[ 23 dicembre 2018 ]
Comunicato n. 16 del Comitato centrale di Programma 101
Lo scontro decisivo è solo rimandato
1. Un compromesso compromettente
I prossimi mesi ci diranno se l'accordo
tra il governo italiano e la Commissione
Ue passerà alla storia come primo passo di un ripiegamento definitivo del
governo gialloverde o, come riteniamo più probabile, preludio di una partita
ancor più dura. Come ogni compromesso entrambi i contraenti hanno dovuto
recedere dalle loro posizioni iniziali. Mentre la Commissione ha dovuto
digerire una consistente redistribuzione del reddito a favore del popolo
lavoratore e dei giovani (Reddito di cittadinanza, aumento delle pensioni
minime e Quota 100 sulla Fornero), il governo italiano, in cambio, ha dovuto
rivedere al ribasso i saldi di bilancio, tagliare gli investimenti pubblici
previsti, accettare infine minacciose condizionalità (aumento dell’Iva). Dal
punto di vista politico, contrariamente a quanto gridato per mesi, il governo
ha permesso una nuova lesione del principio della sovranità nazionale.
2. L'Italia nel mirino di
Bruxelles
La volontà punitiva nei confronti del
nostro Paese è risultata chiara a tutti. Un modesto deficit del 2,4% (il quarto
più basso degli ultimi quarant'anni!) è stato preso a pretesto per sviluppare
una vera e propria campagna terroristica sul debito italiano. La minaccia di arrivare
alle sanzioni contro l'Italia, mentre nessuno ha eccepito sul deficit francese
destinato a salire oltre il 3%, ha mostrato la natura politica delle scelte di
Bruxelles, la sua determinazione a umiliare il “governo populista”. Come
avevamo ampiamente previsto, l'arma decisiva del blocco eurista è stato lo spread, mentre gli esecutori materiali
del diktat Ue sono stati gli avvoltoi che hanno in mano i mercati finanziari
internazionali.
3. Il mostro eurista, ferito ma
feroce
Il punto è che il mostro eurista è sì
ferito, ma ancora forte. Le difficoltà egli eurocrati sono evidenti: tracollo
dei consensi per Merkel e Macron, con quest'ultimo costretto a significative
concessioni al movimento dei Gilet gialli;
il grande pasticcio della Brexit; la prevedibile crisi politica in Spagna; la
fratturazione sempre più manifesta dell'Ue (più precisamente dell'asse
Berlino-Parigi) verso nord, est e sud, e ad ovest. In mezzo a queste rovine,
proprio perché ferita, alla Commissione
non restava, che fare retromarcia consegnando tempo prezioso al governo
giallo-verde.
4. Arretramento, non resa
La gestione della ritirata (che c’è da
sperare sia solo tattica) da parte del governo è stata pasticciata e
dilettantesca. E' tuttavia sbagliato ogni paragone con la capitolazione di
Tsipras nel 2015. Mentre allora la Grecia sottoscrisse un nuovo piano di
austerità, consegnandosi alla Troika e massacrando il popolo ellenico, da noi,
con misure parziali ma pur sempre vitali per milioni di cittadini ("Quota
100" e "Reddito di cittadinanza" entreranno comunque in vigore
nel 2019), i diktat della Commissione,
che ne chiedeva l'azzeramento, sono stati respinti. Non è la svolta attesa, ma
potrebbe essere il punto di aggancio, nel prossimo periodo, ove i tecnocrati
tornassero all’attacco, di un movimento popolare sul modello di quello francese
dei Gilet gialli.
5. Non si esce dall'austerità con
una moneta straniera come l'euro
La verità è che non può esserci una vera
svolta, realizzare i diritti che il popolo esige, anzitutto quello al lavoro e
ad un reddito dignitoso, senza riconquistare la sovranità politica e monetaria,
senza rompere col “vincolo esterno” ed il blocco euro-liberista con i suoi
addentellati nazionali . Le vicende di questo tormentato autunno 2018 sono lì a
dimostrarcelo ancora una volta. Programma
101
non si è mai unito, né si unisce adesso, al coro dei sovranisti del "tutto
e subito", ma non si va alla guerra contro il nemico eurista senza essere
pronti a tutti gli atti conseguenti che questo comporta. Dalla gabbia eurista
non si uscirà né con l'attendismo né con i tatticismi esasperati, ma solo con
una chiara visione strategica, con una volontà di ferro, con la capacità di
spiegare al popolo i termini della questione, con la costruzione di un blocco
compatto e pronto alla lotta, con uno spirito costituzionale e rifondativo tipo
Cln.
