13 luglio. Andrea Ricci è un economista. Ed è stato responsabile economico del Partito della Rifondazione Comunista.
Dati alla mano ci spiega perché il governo Napolitano-Letta, nel prossimo autunnno, dovrà adottare una colossale manovra finanziaria, per rispettare i vincoli europei. Ricci conclude che da questa spirale distruttiva non se ne uscirà mai senza venir via dall'euro. Si chiede infine se la sinistra italiana vorrà davvero immolare se stessa ai piedi del feticcio eurista. Noi temiamo di sì.
«Dietro gli inni di "vittoria" lanciati da Letta per la fine della procedura di infrazione Ue, si avvicina il precipizio della manovra finanziaria d’autunno.
Dopo l’ultima riunione del Consiglio Europeo, il Presidente del Consiglio Enrico Letta ha cantato vittoria e lanciato messaggi di grande ottimismo sul futuro dell’economia e delle finanze pubbliche italiane. Purtroppo, si tratta soltanto di una pura operazione propagandistica tesa a guadagnare qualche settimana di relativa tranquillità prima della bufera.
Alla vigilia delle ferie estive il clima politico è dominato dall’incertezza. La maggioranza delle “larghe intese” sembra turbata dalle vicissitudini giudiziarie di Berlusconi. In realtà, le questioni vere sono ben altre. La mina che sta per esplodere sotto le poltrone del Governo è la manovra finanziaria del prossimo autunno, che allo stato attuale si annuncia imponente e difficilmente realizzabile senza un massacro sociale senza precedenti. Si sta facendo di tutto per nascondere il problema ma basta fare un po’ di conti, avendo in mente il quadro complessivo della situazione macroeconomica, per capire la situazione. Il deterioramento tendenziale del bilancio pubblico, che dovrà essere corretto a settembre con la prossima legge di stabilità, deriva da due fattori, il primo legato all’andamento macroeconomico e il secondo ai vincoli programmatici sulla cui base il Governo Letta si è costituito. Analizziamo con ordine cosa significano questi due vincoli.
1) Il rispetto degli impegni assunti con l’Unione Europea, sanciti dalla legge di stabilità 2013 e ripetutamente confermati dall’attuale ministro dell’Economia Saccomanni, prevede un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche pari al 2,9% nel 2013 e all’1,8% nel 2014. La declamata flessibilità del bilancio pubblico derivante dall’uscita dell’Italia dalla procedura europea per deficit eccessivo non modifica in nulla questi impegni già assunti. Il problema è che queste cifre derivano da previsioni macroeconomiche che si sono rivelate fallaci perché distorte in senso ottimistico. Esse infatti si basano su una stima dell’andamento del PIL pari ad una flessione dell’1,3% nel 2013 e ad una crescita dell’1,3% nel 2014. La realtà che si sta prospettando è ben diversa. Le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale, formulate in modo benevolente nei confronti dell’attuale Governo, prevedono nel 2013 un calo del PIL dell’1,9% e per il 2014 un incremento di appena lo 0,7%. La prossima legge di stabilità non potrà discostarsi troppo da queste previsioni. In termini di correzione tendenziale del bilancio pubblico ciò comporta la necessità di reperire nuove risorse per 5 miliardi di euro nel 2013 e di 6 miliardi di euro nel 2014. Quindi, soltanto a causa dell’aggravamento della crisi economica, la copertura necessaria per raggiungere gli obiettivi di bilancio ammonta a 11 miliardi di euro.
2) L’accordo programmatico che ha consentito la nascita del Governo Letta prevede due misure di carattere fiscale: l’abolizione dell’IMU sulla prima casa e l’annullamento dell’aumento delle aliquote IVA che doveva scattare dallo scorso 1° luglio. Con due decreti-legge il governo si è finora limitato a posticipare la riscossione di queste tasse, con coperture transitorie. Entro la fine di settembre occorrerà assumere una decisione definitiva su entrambe. Dalle relazioni tecniche, che hanno accompagnato i decreti-legge, si evince che l’abolizione dell’IMU necessita di una copertura di 4,08 milardi di euro l’anno e quella dell’IVA di 2,12 miliardi per sei mesi. Il che vuol dire che prima della fine del 2013 occorre reperire 6,2 miliardi di euro a cui vanno sommati gli 8,22 miliardi per il 2014, per un totale di 14,42 miliardi di euro.
