[ 11 giugno 2017 ]
Un lettore ci scrive:
«Mi chiedo se la Cassa Depositi e Prestiti potrebbe servire per nazionalizzare le 3 principali banche italiane per risolvere la crisi bancaria.
A quanto ammonta la capacità di CDP e quanto sarebbe l'esborso?Premetto che non credo CDP possa far fronte in toto e che in ogni caso il metodo migliore è emettere moneta.
Saluti e un caro abbraccio.
Marco G».
Caro Marco,
negli ultimi tempi si discute molto (anche in ambito governativo) di come utilizzare la CDP come “nuova IRI”.
In realtà questo utilizzo è già iniziato, con l’acquisto di quote rilevanti delle vecchie aziende di Stato, a partire dall’ENI. Poi c’è il ruolo di CDP reti, che controlla le reti del gas e dell’energia elettrica, quello di FSI (Fondo Strategico Italiano), eccetera.
La propensione ad utilizzare CDP (controllata all’80% circa dal Tesoro), al posto di un intervento diretto dello Stato, deriva da due ragioni: una ideologica, perché per lorsignori la parola “nazionalizzazione” resta una parolaccia anche quando nei fatti vi ricorrono; una di tipo pratico, che consiste nel fatto che il debito CDP non rientra nel debito pubblico.
Sostanzialmente una furbata, che consente all’Italia di occultare un ulteriore 3% di debito/pil. Nulla però in confronto a quel che fa la Germania che con l’omologa Kfw nasconde un 17% di debito/pil.
Venendo alle tue domande, per quello che posso valutare, credo che CDP potrebbe benissimo far fronte all’acquisto delle prime tre banche nazionali. Queste hanno una capitalizzazione di circa 75 MD, mentre si valuta che CDP potrebbe espandere le proprie attività di circa 100 MD.
Naturalmente questo richiederebbe l’emissione di nuovi titoli (sia obbligazioni che Buoni fruttiferi postali).
Detto questo è chiaro che il problema è tutto politico. E sono d’accordo con te che la cosa migliore sarebbe (almeno in parte) l’emissione monetaria. Ma questa nell’euro non si può fare e non si può fare neppure (almeno in teoria) nuovo debito pubblico. E’ questa la ragione dell’escamotage CDP che può emettere debito senza che venga contabilizzato come “pubblico”.
In ogni caso non mi pare che sia all’ordine del giorno l’acquisto delle prime tre banche, mentre lo è il salvataggio delle banche tecnicamente fallite (come le due banche venete, ma non solo).
La questione è ovviamente tutta politica: nazionalizzare le banche (con CDP o senza poco importa) per metterle al servizio dell’economia (dell’economia, non del profitto), oppure limitarsi a salvarle per poi ridarle in pasto al mercato una volta risanate con denaro pubblico? Ovvio che noi siamo per la prima soluzione, altrettanto ovvio che governo, grande capitale, potentati vari e stampa al loro servizio prediligono la seconda.
Ma qualora, alla fine, fosse la nostra parte a vincere non credo vi sarebbero difficoltà insormontabili a pianificare e realizzare la nazionalizzazione del sistema bancario.
Caro Marco,
negli ultimi tempi si discute molto (anche in ambito governativo) di come utilizzare la CDP come “nuova IRI”.
In realtà questo utilizzo è già iniziato, con l’acquisto di quote rilevanti delle vecchie aziende di Stato, a partire dall’ENI. Poi c’è il ruolo di CDP reti, che controlla le reti del gas e dell’energia elettrica, quello di FSI (Fondo Strategico Italiano), eccetera.
La propensione ad utilizzare CDP (controllata all’80% circa dal Tesoro), al posto di un intervento diretto dello Stato, deriva da due ragioni: una ideologica, perché per lorsignori la parola “nazionalizzazione” resta una parolaccia anche quando nei fatti vi ricorrono; una di tipo pratico, che consiste nel fatto che il debito CDP non rientra nel debito pubblico.
Sostanzialmente una furbata, che consente all’Italia di occultare un ulteriore 3% di debito/pil. Nulla però in confronto a quel che fa la Germania che con l’omologa Kfw nasconde un 17% di debito/pil.
Venendo alle tue domande, per quello che posso valutare, credo che CDP potrebbe benissimo far fronte all’acquisto delle prime tre banche nazionali. Queste hanno una capitalizzazione di circa 75 MD, mentre si valuta che CDP potrebbe espandere le proprie attività di circa 100 MD.
Naturalmente questo richiederebbe l’emissione di nuovi titoli (sia obbligazioni che Buoni fruttiferi postali).
Detto questo è chiaro che il problema è tutto politico. E sono d’accordo con te che la cosa migliore sarebbe (almeno in parte) l’emissione monetaria. Ma questa nell’euro non si può fare e non si può fare neppure (almeno in teoria) nuovo debito pubblico. E’ questa la ragione dell’escamotage CDP che può emettere debito senza che venga contabilizzato come “pubblico”.
In ogni caso non mi pare che sia all’ordine del giorno l’acquisto delle prime tre banche, mentre lo è il salvataggio delle banche tecnicamente fallite (come le due banche venete, ma non solo).
La questione è ovviamente tutta politica: nazionalizzare le banche (con CDP o senza poco importa) per metterle al servizio dell’economia (dell’economia, non del profitto), oppure limitarsi a salvarle per poi ridarle in pasto al mercato una volta risanate con denaro pubblico? Ovvio che noi siamo per la prima soluzione, altrettanto ovvio che governo, grande capitale, potentati vari e stampa al loro servizio prediligono la seconda.
Ma qualora, alla fine, fosse la nostra parte a vincere non credo vi sarebbero difficoltà insormontabili a pianificare e realizzare la nazionalizzazione del sistema bancario.
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