6. L'inadeguatezza di Salvini e
Di Maio alla prova dei fatti
Alla prova dei fatti i due vice-premier, e
veri leader della maggioranza di governo, si sono dimostrati inadeguati.
Dilettantismo, mancanza di coraggio, assenza di visione strategica, ricerca di
un accordicchio pur di arrivare alle europee. Per sostenere lo scontro con l'Ue
si sarebbe dovuto parlare il linguaggio della verità, non delle illusioni
secondo cui alla fine tutto sarebbe andato bene. E su quella base si sarebbe
dovuta costruire compattezza e mobilitazione. E' evidente che l'accordo con
l'Ue è stato siglato per prendere tempo, con la convinzione di ritrovarsi con
un quadro più favorevole dopo il voto di maggio. E' questa, secondo noi, una
pericolosa illusione. Non sta scritto da nessuna parte che il blocco dei
partiti europeisti subisca una sconfitta davvero decisiva. Certo, PPE e PSE
arretreranno, ma altri raggruppamenti sistemici (i liberali, i verdi...)
potrebbero compensare quel calo. Ma quel che è ancora più evidente è che la
probabile affermazione delle forze “sovraniste” di destra in vari paesi, tra i
quali la Germania, ben lungi dal "riformare" l'Ue, finirebbe soltanto
per rendere ancora più aggressivo il nocciolo duro filo-tedesco sul quale
l'Unione, sia pur malamente, si regge. E le cose per l'Italia non
migliorerebbero di certo.
7. Opposizioni e sinistra
sinistrata farebbero meglio a tacere
Se il giudizio sul governo ha da essere
severo, durissimo dev’essere quello sulle opposizioni parlamentare e
confindustriale. Forze massimamente responsabili del disastro degli ultimi 10
anni e della sottomissione
nazionale gridano alla “sovranità calpestata” e ad un parlamento svuotato delle
sue funzioni. Da questo pulpito non è accettabile nessuna predica. Sono state
proprio queste forze (Pd e Forza Italia in primo luogo) a condurre l'Italia
laddove si trova. Loro la piena accettazione delle politiche austeritarie, la
propaganda dell'Europa come il bene supremo, loro la sottoscrizione del Fiscal compact e l'approvazione del
pareggio di bilancio in Costituzione.
Fortunatamente gli italiani non sono stupidi, e si ricorderanno a lungo
di figuri come Renzi e Berlusconi. Ma se Pd e Forza Italia farebbero bene a tacere,
tante ragioni di riflessione ci sarebbero anche per chi a sinistra continua ad
immaginare la riformabilità
dell'Unione europea. Se ne facciano una ragione: questo mostro non è
riformabile, o se ne esce o si rimane nella gabbia disegnata dal neoliberismo
subendone tutte le conseguenze del caso. Ed è grave che anche il governo
giallo-verde abbia fatto suo il racconto ingannevole di… “un’altra Europa”.
8. Il governo tripartito alla resa dei conti
Fin dal giugno scorso abbiamo parlato di
un governo tripartito. L'esecutivo Conte
nacque infatti come compromesso tra M5S e Lega da un lato, Mattarella e le
forze sistemiche che egli rappresenta dall'altro. La presenza di Tria e Moavero
Milanesi è proprio lì a rappresentare, in due ministeri strategici, il peso
della Quinta Colonna che i poteri
sistemici allineati a Bruxelles hanno piazzato nel cuore del governo
gialloverde. Questo terzo partito,
che nessuno ha votato, esce sostanzialmente vincitore dalla trattativa con la Commissione europea. Di Maio e Salvini
ne escono invece malconci. L'instabile equilibrio di questo strano tripartito è ora destinato a rompersi.
Non sappiamo se una crisi formale si aprirà già nelle prossime settimane o se
si arriverà alle elezioni europee di maggio, ma in ogni caso esso è destinato a
saltare. Che questo avvenga per una rottura tra M5S e Lega, piuttosto che, come
auspichiamo, attraverso una resa dei conti di questi due partiti con la Quinta Colonna mattarelliana è tutto da
vedersi e tutt'altro che secondario.