I conti sono presto fatti. Soltanto per il rispetto dei vincoli europei e degli impegni programmatici fondamentali, la prossima legge di stabilità deve prevedere una copertura pari ad oltre 25 miliardi di euro rispetto all’andamento tendenziale dei conti pubblici. A questo bisogna aggiungere come minimo il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per il 2014 e risorse aggiuntive per il problema degli esodati. Non è difficile prevedere che l’entità della prossima manovra finanziaria si aggirerà intorno ai 30 miliardi di euro, pari a circa il 2,3% del PIL.
Una manovra imponente, la cui quantificazione si basa sull’ipotesi di una situazione di relativa tranquillità sui mercati finanziari, con uno spread tra i titoli di Stato italiani e tedeschi attestato intorno alle attuali cifre di 270 punti. Se invece, come il recente downgrading del rating italiano da parte di Standard & Poor lascia presagire, le cose dovessero peggiorare su questo fronte, la prossima manovra finanziaria arriverebbe a sfiorare addirittura i 35 miliardi di euro, pericolosamente vicina alla stangata storica del Governo Amato del 1992, subito dopo la svalutazione della lira.
In autunno tutti i nodi politici verranno al pettine. Lo scivolamento verso uno scenario greco, fatto di una spirale perversa di tagli alla spesa pubblica/inasprimento fiscale e caduta del PIL, diventerà una tendenza irreversibile anche per l’Italia. Siamo sull’orlo del precipizio. A sinistra ci sarà qualcuno che dirà che non bisogna tagliare la spesa per la sanità, la scuola, l’università, gli enti locali e il resto dello stato sociale ma bisogna combattere l’evasione fiscale, tassare i ricchi, rinunciare alle grandi opere e ai cacciabombardieri. Rivendicazioni giuste e sacrosante. Ma non bastano più. Neanche in questo modo si possono recuperare 35-40 miliardi di euro in pochi mesi, come la mia esperienza diretta in materia di formazione del bilancio pubblico, svolta anche come relatore della legge di bilancio alla Camera dei Deputati, mi dice.
Senza rimettere in discussione i vincoli europei e le modalità di finanziamento del deficit pubblico, oggi costituite solo da emissione di titoli di debito per il mercato privato, non esiste via d’uscita. Le scorciatoie propagandistiche non funzionano più, di fronte al degrado della situazione sociale, alla sofferenza sempre più acuta delle persone in carne ed ossa.
Tutto ciò pone, alla sinistra in primo luogo, la questione dell’appartenenza all’area dell’euro, così come essa è oggi attualmente configurata. Si troverà qualcuno che avrà il coraggio di dire che il bilancio pubblico deve essere costruito sulla base delle esigenze del popolo italiano, dei lavoratori ed anche della gran parte delle imprese italiane, e non sulla base dei diktat dei mercati finanziari internazionali? E se questo vuol dire addio all’euro, ebbene così sia. Sappiate tutti che non moriremo per l’euro».
Dati alla mano ci spiega perché il governo Napolitano-Letta, nel prossimo autunnno, dovrà adottare una colossale manovra finanziaria, per rispettare i vincoli europei. Ricci conclude che da questa spirale distruttiva non se ne uscirà mai senza venir via dall'euro. Si chiede infine se la sinistra italiana vorrà davvero immolare se stessa ai piedi del feticcio eurista. Noi temiamo di sì.
«Dietro gli inni di "vittoria" lanciati da Letta per la fine della procedura di infrazione Ue, si avvicina il precipizio della manovra finanziaria d’autunno.
Dopo l’ultima riunione del Consiglio Europeo, il Presidente del Consiglio Enrico Letta ha cantato vittoria e lanciato messaggi di grande ottimismo sul futuro dell’economia e delle finanze pubbliche italiane. Purtroppo, si tratta soltanto di una pura operazione propagandistica tesa a guadagnare qualche settimana di relativa tranquillità prima della bufera.
