[ 20 dicembre 2018 ]
Premessa
Il marxismo ha la pretesa di essere una teoria dell’emancipazione dell’uomo fondata su di una concezione scientifica della storia e dei rapporti sociali. Nel Manifesto del Partito Comunista sono elencati tutti i tipi di socialismo (tutti tranne il suo) da rigettare in quanto basati su ricette utopistiche, su deliri onirici o peggio ancora su nostalgie passatiste di rapporti sociali pre-capitalistici.
Il valore e il sistema etico del comunismo si erige per Marx ed Engels sulle salde fondamenta dei fatti e i fatti sono le leggi della storia e le tendenze di sviluppo del capitalismo, la dinamica delle strutture, analizzati con le categorie della dialettica materialistica e sottoposte al miscroscopio della più “avanzata” scienza sociale.
Teoria e pratica. Pratica e teoria. Se è vero che non può esistere alcun movimento rivoluzionario senza teoria rivoluzionaria è anche vero che non può esistere teoria rivoluzionaria senza il suo saldo ancoraggio ai fatti storici, alle obiettive dinamiche della storia umana, alla prassi concreta degli individui, delle classi, dei popoli e delle nazioni.
Marx non si considerava marxista. Perché? Perché non voleva passare per il profeta di una nuova religione (o ideologia) che portasse il suo nome. Una sfilza di dogmi validi per tutte le stagioni al di là, al di sopra e al di sotto degli eventi e delle dure repliche della storia. Su questo aveva ragione Galvano della Volpe: Marx, nel clima generale del positivismo scientista ottocentesco egli aveva la pretesa di essere un Galileo, un Newton delle scienze sociali e di dare un fondamento scientifico a valori e ideali di salvezza. Senza questo fondamento gli ideali stessi perderebbero valore e sarebbe persino inutile professarli. La teleologia comunista deve avere dei presupposti e i presupposti sono i fatti, i rapporti di forza reali, le leggi evolutive dei modi di produzione, le dinamiche strutturali e sistemiche. I comunisti non sono vagheggiatori di utopie, cuochi che discettano sulle ricette dell’osteria dell’avvenire ma ostetrici che alleggeriscono le doglie del parto. La storia sarebbe infatti (Marx docet) il movimento reale che partorisce il comunismo. Tutta la battaglia politica di Marx nella Lega dei Comunisti, e nella Prima Internazionale, la critica dirompente a Willich, Proudhon eBakunin conferma questa ipotesi interpretativa.
Un primo bilancio critico
Siamo a 135 anni dalla morte di Marx e un bilancio, una verifica storica dei presupposti su cui il genio di Treviri aveva la pretesa di fondare la necessità del comunismo, non è più rinviabile.
Elenco per brevità di sintesi alcuni punti critici, un primo bilancio storico dei presupposti fondativi dell’ipotesi comunista, su cui urge un necessario approfondimento collettivo.
1) Il ricco e opulento occidente che avrebbe dovuto spianare la strada del comunismo al mondo intero è stato il baluardo assoluto, le colonne di Ercole dell’anticomunismo, dell’ancien regime capitalistico. Il luogo geometrico in cui più alto si è espresso lo sviluppo delle forze produttive le quali, lungi dal mettere in crisi i rapporti di produzione come pensava Marx, li ha rafforzati estesi e sostenuti. I rapporti hanno improntato di sé, forse anche deviato l’evoluzione delle forze piuttosto che le forze fatto cadere i rapporti. I rapporti hanno sconfitto le forze!
2) Senza alcun dubbio il punto più traumatico di rottura tra forze produttive e rapporti di produzione, che ha fatto vacillare il capitalismo si è verificato nel '900 nelle periferie del sistema. Tuttavia il centro non solo ha retto botta ma si è rafforzato a spese delle periferie incanalando i loro promettenti tentativi rivoluzionari e anti-sistemici verso traguardi capitalistici e post-capitalistici. Un esempio su tutti la Cina e la Russia. Milioni di morti per ritrovarci da punto a capo! La montagna di sacrifici umani immani ha partorito di nuovo il topolino della merce o della mercificazione! Ben poca cosa. Lenin si interroga e si rivolta nel Mausoleo!
