[ 30 luglio ]
Nel 2011 l’Italia subì un colpo di Stato. Il governo capeggiato da Silvio Berlusconi, non convinto di percorrere la via dell’austerità, parlò di uscita del nostro Paese dall’euro e la finanza immediatamente passo all’attacco sostituendo Berlusconi con un proprio governo, quello di Mario Monti. Qui il punto non è difendere o meno Berlusconi, che dopo aver subito tutto questo, per bieca convenienza, si alleò con chi lo aveva deposto votando un atto eversivo come il pareggio in bilancio in Costituzione. Il pareggio in bilancio rappresenta infatti la resa dell’Italia alla dominazione straniera, impedendo al Paese il libero esercizio della propria sovranità economica con violazione evidente dei principi fondamentali della Costituzione (artt. 1-11).
Che cosa accadde nel 2011 lo sappiamo bene. La banca centrale europea annunciò che non avrebbe più comprato i nostri titoli di Stato sul mercato secondario. Le agenzie di rating iniziarono a declassare i nostri titoli di Stato e Deutsche Bank vendette i titoli italiani in suo possesso. L’azione coordinata degli organismi finanziari provocò l’impennata artificiale dello spread. Tutto questo ovviamente non bastava a portare alla resa di Berlusconi che ben sapeva che uscendo dall’euro e recuperando la sovranità monetaria in un Paese di grande produttività e forza industriale come l’Italia non avrebbe avuto alcun problema a disintegrare il dominio finanziario. Allora la finanza colpì le sue aziende e la paura di perdere la propria ricchezza lo portò alla resa ed all’avvento diMario Monti, ovvero colui che con le sue politiche ha distrutto il Paese rendendo scientemente molto più difficile di allora un’uscita dal cappio europeo. Monti ha infatti distrutto, con politiche mirate, i settori trainanti dell’economia italiana a finché la ribellione non potesse più essere una scelta praticabile.
Il disegno fu semplice e chiaro, la crisi dello spread si concluse non per le azioni distruttive di Monti ma unicamente quando la banca centrale tornò ad annunciare che avrebbe comprato illimitatamente i titoli di Stato italiani sul mercato secondario.Ovviamente tale azione fu subordinata a politiche lacrime e sangue volte allo smantellamento della sovranità italiana. Insomma nel 2011 subimmo un’occupazione paragonabile a quelle di carattere militare.
Il Paese non reagì all’aggressione e la classe politica si posizionò sulle tipiche posizioni collaborazioniste che vediamo in atto ancora oggi con Padoan al timone. Avete letto bene, ho scritto Padoan e non Renzi. Renzi infatti è l’uomo immagine scelto dalle forze d’occupazione, ma il Paese è governato dal ministro dell’economia, uomo di stretta fiducia della finanza.
E veniamo a Michele Ruggiero, nella foto sopra, è questo il nome dell’unico PM italiano che ha avuto le “palle” di reagire concretamente a questa situazione. Ovviamente visto che la competenza in merito agli atti eversivi commessi (delitti contro la personalità dello Stato punibili ex artt. 241 e ss. c.p.) appartiene alla dormiente Procura di Roma, Ruggiero ha dovuto “inventarsi” qualcosa per dare una prima spallata agli invasori. E la sua intuizione giuridica ha portato al superamento dell’udienza preliminare ed all’apertura del dibattimento in un processo dove i fatti del 2011 verranno analizzati con attenzione. Si celebrerà un processo dove la sovranità e l’indipendenza del Paese saranno al centro del dibattito.
L’intuizione del PM di Trani è brillante. Ruggiero infatti ha trovato il modo di attaccare la finanza portando alla sbarra otto tra analisti e manager delle agenzie di rating Fitch e Standard&Poor’s. Tali agenzie sono accusate di manipolazione del mercato (ecco come il PM ha aggirato la competenza romana) per aver fornito false informazioni sull’affidabilità dell’Italia come creditore. Lo scopo che il PM ben conosce fu una destabilizzazione dell’Italia sui mercati finanziari deprezzando i titoli di Stato. Tutto questo per imporre un colpo di Stato che mantenesse l’Italia sotto il dominio finanziario.
