[ 19 dicembre 2018 ]
E' fatta dunque. Dopo uno psicodramma durato tre mesi governo giallo-verde e Commissione europea hanno trovato l'accordo.
Grazie al passo indietro del governo — 10 miliardi in meno di spesa in deficit, col che si accetta di procedere nella diminuizione del debito pubblico — la Commissione evita di avviare la famigerata "procedura d'infrazione".
Entrambi i duellanti possono così cantare vittoria: il governo per aver difeso le due misure totemiche (reddito di cittadinanza e riforma della Fornero), la Commissione per aver ottenuto da Roma una maldestra accettazione delle "regole".
E' vero quel che Conte ha ribadito oggi in Parlamento, che il governo, avendo difeso le due misure totemiche del cosiddetto Reddito di cittadinanza e della riforma della Fornero "non ha ceduto sui contenuti", ma è altrettanto vero che al momento esse restano promesse in quanto non ci sono le relative leggi e, più importante ancora, i suoi decreti attuativi. Per questo Bruxelles ha legato il suo lasciapassare ad una serie pesante di "condizionalità", come a voler dire, "la pistola ce l'avete sempre puntata alla tempia e come sgarrate partirà il colpo delle sanzioni".
Quale giudizio dare dunque? La risposta è duplice, va data sui due piani, quello del contenuto e quello del metodo.
Su quello del contenuto è stata sventata una Legge di bilancio austeritaria e rigorista come esigeva la Commissione. E questo è il bicchiere quasi mezzo pieno.
Sul piano del metodo (che in politica conta!) le cose vanno peggio che il bicchiere è più che mezzo vuoto. La compagine governativa (Salvini compreso) ha mostrato un dilettantismo imbarazzante e compiuto errori smisurati. Prima si è partiti lancia in resta contro Bruxelles dicendo che il deficit al 2,4% era la "linea del Piave", poi si è finiti nella buffonata del... 2,04; ovvero piegandosi davanti alla minaccia delle sanzioni, riconfermando che le politiche economiche e di bilancio debbono essere scritte con gli eurocrati, dando così plastica conferma che l'Italia non è un paese sovrano poiché tenuto a rispettare il "vincolo esterno". In secondo luogo, pur avendo promesso di fare fuoco e fiamme, quelli del governo hanno fallito proprio sul piano della comunicazione politica, non avendo mai spiegato seriamente ai cittadini come funzionino i meccanismi proditori su cui si regge l'Unione, né tantomeno li hanno chiamati alla mobilitazione. Per restare al metodo, l'essersi impaludati in una trattativa che a tratti è sembrata grottesca, ha causato quel che è sotto gli occhi di tutti: che il Parlamento, oggi come prima, nulla conta ed è solo un passacarte di un esecutivo che a sua volta è vettore di indirizzi sovraordinati.
Armi letali in mano ad un'opposizione che pure è alla canna del gas...
Escono malconci da questo psicodramma i due principali protagonisti politici, Di Maio e Salvini, la cui reputazione politica risulta fortemente lesionata. Della loro iniziale baldanza (sorvoliamo sulla sua reiterata ostentazione) non resta adesso che l'ombra: entrambi hanno dovuto subire la regia di Mattarella, che alla fine l'ha spuntata grazie ai suoi scagnozzi nel governo e, sembra, anche a causa dell'abdicazione dello stesso Paolo Savona.
Ci sono tanti tipi di populismo, quello dei due è un populismo sciancato, parolaio. Dietro alla maschera leonina si celano due cani che abbiano ma non mordono.
La morale della favola è che con questi due condottieri il popolo italiano non andrà lontano.
Ps
Che il bicchiere sia quasi mezzo pieno è considerato niente ai "sovranisti senza sé e senza ma". Non parliamo di certa sinistra sinistrata e autistica che in questi mesi, urlando che il governo doveva essere rovesciato, ha agito come truppa di complemento dell'élite neoliberista. Lasciamoli sbraitare. Ognuno comprende che per i tanti cittadini che hanno pagato a caro prezzo le politiche austeritarie degli ultimi venti anni, per quanto non sia la profonda svolta attesa e promessa, qualcosa si porta a casa.
