[ 3 giugno ]
Ieri, a caldo, abbiamo pubblicato i primi dati macro sui voti assoluti espressi dagli italiani. Ne veniva fuori che la forte crescita dell'astensione aveva colpito tutti, Pd e M5S compresi (per non parlare delle liste locali della "sinistra radicale") e che solo la Lega salviniana ha effettivamente accresciuto i suoi consensi con tanto di sfondamento nelle tradizionali "regioni rosse" —flop invece in Puglia della lista "Noi con Salvini", e deludente pure il risultato alle comunali di Agrigento.
Che la prima vittima di queste elezioni sia il tentativo cesaristico di Matteo Renzi, è confermato da quanto sta accadendo nel Pd e nel Palazzo in queste ultime ore. Non solo nel Pd si andrà al redde rationem, con Renzi azzoppato il governo inizia a perdere i pezzi, ed altri ne potrebbe perdere nei prossimi mesi.
Ma vogliamo tornare sul fenomeno del "partito degli invisibili", ovvero dell'astensione. Carlo Gubitosa su polisblog ha svolto un'inchiesta specifica al riguardo, facendo focus su due regioni, la Liguria e la Puglia. I dati e le tabelle sono alquanto istruttive. Si veda la Tabella 1 qui accanto. Essa da un'idea plastica del peso reale dei singoli partiti. Non solo tutti assieme sono una minoranza ma ci dicono che Pd sta al 13,6%, M5S al 12,1%, mentre l'avanzata della Lega si ferma al 8,1%.
In Puglia (Tabella 2) la situazione non è molto diversa. Salvo che il leghismo, in salsa meridionalista "Noi con Salvini" ha fatto flop superando di poco il 2%, mentre la lista di "sinistra radicale" tocca il minimo storico. L'astensione punisce insomma tutti senza distinzioni.
E' certamente vero che alla crescita dell'astensione ha contribuito il fattore "regione", un'istituzione alquanto discreditata. Ma questo, come segnala quel furbacchione di Roberto D'Alimonte su Il Sole 24 Ore di oggi 3 giugno, è un elemento secondario, visto che il trend dell'astensione, pur in misura diversa, riguarda ogni tipo di tornata elettorale —alle comunali che si sono svolte assieme alle regionali hanno infatti votato il 64%, rispetto al 52% delle regionali.
Ricordiamo che D'Alimonte è il vero architetto ed estensore dell'Italicum su cui Renzi dice di non voler fare marcia indietro.
D'Alimonte parte snocciolando i dati macro e segnalando che per quanto concerne le elezioni regionali c'è stato in 10 anni un calo dei votanti del 18%:
Una telegrafica riflessione conclusiva.
Il renzismo non sta solo definitivamente sfasciando il Pd (altro che "partito della nazione", Renzi ha preso meno voti di Bersani), esso ha aperto a sinistra una voragine, uno spazio politico enorme. E' vero che una parte di elettori piddini ha votato per la Lega (seguendo anzitutto il richiamo sicuritario e xenofobo) ma il grosso si è astenuto.
Questo spazio si allargherà nei prossimi mesi e qualcuno, prima o poi, proverà a riempirlo. Ci proveranno i rottami della "sinistra radicale" ma, come ci dice la Liguria, con poche chances di successo. Le difficoltà in cui si dimena SYRIZA in Grecia, la sensazione che SRIZA andrà incontro ad un fallimento, non depone a favore dei "sinistrati radicali" —vedi, del resto, la fine ingloriosa che ha fatto l'operazione della lista "Altra Europa con Tsipras".
C'è bisogno di un movimento politico nuovo e davvero radicale. I tempi stringono.
Ieri, a caldo, abbiamo pubblicato i primi dati macro sui voti assoluti espressi dagli italiani. Ne veniva fuori che la forte crescita dell'astensione aveva colpito tutti, Pd e M5S compresi (per non parlare delle liste locali della "sinistra radicale") e che solo la Lega salviniana ha effettivamente accresciuto i suoi consensi con tanto di sfondamento nelle tradizionali "regioni rosse" —flop invece in Puglia della lista "Noi con Salvini", e deludente pure il risultato alle comunali di Agrigento.
Che la prima vittima di queste elezioni sia il tentativo cesaristico di Matteo Renzi, è confermato da quanto sta accadendo nel Pd e nel Palazzo in queste ultime ore. Non solo nel Pd si andrà al redde rationem, con Renzi azzoppato il governo inizia a perdere i pezzi, ed altri ne potrebbe perdere nei prossimi mesi.
