[20 giugno]
«Compagni,
tra pochi giorni avremo completato i nostri primi cinque mesi di governo. Cinque mesi in cui siamo stati fortemente sotto pressione, tutti noi. Dall’inizio, ci siamo trovati di fronte a situazioni, sia interne che esterne, delle quali non eravamo responsabili e che non abbiamo contribuito a creare.
Un’economia e una società decimate da sei anni di continui tagli e di politiche recessive che hanno distrutto la produttività del nostro Paese, con la disoccupazione salita alle stelle, che hanno aggravato le disuguaglianze sociali e hanno portato milioni di nostri concittadini alla povertà e all’esclusione sociale. Queste sono le circostanze che abbiamo ereditato. Non che fosse una sorpresa, non che non ce l’aspettassimo.
Eravamo ben consapevoli dei tremendi problemi che esistevano, e abbiamo fatto una coraggiosa scelta politica.
Per perseguire, durante il momento più difficile per questo paese e i suoi cittadini, la responsabilità di governare.
E l’abbiamo fatto perché abbiamo visto la Grecia sprofondare a causa del memorandum, sotto il governo precedente.
Ci siamo resi conto che la situazione sarebbe presto irreversibile —non solo per l’economia greca, ma per i diritti e le aspettative della maggioranza sociale che cerchiamo di rappresentare.
Perciò sapevamo perfettamente che governare non sarebbe stata una passeggiata. Sapevamo che non ci sarebbe stata concessa nessuna moratoria.
Fin dall’inizio, ci siamo trovati a dover difendere i più fondamentali dei nostri principi mentre affrontavamo il campo minato dei problemi lasciati dal governo precedente —che stava scommettendo su una “parentesi di sinistra.”
Ma noi non li abbiamo accontentati.
Abbiamo affrontato la fine del Programma il 28 febbraio con la realizzazione di un accordo che ci ha dato la possibilità e il tempo per negoziare, e per iniziare l’attuazione degli impegni assunti per il popolo greco.
Nessuno può affermare che questi ultimi mesi siano stati facili.
Nonostante la mancanza di finanziamenti esterni, la restrizione di liquidità, le “trappole” costanti da parte dell’establishment del Memorandum —sia all’interno della Grecia che all’estero— siamo ancora in piedi e pronti ad andare avanti.
Nonostante la nostra attenzione sia costantemente rivolta ai negoziati, abbiamo avviato le prime misure di soccorso per aiutare le persone più svantaggiate nella nostra società.
Abbiamo approvato una legge contro la crisi umanitaria, emanato un provvedimento sulle rate assicurative, che hanno fornito sollievo a migliaia di famiglie e imprese indebitate, rinforzato il Tesoro e riaperto l’emittente pubblica (ERT) – e tutte queste misure sono state fatte contro le vergognose condizioni in cui eravamo, che sono il risultato di cinque anni di memorandum.
Inoltre, abbiamo sanato alcune ingiustizie del settore pubblico, tra cui la riassunzione degli operatori scolastici e degli addetti alle pulizie del Ministero delle Finanze; l’abolizione della tassa di € 5 negli ospedali; portato maggiore legalità nel panorama dei media; riorganizzato il calcio attraverso una nuova legge sullo sport; modernizzato il nostro sistema carcerario congestionato; e abbiamo già votato in commissione per una legge di cittadinanza per gli immigrati di seconda generazione.
Ognuna di queste misure, ognuno di questi interventi, ha richiesto un tremenda battaglia contro le istituzioni del Memorandum.
Una lotta contro i pregiudizi, i preconcetti, i blocchi —all’interno del paese e all’estero.
Intendiamo continuare con il nostro lavoro, ben sapendo che le difficoltà sono ben lungi dall’essere superate.
Ci sarà sempre più da lottare.
E’, tuttavia, nostra precisa responsabilità portare sulle spalle questo peso e lo faremo con determinazione e persistenza, finché il popolo greco sosterrà i nostri sforzi, finché i greci staranno al nostro fianco e riporranno la loro fiducia in noi.
C’è molto lavoro da fare per attuare dei cambiamenti duraturi rispetto alla realtà disastrosa e alla miseria, gentili doni del Memorandum.
Le battaglie più difficili anzora ci attendono, e noi dobbiamo essere pronti.
Per essere onesti, ci sono alcuni problemi sui quali abbiamo accumulato dei ritardi, anche se non siamo gli unici responsabili di ciò.
Forse non abbiamo ancora fatto quanto avremmo potuto per combattere l’evasione fiscale; tuttavia abbiamo avviato i nostri sforzi su questo.
Ci sono stati anche ritardi nella lotta contro la corruzione, e in alcuni casi abbiamo anche permesso alle forze del Memoradum di guidare determinati sviluppi politici e sociali.
