possono sorgere situazioni rischiosissime, costosissime, persino inefficaci se i disordini continuano alimentati finanziariamente e logisticamente da chi sta vilmente e criminalmente dietro le quinte e cheti adoperano di trovare il modo di coinvolgere militarmente altri stati schierantisi pro seditiones..
Sto raccogliendo una serie di dichiarazioni inquietanti di politici vari soprattutto PD
e giornali per farne un manifesto da distribuire nelle piazze bar giardinetti e
svegliare i nostri concittadini.Se gentilmente mi date una mano ad ampliare la lista:
"L'intero mercato è destinato a cambiare e con esso anche la mentalità dei lavoratori italiani”, ha detto intervistato dall'Espresso. "Dobbiamo abituare la gente che l'istruzione sarà molto più lunga e costosa, le assunzioni a tempo indeterminato molte di meno, i tempi di lavoro più lunghi, i pensionamenti verranno posticipati. Le riforme non hanno solo un fine economico, ma anche e soprattutto sociale perché servono a modificare la mentalità lavorativa degli italiani".
filippo taddei responsabile economico del PD partito democratico.
“L’Europa vive un calo demografico importantissimo, per il 2050, cioè domani, avrà bisogno di 50 milioni di immigrati per sostenere il proprio sistema di welfare e pensionistico, l’Europa ha bisogno di queste gente, questa è una verità, una delle ragioni che avranno spinto Angela Merkel a cambiare posizione”.
emma bonino
Lavorano e fanno figli: il pil dei migranti è una risorsa per finanziare l'europa.
Per salvare le nostre pensioni servono 250 milioni di immigrati entro il 2060.
la repubblica.
la grecia è il piu grande successo dell'euro.
mario monti
abbiamo bisogno almeno di 30 milioni di immigrati.
d'alema 2011
“Dati dicono immigrati si stanno integrando e sostituendo ad autoctoni nella filiera produttiva”
enrico borghi
Molti non arrivano (o non vogliono) capire come con il discorso della necessità di implementare la demografia italiana con migliaia e milioni di immigrati, si stia svuotando l'Italia della sua italianità, fenomeno che trasformerà il residuo di nativi in stranieri in casa propria. L'On.le Bonino, persona indubbiamente valorosa, contribuì personalmente alla deflessione demografica con la legge sull'aborto. I governi in questi decenni non si preoccuparono affatto di proteggere e di soccorrere le famiglie italiane. Mi ricordo che a me, impiegato statale con quattro figli. ad un certo punto non corrisposero più la quota di aggiunta di famiglia (era una miseria: mi pare circa 30.000 lire!) per il motivo che percepivo uno stipendio il cui ammontare annuo, unito a quello della moglie, raggiungeva un data quota. Per lo stesso motivo, pur nullatenente, venni escluso sempre dai benefici per la casa e da ogni agevolazione per gli asili. L'unico parlamentare che nelle passate legislature si espresse (ma senza combinar nulla di concreto) in favore di protezioni economiche per le famiglie, fu l'On.le Casini. E adesso si scopre che per tenere in piedi quel poco che resta del welfare in Ialia, ci si accorge che occorreva si facessero guerre dappertutto con centinaia se non milioni di morti per riempire il paese di profughi. Sono letteralmente cose pazzesche che preludono chiaramente al NWO.
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