[ 12 giugno 2017 ]
Si sentono e vedono spesso ormai nei notiziari tv fantasiosi annunci di “ripresa”. Lo scopo della “buona novella” non è però quello di confortare almeno un po’ un popolo già estenuato da sei anni di durissima crisi, ma solo quello di dare, per osmosi partitocratica, una spintarella a chi è ansioso di tornare in sella al suo giocattolo politico.
Se i nostri sempre distratti politici smettessero almeno per qualche minuto di girare con occhiali sempre più oscurati dalla loro stessa propaganda mediatica, potrebbero vedere anche loro con chiarezza la gigantesca bolla economico-finanziaria molto vicina ormai al punto di rottura. Una pericolosissima bolla i cui segnali di stress sono già da tempo visibili, ma che ora, con i “terremoti” scatenati da Brexit, Trump e dalle prossime elezioni europee, rischia di innescare la peggiore crisi economica che il mondo moderno abbia mai conosciuto.
Lo sconquasso sulle democrazie occidentali creato dalla globalizzazione selvaggia, alimentata da un capitalismo ottuso e autoreferenziale sul quale nessuno finora è riuscito a mettere freno (e tantomeno ci potrà riuscire Trump con il suo decisionismo estremo, di stampo autoritario che crea tensioni ovunque, non solo di tipo economico-finanziario).
Contemporaneamente si assiste però a una straordinaria ripresa economica americana che ha raggiunto nell’ultimo semestre una fase di vero “boom” economico. Tutti i principali indicatori economici americani hanno infatti raggiunto livelli di grande positività. La Borsa viaggia su livelli record, ben sopra a quelli che hanno preceduto la crisi del 2007-2008. (l’indice Standard & Poor’s viaggia al 70% sopra il suo valore medio storico). I valori immobiliari hanno compiuto negli ultimi 12 mesi un ulteriore rialzo di 5 punti percentuali, superando abbondantemente i livelli pre-crisi 2008. L’indice della “confidenza” dei consumatori ha raggiunto il massimo livello da 15 anni a questa parte. La disoccupazione è scesa fino al minimo storico del 4% a livello nazionale. Il dollaro guadagna poco o tanto su quasi tutte le altre valute e l’inflazione è ripartita finalmente raggiungendo (e superando di poco) la fatidica quota del 2% considerata livello ottimale per un regolare cammino dell’economia nazionale.
Ma non è tutto oro quello che luccica. I valori immobiliari hanno raggiunto il top anche grazie al ritorno dei mutui “subprime”. Le operazioni finanziarie continuano a crescere quasi senza freni. Le grandi banche continuano a fare ottimi guadagni riempiendosi la “pancia” di titoli ad alto rischio che, sicuramente, non riusciranno tutte a smaltire per tempo in caso di scoppio della “bolla”.
Ma perché dovrebbe scoppiare quella bolla? La risposta è banale: perché tutte le bolle, se si continua a farle crescere, sono destinate a scoppiare. Chris Taylor sul quindicinale Fortune di inizio marzo cita addirittura dati statistici sull’andamento e l’alternanza “bull”-“bear” dei mercati per avvisare che i dati statistici fissano in 54 mesi la durata media (finora) del “bull market”. Ma attualmente siamo già nel 95esimo mese di crescita, quindi statisticamente nel 2017 siamo già in piena area di alta probabilità che la bolla possa scoppiare e che una nuova pesantissima crisi possa partire.
Se poi consideriamo che tra le grandi potenze economiche solo gli Usa stanno attualmente attraversando una fase di robusta crescita economica mentre nel resto del mondo, incluso la Cina, o c’è rallentamento o c’è già grave crisi, come attesta il curioso, ma sincero “Misery Index” curato da Bloomberg, il pensiero che tra non molto l’Europa (e l’Italia in particolare, a causa del suo elevato debito e della sua classe politica fortemente screditata) dovrà di nuovo affrontare un’altra pesantissima crisi, tutto questo potrebbe far gelare il sangue nelle vene a qualunque primo ministro o ministro di vertice di qualunque nazione.