9. Italia "osservato
speciale" sotto speciali "clausole di salvaguardia"
Da giugno l'Italia è un "osservato
speciale" agli occhi dell'oligarchia eurista. Resta e viene anzi resa più
pesante la minaccia della Commissione
di far scattare, l’anno prossimo, le famigerate "clausole di
salvaguardia" — nel biennio 2020-21 l'IVA ordinaria dovrebbe aumentare dal
22 al 26,5%, quella ridotta dal 10 al 13%; il tutto per un incremento del
gettito pari a 23 miliardi nel 2020, 29 miliardi nel 2021 — altrimenti si
riaprirà il "dossier
sanzioni". Potrebbe così accadere che quando i venti di una recessione
globale inizieranno a spirare più forte, quando cioè ancor più necessarie
sarebbero politiche espansive, l’Unione europea chiederà all’Italia politiche
economiche di lacrime e sangue che affonderanno il nostro Paese, col rischio di
obbligarlo, ad accettare “l’aiuto” della Ue e della Bce, ovvero di cadere in
regime di protettorato. Che il governo giallo-verde, ammesso che si ancora in
carica, accetterà questo crimine sociale è infatti improbabile. Lo scontro è quindi
destinato a continuare.
10. Le lezioni di questi mesi
Tante sono le lezioni che ci vengono
consegnate dalle vicende di questi mesi. La più importante, quella
fondamentale, è quindi che l'Unione europea non è in alcun modo riformabile. Lo
sosteniamo da sempre, ma stavolta milioni di persone lo hanno potuto toccare
con mano. E, proprio in virtù di ciò, tanti di questi tenderanno ad una certa
benevolenza verso il governo, visto come il "male minore" rispetto
all'arroganza europea. Tutto questo è comprensibile, ma così com'è da tempo
intollerabile ed intellettualmente disonesta l'idea di "un'altra
Europa" —sia nella versione soft sostenuta
dalle nostrane èlite, sia in quella più radicale (e dunque ancora più
utopistica) albergante a sinistra —, altrettanto inaccettabile e
intellettualmente disonesta l'idea di una "riforma" che scaturirebbe
per via elettorale tra 5 mesi. La verità è che l'Unione europea è così, perché
è nata per essere così. Nessuna vera riforma è dunque possibile. Se si vuol uscire
da questa gabbia, se ne prenda atto e si agisca di conseguenza.
11. Il passo avanti che la Sinistra Patriottica non può rimandare
Siccome i nemici principali da battere
per guadagnare la sovranità
nazionale e popolare restano l’Unione europea ed il fronte euro-liberista, malgrado l’arretramento sancito
con la Legge di bilancio, noi riconfermiamo la nostra posizione di appoggio tattico
e critico al governo giallo-verde, e ribadiamo come imprescindibile costruire una forte e indipendente Sinistra Patriottica.
Con i suoi chiaro-scuri l'arretramento del
governo gialloverde ci consegna un quadro più difficile rispetto a quello di
qualche mese fa. Al tempo stesso, però, esso non può essere che di stimolo alla
costruzione di un soggetto politico della Sinistra Patriottica. Pur al minimo dei consensi, il blocco
eurista rimane il nemico principale da vincere. Esso tuttavia potrà essere
sconfitto, fino alla liberazione del Paese dalla dittatura eurocratica, se alla
spinta populista espressa nelle urne
si saprà dare una visione, una linea, una strategia ed una tattica. Il tutto
nella prospettiva dell'attivizzazione delle masse, di una sollevazione popolare che dovrà dare la definitiva spallata al
mostro eurista. Sta qui il salto che la Sinistra Patriottica deve compiere. Far scendere in campo un
soggetto adeguato alla portata dello scontro può sembrare un'impresa più che
ardua, lo è ma non è impossibile. Noi non pensiamo, peraltro, che la sinistra patriottica e socialista possa
essere autosufficiente in uno scontro che si giocherà in un lasso di tempo
prevedibilmente non lungo. Pensiamo però che essa sia indispensabile,
componente essenziale e più avanzata di quel Comitato di liberazione nazionale che riteniamo dovrà nascere al
momento dello scontro decisivo. Con le sue modeste forze, è a questo progetto
che Programma 101 lavora da sempre.
E' questo progetto che nei prossimi mesi dovrà iniziare a farsi cosa concreta.
Comitato centrale di P101
Roma, 22 dicembre 2018
LA FRANCIA CHIAMA, L'ITALIA RISPONDE
5 commenti:
Mi metto nei panni di Salvini - l'unico elemento su cui si possa contare in vista di una rottura con l'eurodittatura - e comprendo le esitazioni nell'andare allo scontro con la metà dei parlamentari a 5 stelle, un capo del governo grillino e che dà segni di voler conservare la poltrona più a lungo possibile, un Mattarella alla p.d.r., i media di regime avversi e gran parte del deep state italiano di nomina piddina o berlusconiana.
