Domenica 18 si è svolto a Roma il Direttivo nazionale della Confederazione per la Liberazione Nazionale, che è al momento presente, per chi non ne fosse informato, una confederazione fra alcune forze presenti in diverse zone d’ Italia (specie al Centro e al Sud, notava qualcuno).
Essendo stato invitato in qualità di osservatore, insieme ad altri, ho forse la possibilità, non avendo vincoli di appartenenza, di manifestare un commento se non obiettivo, almeno sincero. E questo commento cercherà di concentrarsi sui noda conto della rappresentatività effettiva di ogni organizzazione?i emersi nella discussione piuttosto che su una narrazione strettamente cronologica dello svolgimento della discussione.
Il primo nodo affrontato è quello della organizzazione della Cln. Franz Altomare, che relaziona sull’argomento è molto, molto interlocutorio. E’ necessaria una organizzazione strutturata, verticistica, con cariche individuate e responsabilità precise, o una organizzazione più flessibile? Le decisioni verranno prese con una maggioranza del 50% o del 60%? Le organizzazioni confederate saranno rappresentate con “una testa, un voto” o con un criterio che teng
Questo modo di presentare il problema dell’organizzazione suscita il mio scandalo, e quando me ne danno la possibilità, provo ad esprimerlo. “L’ Italia è in una crisi drammatica e distruttiva- cito aspetti economici e quello dell’immigrazione di massa- e ancora non si comprende la necessità della creazione di un soggetto politico, di una VOLONTA’ organizzata? Mi sembra preoccupante, soprattutto come sintomo. Questo modo di presentare il problema fa da pendant all’idea di Stefano D’ Andrea e il suo FSI di rimandare la costruzione dell’alternativa ad una imprecisata affermazione elettorale successiva al 2022, o all’idea sostenuta da Ugo Boghetta che il tempo della Cln sia quello successivo alla futura affermazione e successiva sconfitta dei 5 stelle, sono cioè manifestazioni della accettazione della sconfitta presente”. “ Il movimentismo- aggiungo-, cioè l’idea che l’alternativa possa emergere spontaneamente dall’aggregarsi dei movimenti sociali, è una forma di liberalismo, è la versione proletaria di Adam Smith.”
Tuttavia il mio intervento non desta particolare impressione. Comprendo più tardi che il mio intervento era almeno in parte ingeneroso. E’ vero- a mio avviso- che la CLN è indietro nella costruzione di un soggetto e di una VOLONTA’ organizzata, ma questo deriva anche dalla modalità che si è individuata per la crescita dell’organizzazione, che ha privilegiato la costruzione di realtà ben radicate sul territorio piuttosto che una realtà formalmente organizzata ma priva di gambe. “Noi Mediterranei”, il gruppo confederato presente in Sicilia, sembra già un pezzo avanti nel radicamento sul territorio, tanto che alle recenti elezioni comunali, grazie all’esperienza e alle relazioni sociali maturate da Beppe De Santis, leader comunista e sindacale di lungo corso, è riuscito a presentare liste di ispirazione sovranista in molti comuni, ottenendo nella maggior parte dei casi risultati a due cifre.
Almeno su una questione organizzativa c’è però unanime consenso: sul fatto che l’eventuale ammissione di altri eventuali gruppi nella confederazione verrà decisa dagli stessi soggetti già organizzati: avverrà cioè “per cooptazione”, e non sulla base di vaghi manifesti politici ai quali un giorno tutti aderiscono per trovarsi separati il giorno dopo. E’ un caso in cui il “ius sanguinis” mi sembra una valida forma di precauzione...
