[ 26 luglio ]
Il 20 luglio scorso fece scalpore la lettera di pieno sostegno a Varoufakis del puttaniere ed ex-presidente del Fondo monetario Dominique Strauss-Khan.
Una "strana coppia" è stato subito scritto.
Un'altra "strana coppia" haquindi visto la luce, questa volta tutta italiana.
Si tratta di Giulio Tremonti e Paolo Savona [nella foto]. I due hanno inviato il 24 luglio, (agli altri due appunto), una "Lettera aperta" che è stata subito pubblicata sul blog di Yanis Varoufakis.*
Il 4 luglio, alle porte del referendum greco, scrivevamo che «Vinca il NO o vinca il SÌ nulla in Europa resterà come prima». E questo sta accadendo. Anche all'interno degli stessi circoli dominanti va prendendo piede una fronda sempre più critica dell'Unione a trazione tedesca.
In Italia una delle menti più lucide è proprio Paolo Savona. Quale sia la sue idea centrale l'ha ben espressa in un articolo pubblicato il 23 luglio su Il Sole 24 Ore—La lezione americana per evitare l'effetto domino— superare l'attuale assetto frammentato ed intergovernativo dell'Unione europea per passare agli Stati uniti d'Europa. Che è appunto lo stesso concetto espresso in questa lettera e che Varoufakis evidentemente condivide.
Lettera aperta a Yanis Varoufakis e Dominique Strauss-Khan, di Giulio Tremonti e Paolo Savona - Roma, 24 luglio 2015
Per Yanis Varoufakis e Dominique Strauss-Khan
Caro Yanis, caro Dominique,
C'è un posto sulla terra che rappresenta le vere radice dell'Europa questo è la Grecia. Cominciamo da lì.
Atene, 28 aprile 1955. La conferenza di Albert Camus sul tema "Il futuro dell'Europa". [1]
In questa occasione, i partecipanti convennero che le caratteristiche strutturali della civiltà europea sono essenzialmente due: la dignità della persona; lo spirito critico.
A quel tempo (1955), la dignità umana era il centro di molti dibattiti in Europa.
Nessuno metteva in dubbio, tuttavia, lo "spirito critico" europeo. Non vi erano dubbi che fu la visione cartesiana, razionalista e illuminata, un agente ed un motore del continuo progresso del continente, tanto in termini di dominio tecnico-scientifico che politico, sociale ed economico.
Oggi, più di mezzo secolo dopo, le cose sembrano invertite: la dignità umana è largamente apprezzata in tutta Europa, malgrado sia contestata dai drammatici problemi derivanti dall'immigrazione; è la forza della ragione che in Europa che non costituisce più la base di un crescente progresso.
Perché è così? Cos’è successo?
Non è stata una oscura maledizione scesa sul continente. Non è stato il male che ha seminato i nostri campi con il sale. Allora, cosa è accaduto?
Proprio come i dinosauri morirono perché un asteroide colpì il pianeta, così è accaduto al dinosauro Europa colpito da 4 fenomeni diversi. Ognuno di essi, preso isolatamente, era rivoluzionario, ma presi tutti insieme, uno dopo l'altro, sono stati sufficienti a provocare un'esplosione, una implosione, la paralisi: l'espansione, la globalizzazione, l'euro, la crisi.
E non è tutto. Durante il processo di unione politica, ad un certo punto, abbiamo preso una strada sbagliata. Non siamo riusciti a unire ciò che avrebbe dovuto e poteva essere unito (come la difesa). Siamo stati uniti invece dove non ce n’era affatto bisogno (per esempio, la dimensione delle verdure).
Ecco perché, oggi in Europa, non è di “più unione” che abbiamo bisogno. Quello che ci serve è proporre, discutere e progettare nuovi "trattati confederativi".