3) Per una bislacca “eterogenesi dei fini” o per una faziosa “astuzia della ragione”, le rivoluzioni anti-sistemiche nelle periferie, condotte nell’apparente forma proletaria, hanno subito assunto la sostanza borghese. In altre parole hanno surrogato il ruolo di borghesie deboli o assenti per instaurare alla fine rapporti di produzione capitalistici, a seconda dei casi dipendenti (come in Vietnam e Cambogia) o centrali (come in Cina). Milioni di diseredati hanno lavorato per il Re di Prussia sotto la sferza di dittature autoritarie che hanno sfigurato l’ideale del socialismo!
4) Il proletariato fordista, pref-fordista e post-fordista, l’operaio massa prima e l’operaio sociale poi, hanno deluso, tradito e sconfessato le speranze di Marx. A queste figure egli, con fiducia spropositata, aveva riservato la missione storica, il compito titanico di superare il capitalismo e realizzare la società senza classi e senza sfruttamento, l’autogoverno dei produttori. “L’emancipazione del proletariato è opera del proletariato stesso” proclamava Marx dalle tribune della Prima Internazionale. La storia si è incaricata di smentire le sue illusioni. Il proletariato storico (e non quello immaginario), come lo schiavo e il servo della gleba, ha palesato i suoi limiti immanenti. Non è stato una classe intermodale. Evidente si è rivelata la sua congenita incapacità di assurgere a classe dirigente. Parafrasando il primo Marx della Critica alla filosofia del diritto di Hegel, non è stato in grado di assumersi il compito di classe universale, di campione dell’intera società nel percorso della sua auto-emancipazione!
5) Il rafforzamento sistemico dell’imperialismo in Occidente, la sconfitte subite dalla Comune di Parigi, dalla rivoluzione tedesca e dal proletariato iberico nella guerra civile Spagnola da una parte, e la degenerazione del socialismo reale dall’altra, sono due facce della stessa medaglia: l’incapacità ontologica del proletariato internazionale, così come storicamente si è dato, a farsi classe dirigente, a prendere in mano i destini dell’umanità secondo le prescrizioni e le ipotesi ottimistiche di Marx ed Engels.
6) La sopravvalutazione delle potenzialità del proletariato corre di pari passo alla sottovalutazione della forza e della potenza della borghesia capitalistica che veniva considerata a torto una classe passeggera, un incidente di percorso della storia. Questa invece ha dimostrato di avere sette e più vite come i famosi gatti. Sicuramente in possesso di una potenza dirigente globale e di una forza corruttrice universale da Marx totalmente sottovalutate. Superiore alle classi sfruttatrici precapitaliste ma ciò che più conta è stata capace fino ad oggi di sussumere, di schiacciare, di isolare, talvolta di deviare su binari morti qualsiasi velleità emancipativa delle classi subalterne. Nella borghesia capitalistica c’è del genio diabolico e una capacità proteiforme di adattarsi e di plasmare la storia che non ha paragoni.
(Fine prima parte)
Premessa
Il marxismo ha la pretesa di essere una teoria dell’emancipazione dell’uomo fondata su di una concezione scientifica della storia e dei rapporti sociali. Nel Manifesto del Partito Comunista sono elencati tutti i tipi di socialismo (tutti tranne il suo) da rigettare in quanto basati su ricette utopistiche, su deliri onirici o peggio ancora su nostalgie passatiste di rapporti sociali pre-capitalistici.
Il valore e il sistema etico del comunismo si erige per Marx ed Engels sulle salde fondamenta dei fatti e i fatti sono le leggi della storia e le tendenze di sviluppo del capitalismo, la dinamica delle strutture, analizzati con le categorie della dialettica materialistica e sottoposte al miscroscopio della più “avanzata” scienza sociale.
Teoria e pratica. Pratica e teoria. Se è vero che non può esistere alcun movimento rivoluzionario senza teoria rivoluzionaria è anche vero che non può esistere teoria rivoluzionaria senza il suo saldo ancoraggio ai fatti storici, alle obiettive dinamiche della storia umana, alla prassi concreta degli individui, delle classi, dei popoli e delle nazioni.