La seconda questione in discussione è quella della presenza elettorale alle prossime elezioni. Luca Massimo Climati, di Cerveteri Libera, una associazione che è riuscita ad avere un discreto radicamento sociale nella città laziale, propone un lungo manifesto per sostenere la presentazione di una eventuale lista di “Italia Ribelle e Sovrana” alle prossime elezioni politiche. La convinzione di molti, compreso Moreno Pasquinelli, che la fase di espansione del Movimento 5 Stelle si sia conclusa (la mia domanda è se ci fosse bisogno di aspettarla…) spinge molti a convincersi dell’opportunità di presentare una lista, quella di “Italia Ribelle e Sovrana” alle prossime elezioni politiche. “Le idee politiche- dice Beppe De Santis- non possono rimanere solo opzioni teoriche. Hanno bisogno di confrontarsi con la risposta che danno i cittadini”. E le prossime elezioni regionali siciliane, del 5 novembre 2017, alle quali sarà presenta la lista di “Sicilia Ribelle e Sovrana” saranno il test fondamentale per decidere sulla eventualità della presentazione della lista alle elezioni politiche, e la mia impressione è che “Sicilia Ribelle e Sovrana” abbia discrete possibilità di affermazione.
In definitiva stiamo assistendo al formarsi per la prima volta di una formazione politica sovranista e contemporaneamente popolare, grazie alle esperienze di “Noi Mediterranei” in Sicilia, di Luca Massimo Climati a Roma e Cerveteri, alla esperienza nei Comitati per il No al referendum in Umbria e Toscana. Una formazione forse capace, per la prima volta, di parlare alla gente. “Non parleremo astrattamente di Euro, di Unione Europea e di teorie economiche-dice Beppe De Santis- ma faremo comprendere come la lotta per i servizi sociali, per l’occupazione, per il rilancio dell’economia locale sia legata alla necessità di uscita dall’ Euro e dall’ Unione Europea”. Nobile intenzione, mi viene da dire, ma non c’è il pericolo che le intenzioni di base, che sono certamente anti euro e anti unione, si diluiscano nel tentativo di farsi “comprendere dalla gente”? Chi vivrà vedrà.
La discussione prosegue con il terzo punto all’ordine del giorno, quello della vertenza Alitalia, su cui relaziona Fabio Frati, dirigente della Cub Trasporti e protagonista della recente vittoria al referendum sul contratto Alitalia. Dovendomi assentare per motivi personali, non posso relazionare sull’argomento.
Fin qui uno scorcio di cronaca commentata sul Direttivo del 18 giugno. Voglio invece adesso trattare uno dei nodi con cui a mio parere CLN si deve confrontare.
Lega/ Sinistra-Destra
Beppe De Santis ricordava con una certa soddisfazione che Noi con Salvini non aveva avuto successo in Sicilia. A parte che per un partito nato “per l’indipendenza della Padania” prendere il 6% a Lampedusa, dove peraltro l’opposizione alla sindaca immigrazionista e sorosiana era rappresentata da un’altra lista, con ben altro radicamento e successo, non mi sembra un grande fallimento; tuttavia mi sembra che il problema del rapporto con la Lega sia ancora tutto da impostare. Alcuni microgruppi sovranisti, per il momento inesistenti a livello nazionale, quali quello di Marco Mori o il Fronte Sovranista di Stefano D’ Andrea auspicano la scomparsa della Lega, convergendo almeno su questo con Juncker, Renzi e Papa Francesco, illudendosi così che si apra spazio per i “veri sovranisti”, che sarebbero loro. Marco Mori, per esempio, pensa che siano sufficienti un paio di ricette economiche (peraltro discutibili) come “espandere la spesa pubblica finanziata attraverso l’emissione di moneta dalla banca centrale” per fare la “Riscossa Italiana”. Direi che qualcuno non si è ancora misurato con l’esistenza della Legge del Dire e del Fare, quella per cui Fassina, autore di una delle migliori analisi critiche dell’Unione Europea e dell’ Euro, non è nemmeno riuscito a presentare una mozione di minoranza al congresso di Sinistra Italiana.
Il dirigente comunista francese di lungo corso, Gérard Filoche ha recentemente affermato che l’attacco che Macron sta portando al salario “E’ il più grave DELLA STORIA”. In effetti, Macron intende “privatizzare il welfare”, e dunque ridurre il salario indiretto, mettendo qualche euro in più in busta paga e riducendo notevolmente i contributi sociali e previdenziali. In realtà, le conseguenze della elezione di Macron sono molto più gravi. Vuole rilanciare notevolmente la competitività francese, rafforzando l’asse franco-tedesco e dicendo “ciao ciao” alle speranze renziane di un ammorbidimento della politica economica della Ue; spinge per la creazione della Difesa Comune Europea; prepara l’intervento militare in Siria. Al cui segue la domanda: “Allora, monsieur Filoche, perché non avete votato Marine Le Pen al ballottaggio…?