Come ben sapete, il governo e il potere reale sono due cose diverse.Questa lotta è la nostra priorità ora: per installare una vera democrazia nel nostro paese, per far sì che il Popolo greco torni ad essere la priorità assoluta, per smantellare il regime del Memorandum nel suo insieme, e per ristabilire la giustizia.
Pertanto, invito tutti voi a contribuire a questa lotta: con critiche costruttive; evidenziando i problemi reali; sostenendo le iniziative; interrogando e stimolando i ministri; e tenendo costantemente informato il popolo greco.
Sono certo che se utilizziamo tutte le nostre forze in uno spirito di unità e solidarietà, se abbiamo fiducia nel popolo greco, nei prossimi quattro anni, vedremo una vera e propria primavera democratica.
Il nostro paese ne ha davvero bisogno.
Compagni!
Un prerequisito per andare avanti è trovare una soluzione al problema di finanziamento del paese.
Questa soluzione fornirà il quadro per le nostre azioni future.
Da quando ci siamo insediati, e anche prima, abbiamo dichiarato la nostra intenzione di discutere con —e raggiungere un accordo reciprocamente vantaggioso— i nostri partner che rispettasse sia le regole dell’Eurozona che il mandato del popolo greco a cambiare rotta.
Abbiamo chiarito, tuttavia, che tale accordo non può essere una continuazione della politica del Memorandum, delle politiche di austerità, della svalutazione interna e della recessione, che hanno danneggiato la maggioranza sociale.
Fin dall’inizio, la parte greca si è avvicinato al negoziato in buona fede, con onestà e con la volontà di superare le differenze, trovando punti in comune, e promuovendo soluzioni che avrebbero risolto il problema del finanziamento una volta per tutte – senza gravare sui lavoratori e sui pensionati che hanno sulle loro spalle il peso delle misure di questi ultimi cinque anni; persone che non sono responsabili delle situazioni che hanno dovuto affrontare.
Dopo tre mesi di negoziati intensi e difficili, abbiamo presentato una documentazione completa, due settimane fa. Questo documento contiene proposte che, sebbene difficili, sarebbero economicamente sostenibile e socialmente accettabili.
Questo documento, naturalmente, non rappresenta le posizioni iniziali della parte greca.
E’ emerso dai difficili negoziati con il gruppo di Bruxelles, e ha delineato il terreno comune che potrebbe costituire la base di un accordo con le istituzioni e i nostri Partner europei.
Ha preso in considerazione le nostre linee rosse, così come le posizioni delle istituzioni.
Invece di una risposta alla nostra proposta, abbiamo ricevuto —un paio di giorni più tardi— un breve documento di cinque pagine, da parte delle istituzioni che hanno del tutto ignorato i progressi compiuti durante i negoziati.
Al contrario, includeva delle proposte di tagli alle pensioni, di drammatici aumenti dell’IVA – anche sull’elettricità, e l’abrogazione degli EKAS (Benefit di solidarietà sociale dei pensionati), oltre a molte altre misure irrazionali, irrealistiche e inaccettabili.
Malgrado questa evoluzione, che ha anche ignorato i nostri sforzi sinceri per trovare una soluzione, siamo tornati al tavolo dei negoziati, dimostrando ancora una volta che il nostro obiettivo era quello di raggiungere una soluzione.
Nel tentativo di colmare il divario fiscale, abbiamo proposto misure equivalenti che non danneggerebbero coloro che sono stati irreversibilmente colpiti dalla crisi.
La risposta che abbiamo ricevuto, ancora una volta, è stata che le misure parametriche permanenti devono includere tagli annuali pari all’1% del PIL, vale a dire 1,8 miliardi di euro in pensioni e un equivalente importo dell’aumento dell’IVA.
E questo, nonostante il fatto che è ben noto che le pensioni nel nostro paese hanno subito tagli drammatici nel corso degli ultimi cinque anni e che i 2/3 dei pensionati in Grecia ricevono pensioni al di sotto o in prossimità della soglia di povertà relativa.
Questo atteggiamento di indifferenza si estende anche all’aumento dell’IVA in materia di energia, che servirebbe solo per diminuire i salari reali.
E' piuttosto strano che le istituzioni chiedano non solo alti obiettivi di bilancio, ma anche non accettino misure equivalenti che abbiamo offerto per colmare le differenze.
Voglio mettere in chiaro che la questione della tassazione, e in particolare di chi pagherà le tasse, è esclusiva responsabilità del governo greco.
È giunto il momento che la crisi venga pagata dall’oligarchia in questo paese, e non dalla classe operaia, dai lavoratori, dai pensionati e dai lavoratori autonomi.