Marx non si considerava marxista. Perché? Perché non voleva passare per il profeta di una nuova religione (o ideologia) che portasse il suo nome. Una sfilza di dogmi validi per tutte le stagioni al di là, al di sopra e al di sotto degli eventi e delle dure repliche della storia. Su questo aveva ragione Galvano della Volpe: Marx, nel clima generale del positivismo scientista ottocentesco egli aveva la pretesa di essere un Galileo, un Newton delle scienze sociali e di dare un fondamento scientifico a valori e ideali di salvezza. Senza questo fondamento gli ideali stessi perderebbero valore e sarebbe persino inutile professarli. La teleologia comunista deve avere dei presupposti e i presupposti sono i fatti, i rapporti di forza reali, le leggi evolutive dei modi di produzione, le dinamiche strutturali e sistemiche. I comunisti non sono vagheggiatori di utopie, cuochi che discettano sulle ricette dell’osteria dell’avvenire ma ostetrici che alleggeriscono le doglie del parto. La storia sarebbe infatti (Marx docet) il movimento reale che partorisce il comunismo. Tutta la battaglia politica di Marx nella Lega dei Comunisti, e nella Prima Internazionale, la critica dirompente a Willich, Proudhon eBakunin conferma questa ipotesi interpretativa.
Un primo bilancio critico
Siamo a 135 anni dalla morte di Marx e un bilancio, una verifica storica dei presupposti su cui il genio di Treviri aveva la pretesa di fondare la necessità del comunismo, non è più rinviabile.
Elenco per brevità di sintesi alcuni punti critici, un primo bilancio storico dei presupposti fondativi dell’ipotesi comunista, su cui urge un necessario approfondimento collettivo.
1) Il ricco e opulento occidente che avrebbe dovuto spianare la strada del comunismo al mondo intero è stato il baluardo assoluto, le colonne di Ercole dell’anticomunismo, dell’ancien regime capitalistico. Il luogo geometrico in cui più alto si è espresso lo sviluppo delle forze produttive le quali, lungi dal mettere in crisi i rapporti di produzione come pensava Marx, li ha rafforzati estesi e sostenuti. I rapporti hanno improntato di sé, forse anche deviato l’evoluzione delle forze piuttosto che le forze fatto cadere i rapporti. I rapporti hanno sconfitto le forze!
2) Senza alcun dubbio il punto più traumatico di rottura tra forze produttive e rapporti di produzione, che ha fatto vacillare il capitalismo si è verificato nel '900 nelle periferie del sistema. Tuttavia il centro non solo ha retto botta ma si è rafforzato a spese delle periferie incanalando i loro promettenti tentativi rivoluzionari e anti-sistemici verso traguardi capitalistici e post-capitalistici. Un esempio su tutti la Cina e la Russia. Milioni di morti per ritrovarci da punto a capo! La montagna di sacrifici umani immani ha partorito di nuovo il topolino della merce o della mercificazione! Ben poca cosa. Lenin si interroga e si rivolta nel Mausoleo!
3) Per una bislacca “eterogenesi dei fini” o per una faziosa “astuzia della ragione”, le rivoluzioni anti-sistemiche nelle periferie, condotte nell’apparente forma proletaria, hanno subito assunto la sostanza borghese. In altre parole hanno surrogato il ruolo di borghesie deboli o assenti per instaurare alla fine rapporti di produzione capitalistici, a seconda dei casi dipendenti (come in Vietnam e Cambogia) o centrali (come in Cina). Milioni di diseredati hanno lavorato per il Re di Prussia sotto la sferza di dittature autoritarie che hanno sfigurato l’ideale del socialismo!
4) Il proletariato fordista, pref-fordista e post-fordista, l’operaio massa prima e l’operaio sociale poi, hanno deluso, tradito e sconfessato le speranze di Marx. A queste figure egli, con fiducia spropositata, aveva riservato la missione storica, il compito titanico di superare il capitalismo e realizzare la società senza classi e senza sfruttamento, l’autogoverno dei produttori. “L’emancipazione del proletariato è opera del proletariato stesso” proclamava Marx dalle tribune della Prima Internazionale. La storia si è incaricata di smentire le sue illusioni. Il proletariato storico (e non quello immaginario), come lo schiavo e il servo della gleba, ha palesato i suoi limiti immanenti. Non è stato una classe intermodale. Evidente si è rivelata la sua congenita incapacità di assurgere a classe dirigente. Parafrasando il primo Marx della Critica alla filosofia del diritto di Hegel, non è stato in grado di assumersi il compito di classe universale, di campione dell’intera società nel percorso della sua auto-emancipazione!
5) Il rafforzamento sistemico dell’imperialismo in Occidente, la sconfitte subite dalla Comune di Parigi, dalla rivoluzione tedesca e dal proletariato iberico nella guerra civile Spagnola da una parte, e la degenerazione del socialismo reale dall’altra, sono due facce della stessa medaglia: l’incapacità ontologica del proletariato internazionale, così come storicamente si è dato, a farsi classe dirigente, a prendere in mano i destini dell’umanità secondo le prescrizioni e le ipotesi ottimistiche di Marx ed Engels.
