[ 15 ottobre ]
«I greci possono attendere. La Chiesa no.
Il governo Tsipras-bis ha iniziato il suo secondo mandato con una decisione che ha scatenato le polemiche sotto il Partenone: allentare i controlli dei capitali.
Non per i comuni cittadini però (per loro il limite ai prelievi resta di 60 euro al giorno) ma per il clero ortodosso, che ha la necessità —come hanno spiegato i metropoliti— “di continuare a far funzionare le sue attività sociali e di beneficenza”. Le nuove norme firmate dal ministero delle finanze prevedono che le singole arcidiocesi possano ritirare 10mila euro al mese (contro i 1.280 circa previste) e quella di Atene —vista la complessità del territorio da assistere— fino a 20mila. “Si tratta di un provvedimento valido per tutte le realtà religiose e non solo per quella ortodossa —ha precisato l’esecutivo— e che riguarda solo l’istituzione e non i singoli preti per cui i limiti restano in vigore”.
L’aiutino di Tsipras conferma il suo rapporto pragmatico con la Chiesa ellenica i cui interventi di welfare —va detto— sono stati uno degli ammortizzatori sociali più efficaci negli ultimi cinque anni di crisi. Il premier è stato il primo presidente del Consiglio a non prestare giuramento religioso, i suoi figli non sono battezzati. Al di là dei gesti simbolici, però, quando ci sono stati di mezzo gli interessi più concreti (leggi i quattrini) il governo Syriza non se l’è sentita di rompere i ponti con il potere ecclesiastico cui tra l’altro è legato a doppio filo il partner di governo Panos Kammenos, leader della destra di Anel. Molti degli antichi privilegi del clero sono rimasti intatti: lo Stato continua regolarmente a pagare lo stipendio (circa 220 milioni l’anno) a 10mila preti. Nelle misure lacrime e sangue imposte dalla Troika – tagli a stipendi e pensioni e aumenti di tasse a pioggia – nessuno ad Atene ha mai avuto la tentazione di inserire un giro di vite fiscale sul patrimonio della Chiesa, un miliardo di beni su cui vengono pagati 2,5 milioni di imposte circa, sfuggito finora ai morsi dell’austerity.
La realpolitik di Tsipras ha però pagato: l’arcivescovo Ieronimos è arrivato a offrire il reddito delle proprietà ortodosse per ridurre l’esposizione della Grecia. Il Sacro Sinodo —quando il Primo ministro combatteva muro contro muro con Ue, Bce e Fmi— l’aveva sostenuto a spada tratta definendo la Troika una “forza d’invasione straniera”. Quando Syriza è stata costretta a firmare l’armistizio con i creditori, anche i vertici del clero si sono allineati ai nuovi toni più soft, concentrando gli sforzi su un’accorata richiesta di riduzione del debito. I santi in paradiso, si sa, possono sempre aiutare. Ma un amico al governo, in tempi di controllo dei capitali, ancora di più».
L’aiutino di Tsipras conferma il suo rapporto pragmatico con la Chiesa ellenica i cui interventi di welfare —va detto— sono stati uno degli ammortizzatori sociali più efficaci negli ultimi cinque anni di crisi. Il premier è stato il primo presidente del Consiglio a non prestare giuramento religioso, i suoi figli non sono battezzati. Al di là dei gesti simbolici, però, quando ci sono stati di mezzo gli interessi più concreti (leggi i quattrini) il governo Syriza non se l’è sentita di rompere i ponti con il potere ecclesiastico cui tra l’altro è legato a doppio filo il partner di governo Panos Kammenos, leader della destra di Anel. Molti degli antichi privilegi del clero sono rimasti intatti: lo Stato continua regolarmente a pagare lo stipendio (circa 220 milioni l’anno) a 10mila preti. Nelle misure lacrime e sangue imposte dalla Troika – tagli a stipendi e pensioni e aumenti di tasse a pioggia – nessuno ad Atene ha mai avuto la tentazione di inserire un giro di vite fiscale sul patrimonio della Chiesa, un miliardo di beni su cui vengono pagati 2,5 milioni di imposte circa, sfuggito finora ai morsi dell’austerity.
La realpolitik di Tsipras ha però pagato: l’arcivescovo Ieronimos è arrivato a offrire il reddito delle proprietà ortodosse per ridurre l’esposizione della Grecia. Il Sacro Sinodo —quando il Primo ministro combatteva muro contro muro con Ue, Bce e Fmi— l’aveva sostenuto a spada tratta definendo la Troika una “forza d’invasione straniera”. Quando Syriza è stata costretta a firmare l’armistizio con i creditori, anche i vertici del clero si sono allineati ai nuovi toni più soft, concentrando gli sforzi su un’accorata richiesta di riduzione del debito. I santi in paradiso, si sa, possono sempre aiutare. Ma un amico al governo, in tempi di controllo dei capitali, ancora di più».
* Fonte: Economia e Finanza
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