La sinistra francese aveva la possibilità di scegliere fra la candidata “di destra”, il cui programma economico era sostanzialmente uguale a quello di Mélenchon, e il candidato centrista, Macron, con un programma ultraliberista. Non c’è da stupirsi se lo sta realizzando.
In Italia, c’è un paradigma che ormai da un quarto di secolo, impedisce di creare una opposizione efficace alla sinistra neoliberista. Questo è il paradigma “Sì, ma non con la destra”.
Grazie a questo “paradigma” abbiamo ottenuto le seguenti conquiste (le date possono essere imprecise, ma è bene ricordare i fatti perché l’assenza di memoria è un corollario necessario del rifiuto di costituirsi come Soggetto):
1993 Privatizzazione delle banche pubbliche
1995 Riforma Dini delle pensioni
1996: Privatizzazione dell’industria pubblica
1996 Legge Treu e lavoro interinale
1996 Riforma Berlinguer della scuola (autonomia, presidi manager e tutto il resto)
1998, adesione all’Euro
1999, guerra nel Kosovo
2008, riforma Fornero
2012, adesione al Mes (da notare, con l’opposizione della Lega all’unanimità, nessun astenuto e nessun favorevole, e il voto a favore del Pd all’unanimità, nessun contrario nessun astenuto)
2013 adesione al Fiscal Compact, come prima: Lega no all’unanimità, Pd, sì all’unanimità
2013 inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione: Lega e Pd come sopra.
(va però ricordato che la Lega nella persona dell’ on. Calderoli, è stata la prima firmataria della legge per l’applicazione del pareggio di bilancio: coerente con la loro visione liberista, e comunque è diverso dall’inserirlo in Costituzione)
2015 Buona scuola e privatizzazione delle assunzioni nella scuola
2015 Jobs act e precarizzazione di tutto il lavoro
2016 Riforma Madia e privatizzazione di tutte le attività pubbliche “non strategiche”.
Ho sicuramente dimenticato qualcosa, ma quello che mi sento di dire è che ormai chi ancora ragiona con la bussola del “destra-sinistra” va trattato come merita, cioè come un avversario. Che lo faccia perché teme per la sua rispettabilità sociale, perché fa parte di aree di lavoro che si ritengono garantite, perché è situato fra i privilegiati del sottobosco della politica, non importa. Liberarsi di questa gabbia è la prima cosa da fare oggi.
Fonte: confederazioneliberazionenazionale.blogspot.it
9 commenti:
Se i tempi della costruzione di un soggetto politico a sinistra sono quelli descritti dall'articolo (e non dubito che sia così) tra 5 o 6 anni credo che certe alleanze verrano naturali per coloro che vorranno salvare il salvabile. Perchè ci troveremo in una situazione tale che se sarà catastrofica vorrà dire che ci è andata ancora bene. Il problema è che di qui a 5 o 6 anni la domanda sarà: C'è ancora l'Italia? (in senso economico intendo).
Carissimi,
Come da mia consuetudine, creiamo l'atmosfera: Black Sabbath dei Black Sabbath.
Ottimo intervento. E dico ottimo perché ha una dote: mette in chiaro le cose.
E cosa c'è di chiaro? Che, nonostante l'Italia sia la patria della Commedia dell'Arte con tutte le sue belle maschere (Pulcinella, Arlecchino, Pantalone e via dicendo), si stenta a comprendere il facilissimo concetto di parte in commedia.
Qualcuno dirà: ma che vuol dire?