6) La sopravvalutazione delle potenzialità del proletariato corre di pari passo alla sottovalutazione della forza e della potenza della borghesia capitalistica che veniva considerata a torto una classe passeggera, un incidente di percorso della storia. Questa invece ha dimostrato di avere sette e più vite come i famosi gatti. Sicuramente in possesso di una potenza dirigente globale e di una forza corruttrice universale da Marx totalmente sottovalutate. Superiore alle classi sfruttatrici precapitaliste ma ciò che più conta è stata capace fino ad oggi di sussumere, di schiacciare, di isolare, talvolta di deviare su binari morti qualsiasi velleità emancipativa delle classi subalterne. Nella borghesia capitalistica c’è del genio diabolico e una capacità proteiforme di adattarsi e di plasmare la storia che non ha paragoni.
(Fine prima parte)
LA FRANCIA CHIAMA, L'ITALIA RISPONDE
16 commenti:
Forse un altro aspetto eterogenetico legato alla visione materialistica e poco dialettica di certi sinistrati è la chiusura rispetto all'ipotesi di "una infelice coscienza borghese" con la quale dialogare per una prospettiva comune(ista).
Questi miei compagni proletari, dai quali mi sono allontanato per abbracciare la causa sovranista, mi guardano con sufficienza perché starei militando contro i miei interessi nella squadra sbagliata, quella dei borghesi che, secondo loro, se fossero davvero "infelici" avrebbero la bandiera socialista come riferimento.
Questi paternalistici compagni sono gli stessi che poi si amareggiano per non riuscire a coinvolgere abbastanza proletari nella sacrosanta battaglia di emancipazione, essendo questi forse troppo distratti e anestetizzati dalle lusinghe del Mercato, che un biglietto vincente della lotteria o al limite un rdc primo o poi te lo ammolla.francesco
Riaprire il dibattito su Potere al Popolo, a partire da quello che avevamo scritto quando l'impresa è partita
Noi pensiamo che molte delle analisi critiche contenute nell'opuscolo abbiano trovato conferma nella pratica e negli eventi che sono avvenuti sia nella situazione politica italiana, sia all'interno di Potere al Popolo.
Esse meritano una discussione pubblica all'interno, come all'esterno di essa -
dentro questo esterno ci collochiamo noi di 'proletari comunisti'
Il nostro opuscolo è intitolato 'la strategia del gambero' intendendo il fatto che nello sforzo, pretesa, intenzione del gruppo di Je' so pazzo di andare avanti. si sia andati indietro nella concezione e nella pratica del gruppo originario che ha lanciato Potere al popolo, rispetto alle concezioni e alla pratica marxiste, leniniste e 'potenzialmente maoiste' che pure sono parte del background del gruppo che ha lanciato Potere al popolo'.
Noi pensiamo che ora si sia determinata una situazione per cui è possibile - per citare un altro titolo facile 'un passo avanti e due indietro' che riporti l'area comunista rivoluzionaria presente in Potere al Popolo a ridefinire un progetto e una azione rivoluzionaria, liberata dall'opportunismo di destra 'Eurostop' e dall'elettoralismo populista di sinistra, capace realmente di cambiare lo stato presente delle cose .
PROLETARI COMUNISTI
Negli anni 90 del secolo scorso tre pensatori, verso i quali siamo debitori in quanto ci hanno salvati dalla religisita' marxista, sono andati oltre Marx: Preve, Bontempelli e La Grassa. Altro che quel grande disonesto di Antonio Negri detto Toni.
Caro Francesco
condivido le tue preoccupazioni e non mi farei scrupolo a chiudere la porta in faccia a certi sinistrati, accecati dal dogmatismo come fossero nuovi "ariani" (seguaci di Ario, non i nazisti) o nestoriani del post-marxismo.
In generale penso che se il Socialismo si dara' storicamente (nutro forti dubbi vista la natura umana storicamente data) lo potra' essere solo come opera collettiva, qui Marx ha ragione, di un general intellect che comprende tutti dal manager all'ultimo manuale. Il problema e' che le grandi menti del capitalismo cognitivo, data la facile corruttibilita' della carne e dello spirito umani, preferiscono lavorare al servizio di chi li paga bene piuttosto che porsi al servizio della collettiva con stipendi non da nababbi. E allora che facciamo? Li costringiamo con il fucile? Ricostituiamo i Gulag? Tony Negri se la fa facile. Essi lavoreranno baldanzosamente al servizio del Comune perche' noi homo sapiens siamo tutti vettori di bene, santita', altruismo, solidarieta' una volta sciolti dalle catene della proprieta' privata.