Compagni!
la tenacia delle istituzioni che vogliono continuare un programma di austerità che ha evidentemente fallito, e la loro insistenza sulle misure che sanno non accetteremo, non possono semplicemente essere un errore, o il risultato di un eccesso di zelo.
Ci sono molte più probabilità che la loro insistenza serva per motivi politici, così come un progetto politico per umiliare non solo il governo greco, ma anche il nostro paese.
Per dare un chiaro messaggio al popolo greco e al popolo d’Europa: che un mandato popolare non può cambiare le cose.
Che la legge e il valore dominante nell’ Europa moderna non è la democrazia, ma piuttosto un crudele e socialmente ingiusto neoliberismo.
Ci si chiede se ci sia la volontà sincera di trovare una soluzione.
La trattativa è condotta in buona fede e in condizioni di parità?
Stiamo assistendo, invece, il tentativo di dimostrare la forza, con l’intenzione di bloccare qualsiasi tentativo di porre fine all’austerità, qualsiasi tentativo di costruire un modello sociale ed economico che darà priorità agli interessi e ai bisogni della maggioranza sociale.
La BCE sta utilizzando tattiche simili: l’asfissia finanziaria della Grecia non fa che confermare questo.
Dal 20 febbraio, un vincolo da parte della BCE è in vigore per quanto riguarda l’emissione di buoni del Tesoro —un vincolo che non ha alcun fondamento giuridico in quanto la validità del contratto di finanziamento è stato esteso e il Paese è in un processo di negoziazione nell’ambito del Programma. Tuttavia, la BCE insiste su tattiche che portano all’asfissia.
Queste tattiche si possono dire democratiche e razionali nell’ambito di un negoziato tra i partner, all’interno dell’Unione europea e della zona euro?
Sono tattiche delle quali l’Europa possa sentirsi fiera?
Compagni!
Nonostante le recenti dichiarazioni molto aggressive, sono fermamente convinto che ci sono ancora forze in Europa che riconoscano gli errori del passato e che capiscano quanto sia critica la situazione.
Ci sono forze che lavorano per una soluzione giusta.E queste forze devono prevalere, sfidando chi sceglie la tensione, le minacce e tattiche da guerra fredda come loro strategia.
Per prevalere, però, le responsabilità devono finalmente essere assegnate alle istituzioni e l’obiettivo non può restare ad insistere su misure impraticabili.
Allo stato attuale, le posizioni del FMI dominano, con una pesante tendenza verso misure impraticabili e rendono tale la posizione dell’Europa sul tema della sostenibilità del debito greco, che si rifiuta perfino di discutere della questione.
Il risultato: le proposte non sono disciplinate dalla ragione.
Al contrario, le misure proposte comportano solamente una recrudescenza di recessione e ad un ulteriore inasprimento delle disuguaglianze, mentre si evita intenzionalmente di affrontare la questione dell’insostenibilità del debito greco e ciò porta ad una prolungata incertezza e preoccupazione sul futuro della Grecia e della zona euro.
In ultima analisi, ci viene chiesto di accettare un accordo che non risolverà i problemi, e affonderà un’economia —che è sul punto di recupero— nella recessione, un disincentivo per qualsiasi investimento strategico.
Se l’obiettivo è quello di continuare con un programma ispirato dal FMI —che com’è ampiamente riconosciuto ha fallito— e senza affrontare il debito, non ci resta altra scelta.
Siamo obbligati a non capitolare.
Chiediamo ai nostri partner di essere chiari sui loro obiettivi: vogliono raggiungere una soluzione del problema greco o vogliono che questo problema continui, senza fine?
Vogliono che il FMI sia parte dell’accordo —nonostante le sue “ricette” fallimentari— e lo faranno procedere con un approccio “a la carte” per le misure durissime del FMI ma non le sue proposte relative alla cancellazione dei debiti?
Va notato che così facendo il FMI ha la responsabilità penale per lo stato attuale della situazione in Grecia.
Dopo tutto, è stato il Fondo monetario internazionale, che ha commesso un errore sui moltiplicatori, nei suoi calcoli sulla recessione.
E mentre il Fondo Monetario Internazionale ha chiesto scusa, questo è servito a poco a coloro che hanno perso il posto di lavoro per vivere una vita con dignità, né è servito a dare da mangiare alle migliaia di poveri e alle persone socialmente escluse.
Non ha aumentato le pensioni né riaperto le piccole imprese che erano fallite.
Le scuse non erano che una cinica confessione fatta da tecnocrati, senza nessuna conseguenza.
È venuta l’ora che le proposte del FMI vengano giudicate. E che siano giudicate pubblicamente.
Non da noi, ma dalla stessa Europa.
È giunto il momento per l’Europa di discutere seriamente del futuro della Grecia e del futuro dell’Eurozona stessa.