Michele Ruggiero ha svelato all’Italia, grazie ad un’e-mail interna di S&P dell’agosto del 2011, che già tre mesi prima delle dimissioni di Berlusconi, prima ancora della lettera con cui BCE detto la politica di austerità che l’Italia avrebbe dovuto attuare per avere il suo supporto, l’agenzia sapeva del cambio di governo in Italia. Nella lettera, come confermato da numerosi organi di informazione, si consigliava agli investitori di “prendere tempo” perché in Italia c’era la possibilità che venisse imposto un governo tecnico perché Berlusconi era sotto pressione da ogni parte. Ecco che l’oggetto del processo riguarderà indirettamente proprio quei delitti contro la personalità dello Stato che la Procura romana ignora. Insomma da Trani, in caso di condanna e conferma che nel 2011 l’Italia subì un colpo di Stato, potrebbe partire l’offensiva nazionale all’occupazione straniera che ci sta annientando giorno dopo giorno con l’avvallo dei collaborazionisti al governo.
L’economia da sola non salverà il Paese. Non può farlo. Il Paese si salverà solo se assieme alla ripresa di politiche economiche volte all’interesse nazionale la Magistratura colpirà, Costituzione e codice penale alla mano, quel potere finanziario costituito che ci ha portato in questo incubo, recuperando da essi il maltolto con quegli strumenti giuridici che l’azione penale consente.Dobbiamo riprenderci quel tessuto produttivo che ci è stato sottratto con azioni criminali.
Peraltro tornando a Padoan è tutt’altro che irrilevante rammentare ai lettori che lo stesso ha deciso di non far costituire lo Stato contro le agenzie di rating nel processo in corso, non procedendo neppure alle richieste di risarcimento per quei danni erariali che la Procura aveva evidenziato (su tutti i 2,5 miliardi pagati da Monti senza fiatare a Morgan Stanley in forza del declassamento dell’Italia da parte di S&P. Soldi dovuti in virtù di una clausola di un contratto derivato incredibilmente sottoscritto dal governo italiano. Clausola prontamente onorata dal servile Monti nonostante S&P, che conta tra i suoi azionisti proprio Morgan Stanley, fosse già sotto inchiesta).
Insomma mentre qualche euro imbecille insiste nel dire che Monti ha salvato il Paese la realtà è che un PM ed un GUP hanno già dimostrato il contrario e questo nonostante l’assordante silenzio mediatico e l’ostruzionismo del governo che si schiera con i nemici del Paese. Ruggiero ha ironicamente definito sorprendente la scelta di Padoan di non costituirsi, comunque ciò che conta è che il processo va avanti.
Sosteniamo questa Procura coraggiosa che può fare il primo fondamentale passo che porterà anche alla futura condanna di almeno 3/4 della classe politica italiana che ha lavorato al fianco dei nostri nemici perseguendo lo smantellamento della sovranità e dell’indipendenza nazionale.
Ruggiero da speranza a tutto il Paese e noi non dobbiamo lasciarlo solo. Diffondiamo quanto sta accadendo rammentando anche che durante il processo saranno escussi come testi tra gli altri addirittura Monti, Padoan, Draghi e Prodi. Ovvero alcuni dei principali traditori della nostra Repubblica.
Seguiremo il processo passo dopo passo soprattutto perché proprio da tali testimonianze si potrà dare ulteriore impulso alle denunce che porto da tempo avanti contro la cessione della sovranità nazionale. Sarà istruttivo sentire Monti e Padoan che raccontano quanto da essi compiuto davanti ad un PM che li vorrebbe alla sbarra con il ben diverso ruolo di imputati.