Alla vigilia delle ferie estive il clima politico è dominato dall’incertezza. La maggioranza delle “larghe intese” sembra turbata dalle vicissitudini giudiziarie di Berlusconi. In realtà, le questioni vere sono ben altre. La mina che sta per esplodere sotto le poltrone del Governo è la manovra finanziaria del prossimo autunno, che allo stato attuale si annuncia imponente e difficilmente realizzabile senza un massacro sociale senza precedenti. Si sta facendo di tutto per nascondere il problema ma basta fare un po’ di conti, avendo in mente il quadro complessivo della situazione macroeconomica, per capire la situazione. Il deterioramento tendenziale del bilancio pubblico, che dovrà essere corretto a settembre con la prossima legge di stabilità, deriva da due fattori, il primo legato all’andamento macroeconomico e il secondo ai vincoli programmatici sulla cui base il Governo Letta si è costituito. Analizziamo con ordine cosa significano questi due vincoli.
1) Il rispetto degli impegni assunti con l’Unione Europea, sanciti dalla legge di stabilità 2013 e ripetutamente confermati dall’attuale ministro dell’Economia Saccomanni, prevede un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche pari al 2,9% nel 2013 e all’1,8% nel 2014. La declamata flessibilità del bilancio pubblico derivante dall’uscita dell’Italia dalla procedura europea per deficit eccessivo non modifica in nulla questi impegni già assunti. Il problema è che queste cifre derivano da previsioni macroeconomiche che si sono rivelate fallaci perché distorte in senso ottimistico. Esse infatti si basano su una stima dell’andamento del PIL pari ad una flessione dell’1,3% nel 2013 e ad una crescita dell’1,3% nel 2014. La realtà che si sta prospettando è ben diversa. Le ultime stime del Fondo Monetario Internazionale, formulate in modo benevolente nei confronti dell’attuale Governo, prevedono nel 2013 un calo del PIL dell’1,9% e per il 2014 un incremento di appena lo 0,7%. La prossima legge di stabilità non potrà discostarsi troppo da queste previsioni. In termini di correzione tendenziale del bilancio pubblico ciò comporta la necessità di reperire nuove risorse per 5 miliardi di euro nel 2013 e di 6 miliardi di euro nel 2014. Quindi, soltanto a causa dell’aggravamento della crisi economica, la copertura necessaria per raggiungere gli obiettivi di bilancio ammonta a 11 miliardi di euro.
2) L’accordo programmatico che ha consentito la nascita del Governo Letta prevede due misure di carattere fiscale: l’abolizione dell’IMU sulla prima casa e l’annullamento dell’aumento delle aliquote IVA che doveva scattare dallo scorso 1° luglio. Con due decreti-legge il governo si è finora limitato a posticipare la riscossione di queste tasse, con coperture transitorie. Entro la fine di settembre occorrerà assumere una decisione definitiva su entrambe. Dalle relazioni tecniche, che hanno accompagnato i decreti-legge, si evince che l’abolizione dell’IMU necessita di una copertura di 4,08 milardi di euro l’anno e quella dell’IVA di 2,12 miliardi per sei mesi. Il che vuol dire che prima della fine del 2013 occorre reperire 6,2 miliardi di euro a cui vanno sommati gli 8,22 miliardi per il 2014, per un totale di 14,42 miliardi di euro.
I conti sono presto fatti. Soltanto per il rispetto dei vincoli europei e degli impegni programmatici fondamentali, la prossima legge di stabilità deve prevedere una copertura pari ad oltre 25 miliardi di euro rispetto all’andamento tendenziale dei conti pubblici. A questo bisogna aggiungere come minimo il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga per il 2014 e risorse aggiuntive per il problema degli esodati. Non è difficile prevedere che l’entità della prossima manovra finanziaria si aggirerà intorno ai 30 miliardi di euro, pari a circa il 2,3% del PIL.
Una manovra imponente, la cui quantificazione si basa sull’ipotesi di una situazione di relativa tranquillità sui mercati finanziari, con uno spread tra i titoli di Stato italiani e tedeschi attestato intorno alle attuali cifre di 270 punti. Se invece, come il recente downgrading del rating italiano da parte di Standard & Poor lascia presagire, le cose dovessero peggiorare su questo fronte, la prossima manovra finanziaria arriverebbe a sfiorare addirittura i 35 miliardi di euro, pericolosamente vicina alla stangata storica del Governo Amato del 1992, subito dopo la svalutazione della lira.