Vuole, insistendo sulla sua posizione, guidare un Paese e la sua gente verso l’ umiliazione e l’impoverimento o vuole raggiungere un accordo e quindi promuovere la democrazia e la solidarietà?
Questo è il dilemma dell’Europa. Questa è la domanda cruciale che è in attesa di una risposta.
Compagni!
Come abbiamo detto, e ripetutamente dimostrato, noi continueremo a lavorare per raggiungere un accordo.
Il mandato che abbiamo dal popolo greco, tuttavia, non è un mandato ambiguo.
E’ molto chiaro: mettere fine alle politiche di austerità.
Per fare ciò, dobbiamo raggiungere un accordo con caratteristiche redistributive chiare, che non sarà un onere per lavoratori dipendenti e pensionati, ma che gravi invece su coloro che non hanno pagato la loro parte nella crisi.
Cerchiamo un accordo che metterà fine all’incertezza, e che metterà fine, decisamente, ai discorsi sulla Grexit, in modo che potremo capitalizzare gli indicatori economici positivi e approfittare delle nostre prospettive di crescita reale.
Pertanto, l’accordo deve includere clausole concrete e vincolanti che affrontino i problemi finanziari del paese, che sono stati esacerbati dal Memorandum e dei quali le istituzioni condividono le responsabilità.
Compagni!
determineremo le nostre decisioni finali basandoci su questi criteri specifici.
Noi non ci lasceremo influenzare dai discorsi dettati dall’ansia e dalla “pressione” del momento attuale.
Abbiamo un mandato di quattro anni.
Eventuali scenari alternativi saranno valutati in base a come evolveranno l’economia, la società e soprattutto il Paese nei prossimi quattro anni.
Abbiamo ricevuto un paese che era una colonia del debito.
Il nostro obiettivo è quello di un paese con meno disuguaglianze sociali, dopo aver affrontato sia l’evasione fiscale che la diffusa corruzione delle reti illegali che infestano la pubblica amministrazione.
Vogliamo una società che rispetti i principi di uguaglianza e l’equa distribuzione delle risorse, e un’economia basata sullo sviluppo sostenibile che possa garantire il welfare di tutti i cittadini greci.
Soprattutto, però, il nostro obiettivo è quello di costruire un modello sociale ed economico che aiuterà la nostra società, soprattutto le classi lavoratrici e i giovani.
Questa è la sfida che stiamo affrontando. Una sfida che sarà determinata in gran parte dal sostegno del popolo greco. Abbiamo il suo supporto, e continueremo ad averlo finché saremo onestamente dalla sua parte con esso e con passione difenderemo i suoi interessi.
La nostra dignità, il nostro senso di responsabilità e la nostra determinazione, nonché il sostegno del nostro popolo, ci terranno al di sopra della mischia delle minacce e dei ricatti.
Compagni!
Stiamo entrando nella stretta finale. Il tratto finale, si potrebbe dire, è quello dove iniziano le vere trattative. La capacità del governo greco di raggiungere una soluzione equa con determinazione, con incrollabile impegno rispetto ai suoi obiettivi, sarà giudicata in base al risultato. Anche la capacità dell’Europa di smetterla di darsi la zappa sui piedi, di smetterla di infliggersi delle ferite da sola, e invece di scegliere il primato dei valori della solidarietà e della democrazia, sarà giudicata. Io credo che lo farà.
Questa sfida non è solo nostra. È, naturalmente, una sfida per il popolo greco e una sfida per la Grecia, ma non è solo la nostra sfida —si tratta di una sfida per tutti i popoli d’Europa.
Non vogliamo un’Europa di punizioni e ricatti, ma un’Europa di democrazia e solidarietà. E raggiungeremo questa Europa con la nostra determinazione a rispettare il mandato del popolo, nonché attraverso le lotte del nostro popolo e le lotte dei popoli di tutt’Europa.
Siate forti».
Qui il discorso pronunciato da Tsipras il 16 giugno davanti al gruppo parlamentare di SYRIZA.
Abbiamo sottolineato quelli che ci sembrano i passaggi decisivi, quei passaggi che a nostro modo di vedere indicano l'insolubile contraddizione in cui si è ficcato il governo greco: si dichiara di voler costruire un modello sociale ed economico basato su sulla difesa degli interessi della maggioranza del popolo, restando tuttavia dentro l'eurozona. La politica che chiamavamo della botte piena e della moglie ubriaca.
Tsipras conclude sostenendo che il suo governo "sarà giudicato in base al risultato". Vorremmo sbagliarci ma abbiamo il sospetto che tutto questo stucchevole negoziato, si concluderà lunedì prossimo con un accordo, ovvero con uno scambio tra parziale ristrutturazione del debito e nuove misure austeritarie, nel rispetto dei dogmi neoliberisti del pareggio di bilancio e del rigore fiscale. Sì. Tsipras sarà giudicato dal risultato.