Tabella 1: l'astensione in Liguria |
Ma vogliamo tornare sul fenomeno del "partito degli invisibili", ovvero dell'astensione. Carlo Gubitosa su polisblog ha svolto un'inchiesta specifica al riguardo, facendo focus su due regioni, la Liguria e la Puglia. I dati e le tabelle sono alquanto istruttive. Si veda la Tabella 1 qui accanto. Essa da un'idea plastica del peso reale dei singoli partiti. Non solo tutti assieme sono una minoranza ma ci dicono che Pd sta al 13,6%, M5S al 12,1%, mentre l'avanzata della Lega si ferma al 8,1%.
In Puglia (Tabella 2) la situazione non è molto diversa. Salvo che il leghismo, in salsa meridionalista "Noi con Salvini" ha fatto flop superando di poco il 2%, mentre la lista di "sinistra radicale" tocca il minimo storico. L'astensione punisce insomma tutti senza distinzioni.
Tabella 2: l'astensione in Puglia |
Ricordiamo che D'Alimonte è il vero architetto ed estensore dell'Italicum su cui Renzi dice di non voler fare marcia indietro.
D'Alimonte parte snocciolando i dati macro e segnalando che per quanto concerne le elezioni regionali c'è stato in 10 anni un calo dei votanti del 18%:
«Domenica scorsa nelle sette regioni in cui si è votato sono andati alle urne il 52% degli elettori. Nel 2010 nelle stesse regioni aveva votato il 63%. Un calo di undici punti è indubbiamente forte. Tanto più che già nel 2010 c'era stata una diminuzione di oltre 7 punti rispetto al 2005. Complessivamente, la partecipazione al voto alle elezioni regionali è diminuita di 40 punti negli ultimi 40 anni, di cui circa 28 persi dall'inizio della Seconda Repubblica (1995), e 18,3 persi soltanto negli ultimi 10 anni».D'Alimonte segnala poi che la crescita più forte dell'astensione (anche tenendo conto delle regionali in Emilia-Romagna dell'autunno scorso) si registra proprio nelle cosiddette "regioni rosse", Toscana in particolare. In dice sicuro che si tratta in gran parte di elettori che votavano tradizionalmente a sinistra e che l'avvento di Renzi ha tenutoi lontano dalla urne. Un'astensione di grandi proporzioni che non ha affatto premiato, né M5S, né tantomeno le liste della "sinistra radicale" che, come dicevamo escono con le ossa rotte da questa tornata elettorale.
Una telegrafica riflessione conclusiva.
Il renzismo non sta solo definitivamente sfasciando il Pd (altro che "partito della nazione", Renzi ha preso meno voti di Bersani), esso ha aperto a sinistra una voragine, uno spazio politico enorme. E' vero che una parte di elettori piddini ha votato per la Lega (seguendo anzitutto il richiamo sicuritario e xenofobo) ma il grosso si è astenuto.
Questo spazio si allargherà nei prossimi mesi e qualcuno, prima o poi, proverà a riempirlo. Ci proveranno i rottami della "sinistra radicale" ma, come ci dice la Liguria, con poche chances di successo. Le difficoltà in cui si dimena SYRIZA in Grecia, la sensazione che SRIZA andrà incontro ad un fallimento, non depone a favore dei "sinistrati radicali" —vedi, del resto, la fine ingloriosa che ha fatto l'operazione della lista "Altra Europa con Tsipras".
C'è bisogno di un movimento politico nuovo e davvero radicale. I tempi stringono.
5 commenti:
Intanto segnalo che secondo Evans Pritchard la Grecia fa default
http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11645966/Greek-default-draws-closers-as-opposing-sides-swap-ultimatums.html
Poi il vostro appello al partito più radicale è ottimo ma sapete benissimo che invece di una risposta all'unisono comincerà un lunghissima fase di distinguo di ogni tipo finalizzati in ultima analisi a cercare di posizionarsi nella maniera più favorevole nel nuovo schieramento radicale che state auspicando.
mi permetto inoltre di far notare come Emiliano in Puglia non sia proprio un renziano di ferro. anzi.
quindi i renzisti veri in puglia sono molti di meno di quel 22%. a mio avviso percentuali simili a quelle liguri.
Dite che c'è bisogno di un movimento politico nuovo e davvero radicale. Bene. Ma non lo creerete con l'ennesimo appello che gira sui soliti 4-5 blog e raccoglie alcune decine di volenterosi sparsi sul territorio nazionale. Come vi ho scritto in altri post questo modus operandi vi ha portato negli ultimi dieci anni o poco più a creare vari movimenti "di fase" tutti finiti nell'incocludenza senza incidere minimamente nella realtà. L'unica via sarebbe l'entrismo nel Movimento 5 Stelle lavorando per rettificarne e radicalizzarne le posizioni. Certo, si tratta di un lavoro lungo e difficile ma è l'unico che abbia senso oggi. E' vero che i 5 stelle sono affetti da "cretinismo parlamentare", ma è altrettanto vero che, con la nuova legge elettorale voluta da Renzi, è molto probabile che alle prossime politiche possano arrivare al ballottaggio giocandosi la possibilità di governare il paese. Altre strade realistiche per formare un governo popolare al momento non ne vedo.