Mauro Pasquinelli
rispondo all'anonimo delle 6,49, alzato di buonora.
Ne Preve, né Bontempelli, né La Grassa, né alcuno di noi diranno l'ultima parola sull'Oltre Marx. Sara' il tribunale della Storia a giudicare. Noi poveri mortali possiamo solo mettere dei piccoli mattoncini. Parafrasando non so chi io mi sento un nano che riesce a vedere piu' lontano di Marx solo perche' sono salito sulle spalle del gigante e ho la fortuna di vivere a piu' di un secolo dalle sue profezie non avverate
Mauro P.
Rispondo a titolo personale al compagno di Proletari Comunisti
Non capisco che centra questo tuo exursus su "potere al popolo" che e' quanto di piu' distante dalle mie riflessioni. Non ho letto il vostro opuscolo Strategia del gambero. Ma questa tua nostalgia di strategie leniniste e postmaoiste ci azzeccano come i cavoli a merenda con le mie riflessioni sull'Oltre Marx. Per essere chiari Andare Oltre Marx significa lasciare alle spalle ramificazioni del marxismo frutto di lotte in paesi periferici, arretratissimi e a maggioranza contadina. Guardiamo avanti facendo bagaglio degli errori necessitati del passato
Mauro P.
Giudicare Marx in base al fatto che le sue “profezie” come qui vengono definite, non si sarebbero avverate (Marx non ha mai fatto profezie ma solo delle analisi politiche condivisibili o meno) non solo è ingeneroso e rancoroso nei suoi riguardi ma è soprattutto demenziale per l’intelligenza (se la possiede) di chi lo sta facendo. L’incommensurabile grandezza di Marx non risiede e non va ricercata nelle sue analisi politiche, questa viene espressa quando formula e mette a disposizione dei più deboli, degli indifesi e dei rivoluzionari l’arma più potente per comprendere e combatterne l’origine, le cause e le motivazioni che in ogni tempo sono o possono essere motivo o causa della loro oppressione la sua chiave di lettura e il metro di giudizio per analizzare e comprendere le dinamiche palesi o celate che muovono e alimentano il tremendo sistema liberal-affaristico che va sotto il nome di capitalismo. Un metodo indispensabile e insostituibile per poter leggere e comprendere al meglio la realtà politica e sociale nella quale ci si sta muovendo, così da poter operare e agire in modo consono e appropriato a condurre la nostra battaglia contro il nostro nemico storico il capitale. Non si è diventati e si resta marxisti perché si è letto tutto di Marx e si condivide tutto ciò che lui ha pensato e scritto ma perché si è fatta propria la sua “chiave di lettura” per comprendere i fenomeni politici e sociali che stanno alla base del successo del sistema capitalista che però, se compresi e se saputi usare, essi possono sempre divenire o essere trasformati in qualsiasi situazione o momento storico nel suo vero e proprio “tallone d’Achille”. Per questo Marx resta e sempre resterà insostituibile.
pasquino55
Rispondo all'amico e simpatico Pasquino55, celebre per i suoi attacchi a gamba tesa verso chiunque metta in discussione le 10 formulette del programma comunista!! Sarei secondo il suo pistolotto Rancoroso, ingeneroso e demenziale per aver messo in discussione la grandezza di Marx. Nel 1936 al tribunale di Beria e Vichinsky avrei rischiato nientemeno che la fucilazione! Ma veniamo al merito. Ho gia' scritto che mi considero un nano seduto sulla spalla di un gigante della cultura mondiale insieme a Platone, Aristotele, Kant, Hegel, Spinoza, Macchiavelli etc. Se hai la pazienza di leggere anche la seconda parte e la prossima terza ti accorgerai che del "Capitale" di Marx rivendico quasi tutto! Ma non accetto il tuo metodo, la tua filippica sacerdotale come se Marx fosse il San Tommaso della scolastica medievale, un mostro sacro ed indiscutibile. Non stiamo a messa caro Luigi. Voglio discutere di ogni sfumatura del pensiero di Marx perche' a volte il diavolo si cela nel dettaglio e nelle sfumature. Scontri politici anche violenti, dispute teoriche al vetriolo si sono sviluppate in 135 anni dalla sua morte (ricordo Lenin contro Rosa, Kautsky contro Bernstein, Trotsky contro Stalin, Gramsci contro Bordiga e tutto il dibattito contemporaneo) e arrivi tu che vieni a bacchettarmi xke' discutiamo di cio' che e' vivo e cio' che e' morto del pensiero di un grandissimo intellettuale. Su cio' che pensi della profezia casca l'asino. In politica la previsione (sic! profezia) fa parte integrante della strategia e della tattica! Il problema e' che alcune profezie sbagliate (come quelle da me citate) derivano da una analisi inefficace dei rapporti di classe, del ruolo dello Stato e delle classi sociali! Se vuoi costruire una nuova narrazione (come sempre ripeti ad ogni pie' sospinto) non basta che cambi il verso delle parole del Manifesto comunista ma bisogna riscriverne un altro facendo tesoro dei limiti e degli errori del passato.