«Compagni,
tra pochi giorni avremo completato i nostri primi cinque mesi di governo. Cinque mesi in cui siamo stati fortemente sotto pressione, tutti noi. Dall’inizio, ci siamo trovati di fronte a situazioni, sia interne che esterne, delle quali non eravamo responsabili e che non abbiamo contribuito a creare.
Un’economia e una società decimate da sei anni di continui tagli e di politiche recessive che hanno distrutto la produttività del nostro Paese, con la disoccupazione salita alle stelle, che hanno aggravato le disuguaglianze sociali e hanno portato milioni di nostri concittadini alla povertà e all’esclusione sociale. Queste sono le circostanze che abbiamo ereditato. Non che fosse una sorpresa, non che non ce l’aspettassimo.
Eravamo ben consapevoli dei tremendi problemi che esistevano, e abbiamo fatto una coraggiosa scelta politica.
Per perseguire, durante il momento più difficile per questo paese e i suoi cittadini, la responsabilità di governare.
E l’abbiamo fatto perché abbiamo visto la Grecia sprofondare a causa del memorandum, sotto il governo precedente.
Ci siamo resi conto che la situazione sarebbe presto irreversibile —non solo per l’economia greca, ma per i diritti e le aspettative della maggioranza sociale che cerchiamo di rappresentare.
Perciò sapevamo perfettamente che governare non sarebbe stata una passeggiata. Sapevamo che non ci sarebbe stata concessa nessuna moratoria.
Fin dall’inizio, ci siamo trovati a dover difendere i più fondamentali dei nostri principi mentre affrontavamo il campo minato dei problemi lasciati dal governo precedente —che stava scommettendo su una “parentesi di sinistra.”
Ma noi non li abbiamo accontentati.
Abbiamo affrontato la fine del Programma il 28 febbraio con la realizzazione di un accordo che ci ha dato la possibilità e il tempo per negoziare, e per iniziare l’attuazione degli impegni assunti per il popolo greco.
Nessuno può affermare che questi ultimi mesi siano stati facili.
Nonostante la mancanza di finanziamenti esterni, la restrizione di liquidità, le “trappole” costanti da parte dell’establishment del Memorandum —sia all’interno della Grecia che all’estero— siamo ancora in piedi e pronti ad andare avanti.
Nonostante la nostra attenzione sia costantemente rivolta ai negoziati, abbiamo avviato le prime misure di soccorso per aiutare le persone più svantaggiate nella nostra società.
Abbiamo approvato una legge contro la crisi umanitaria, emanato un provvedimento sulle rate assicurative, che hanno fornito sollievo a migliaia di famiglie e imprese indebitate, rinforzato il Tesoro e riaperto l’emittente pubblica (ERT) – e tutte queste misure sono state fatte contro le vergognose condizioni in cui eravamo, che sono il risultato di cinque anni di memorandum.
Inoltre, abbiamo sanato alcune ingiustizie del settore pubblico, tra cui la riassunzione degli operatori scolastici e degli addetti alle pulizie del Ministero delle Finanze; l’abolizione della tassa di € 5 negli ospedali; portato maggiore legalità nel panorama dei media; riorganizzato il calcio attraverso una nuova legge sullo sport; modernizzato il nostro sistema carcerario congestionato; e abbiamo già votato in commissione per una legge di cittadinanza per gli immigrati di seconda generazione.
Ognuna di queste misure, ognuno di questi interventi, ha richiesto un tremenda battaglia contro le istituzioni del Memorandum.
Una lotta contro i pregiudizi, i preconcetti, i blocchi —all’interno del paese e all’estero.
Intendiamo continuare con il nostro lavoro, ben sapendo che le difficoltà sono ben lungi dall’essere superate.
Ci sarà sempre più da lottare.
E’, tuttavia, nostra precisa responsabilità portare sulle spalle questo peso e lo faremo con determinazione e persistenza, finché il popolo greco sosterrà i nostri sforzi, finché i greci staranno al nostro fianco e riporranno la loro fiducia in noi.
C’è molto lavoro da fare per attuare dei cambiamenti duraturi rispetto alla realtà disastrosa e alla miseria, gentili doni del Memorandum.
Le battaglie più difficili anzora ci attendono, e noi dobbiamo essere pronti.
Per essere onesti, ci sono alcuni problemi sui quali abbiamo accumulato dei ritardi, anche se non siamo gli unici responsabili di ciò.
Forse non abbiamo ancora fatto quanto avremmo potuto per combattere l’evasione fiscale; tuttavia abbiamo avviato i nostri sforzi su questo.