A voi la scelta se continuare a creare l'ennesima piccola setta tanto ambiziosa negli obbiettivi, quanto impotente nei fatti, o provare ad affrontare la sfida di una azione politica finalmente calata in un movimento in cui i numeri degli attivisti si misurano in migliaia e quello dei voti in milioni.
Anonimo delle 09:40
E la cosa che sembra non essere compresa è che se è vero che i 5 Stelle appaiono un po' "cretini parlamentari" questo è dovuto al fatto che si tratta di un movimento spontaneo di popolo al quale NÉ LA SOCIETÀ CIVILE NÉ LA SINISTRA DEGLI ATTIVISTI E DEGLI INTELLETTUALI SI DEGNA DI AVVICINARSI.
Cosa diavolo si pretende da un movimento fatto da un coraggioso e generoso attore comico, da un intelligente imprenditore (in quanto tale capitalista) e guidato in parlamento da dei ragazzini privi di qualsiasi preparazione economica seria?
Sono stati eccezionali, francamente rimango senza parole se penso al miglioramento incredibile in soli due anni dei deputati e senatori grillini.
Certo c'è questa cosa che non si può essere eletti nel m5s se non si ha la fedina penale pulita e ovviamente chi ha fatto attività extraparlamentare da una vita molto difficilmente possiede questo requisito.
Vabbè, faccio presente alla Redazione che siamo già in tre a credere che sarebbe il caso di iniziare a discutere a fondo questa proposta.
Da quando è scoppiata la crisi, le mobilitazioni sociali in Italia ci sono anche state. Dal movimento studentesco contro la Gelmini culminato nella giornata del 14 dicembre 2010, alla lotta dei metalmeccanici contro Marchionne sempre nel 2010. Nel 2011 la ripresa della resistenza No Tav in Valsusa e l'imponente corteo del 15 ottobre romano. Nel gennaio 2012 i forconi hanno bloccato la Sicilia e tantissime lotte di resistenza operaia contro licenziamenti e chiusure si sono avute più o meno in TUTTE le province d'Italia. Il 2013 si è aperto con le vertenze molto dure dei facchini della logistica, poi in autunno c'è stato lo sciopero generale dei sindacati di base e il grande corteo dei movimenti sociali il 18/19 ottobre e infine le lotte del movimento 9 dicembre. Lo scorso anno la lotta degli operai ternani che ha raccolto il consenso unanime di una intera città, le centinaia di migliaia di persone scese in piazza con la Cgil e la Fiom a difesa dell'articolo 18 sia il 25 ottobre, sia nello sciopero generale di dicembre. Questo 2015 è stato caratterizzato dal più grande sciopero dei lavoratori della scuola degli ultimi 30 anni...e tante altre mobilitazioni ho dimenticato. Il problema è che avendo rimosso dall'orizzonte ideale delle masse subalterne l'idea che è possibile un mondo diverso da quello capitalista, che è possibile per le classi popolari organizzarsi per conquistare il potere politico e costruire un mondo più giusto (socialismo), ogni lotta è puramente difensiva e priva di orizzonte strategico. Perciò ci si mobilita a pezzi, solo quando si è toccati direttamnte da un problema, e solo nella prospettiva di resistere e perdere il meno possibile. Ogni lotta resta circoscritta a sè stessa e priva di orizzonte strategico. Invece ogni lotta settoriale o locale ha senso solo se inserita in una prospettiva storico-politica ossia una dimensione che ponga la questione del potere politico e l'idea-forza del socialismo come prospettiva possibile e mito mobilitante. Un soggetto politico in grado di porre queste questioni con una forma e un linguaggio adatto ai tempi attuali e soprattutto alle giovani generazioni è ciò che occorre. I grandi cambiamenti storici sono i giovani che li fanno, e guidati da grandi miti e ideali. Se per movimento radicale intendete questo, allora sono d'accordo con voi. Se intendente la difesa della costituzione del 1948, invece, siete proprio su un binario morto. Parlate con le persone nei mercati rionali, fuori dalle fabbriche, nei ritrovi giovanili e vedrete che della costituzione del 48 non frega niente a nessuno e non entusiasma nessuno, oltre ad essere fuori dalla storia (non si può restaurare una costituzione legata ad un contesto geopolitico e di rapporti di forza tra le classi che non ha nulla a che vedere con la realtà odierna). Cosa rispondete?
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