Mauro P.
Pasquino 55 nel suo pistolotto commette un'altra grande inesattezza. Infatti scrive che la Grandezza di Marx non va ricercata nelle sue analisi politiche ma in quelle economiche. Motivo per cui soffermarsi alla critica delle sue analisi politiche non servirebbe piu' a nulla. Ricordo a Pasquino che le opere complete di Marx contano 50 volumi di cui approssimativamente appena 8 sono di analisi economica 4 di filosofia e il resto di analisi politica. In questi ultimi comprendo il Manifesto del Partito comunista che e' stato il libro piu' letto dopo la Bibbia e gli scritti sul 48, le lotte di classe in Francia, il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte e la guerra civile in Francia del 1871, tutte pietre miliari del pensiero politico. Non aggiungo altro e non commento! lo lascio fare a voi
Mauro P
"3) Per una bislacca “eterogenesi dei fini” o per una faziosa “astuzia della ragione”, le rivoluzioni anti-sistemiche nelle periferie, condotte nell’apparente forma proletaria, hanno subito assunto la sostanza borghese. In altre parole hanno surrogato il ruolo di borghesie deboli o assenti per instaurare alla fine rapporti di produzione capitalistici, a seconda dei casi dipendenti (come in Vietnam e Cambogia) o centrali (come in Cina). Milioni di diseredati hanno lavorato per il Re di Prussia sotto la sferza di dittature autoritarie che hanno sfigurato l’ideale del socialismo! "
Esattamente.
E questo perché è avvenuto? E' avvenuto perché erano rivoluzioni nazionali, "sovraniste". Questo non significa sputare addosso ai vietnamiti che hanno combattuto per l'indipendenza contro gli americani, dal pulpito di un puro internazionalismo. Era "necessario" che avvenisse. Ma i limiti stanno tutti in questa necessità, la decolonizzazione, il nazionalismo dei poveri contro il nazionalismo imperialistico dei potenti. Mi dispiace, ma hai visto bene la malattia senza renderti conto che state riproducendo lo stesso errore che ha portato ad ammalarsi: la rivoluzione democratica, quella che dovrebbe fare la cosiddetta sinistra sovranista, se mai avverrà (e ho i miei dubbi: l'Italia che che ne dica Salvini, Fusaro o chi per loro sta molto meglio e ha un proprio imperialismo regionale, ma soprattutto stiamo molto meglio noi nostri giovani viziati rispetto alla miseria dei popoli colonizzati nel sud-est asiatico, ce li voglio vedere le giovani coppie che escono con le buste piene dall'Ikea fare la guerriglia sull'appennino contro l'Euro ah ah) se mai avverrà, dicevo, sarà una rivoluzione borghese.
Dato che l'analisi è giusta, vi sfido ad ammetterne le conseguenze. State lottando per un 1789, lo avete scritto, cioè per una rivoluzione democratica, sovranista, insomma borghese.
Viva la sincerità, no?
Terza risposta a Pasquino55 (alias Luigi Nanni)
Luigi Nanni mi accusa di aver commesso lesa maesta'. Secondo un clique, uno schema di ragionamento in voga nei peggiori partiti stalinisti (PCI di Togliatti compreso) dove di tutti si poteva discutere tranne che di Marx Engels e Stalin (almeno fino al 1956). Ma non mi considero un chierichetto della dottrina (come te probabilmente). E grazie a Dio non lo si considerava ne' Marx , né Engels né Lenin che sono potuti diventare di tal spessore teorico perche' sottoponevano quotidianamente al vaglio del loro punto di vista critico qualsiasi "mostro sacro" loro contemporaneo. Perche' non dovremmo farlo noi seguendo il loro metodo, che ti ricordo, era o pretendeva di essere il metodo scientifico, cioe' il metodo che sottopone alla verifica della prassi storica qualsiasi costruzione teorica ed analitica dell'uomo che e' sempre una ipotesi ed in quanto tale fallibile e perfezionabile.