Caro Yanis, caro Dominique, siamo d'accordo sul fatto che la vita e la civiltà non possono essere ridotti a meri calcoli sui tassi di interesse; siamo d'accordo che oggi, in Europa, non sono le tecnicalità che hanno bisogno di cambiamento, ma la visione politica. La storia ci insegna che per raggiungere il nostro obiettivo dobbiamo cambiare ciò che sta nella testa delle persone o - per lo meno - ammettere che sono stati commessi errori. Siamo d'accordo che le proteste di piazza sono da evitare, ma noi dobbiamo trovare una nuova strada, lungo la quale tutti noi possiamo camminare, a prescindere dal nostro paese o partito politico di origine.
Paolo Savona, professore emerito di Economia politica
Giulio Tremonti, Senatore della Repubblica Italiana
[1] "L'avenir de la civilisation européenne - Entretien avec Albert Camus", Unione Culturelle greco-Français, Athènes 1956.
Per Yanis Varoufakis e Dominique Strauss-Khan
Caro Yanis, caro Dominique,
C'è un posto sulla terra che rappresenta le vere radice dell'Europa questo è la Grecia. Cominciamo da lì.
Atene, 28 aprile 1955. La conferenza di Albert Camus sul tema "Il futuro dell'Europa". [1]
In questa occasione, i partecipanti convennero che le caratteristiche strutturali della civiltà europea sono essenzialmente due: la dignità della persona; lo spirito critico.
A quel tempo (1955), la dignità umana era il centro di molti dibattiti in Europa.
Nessuno metteva in dubbio, tuttavia, lo "spirito critico" europeo. Non vi erano dubbi che fu la visione cartesiana, razionalista e illuminata, un agente ed un motore del continuo progresso del continente, tanto in termini di dominio tecnico-scientifico che politico, sociale ed economico.
Oggi, più di mezzo secolo dopo, le cose sembrano invertite: la dignità umana è largamente apprezzata in tutta Europa, malgrado sia contestata dai drammatici problemi derivanti dall'immigrazione; è la forza della ragione che in Europa che non costituisce più la base di un crescente progresso.
Perché è così? Cos’è successo?
Non è stata una oscura maledizione scesa sul continente. Non è stato il male che ha seminato i nostri campi con il sale. Allora, cosa è accaduto?
Proprio come i dinosauri morirono perché un asteroide colpì il pianeta, così è accaduto al dinosauro Europa colpito da 4 fenomeni diversi. Ognuno di essi, preso isolatamente, era rivoluzionario, ma presi tutti insieme, uno dopo l'altro, sono stati sufficienti a provocare un'esplosione, una implosione, la paralisi: l'espansione, la globalizzazione, l'euro, la crisi.
E non è tutto. Durante il processo di unione politica, ad un certo punto, abbiamo preso una strada sbagliata. Non siamo riusciti a unire ciò che avrebbe dovuto e poteva essere unito (come la difesa). Siamo stati uniti invece dove non ce n’era affatto bisogno (per esempio, la dimensione delle verdure).
Ecco perché, oggi in Europa, non è di “più unione” che abbiamo bisogno. Quello che ci serve è proporre, discutere e progettare nuovi "trattati confederativi".
Caro Yanis, caro Dominique, siamo d'accordo sul fatto che la vita e la civiltà non possono essere ridotti a meri calcoli sui tassi di interesse; siamo d'accordo che oggi, in Europa, non sono le tecnicalità che hanno bisogno di cambiamento, ma la visione politica. La storia ci insegna che per raggiungere il nostro obiettivo dobbiamo cambiare ciò che sta nella testa delle persone o - per lo meno - ammettere che sono stati commessi errori. Siamo d'accordo che le proteste di piazza sono da evitare, ma noi dobbiamo trovare una nuova strada, lungo la quale tutti noi possiamo camminare, a prescindere dal nostro paese o partito politico di origine.
Paolo Savona, professore emerito di Economia politica
Giulio Tremonti, Senatore della Repubblica Italiana
[1] "L'avenir de la civilisation européenne - Entretien avec Albert Camus", Unione Culturelle greco-Français, Athènes 1956.
* Traduzione a cura della Redazione
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