Eppure nei nostri leader, o candidati tali, non si vede traccia alcuna di preoccupazione. Attualmente sono tutti impegnati a sgomitare per essere in prima fila quando (tra circa un anno!) potrebbero essere chiamati dal presidente Mattarella per formare il nuovo governo della nuova legislatura. Tra i nostri politici abbonda solo il narcisismo. Non sorprende quindi che l’Italia, più per motivi politici che economici, sia messa peggio dei nostri principali concorrenti europei e globali. Come riuscirà pertanto a sopportare la nuova grande crisi che (è solo questione di tempo!) arriverà presto a colpire di nuovo sicuramente e ancor più pesantemente il nostro paese?
L’ipotesi di uscire oggi dall’euro, da soli, è troppo azzardata. Chi aiuterebbe la povera Italietta a camminare da sola? Putin? Trump? Non scherziamo. Il primo pensa solo a far grande la Russia, l’altro a far grande se stesso.
L’unica concreta via d’uscita per noi e per l’Europa da questa angosciante situazione sarebbe la creazione (subito!) di una Europa Unita con le medesime normative per tutti ma inizialmente con due monete: un euro forte e un euro debole. Le due monete tenderebbero naturalmente da una parte a rivalutarsi e dall’altra a svalutarsi. Si otterrebbe così un efficace riallineamento in grado di ricreare abbastanza velocemente le condizioni per fare una vera Unione europea senza primi della classe.
A giuste premesse una conclusione "eurista" che oltre ad avere questo difetto, stride con le premesse medesime. Le premesse, anzi la premessa, è che il ciclo espansivo in corso finirà in una recessione, forse annunciata da una bolla finanzaria.
Si sentono e vedono spesso ormai nei notiziari tv fantasiosi annunci di “ripresa”. Lo scopo della “buona novella” non è però quello di confortare almeno un po’ un popolo già estenuato da sei anni di durissima crisi, ma solo quello di dare, per osmosi partitocratica, una spintarella a chi è ansioso di tornare in sella al suo giocattolo politico.
Se i nostri sempre distratti politici smettessero almeno per qualche minuto di girare con occhiali sempre più oscurati dalla loro stessa propaganda mediatica, potrebbero vedere anche loro con chiarezza la gigantesca bolla economico-finanziaria molto vicina ormai al punto di rottura. Una pericolosissima bolla i cui segnali di stress sono già da tempo visibili, ma che ora, con i “terremoti” scatenati da Brexit, Trump e dalle prossime elezioni europee, rischia di innescare la peggiore crisi economica che il mondo moderno abbia mai conosciuto.
Lo sconquasso sulle democrazie occidentali creato dalla globalizzazione selvaggia, alimentata da un capitalismo ottuso e autoreferenziale sul quale nessuno finora è riuscito a mettere freno (e tantomeno ci potrà riuscire Trump con il suo decisionismo estremo, di stampo autoritario che crea tensioni ovunque, non solo di tipo economico-finanziario).
Contemporaneamente si assiste però a una straordinaria ripresa economica americana che ha raggiunto nell’ultimo semestre una fase di vero “boom” economico. Tutti i principali indicatori economici americani hanno infatti raggiunto livelli di grande positività. La Borsa viaggia su livelli record, ben sopra a quelli che hanno preceduto la crisi del 2007-2008. (l’indice Standard & Poor’s viaggia al 70% sopra il suo valore medio storico). I valori immobiliari hanno compiuto negli ultimi 12 mesi un ulteriore rialzo di 5 punti percentuali, superando abbondantemente i livelli pre-crisi 2008. L’indice della “confidenza” dei consumatori ha raggiunto il massimo livello da 15 anni a questa parte. La disoccupazione è scesa fino al minimo storico del 4% a livello nazionale. Il dollaro guadagna poco o tanto su quasi tutte le altre valute e l’inflazione è ripartita finalmente raggiungendo (e superando di poco) la fatidica quota del 2% considerata livello ottimale per un regolare cammino dell’economia nazionale.