Rispondo al compagno critico che fa una giusta annotazione.
Mettiamola cosi': Le rivoluzioni nazionali del sud del mondo e i processi di de-colonizzazione, sotto le mentite spoglie del marxismo leninismo, hanno in realta' compiuto le proprie rivoluzioni francesi. Mentre nel 1789 si trattava di tagliare la testa a Luigi XVI, Vietnam, Cambogia etc hanno lottato per liberarsi dal tiranno imperialistico (il loro Re Luigi XVI). Ci sono riusciti o stanno ritornando sotto le sue grinfie?
Oggi l'Italia e' sotto le grinfie di un tiranno piu' seducente e "democratico" che si chiama Unione Europea o quarto Reich. Siamo un paese sub-imperialista a sovranita' limitata! Non ci sono le menti e le forze per fare il salto socialista ma vogliamo tentare almeno quello democratico? O i Gillet Gialli stanno scherzando?
Mauro P.
Caro Mauro, le tue stizzite ed isteriche risposte (pur sorprendendomi) non mi stupiscono più di tanto perché conosco molto bene la tua formazione politica ovvero quando non si sa o non si è in grado di sostenere una tesi ci si rinchiude e ci si rifugia in argomentazioni cervellotiche, accademiche, denigratorie, prive di valore e senso. Infatti pur conoscendomi bene, puerilmente dapprima mi accusi di non conoscere l’opera di Marx e di pensare e ragionare solo in funzione delle dieci formulette del programma comunista e di rapportarmi con chi non la pensa come me secondo un clique, uno schema di ragionamento in voga nei peggiori partiti stalinisti (PCI di Togliatti compreso) dove di tutti si può discutere tranne che di Marx, Engel e Stalin. Quando poi affermi di non essere (come me) un chierichetto della dottrina mi viene soltanto da sorridere perché è vero, tu non sei un chierichetto ma sei un sacerdote officiante di una nuova chiesa che ha le sue radici in una sinistra trotskista che ritiene possibile ed auspicabile un modello di società liberal-comunista dove, assurdamente, far stare insieme la proprietà privata e la giustizia sociale, l’arrivismo e la solidarietà, l’arricchimento personale e l’uguaglianza e con questi e su questi presupposti riscrivere di nuovo il Manifesto comunista. Una sinistra madonnara, strutturalmente liberale, che in nome e nel nome della ricerca della modernità ripudia e rinnega in nome di un nuovo comunismo, che sta soltanto nella mente di “Giove” i principi cardine e basilari propri di questa ideologia. Riguardo infine la questione della profezia e/o della previsione da professorino affermi che non vi sia differenza: profezia = predizione di un evento futuro dovuta a ispirazione divina; previsione = supposizione di quello che accadrà in futuro. Come vedi stai (ancora una volta) commettendo l’ennesimo errore cioè quello che mentre predichi e affermi l’esigenza di assumere un atteggiamento culturale aperto, privo di preconcetti e di pregiudizi nei riguardi degli altri, pur di difendere quello che stai affermando, getti la maschera e contraddicendoti spudoratamente per convenienza politica non ti fai scrupolo di affermare il non vero. La passione e la coerenza non sono uno stato della mente, esse sono sempre uno stato “dell’anima”
pasquino55
Luigi smettila di fare il guastatore!! Fai delle proposte e stai al punto! Ancora sto aspettando che ribatti su uno dei 12 punti da me sollevati, come hanno fatto civilmente tutti quelli intervenuti nei commenti. C'e' una etica del dialogo che nella mia vita ho apprezzato anche in molti "Fascisti" ma non vedo in te! Sono 10 anni che ti sento promuovere la necessita' di una nuova narrazione (Jasper lo chiamava riorientamento Gestaltico) e le uniche due proposte che ho sentito uscire dalla tua bocca sono abolizione della proprieta' privata e democrazia economica. La montagna delle attese ha partorito un topolino che conosciamo prima di Marx, dai tempi di Platone per finire con Gracco Babeuf
Mauro p.