Semplice: la Lega Nord recita la sua parte ora che è all'opposizione e, come ogni altro degenerato partito italiano, il suo personale politico è interessato solo ed esclusivamente ad una cosa: voti. E di conseguenza poltrone. O ci siamo dimenticati che negli ultimi ventitrè anni, 'sto simpatico consorzio di appassionati di cose celto-longobarde ne ha trascorsi ben dieci direttamente al governo di questo paese o appoggiando il governo dall'esterno (sto parlando del governo Dini, impossibile senza il ribaltone di Bossi contro Berlusconi).
E in questo non trascurabile numero di anni, cosa ha fatto? Cosa ha fatto in termini di Europa, lavoro, pensioni, politiche sociali, sicurezza, giustizia, scuola, riforme costituzionali?
Un bel po' di cose, no?
Ecco, e com'erano la gran parte di queste cose?
'Na gran bella schifezza dietro l'altra.
Ora, in ambienti che si vogliono rivoluzionari - o quasi - il problema principe che ci si pone è come porsi nei confronti di questo aborto politico con la sua rosa di commedianti malriusciti che manco al Bagaglino?
Scusate la durezza e il linguaggio sferzante, ma non posso più trattenermi. E mo quale tattica-strategica-dialettica-prematurata da adottare nei confronti dei "padani", e un altro giorno come porsi con gli accoliti di Casaleggio & Associati (semplice: andare a parlare direttamente col CdA) e altri giorni ancora i rendiconti della milionesima adunata più o meno tinteggiata di rosso che inevitabilmente orbiterà attorno alla fogna Piddì sperando di raccogliere le briciole, ma con tanti raffinati distinguo ("Piddì sì, Renzi no" e via delirando) e tanto, tanto, tanto desiderio di "sinistra".
Mi sono fatto i conti: nell'ipotesi che la legislatura arrivi a scadenza naturale (15 marzo 2018) e che le elezioni vengano convocate nell'ultima data utile (che sarebbe il 24 maggio, settanta giorni dopo, ma è un giovedì, dunque si andrebbe al voto al massimo domenica 20 maggio), c'è già meno di un anno, molto meno di un anno per creare almeno un'ossatura di struttura che cominci a raccogliere consenso, dunque possibili voti. Ma visto il clima di perenne litigiosità manifestatosi irresistibilmente in questa "galassia" (cit. Fraioli) a più riprese per anni e anni, con certe primedonne ansiose soprattutto di salire sul "treno" giusto (capite a me...) e poi ben disposte a sputare il peggior veleno su tutti quelli con cui si andava a convegno fino al giorno prima... Beh, scusate ma non vedo molte speranze. E questo nella "migliore" delle ipotesi, cioè avendo sei mesi buoni di tempo da settembre in poi. Ma se a Matteuccio da Rignano gli gira diversamente, potrebbe essere molto meno.
Intanto a ottobre Bruxelles riprenderà a chiedere il sangue, l'hanno promesso. E già si buttano altri sei miliardi per le banchette decotte da regalare al San Paolo, il che significa ancora più ospedali in rovina e di conseguenza morti in corsia, infrastrutture da Burkina Faso e ancora più poveracci rovinati dai tagli agli ultimi scampoli di welfare a cui si aggrappavano.
Sono pessimista.
[segue...]
[...prosegue]
In Vietnam il comunismo è stato Ho Chi Minh che ha cacciato a calci in culo francesi e americani. Un popolo di straccioni sottoposto a un imperialismo secolare, bombardato col napalm, massacrato ogni giorno. Eppure...
In Italia il comunismo è culminato con Enrico Berlinguer. E oggi i resti in decomposizione di suddetto "comunismo" non si degnano di lasciare la scena con una decorosa e igienica cremazione.
Chiedo ancora scusa per il tono acido e soprattutto chiedo scusa a Zio Ho per averlo paragonato a quel tetro notabile sardo di provincia.
E chi vuole Casaleggio o Salvini, vada a bussare alle rispettive porte. Che cavolo perde tempo a fare?
Vostro
Barbaro D'Urso
É il momento di unirsi. Vedo con favore il tentativo della CLN ma occorre andare anche a dialogare con il gruppo che si sta formando attorno a Falcone e Montanari. Da soli non si ha la visibilità ma se il gruppo nato dal Brancaccio si aprirá effettivamente ai contributi e non si farà irretire dalle sirene di D'Alema e Pisapia c'è spazio per costruire una buona forza e portare avanti al suo interno le idee sovraniste. Sabato all'assemblea del CDC ci sono state giá aperture in questo senso.