Non escludo che la sua idea sia di andare alle elezioni politiche per realizzare la sua forza elettorale (senza escludere un exploit del 40%), nominare un p.d.r. affidabile, dare a Foa ecc. il tempo di incidere sugli equilibri della RAI e soprattutto lasciare alla UE il tempo di maturare la sua crisi. Giunti a quel punto si valuterà il da farsi.
Chi ha in mano decine di milioni di voti e sa che le sue mosse decideranno i destini del Paese deve muoversi con i piedi di piombo. Io non escludo che buona parte dell'europolitica si stia orientando a vedere chi sarà il prossimo dopo la Grecia a finire nel tritacarne per scaricargli addosso il grosso del peso dello sfacelo. Con ciascuno tentato di dare una spintarella al suo vicino.
Questo è un pezzo come si deve, bravi.
SE QUALCUNO CONOSCE BAGNAI lo contatti: gli dica che il governo deve REALIZZARE una trasmissione da pubblicizzare molto (adesso c'è FOA) per radio, sui giornali e con la TV da INTITOLARE:
EURO: QUALE è LA VERITà? Un confronto senza precedenti come regalo di Natale per voi italiani (da sparare quando sarà certo che l'AUDIENCE sarà il top) che fino a ieri non ci capivate nulla.
Andranno Bagnai, Borghi, Salvini VS due euristi più Renzi (o chi per lui) e dovrà durare 4 ore dalle 20 alle 24.
Dovranno distruggere i vari falsi miti: spesa pubblica alta, debito estero da quando esiste davvero (euro), cosa è il debito interno, il ciclo di Frenkel, come si esce dall'euro (premettendo che non è nel programma e non sarà fatto), IL VINCOLO ESTERNO ECC ECC ECC
Sindrome di Stoccolma: ci si affeziona ai propri sequestratori, nel caso rapinatori di banca.
Sindrome dei Palazzi Romani: ci si affeziona ai propri "sequestratori" (stavolta con rigorose virgolette, perché "sequestratori" si intende in senso metaforico e... spiritoso!), nel caso segretari di partito sulla breccia dell'onda del consenso elettorale.
Una sostanziale differenza fra Stoccolma e Palazzi Romani è che nel primo caso i sequestrati (senza virgolette) non ci rimediarono un bel niente in senso materiale (ovvio: i loro sequestratori la rapina la fecero per arraffar denaro, mica far regali!), mentre nel secondo caso i "sequestrati" (con virgolette) hanno rimediato cariche, cadreghe, agi e visibilità altrimenti inimmaginabili (ovvio pure questo: i loro "sequestratori" dovevano costruirsi un minimo di codazzo politico e riempire un certo numero di posti con figure fidate).
Ma c'è di più. La Sindrome dei Palazzi Romani può manifestarsi anche per procura. Vale a dire: non si è effettivamente "sequestrati" (dunque non si colgono i relativi vantaggi materiali) eppure il legame psicologico coi "sequestratori" si genera ugualmente. Una specie di transfert. Un paio d'esempi sono gli egregi commentatori delle 15:21 (anonimo) e delle 15:46 (Marco Giannini). Fra l'altro, si nota nei soggetti in esame una spiccata indifferenza, se non ignoranza, riguardo ad ogni principio di legalità costituzionale. Non possiamo dire al momento se ciò sia fra le cause che facilitino l'insorgenza della Sindrome dei Palazzi Romani oppure sia una delle conseguenze della stessa. Fatto sta che ipotizzare un PdR che cambi semplicemente perché cambia la maggioranza parlamentare del momento è roba veramente forte! Uelà! Ma vi risulta che Sergione Mattarella non lo tocca nessuno fino a febbraio 2022! E con 'sti fenomeni, in Italia l'Iva sarà già al 26%, per la miseria! E poi, San Foa che fa il miracolo in Rai: sì, aver riconfermato tutti quelli che ci stanno da un vita... e anche qualcuno in più!
Venendo alle cose serie: ma voi - voi sollevatori, dico - alle elezioni europee che farete? Qualcosa con Fassina? Oppure col sempre più sovraesposto Rinaldi, ormai definito "superstar" pure da Madama Palombelli? E la Donato?
http://www.spoletonline.com/?page=articolo&id=161422
Intanto A Spoleto la giunta leghista apre il "punto europa"
Io ci metto nome e cognome e continuo a dire che il PdR va cambiato (chiaramente rispettando i 7 anni del suo mandato) mentre tu ti firmi Barbara D'Urso, offendi gratuitamente (ed è tutto un dire).
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