Ci sono stati anche ritardi nella lotta contro la corruzione, e in alcuni casi abbiamo anche permesso alle forze del Memoradum di guidare determinati sviluppi politici e sociali.
Come ben sapete, il governo e il potere reale sono due cose diverse.Questa lotta è la nostra priorità ora: per installare una vera democrazia nel nostro paese, per far sì che il Popolo greco torni ad essere la priorità assoluta, per smantellare il regime del Memorandum nel suo insieme, e per ristabilire la giustizia.
Pertanto, invito tutti voi a contribuire a questa lotta: con critiche costruttive; evidenziando i problemi reali; sostenendo le iniziative; interrogando e stimolando i ministri; e tenendo costantemente informato il popolo greco.
Sono certo che se utilizziamo tutte le nostre forze in uno spirito di unità e solidarietà, se abbiamo fiducia nel popolo greco, nei prossimi quattro anni, vedremo una vera e propria primavera democratica.
Il nostro paese ne ha davvero bisogno.
Compagni!
Un prerequisito per andare avanti è trovare una soluzione al problema di finanziamento del paese.
Questa soluzione fornirà il quadro per le nostre azioni future.
Da quando ci siamo insediati, e anche prima, abbiamo dichiarato la nostra intenzione di discutere con —e raggiungere un accordo reciprocamente vantaggioso— i nostri partner che rispettasse sia le regole dell’Eurozona che il mandato del popolo greco a cambiare rotta.
Abbiamo chiarito, tuttavia, che tale accordo non può essere una continuazione della politica del Memorandum, delle politiche di austerità, della svalutazione interna e della recessione, che hanno danneggiato la maggioranza sociale.
Fin dall’inizio, la parte greca si è avvicinato al negoziato in buona fede, con onestà e con la volontà di superare le differenze, trovando punti in comune, e promuovendo soluzioni che avrebbero risolto il problema del finanziamento una volta per tutte – senza gravare sui lavoratori e sui pensionati che hanno sulle loro spalle il peso delle misure di questi ultimi cinque anni; persone che non sono responsabili delle situazioni che hanno dovuto affrontare.
Dopo tre mesi di negoziati intensi e difficili, abbiamo presentato una documentazione completa, due settimane fa. Questo documento contiene proposte che, sebbene difficili, sarebbero economicamente sostenibile e socialmente accettabili.
Questo documento, naturalmente, non rappresenta le posizioni iniziali della parte greca.
E’ emerso dai difficili negoziati con il gruppo di Bruxelles, e ha delineato il terreno comune che potrebbe costituire la base di un accordo con le istituzioni e i nostri Partner europei.
Ha preso in considerazione le nostre linee rosse, così come le posizioni delle istituzioni.
Invece di una risposta alla nostra proposta, abbiamo ricevuto —un paio di giorni più tardi— un breve documento di cinque pagine, da parte delle istituzioni che hanno del tutto ignorato i progressi compiuti durante i negoziati.
Al contrario, includeva delle proposte di tagli alle pensioni, di drammatici aumenti dell’IVA – anche sull’elettricità, e l’abrogazione degli EKAS (Benefit di solidarietà sociale dei pensionati), oltre a molte altre misure irrazionali, irrealistiche e inaccettabili.
Malgrado questa evoluzione, che ha anche ignorato i nostri sforzi sinceri per trovare una soluzione, siamo tornati al tavolo dei negoziati, dimostrando ancora una volta che il nostro obiettivo era quello di raggiungere una soluzione.
Nel tentativo di colmare il divario fiscale, abbiamo proposto misure equivalenti che non danneggerebbero coloro che sono stati irreversibilmente colpiti dalla crisi.
La risposta che abbiamo ricevuto, ancora una volta, è stata che le misure parametriche permanenti devono includere tagli annuali pari all’1% del PIL, vale a dire 1,8 miliardi di euro in pensioni e un equivalente importo dell’aumento dell’IVA.
E questo, nonostante il fatto che è ben noto che le pensioni nel nostro paese hanno subito tagli drammatici nel corso degli ultimi cinque anni e che i 2/3 dei pensionati in Grecia ricevono pensioni al di sotto o in prossimità della soglia di povertà relativa.
Questo atteggiamento di indifferenza si estende anche all’aumento dell’IVA in materia di energia, che servirebbe solo per diminuire i salari reali.
E' piuttosto strano che le istituzioni chiedano non solo alti obiettivi di bilancio, ma anche non accettino misure equivalenti che abbiamo offerto per colmare le differenze.
Voglio mettere in chiaro che la questione della tassazione, e in particolare di chi pagherà le tasse, è esclusiva responsabilità del governo greco.
È giunto il momento che la crisi venga pagata dall’oligarchia in questo paese, e non dalla classe operaia, dai lavoratori, dai pensionati e dai lavoratori autonomi.