In autunno tutti i nodi politici verranno al pettine. Lo scivolamento verso uno scenario greco, fatto di una spirale perversa di tagli alla spesa pubblica/inasprimento fiscale e caduta del PIL, diventerà una tendenza irreversibile anche per l’Italia. Siamo sull’orlo del precipizio. A sinistra ci sarà qualcuno che dirà che non bisogna tagliare la spesa per la sanità, la scuola, l’università, gli enti locali e il resto dello stato sociale ma bisogna combattere l’evasione fiscale, tassare i ricchi, rinunciare alle grandi opere e ai cacciabombardieri. Rivendicazioni giuste e sacrosante. Ma non bastano più. Neanche in questo modo si possono recuperare 35-40 miliardi di euro in pochi mesi, come la mia esperienza diretta in materia di formazione del bilancio pubblico, svolta anche come relatore della legge di bilancio alla Camera dei Deputati, mi dice.
Senza rimettere in discussione i vincoli europei e le modalità di finanziamento del deficit pubblico, oggi costituite solo da emissione di titoli di debito per il mercato privato, non esiste via d’uscita. Le scorciatoie propagandistiche non funzionano più, di fronte al degrado della situazione sociale, alla sofferenza sempre più acuta delle persone in carne ed ossa.
Tutto ciò pone, alla sinistra in primo luogo, la questione dell’appartenenza all’area dell’euro, così come essa è oggi attualmente configurata. Si troverà qualcuno che avrà il coraggio di dire che il bilancio pubblico deve essere costruito sulla base delle esigenze del popolo italiano, dei lavoratori ed anche della gran parte delle imprese italiane, e non sulla base dei diktat dei mercati finanziari internazionali? E se questo vuol dire addio all’euro, ebbene così sia. Sappiate tutti che non moriremo per l’euro».
22 commenti:
Cari ragazzi, nell'altro post avevo parlato dell'impressione che mi aveva fatto il papa. Qi vi linko n interessante articolo di Franco Cradini che è n noto intellettuale cattolico di Firenze. Un signore abbastanza all'antica per alcuni versi ma che è sempre stato conoscito per uno che parla estremamente chiaro con molto coraggio.
Vi linko un suo recente articolo in cui scrive delle cose che fanno pensare che una nuova impazienza stia cominciando a serpeggiare fra i cattolici. Non è che uno si debba convertire né si può pensare che lo facciano loro, ma un bel proficuo pezzo di strada insieme credo che lo si possa e lo si debba fare.
Metto il link al sito di Cardini perché l'autore non mette i collegamenti diretti all'articolo.
Una volta sul sito cercate il post del 10 luglio con questo titolo:
Un papa giustizialista, un vescovo socialista... dove andremo a finire?
http://www.francocardini.net/
Grazie Anonimo, non ci era sfuggito l'articolo di Cardini. Una voce fuori dal coro e per quanto distante idealmente da noi, va tenuta nella giusta considerazione. Cardini il cattolico conservatore coglie argutamente le implicazioni grandi di quanto Papa Francesco va dicendo a facendo.
C'è un problema fondamentale in quanto prima fu fatta la terribile manovra da Amato (11 luglio) e solo a Settembre, dopo che la manovra non era servita a nulla, la lira è stata sganciata dallo SME con la conseguente svalutazione che fece molto bene all'Italia che riusci a riprendersi.
Le manovre servono escusivamente per mantenere equilibri impossibili, come l'Euro, ed ecco perché ne siamo pieno.
Il suo errore è voluto o è stato in buona fede?
Caro amico Anonimo,
la manovra a cui mi riferisco è la legge finanziaria del 1993, presentata dal Governo Amato il 30 settembre 1992, ammontante a 93.000 miliardi di lire. L'enorme entità della manovra fu in parte dovuta anche alla necessità di ripianare le perdite subite da Banca d'Italia nell'inutile tentativo di mantenere la parità della lira nello SME. La lira era uscita dallo SME il 17 settembre 1992.