E' in sintonia con questo popolo che si deve stare, per aiutarlo a capire che nulla potrà davvero cambiare se esso, come accade in Francia, non irrompe sulla scena. Ora è vero che quel che vien fuori è che l'Unione europea è un nemico duro da vincere, ma è altrettanto vero che milioni hanno capito che essa è irriformabile.
E' su questa consapevolezza generale che si dovrà fare leva nel prossimo periodo.
E' fatta dunque. Dopo uno psicodramma durato tre mesi governo giallo-verde e Commissione europea hanno trovato l'accordo.
Grazie al passo indietro del governo — 10 miliardi in meno di spesa in deficit, col che si accetta di procedere nella diminuizione del debito pubblico — la Commissione evita di avviare la famigerata "procedura d'infrazione".
Entrambi i duellanti possono così cantare vittoria: il governo per aver difeso le due misure totemiche (reddito di cittadinanza e riforma della Fornero), la Commissione per aver ottenuto da Roma una maldestra accettazione delle "regole".
E' vero quel che Conte ha ribadito oggi in Parlamento, che il governo, avendo difeso le due misure totemiche del cosiddetto Reddito di cittadinanza e della riforma della Fornero "non ha ceduto sui contenuti", ma è altrettanto vero che al momento esse restano promesse in quanto non ci sono le relative leggi e, più importante ancora, i suoi decreti attuativi. Per questo Bruxelles ha legato il suo lasciapassare ad una serie pesante di "condizionalità", come a voler dire, "la pistola ce l'avete sempre puntata alla tempia e come sgarrate partirà il colpo delle sanzioni".
Quale giudizio dare dunque? La risposta è duplice, va data sui due piani, quello del contenuto e quello del metodo.
Su quello del contenuto è stata sventata una Legge di bilancio austeritaria e rigorista come esigeva la Commissione. E questo è il bicchiere quasi mezzo pieno.
Sul piano del metodo (che in politica conta!) le cose vanno peggio che il bicchiere è più che mezzo vuoto. La compagine governativa (Salvini compreso) ha mostrato un dilettantismo imbarazzante e compiuto errori smisurati. Prima si è partiti lancia in resta contro Bruxelles dicendo che il deficit al 2,4% era la "linea del Piave", poi si è finiti nella buffonata del... 2,04; ovvero piegandosi davanti alla minaccia delle sanzioni, riconfermando che le politiche economiche e di bilancio debbono essere scritte con gli eurocrati, dando così plastica conferma che l'Italia non è un paese sovrano poiché tenuto a rispettare il "vincolo esterno". In secondo luogo, pur avendo promesso di fare fuoco e fiamme, quelli del governo hanno fallito proprio sul piano della comunicazione politica, non avendo mai spiegato seriamente ai cittadini come funzionino i meccanismi proditori su cui si regge l'Unione, né tantomeno li hanno chiamati alla mobilitazione. Per restare al metodo, l'essersi impaludati in una trattativa che a tratti è sembrata grottesca, ha causato quel che è sotto gli occhi di tutti: che il Parlamento, oggi come prima, nulla conta ed è solo un passacarte di un esecutivo che a sua volta è vettore di indirizzi sovraordinati.
Armi letali in mano ad un'opposizione che pure è alla canna del gas...
Escono malconci da questo psicodramma i due principali protagonisti politici, Di Maio e Salvini, la cui reputazione politica risulta fortemente lesionata. Della loro iniziale baldanza (sorvoliamo sulla sua reiterata ostentazione) non resta adesso che l'ombra: entrambi hanno dovuto subire la regia di Mattarella, che alla fine l'ha spuntata grazie ai suoi scagnozzi nel governo e, sembra, anche a causa dell'abdicazione dello stesso Paolo Savona.
Ci sono tanti tipi di populismo, quello dei due è un populismo sciancato, parolaio. Dietro alla maschera leonina si celano due cani che abbiano ma non mordono.
La morale della favola è che con questi due condottieri il popolo italiano non andrà lontano.