Compagni!
la tenacia delle istituzioni che vogliono continuare un programma di austerità che ha evidentemente fallito, e la loro insistenza sulle misure che sanno non accetteremo, non possono semplicemente essere un errore, o il risultato di un eccesso di zelo.
Ci sono molte più probabilità che la loro insistenza serva per motivi politici, così come un progetto politico per umiliare non solo il governo greco, ma anche il nostro paese.
Per dare un chiaro messaggio al popolo greco e al popolo d’Europa: che un mandato popolare non può cambiare le cose.
Che la legge e il valore dominante nell’ Europa moderna non è la democrazia, ma piuttosto un crudele e socialmente ingiusto neoliberismo.
Ci si chiede se ci sia la volontà sincera di trovare una soluzione.
La trattativa è condotta in buona fede e in condizioni di parità?
Stiamo assistendo, invece, il tentativo di dimostrare la forza, con l’intenzione di bloccare qualsiasi tentativo di porre fine all’austerità, qualsiasi tentativo di costruire un modello sociale ed economico che darà priorità agli interessi e ai bisogni della maggioranza sociale.
La BCE sta utilizzando tattiche simili: l’asfissia finanziaria della Grecia non fa che confermare questo.
Dal 20 febbraio, un vincolo da parte della BCE è in vigore per quanto riguarda l’emissione di buoni del Tesoro —un vincolo che non ha alcun fondamento giuridico in quanto la validità del contratto di finanziamento è stato esteso e il Paese è in un processo di negoziazione nell’ambito del Programma. Tuttavia, la BCE insiste su tattiche che portano all’asfissia.
Queste tattiche si possono dire democratiche e razionali nell’ambito di un negoziato tra i partner, all’interno dell’Unione europea e della zona euro?
Sono tattiche delle quali l’Europa possa sentirsi fiera?
Compagni!
Nonostante le recenti dichiarazioni molto aggressive, sono fermamente convinto che ci sono ancora forze in Europa che riconoscano gli errori del passato e che capiscano quanto sia critica la situazione.
Ci sono forze che lavorano per una soluzione giusta.E queste forze devono prevalere, sfidando chi sceglie la tensione, le minacce e tattiche da guerra fredda come loro strategia.
Per prevalere, però, le responsabilità devono finalmente essere assegnate alle istituzioni e l’obiettivo non può restare ad insistere su misure impraticabili.
Allo stato attuale, le posizioni del FMI dominano, con una pesante tendenza verso misure impraticabili e rendono tale la posizione dell’Europa sul tema della sostenibilità del debito greco, che si rifiuta perfino di discutere della questione.
Il risultato: le proposte non sono disciplinate dalla ragione.
Al contrario, le misure proposte comportano solamente una recrudescenza di recessione e ad un ulteriore inasprimento delle disuguaglianze, mentre si evita intenzionalmente di affrontare la questione dell’insostenibilità del debito greco e ciò porta ad una prolungata incertezza e preoccupazione sul futuro della Grecia e della zona euro.
In ultima analisi, ci viene chiesto di accettare un accordo che non risolverà i problemi, e affonderà un’economia —che è sul punto di recupero— nella recessione, un disincentivo per qualsiasi investimento strategico.
Se l’obiettivo è quello di continuare con un programma ispirato dal FMI —che com’è ampiamente riconosciuto ha fallito— e senza affrontare il debito, non ci resta altra scelta.
Siamo obbligati a non capitolare.
Chiediamo ai nostri partner di essere chiari sui loro obiettivi: vogliono raggiungere una soluzione del problema greco o vogliono che questo problema continui, senza fine?
Vogliono che il FMI sia parte dell’accordo —nonostante le sue “ricette” fallimentari— e lo faranno procedere con un approccio “a la carte” per le misure durissime del FMI ma non le sue proposte relative alla cancellazione dei debiti?
Va notato che così facendo il FMI ha la responsabilità penale per lo stato attuale della situazione in Grecia.
Dopo tutto, è stato il Fondo monetario internazionale, che ha commesso un errore sui moltiplicatori, nei suoi calcoli sulla recessione.
E mentre il Fondo Monetario Internazionale ha chiesto scusa, questo è servito a poco a coloro che hanno perso il posto di lavoro per vivere una vita con dignità, né è servito a dare da mangiare alle migliaia di poveri e alle persone socialmente escluse.
Non ha aumentato le pensioni né riaperto le piccole imprese che erano fallite.
Le scuse non erano che una cinica confessione fatta da tecnocrati, senza nessuna conseguenza.
È venuta l’ora che le proposte del FMI vengano giudicate. E che siano giudicate pubblicamente.
Non da noi, ma dalla stessa Europa.