Cari saluti
Andrea Ricci
Giusta la precisazione di Ricci.
L'anonimo cade, come segnlaato da Mazzei in un articolo a fine giugno, nello stesso errore di Giorgio Cremaschi.
Riportiamo il passaggio di Cremaschi e la chiosa di Mazzei:
«Poi c’è una discussione fra di noi [ROSS@, Ndr]: la sovranità europea, la sovranità nazionale, io ho l’impressione che non sia la nostra discussione. Mi riferisco ai compagni di Mpl, che non aderiscono al nostro progetto perché non siamo chiari su euro e sovranità nazionale. Io penso che non possiamo dire “torniamo alla lira”, perché non è una battaglia di sinistra. Magari ci si torna, ma non possiamo ragionare su questo.
Dobbiamo ricordare, lo ripeto sempre, che l’unica volta che l’Italia decise in qualche modo di tornare alla lira riconquistando l’autonomia monetaria (era il 1992 quando l’Italia uscì dallo Sme), in cambio noi dovemmo dare l’abolizione della scala mobile, del contratto nazionale, il taglio delle pensioni, la privatizzazione delle banche, la tassa straordinaria. Ve la ricordate la Manovra del governo Amato del 31 luglio del 1992?»
Questa ricostruzione dei fatti è falsa e inaccettabile!
Cremaschi tenta di far credere che l'eliminazione della contingenza, l’attacco al contratto nazionale e il taglio delle pensioni, vennero adottati come conseguenza della svalutazione della lira. Il taglio della scala mobile avvenne con l’accordo del luglio 1992, mentre la lira venne svalutata solo a settembre. La verità dunque è che i sacrifici per i lavoratori - incluso l’attacco ai contratti (accordo del luglio 1993) e quello alle pensioni culminato con la legge Dini del 1995 - scattarono in virtù dell’applicazione del Trattato di Maastricht (firmato non a caso poco prima dell’abolizione della scala mobile, il 7 febbraio 1992). Si trattò dunque di un insieme di misure finalizzate alla nascita della moneta unica. Ed il fatto che si glissi proprio su questo è perciò assai significativo.
Ma un po' di autocritica da parte dei vertici di RC per aver accettato e nicchiato poi per anni sull'euro no?
@Roberto b che dice "Ma un po' di autocritica da parte dei vertici di RC per aver accettato e nicchiato poi per anni sull'euro no?"
Conosco personalmente uno dei "vertici" di RC della prima ora. Un'ottima persona ma, quando ho provato a parlargli di Euro, di liberalizzazione dei movimenti di capitale, di contabilità nazionale, mi sembrava di avere a che fare con un deficiente. (M.F., non ti fischiano le orecchie?).
Sia ben chiaro: è un amico e, come già detto, un'ottima persona. Il problema con RC, e credo con gran parte della sinistra radicale, non è che sono alleati del capitale, ma, più semplicemente, che non ci hanno capito un emerito cazzo di quello che stava succedendo. Molti di loro sono recuperabili, a patto che facciano la classica e necessaria autocritica... e siano disposti a "pagar pegno" per non averci capito un cazzo.
Scusate, ma questa sera sono particolarmente caustico.
La mia ultima tessera al PRC risale al 2007, figurati!
Eppure credo che ancora oggi dentro RC ci siano tanti militanti e dirigenti di grande valore. A nessuno è permesso deriderli.
Andrea Ricci
@Ecodellarete
Quando leggo i commenti di Ecodellarete, sento un aura di superiorità intellettuale che si spande nel blog. La prima parola che mi viene in mente quando leggo i commenti di questo "acuto" pensatore (ma chi diavolo è?) è: Solone!
Signori, inchiniamoci al suo cospetto, egli ci illumina con le sue analisi, nonchè, con la sua causticità. E sopratutto, ci trascina con il suo rivoluzionarismo della tastiera.
Amen!
L'Eco di Ecodellarete
@all'eco di ecodellarete
Ma guarda che ai tempi (quando molti dentro RC non ci capivano un c....) io ci capivo ancora meno! Il fatto è che, siccome io non sono nessuno, non mi è costato niente cambiare posizione e diventare un antieurista, mentre molti che erano "qualcuno", e che ne avevano sparate di grosse per anni, per non doversi smentire da sé stessi hanno cominciato a contorcersi intellettualmente. Risultato? In alcune circostanze le mezze cartucce come me ci azzeccano più di qualche dirigente nazionale.