Caro Luigi
Scusami lo sfogo e le mie intemperanze linguistiche. Il dibattito è serio e merita di essere sviluppato e sviscerato senza preconcetti. Del Resto dopo la morte di Marx abbiamo assistito x 135 anni proprio a tutto questo senza uscire dalla crisi. Neanche io ci riusciro' xke sara' la storia a farlo! Comunque rimane sempre la mia stima nei tuoi confronti e apprezzo la tua volonta' battagliera di trovare una via d'uscita da questo marasma analitico e storico. Per Dirla con Flaiano la situazione è seria ma non ancora disperata. Forse lo sara' fra qualche anno quando dovremo girare con mascherine per poter respirare e ci venderanno l'ossigeno nelle bombolette
Mauro.p
Caro Mauro, non ti devi scusare di nulla. Quando si provano dei sentimenti profondi per qualcuno o qualcosa è sempre giusto, al di la delle forme, che questi vengano ribaditi, sostenuti e difesi senza che questo debba prefigurare o determinare una frattura o rottura di amicizia e di stima tra coloro che hanno la stessa passione ma diverse posizioni. Questo è possibile solo se tutto avviene con una estrema franchezza quindi, per un senso di rispetto nei confronti di chi continuo a ritenere mio amico, riavvolgiamo il nastro e cerchiamo di fare chiarezza. Mi hai accusato, oltre che una mancanza di etica, di aver partorito il topolino dell’abolizione della proprietà privata e della democrazia economica (se questo è un topolino cosa dire allora di tutti gli altri che, come novità, hanno ripartorito la riproposizione di un indifferenziato socialismo?) e di avere e tenere un linguaggio che svilisce le persone insieme alle loro idee e che questo è una vergogna sul piano della dignità della persona e inoltre di non comprendere se il mio problema con i vecchi compagni con cui ho condiviso un percorso sia di natura politica o personale. Andiamo allora con ordine. Se per te questa mia forma di linguaggio risulta offensiva, da stigmatizzare e censurare, allora come mai non ti sei mai dissociato né mai hai preso posizione né le distanze rispetto al dileggio e alle ingiurie come traditori, venduti, agenti provocatori, corrotti, servi dei padroni e dell’Europa che ormai da anni la sinistra madonnara alla P101 a cui ti senti vicino sta rivolgendo in modo sistematico, facendo di tutta l’erba un fascio, contro tutti coloro, siano essi singole persone o organizzazioni politiche che si rifanno o dicono di rifarsi ad una idealità di sinistra ma che non si ritrovano, non condividono o non sono in sintonia con quanto P101 propone e persegue bollando tutti con la scomunica di “sinistrati”. Quando si pretende rispetto, anche in considerazione di essere i primi ad aver cominciato a non farlo, non si può fare a meno di darlo. Non ci si erge a giudici se non si vuole essere giudicati. Non si grida all’untore quando lo si sta già facendo altrimenti non ci si può lamentare e lagnare se poi si incorre giustamente nella legge del contrappasso. Chi di spada ferisce di spada perisce. Riguardo poi al mio rapporto con i vecchi compagni, sotto l’aspetto personale non è cambiato nulla. Loro per me erano, sono e restano sempre degli amici, mentre riguardo l’aspetto politico-strategico considero il loro approdo politico non solo errato ma anche pericoloso e dannoso quindi un ostacolo da rimuovere e superare per ricreare i presupposti necessari per darsi una nuova narrazione e opzione politica al passo e in sintonia col proprio tempo che non rinneghi e ripudi ma che anzi ribadisca i principi e i valori fondanti del marxismo che sostanziano e danno valore all’ideale comunista. Per tutto il resto se c’è chi ne ha la voglia e il tempo può ed è libero di dissertare a suo piacimento su tutto quello che vuole. A me questo non interessa e non mi tange. Quello su cui però è sempre doveroso e necessario vigilare che con queste dissertazioni non si cerchi o si tenti di mettere in discussione o in dubbio la bontà e la validità dei principi e dei valori che sono e ben esplicitano la cifra politica di una vera e puntuale lotta contro il sistema capitalista perché è solo con essi, tramite essi e su di essi che si potrà riuscire a realizzare la bella e auspicabile eresia politica che va sotto il nome di comunismo se non ci si vuole rassegnare a dover comprare le bombolette di ossigeno per respirare. La passione e la coerenza, come ho già detto, non sono mai il frutto di un moto della ragione ma sono sempre il frutto di un moto “dell’anima”- Buone feste (mai buon Natale) a tutti voi, compagno.
pasquino55
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