[ 13 giugno 2017 ]
Il penta-sindaco Leoluca Orlando, per la quinta volta sindaco di Palermo, ha affermato che nella sua città i partiti avrebbero fatto due passi indietro, dacché senza anima; indi conclude che con la sua rielezione avrebbe vinto il “civismo”. Ma cos’è il civismo?
Come spiega Wikipedia “Il civismo è una visione della vita sociale e politica che si propone di unire gli abitanti di una collettività intorno ai valori positivi della vita associata, aggregando individui che, provenienti da diversi ambiti sociali, collaborano per raggiungere un obiettivo comune legato alla tutela ed alla gestione dei beni appartenenti alla stessa comunità“.
Leoluca Orlando, nel pieno del suo entusiasmo per la quinta vittoria elettorale che lo ha incoronato il quinto Re di Palermo (gli altri quattro portano il suo stesso nome), ha apertamente definito se medesimo come catalizzatore del civismo italiano, capace di superare le “scatole autoreferenziali distanti dalla vita della comunità“. E alle domande dei giornalisti sulla sua possibile prossima battaglia per la Presidenza del Consiglio ha risposto candidamente “A premier? Da cosa nasce cosa”.
Orlando sostiene di incarnare il “civismo politico alternativo al civismo velleitario che, incapace di risposte concrete, alla prova dei fatti, denuncia tutta la sua debolezza, tutta la sua inconsistenza“. Una frecciatona al M5S che a Roma, come in altre città, rappresenterebbe il “civismo velleitario” a cui Orlando replicherebbe con il suo “civismo politico“, capace di dare risposte concrete, governare i territori, disegnare il futuro. Al populismo grillino, insomma, Orlando risponderebbe con la sua concretezza politica.
La realtà è un’altra.
Ecco i partiti/politici che si sono mascherati dietro le liste a supporto di Leoluca Orlando.
- Movimento 139 (fondato tre anni fa da Leoluca Orlando),
- Democratici e Popolari (Pd e alfaniani),
- Mosaico Palermo (che include Articolo 1 – Mdp),
- Palermo 2022 (Mdp e altri),
- Sinistra in Comune (Sinistra italiana, Sel, Rifondazione),
- Alleanza per Palermo (centristi e autonomisti ex-Mpa),
- Uniti per Palermo (area Salvatore Cardinale).
Se il civismo orlandiano è questo, composizione eterogenea di una “vincente” armata “brancaorlandone”, con Sinistra Italiana a braccetto con uomini di Angelino Alfano, renziani con uomini di Salvatore Cardinale e di Raffaele Lombardo, possiamo reinterpretare l’Orlando che, benché non furioso (per ora, si goda la vittoria!), ha perso il senno.
Il civismo orlandiano, se indicato come modello per l’Italia, è un inganno. Chiariamolo subito. Il leaderismo di Orlando, infatti, non è un progetto politico. In altri termini, Orlando non è Hugo Chavez, non incarna lo spirito di un popolo, bensì è una persona dedita al potere fine a se stesso, in una arrampicata sociale in cui senza misura si manifesta la sua “velleità” politica, la sua vanità esistenziale. In ciò somiglia molto a Renzi e Berlusconi. Inoltre, Orlando ama Palermo nella misura in cui non può abbandonarla. Nel senso che, sua biografia alla mano, raggiunti i livelli nazionali ha lasciato Palermo a se stessa per poi rifugiarsivi nel momento della caduta.
Date ad Orlando un ministero e Palermo resterà orfana “di lu papà”, come lo chiamano a Palermo nei quartieri popolari. Palermo è il minimo sindacale del grande Orlando, che pur gaudente si mostra stretto e in prospettiva di governare l’Italia. E magari non sarebbe nemmeno il peggiore, addirittura potrebbe ambire ad essere il meno peggio. Se avesse avuto i “numeri” per governare la Sicilia, sarebbe stato il candidato forte per la Presidenza regionale siciliana. Ma con il rischio di vedersi mettere sotto da un Musumeci qualunque ha preferito non sporgersi dalla sua roccaforte. Se non rischiasse “mali figuri” (magre figure), il suo spazio si allargherebbe ancora una volta in Italia e in Europa. Ma con il rischio di vedersi mettere sotto da un Movimento 5 Stelle qualunque. Lui sa giocare la partita e non fa mai un passo più lungo della gamba. Sapeva che a Palermo, inciuciando con alfaniani, lombardiani, renziani e dalemiani avrebbe fatto ingresso nella storia come Messi o Ronaldo che vincono il loro quinto pallone d’oro. Così un pallone d’oro, non vecchio ma antico, si è alzato ancora una volta sopra il cielo di Palermo, non leggiadro come avrebbe voluto essere per librarsi nell’etere, ma pesante, pur prezioso poiché d’oro, eppur troppo pesante. Porta un fardello pesantissimo, perché il pallone è pronto ad essere calciato dai suoi alleati, con le scarpe “incritate”, entrati in campo per “andare a comandare”. La stagione più insidiosa di Orlando è appena cominciata.
* Fonte: Forza del Popolo
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