E' più chiaro adesso?
Ancora per l'eco di ecodellarete:
non per polemizzare, ma tutto si può dire di meno che sia un "rivoluzionario da tastiera". Ho partecipato per due volte alle amministrative in un capoluogo di provincia, ho realizzato stampato e distribuito personalmente per un paio d'anni migliaia e migliaia di copie di un giornale cartaceo, organizzo e partecipo a dibattiti, mantengo un sito, vado in giro a fare centinaia di riprese video...
Non per polemizzare, ma per pura curiosità (se vuoi rispondere): tu che fai?
Infine: sembro un Solone? Me ne dispiaccio, ma non mi sento tale. Lo dico pubblicamente: sono uno che ha capito tardi che fare politica è importante come mangiare, e che oggi è lievemente incazzato... anche (purtroppo) con chi ha fatto politica per anni senza capirci granché. Chiaro che io sono più "colpevole" di loro, ma che ce posso fa si m'encazzo?
Eh no Ecodellarete, ha ragione l'Anonimo che sembra aver colto il punctum dolens vista la tua doppia risposta. Lasci trapelare tanto autocompiacimento nei tuoi "nel mio piccolo lo avevo detto", un' insostenibile leggerezza camuffata da saggezza bertoldiana, perché scarpe grosse e cervello fino fanno tanto presidio slowfood, che va di moda.
La domanda purtroppo non è "tu che fai?" ma "che risultati hai ottenuto?". E lì io, tu, RC, Pasquinelli stiamo tutti sotto zero mentre gli unici che si possono vantare sono i servi dei padroni che hanno portato i loro signori sull'orlo del dominio assoluto e irreversibile.
Non sto qui a farvi la morale perché io ho scelto il disimpegno dato che non ci credo più, ma almeno me ne rendo conto; sentire qualcuno che ancora è "contento" perché lui nel so piccino picciò aveva capito mi sembra talmente ridicolo...
Se succederà qualcosa, come speriamo tutti, non sarà per la vostra azione politica; se succederà decideremo di nuovo sull'impegno e il disimpegno, valuteremo le prospettive cercando di non ripetere gli errori, ma per cortesia...per cortesia cercate di non venire a gridare che voi avevate previsto il terremoto. Nel vostro piccolo da casetta vostra.
Lo sa anche un bambino di due anni che la situazione è al limite; lo sai tu, lo sappiamo noi, lo sanno loro... solo che noi non sappiamo cosa fare ed è così anche per i nostri ridicoli errori, scelte, autocompiacimenti e impotenza politica.
Parliamo piuttosto delle nostre stronzate o scelte di comodo, che mettersi a fare l'"autocritica agli errori altrui" è semplicemente infantile.
Che palle...ma tu...ma io...asilo mariuccia. Continuiamo a farci del male...
Poi mettere in discussione anche la validità, relativa fin che si vuole, di informazioni, analisi e dibattito mi sembra solo un'ulteriore regressione.
Riguardo ai conti pubblici, vorrei ricordare che un continuo rimando delle decisioni prepara una drammatizzazione in cui sarà più facile colpire. E nei grossi buchi sarà più semplice far cadere svendite del patrimonio collettivo residuo. Insieme, naturalmente, alle ormai abituali scremature di portafogli, salari, pensioni e servizi.
ciao, buona domenica,gianni
@Anonimo che ha detto...
Se riesci a capire il mio carattere dal periodare, allora hai un talento: potresti condurre una rubrica dal titolo "scrivimi e ti dirò chi sei".
Facezie a parte, o meglio scherzi a parte, altrimenti vengo accusato di supponenza, il problema è che io sento l'imperativo morale di fare qualcosa. Sai, deve essere un'evoluzione di quello stesso imperativo che mi obbligava, a vent'anni, a correre dietro alle gonnelle invece che passare il mio tempo nelle interminabili assembleee di quegli anni. Ora di anni ne ho quasi sessanta, e l'imperativo di cui sopra, passata la stagione delle gonnelle, ed essendosi evoluto, mi obbliga a partecipare ad interminabili assemblee, e forum, e convegni, e chi più ne ha più ne metta.