Ma non è tutto oro quello che luccica. I valori immobiliari hanno raggiunto il top anche grazie al ritorno dei mutui “subprime”. Le operazioni finanziarie continuano a crescere quasi senza freni. Le grandi banche continuano a fare ottimi guadagni riempiendosi la “pancia” di titoli ad alto rischio che, sicuramente, non riusciranno tutte a smaltire per tempo in caso di scoppio della “bolla”.
Ma perché dovrebbe scoppiare quella bolla? La risposta è banale: perché tutte le bolle, se si continua a farle crescere, sono destinate a scoppiare. Chris Taylor sul quindicinale Fortune di inizio marzo cita addirittura dati statistici sull’andamento e l’alternanza “bull”-“bear” dei mercati per avvisare che i dati statistici fissano in 54 mesi la durata media (finora) del “bull market”. Ma attualmente siamo già nel 95esimo mese di crescita, quindi statisticamente nel 2017 siamo già in piena area di alta probabilità che la bolla possa scoppiare e che una nuova pesantissima crisi possa partire.
Se poi consideriamo che tra le grandi potenze economiche solo gli Usa stanno attualmente attraversando una fase di robusta crescita economica mentre nel resto del mondo, incluso la Cina, o c’è rallentamento o c’è già grave crisi, come attesta il curioso, ma sincero “Misery Index” curato da Bloomberg, il pensiero che tra non molto l’Europa (e l’Italia in particolare, a causa del suo elevato debito e della sua classe politica fortemente screditata) dovrà di nuovo affrontare un’altra pesantissima crisi, tutto questo potrebbe far gelare il sangue nelle vene a qualunque primo ministro o ministro di vertice di qualunque nazione.
Eppure nei nostri leader, o candidati tali, non si vede traccia alcuna di preoccupazione. Attualmente sono tutti impegnati a sgomitare per essere in prima fila quando (tra circa un anno!) potrebbero essere chiamati dal presidente Mattarella per formare il nuovo governo della nuova legislatura. Tra i nostri politici abbonda solo il narcisismo. Non sorprende quindi che l’Italia, più per motivi politici che economici, sia messa peggio dei nostri principali concorrenti europei e globali. Come riuscirà pertanto a sopportare la nuova grande crisi che (è solo questione di tempo!) arriverà presto a colpire di nuovo sicuramente e ancor più pesantemente il nostro paese?
L’ipotesi di uscire oggi dall’euro, da soli, è troppo azzardata. Chi aiuterebbe la povera Italietta a camminare da sola? Putin? Trump? Non scherziamo. Il primo pensa solo a far grande la Russia, l’altro a far grande se stesso.
L’unica concreta via d’uscita per noi e per l’Europa da questa angosciante situazione sarebbe la creazione (subito!) di una Europa Unita con le medesime normative per tutti ma inizialmente con due monete: un euro forte e un euro debole. Le due monete tenderebbero naturalmente da una parte a rivalutarsi e dall’altra a svalutarsi. Si otterrebbe così un efficace riallineamento in grado di ricreare abbastanza velocemente le condizioni per fare una vera Unione europea senza primi della classe.
+ Fonte: Il fatto quotidiano del 7 aprile
1 commento:
Non capisco questa mania per l'aggregazione monetaria europea e la difficoltà ad uscire da schemi e paradigmi per arrivare a dire euro debole ed euro forte e non divise nazionali. Da chi e come verrebbero gestiti questi due euro? Questo è il vero problema, anche perché all'interno delle due aree potrebbero evidenziarsi e poi crescere differenze che alla fine porterebbero agli stessi esiti attuali e in ogni caso si tratterebbe di monete che forzosamente dovrebbero essere gestiti al fi fuori dei sistemi Paesi e dun que al di fuori del controllo di cittadinanza.
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