La prospettiva credo debba essere quella di portare al governo il M5S e farne esplodere le contraddizioni. Anche la Lega col suo continuo ammiccamento a Berlusconi non é credibile e infatti sta giá prendendo le distanze dal sovranismo. Il problema di allearcisi quindi non si pone, almeno al momento.
Stiamo lavorando alla creazione di un quarto polo, oltre a centrosinistra, centrodestra e m5s. Un polo sovranista, per la Costituzione e per i diritti umani. Speriamo la CLN possa e voglia contribuire. www.4polo.it
"chi ancora ragiona con la bussola del “destra-sinistra” va trattato come merita, cioè come un avversario."
Che dire davanti ad affermazioni come questa? Che la Rivoluzione Francese ed i principi che l'hanno ispirata (Liberté, Egalité, Franternité) sono catorci inservibili così come la vulgata mediatica e populista pretende? Oppure che oggi più che mai occorre rispolverare queste categorie e creare adeguate tassonomie politiche, che dopo tanta dislessia semantica e politica non potrebbero che fare bene?
Personalmente ho ben chiaro chi si ostina a descrivere queste categorie politiche (la banda del né-né): fa parte di quell'indifferenziato che demolisce i principi ispiratori di così tante generazioni mentre nonsa proporre nulla che non sia la solita aria fritta, ovvero i soliti matrimoni di convenienza. La contraccezione politica è d'obbligo per evitare di contrarre l'AIDS comunicativo di chi fa di tutto un fascio (littorio, ovviamente).
E sono ben felice di essere considerato NEMICO di queste persone.
Oltre ad altre rilevanti ma non determinanti questioni, ritengo che nell'analisi politica di fase che fa Alessandro Chiavacci esso commetta, così come il CLN, tre strategici errori che ineluttabilmente, se non rimossi, ne precluderanno la possibilità di una vera e duratura affermazione. 1) nella costruzione di una organizzazione alternativa al sistema dominante mettere a fondamenta la questione della sovranità nazionale non solo è inevitabilmente riduttivo e limitante perché si rivolge esclusivamente ad un “pezzo” di popolo (e quindi di per se minoritaria) ma nel contempo è anche qualunquista perché si può essere sovranisti di destra o di sinistra (e la qual cosa non è irrilevante) e nel merito un CLN non può essere impreciso o ambiguo. In un sistema politico-finanziario come quello che si è affermato, l’attacco al suo cuore non può essere portato con la sovranità ma va realizzato con la messa in campo di una rivendicazione per la DEMOCRAZIA ECONOMICA, una proposta oggettivamente trasversale e non escludente che, se realizzata, determinerebbe la inevitabile sconfitta di esso e di quello che rappresenta e tutela. 2) ritenere necessaria la partecipazione di una organizzazione ancora allo stato embrionale alle elezioni da usare come termometro per misurare lo stato di gradimento che riscuote tra la popolazione è sempre stato l’errore infantile della sinistra extraparlamentare che viene ancora riprodotto; in questa fase una organizzazione antisistema deve partecipare alle elezioni per farsi conoscere e non per contarsi o per registrare il consenso che riceve quindi partecipare si ma non chiedere il voto bensì l’astensione cioè il non voto come atto di ribellione e di disprezzo verso il sistema. 3) che non vi sia più nel nostro tempo presente la dicotomia destra-sinistra è la scialba litania di tutti i liberal-qualunquisti presenti o militanti nei vari schieramenti politici, economici ed intellettuali che sono al servizio, al supporto degli sfruttatori delle classi dominate nel paese e in occidente; lor signori fanno finta di non sapere che da sempre l’enunciazione di un problema, di per sé, non è e non può essere né di destra né di sinistra, né alto né basso: esso è neutro ma il modo, la forma, le modalità che vengono usate e messe in campo determinano una scelta non più neutra ma a favore di chi? Quindi di destra o di sinistra. La dicotomia destra-sinistra è viva e lotta insieme a noi perché senza di essa e la lotta di classe non potrà mai essere vinta la guerra tra sfruttati e sfruttatori. Pasquino55
Per ragioni di lavoro non ho molto tempo per rispondere a tutti, perciò mi concentrerò sull'intervento di Tonguessy. Mi faccia capire, Tonguessy: Rifondazione ha fatto bene ad appoggiare i governi Prodi della legge Treu e delle privatizzazioni? E i Comunisti italiani hanno fatto bene a sostenere il governo D' Alema che bombardava la Serbia? E la sinistra francese ha fatto bene a sostenere Macron...( o nel caso di Mélenchon, a non optare al secondo turno per la Le Pen?)...A quanto può arrivare il masochismo...?