È giunto il momento per l’Europa di discutere seriamente del futuro della Grecia e del futuro dell’Eurozona stessa.
Vuole, insistendo sulla sua posizione, guidare un Paese e la sua gente verso l’ umiliazione e l’impoverimento o vuole raggiungere un accordo e quindi promuovere la democrazia e la solidarietà?
Questo è il dilemma dell’Europa. Questa è la domanda cruciale che è in attesa di una risposta.
Compagni!
Come abbiamo detto, e ripetutamente dimostrato, noi continueremo a lavorare per raggiungere un accordo.
Il mandato che abbiamo dal popolo greco, tuttavia, non è un mandato ambiguo.
E’ molto chiaro: mettere fine alle politiche di austerità.
Per fare ciò, dobbiamo raggiungere un accordo con caratteristiche redistributive chiare, che non sarà un onere per lavoratori dipendenti e pensionati, ma che gravi invece su coloro che non hanno pagato la loro parte nella crisi.
Cerchiamo un accordo che metterà fine all’incertezza, e che metterà fine, decisamente, ai discorsi sulla Grexit, in modo che potremo capitalizzare gli indicatori economici positivi e approfittare delle nostre prospettive di crescita reale.
Pertanto, l’accordo deve includere clausole concrete e vincolanti che affrontino i problemi finanziari del paese, che sono stati esacerbati dal Memorandum e dei quali le istituzioni condividono le responsabilità.
Compagni!
determineremo le nostre decisioni finali basandoci su questi criteri specifici.
Noi non ci lasceremo influenzare dai discorsi dettati dall’ansia e dalla “pressione” del momento attuale.
Abbiamo un mandato di quattro anni.
Eventuali scenari alternativi saranno valutati in base a come evolveranno l’economia, la società e soprattutto il Paese nei prossimi quattro anni.
Abbiamo ricevuto un paese che era una colonia del debito.
Il nostro obiettivo è quello di un paese con meno disuguaglianze sociali, dopo aver affrontato sia l’evasione fiscale che la diffusa corruzione delle reti illegali che infestano la pubblica amministrazione.
Vogliamo una società che rispetti i principi di uguaglianza e l’equa distribuzione delle risorse, e un’economia basata sullo sviluppo sostenibile che possa garantire il welfare di tutti i cittadini greci.
Soprattutto, però, il nostro obiettivo è quello di costruire un modello sociale ed economico che aiuterà la nostra società, soprattutto le classi lavoratrici e i giovani.
Questa è la sfida che stiamo affrontando. Una sfida che sarà determinata in gran parte dal sostegno del popolo greco. Abbiamo il suo supporto, e continueremo ad averlo finché saremo onestamente dalla sua parte con esso e con passione difenderemo i suoi interessi.
La nostra dignità, il nostro senso di responsabilità e la nostra determinazione, nonché il sostegno del nostro popolo, ci terranno al di sopra della mischia delle minacce e dei ricatti.
Compagni!
Stiamo entrando nella stretta finale. Il tratto finale, si potrebbe dire, è quello dove iniziano le vere trattative. La capacità del governo greco di raggiungere una soluzione equa con determinazione, con incrollabile impegno rispetto ai suoi obiettivi, sarà giudicata in base al risultato. Anche la capacità dell’Europa di smetterla di darsi la zappa sui piedi, di smetterla di infliggersi delle ferite da sola, e invece di scegliere il primato dei valori della solidarietà e della democrazia, sarà giudicata. Io credo che lo farà.
Questa sfida non è solo nostra. È, naturalmente, una sfida per il popolo greco e una sfida per la Grecia, ma non è solo la nostra sfida —si tratta di una sfida per tutti i popoli d’Europa.
Non vogliamo un’Europa di punizioni e ricatti, ma un’Europa di democrazia e solidarietà. E raggiungeremo questa Europa con la nostra determinazione a rispettare il mandato del popolo, nonché attraverso le lotte del nostro popolo e le lotte dei popoli di tutt’Europa.
Siate forti».
2 commenti:
A me uno che dice che non vuole che il suo paese sia umiliato non sembra che sia tanto disposto a compromessi.
Vorremmo tanto sbagliarci...
Desumiamo che alla fine un (cattivo) compromesso è dopo tutti 'sti tira e molla, l'esito più probabile, dopo aver letto attentamente le 50 pagine del protocollo portato due settimane fa dal governo Tsipras al tavolo delle trattative.
Lo stesso intervento qui pubblicato di Tsipras è tutto un invocare un compromesso, certo un compromesso "non umiliante".
L'importante a capirsi, dietro alla formulazioni letterarie, c'è la sostanza delle misure economiche che Atene dovrà adottare in cambio di quella liquidità e dell'«aiuto» che Unione e Bce promettono.
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