Speriamo che anche a Roma qualche Magistrato sappia rendere onore al lavoro del Collega e trovi il coraggio di procedere.
2 commenti:
Aggiungiamo alla lista anche un convitato di pietra che pesa come un macigno:LA BASE ELETTORALE ex piccista,poi diessina e ora piddina.Senza questa i "salvatori della patria"non sarebbero stati in grado di avanzare di un passo.Luciano
Prima della fine dell’estate del 2011, il governo Berlusconi-Tremonti aveva già varato 3 manovre correttive lacrime e sangue, molto inique, per complessivi 165 mld (non cumulati) [1], ma che non furono sufficienti a convincere i mercati finanziari a causa della credibilità prossima allo zero del premier Berlusconi; ed aveva già fatto 2 riforme pensionistiche incisive (Sacconi, 2010 e 2011), ma per l’opposizione di Bossi non poté (solo) completarle, - come insistentemente chiedevano l’UE e la BCE [2], come contropartita dell’acquisto di titoli pubblici italiani per raffreddare lo spread, impennatosi a luglio (raggiungerà il picco di 574 punti base rispetto ai Bund tedeschi in novembre, essendo scemati gli acquisti da parte della BCE) [3] ed evitare il temuto default -, con l’eliminazione completa delle pensioni di anzianità (che colpiva soprattutto il Nord) e l’adeguamento a 66 anni delle pensioni di vecchiaia anche delle lavoratrici dipendenti del settore privato ed il raggiungimento anche per loro dei 67 anni, ma entro il 2026 (idem come sopra), - misure che furono poi varate dal governo Monti con la riforma Fornero -, come era già avvenuto per tutti gli altri, per cui l’Italia era diventata benchmark UE27 per l’età di pensionamento per vecchiaia (67 anni entro il 2021, cioè prima della Germania).
Il governo commise, però, degli errori materiali gravi nella prima lettera all’UE, scrivendo erroneamente, ad esempio, che il raggiungimento a 67 anni sarebbe avvenuto per tutti nel 2026 [4], che ingenerò l’equivoco esiziale, che trasse in inganno tutti i media italiani, a partire dall’ANSA, [5] che così ne amplificarono l’eco, e persino parlamentari economisti esperti come il senatore Baldassarre (io, che seguivo la questione delle pensioni passo passo, lo scrissi a tutti i principali media ed al senatore Baldassarre, presidente della Commissione Finanze, che aveva fatto lo stesso errore intervistato da Rainews e che fu l’unico a rispondermi, ammettendo l’errore). Poi, dopo la richiesta di chiarimenti dell’UE, [6] gli errori furono corretti nella seconda lettera del governo italiano [7], ma ciò pose solo parziale riparo al danno.
Per cui si può dire che Berlusconi, campione di comunicazione, paradossalmente, è caduto anche per un errore di… comunicazione. Va anche precisato che fu il ministro della Funzione pubblica, Brunetta, che per l’occasione aveva sostituito Tremonti, ormai ai ferri corti con Berlusconi, a redigere la lettera, tant’è che il ministro dell’Economia si rifiutò di firmarla.
Quando arrivò il governo Monti, il risanamento dei conti pubblici era stato già fatto, in maniera molto iniqua, per circa 4/5, pari a 267 mld cumulati, visto che il nuovo governo varò manovre correttive, molto più eque, per “soli” 63 mld cumulati, su un totale di 330, [1] peraltro adempiendo misure in parte già decise dal governo precedente, ad esempio, l’aumento dell’IVA, [1] nonché il fiscal compact, [8] col pareggio di bilancio inserito in Costituzione. [9] […]
Analisi parziale del complotto contro Berlusconi
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2811413.html oppure, se la piattaforma IlCannocchiale è in avaria, http://vincesko.blogspot.com/2015/07/analisi-parziale-del-complotto-contro.html
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