Se però sul piano della contingenza politica mi sembra indiscutibile che sia opportuno abbandonare la bussola "destra-sinistra", l'intervento di Tonguessy mette la discussione sul piano adeguato. "Dovremmo abbandonare la Rivoluzione Francese"...? In effetti, la mia proposta di "abbandonare" quella bussola, al di là del piano della contingenza politica, va motivato in ben altro modo. Sì, dovremmo "abbandonare" la Rivoluzione francese. Intendo dire: quello a cui stiamo assistendo, a mio avviso, non è solo la fine di una forma specifica di capitalismo: è la fine di una società. Il "morto che cammina", il "dead man walking", è il liberalismo, nelle sue due versioni: quello di destra, liberal-liberista, e quello della sinistra liberale. Sinistra liberale che poi è l'interprete migliore del capitalismo mondializzato e finanziario perché, priva di remore culturali, nazionali e così via, è quella più adeguata per creare quella società liquida di cui il capitalismo mondializzato necessita. In effetti, Obama e non Trump ne è stato il leader maximo. Quello che si disvela ai nostri occhi è, da un lato, che la sinistra liberale è la verità del capitalismo globalizzato (o viceversa); dall'altro il fallimento epocale del liberalismo: fallimento non solo incidentale, ma definitivo perché filosofico: comincia ad essere chiaro a tutti che la società "aperta", aperta al massimo, è una nuova forma di totalitarismo. Addirittura, nelle sue forme più estreme (eutanasia per i sani, mercificazione dell'utero e dei figli, mutamenti di sesso attraverso bombardamenti ormonali compiuti su bambini, aborti "a nascita parziale" e così via, ricorda molte delle pratiche del nazismo; con la sola differenza che se queste pratiche erano dai nazisti effettuate in nome del "Dio" della patria e della razza, oggi vengono effettuate in nome di un altro "Dio", quello della libertà dell'individuo senza limiti. Quindi, caro Tonguessy, l'abbandono della dicotomia "destra e sinistra", a favore di quella di "comunisti"-o se vuoi, "Bene Comune"-versus liberali, è una convinzione di cui sono profondamente convinto, e se questo ci farà sentire "nemici", me ne assumerò il peso.
Mi trovo in particolare concordanza con quanto scrive Alessandro, soprattutto nel suo ultimo intervento (che non so perchè appare come "Anonimo").
Vorrei solo correggerlo quando mette i "beni comuni" in contrapposizione al liberalismo, mentre anche questa teoria dei "beni comuni" rappresenta l'estremo tentativo liberale di sinistra, sta sempre dentro il liberalismo che del resto il compianto Rodotà lo ha elaborato proprio a partire dal fatto che egli è liberale, potremmo dire il meno peggio che il liberalismo è riuscito ad esprimere, ma si tratta comunque di un escamotage teorico per non dovere concedere spazio al pubblico, sostituendolo con la proprietà privata ma collettiva.
Grazie Vincenzo. Preciso però che io ho parlato di Bene Comune (con le maiuscole) e non di "beni comuni", che come te interpreto come un modo di aggirare il ruolo dello Stato- che è invece (o dovrebbe essere) l'interprete del Bene Comune. Il mio intervento appare come Anonimo perché non amo registrarmi su Google e simili (A.C.)
Posta un commento