Ps
Che il bicchiere sia quasi mezzo pieno è considerato niente ai "sovranisti senza sé e senza ma". Non parliamo di certa sinistra sinistrata e autistica che in questi mesi, urlando che il governo doveva essere rovesciato, ha agito come truppa di complemento dell'élite neoliberista. Lasciamoli sbraitare. Ognuno comprende che per i tanti cittadini che hanno pagato a caro prezzo le politiche austeritarie degli ultimi venti anni, per quanto non sia la profonda svolta attesa e promessa, qualcosa si porta a casa.
E' in sintonia con questo popolo che si deve stare, per aiutarlo a capire che nulla potrà davvero cambiare se esso, come accade in Francia, non irrompe sulla scena. Ora è vero che quel che vien fuori è che l'Unione europea è un nemico duro da vincere, ma è altrettanto vero che milioni hanno capito che essa è irriformabile.
E' su questa consapevolezza generale che si dovrà fare leva nel prossimo periodo.
LA FRANCIA CHIAMA, L'ITALIA RISPONDE
4 commenti:
Bell'articolo.
Ma c'è ancora qualche speranza che i nostri eroi, e specialmente Salvini, intendano tornare alla carica quando la dittatura sarà frolla al punto giusto (dopo le europee). Ci spero poco, ma se avessero deciso per una guerra di logoramento avrebbero dovuto comportarsi come si sono comportati.
Sbaglio?
Per quanto mi riguarda resta un ENORME punto interrogativo su tutta la vicenda: I due protagonisti (...e le rispettive compagini) hanno effettivamente peccato di "dilettantismo" e hanno compiuto "errori smisurati" in modo involontario... OPPURE... Oppure sin dal principio essi si erano ripromessi di arrivare sino al punto a cui sono arrivati adesso?
Francesco F. - Manduria (TA)
Come sempre un resoconto piuttosto approssimativo. La cosidetta resa si e' certamente materializzata perche' continuava a persistere un clima di incertezza sullo spread cosa che ha fatto rilevare piu' volte Savona (architetto della manovra). E poi il tutto e' stato condizionato da quel Cazzaro del Presidente della Repubblica che continua a giocare un ruolo che non gli compete. Anche se non sono un 'fan' di questo governo, va detto che si partiva da un deficit programmato di 0,8 come voleva la UE. Se poi vogliamo dare un voto alla voce 'comunicazione' da parte dei rappresentanti delle due forze politiche ad essere generosi, un 4 non glielo toglie nessuno.
Solo degli ingenui sprovveduti hanno potuto sperare o peggio credere che “i due ragazzi” potessero o volessero essere o divenire “la testa d’ariete” che avrebbe “piegato e fatto sottostare” l’Europa alle rivendicazioni ed esigenze sovraniste che il popolo italiano aveva, con le elezioni di marzo, richiesto ed esplicitato. Un grossolano errore che dimostra l’impreparatezza e la superficialità politica espressa da coloro che hanno sostenuto e sponsorizzato come “ultima spiaggia” da difendere contro tutti e tutto per fermare l’imminente barbarie (i due ragazzi). Che fare ora visto che questo argine e questo fronte si è sciolto come neve al sole e la guerra di liberazione è stata accantonata, abbandonata e definitivamente cancellata? Ma pur di non ammettere l’evidenza dei propri errore e aprire una riflessione si fa come il PD, ci si trincera dietro il fatto che quanto accaduto non cancella che comunque il malcontento è ancora forte e presente e occorre lavorare in questa direzione per raccoglierlo e dargli una guida. Ma quale guida? Discutendo del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Del meglio poco che niente? Qui o si cambia radicalmente paradigma e si afferma che il vero punto discriminante che oggi va posto al centro della questione amico-nemico non può che essere la cifra liberali-antiliberali. Solo su questa dicotomia si può costruire una organizzazione popolare trasversale di tutti i patrioti di sinistra antisistema che hanno compreso che solo sconfiggendo questa etica e questo spirito si potrà finalmente tentare di costruire una società libera, giusta e solidale dove l’uomo può non essere più lupo dell’altro uomo.
P.S. il bicchiere non è né mezzo vuoto né mezzo pieno, esso non contiene e non ha mai contenuto nulla che potesse emancipare gli ultimi.
pasquino55
Posta un commento