Io mi auguro, con tutto il cuore, che tu abbia una ventina d'anni e che "tua passion predominante sian d'estate la maagrotta e d'inverno la grassotta". In tal caso sei giustificato. Ma solo in tal caso. Però, a noi che abbiamo voglia di fare qualcosa, lassace perde: siamo irrecuperabili.
Un caro saluto.
http://www.youtube.com/watch?v=AYg0_T-zgLs&feature=share
Che ne pensano i compagni di Sollevazione del CSP di Marco Rizzo? Mi sembra abbastanza concorde con le vostre posizioni. Non si potrebbe cercare di costruire il fronte popolare di sinistra costruendo un dialogo anche con loro?
Quindi tu "hai fatto qualcosa". Ah no, la stai facendo, non hai ancora concluso.
Ecco, ti scrivo fra un anno e starai ancora lì col Rosso di Nomura, il Brancaccio Superiore e le critiche agli italiani che sono dei morti di sonno, mentre tu sei uno che fa. Perché Rc è un partito che sbaja mentre tu nel tuo piccolo avevi capito, mannaja la pupazza, ma nun t'hanno dato retta.
Dai, ti scrivo fra un anno e valuteremo i "risultati zero" ...ma se stamo a da' da fa'...lassace perde; vedrai che avrai la frasetta pronta anche là.
La frasetta è già pronta: http://www.youtube.com/watch?v=S0xRKsjQADs
Lo so che nun te ne frega 'n cazzo se non di sentirti fra gli happy few. Non so se si era capito ma la mia critica era precisamente quella. Sai, uno pensa che i risultati contano, ma 'nvece no...se sbaja...A' verità vera è che 'n fonno
http://www.youtube.com/watch?v=fcJ987ZtxXk
Un abbraccio ma senza svejjavve
Caro Fiorenzo Fraioli, oggi sei schierato con le forze antagoniste e il tuo sito ci aiuta a capire qualche volta ciò che accade. Attenzione però a facili moralismi e attribuzioni di incapacità altrui, anche se MF non meriterebbe di essere difeso. Nei non lontani primi anni '90 eri, diciamo, moderato o potremmo dire meglio "reazionario" dal punto di vista politico. Se poi a questo aggiungiamo l'incapacità di creare relazioni di natura politica sul territorio con chicchessia allora possiamo dire che il cambiamento non sarà proprio dietro l'angolo...
@Anonimo del 05 ottobre 2013 10:35
E' vero, l'ho dichiarato anche pubblicamente. Nel 2006 votai Prodi, ero europeista e, come un sacco di gente, non capivo un cazzo.
Per questa ragione oggi non mi atteggio a intellettuale. Mi ritengo però una persona sveglia, che quando ha cominciato a vedere che le cose non andavano si è fatto delle domande e ha cambiato molte opinioni. Ho spiegato questa cosa in scritti e in diversi video, l'ultima volta in questo, a partire dal minuto 1'12''.
Aggiungo che le opinioni che avevo agli inizi degli anni '90 erano quelle di un giovanotto di trent'anni in possesso di una buona cultura tecnica ma poche letture di natura economica e politica, e più interessato alle fimmine che non alla politica.
Poi (che ci posso fare?) sono arrivati i cinquanta... e ho dovuto giocoforza cambiare interessi. Devo dire, in tutta sincerità, che mi diverto molto più oggi che non a trent'anni quando correvo dietro alle fimmine...
Piuttosto osservo: io ho cambiato idea, quando ho visto che mi avevano preso per il culo, ma vedo che sono tanti quelli che preferiscono contorcersi piuttosto che ammettere di essersi sbagliati. Ma li capisco: un conto è che cambi idea un signor nessuno come me, altro che a farlo siano prestigiosi intellettuali "de sinistra"!
Quanto alla mia incapacità di "creare relazioni politiche sul territorio", anche questo è un fatto vero. Sono antipatico a un sacco di gente, lo so ma, francamente, me ne infischio.
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