[ 10 febbraio ]
«Il Comitato centrale ha deciso: poiché il popolo non è d’accordo, bisogna nominare un nuovo popolo».
Bertolt Brecht
Se non altro ai tempi di Brecht era un "Comitato centrale" ad avere la pretesa di nominare un popolo più acquiescente. Oggi invece basta una presidentessa della Camera, trovatasi lì quasi per caso a presiedere un'assemblea peraltro eletta con un sistema dichiarato incostituzionale.
Ma i tempi sono quelli che sono. Ed è così anche nelle redazioni. Pensate un po' al dottor Scalfari: un tempo intervistava le personalità importanti, oggi si è ridotto alla Boldrini.
Quella che il primo ha fatto alla seconda (la Repubblica del 5 febbraio) non è una vera intervista, è piuttosto una chiacchierata tra amici uniti da un'incrollabile fede eurista. Una fede esposta in termini quasi lirici, certamente patetici, per certi aspetti comici. Ma non per questo meno gravi, dato l'assoluto disprezzo elitario che traspare ad ogni virgola della pseudo-intervista.
Alla signora presidentessa della Camera il popolo (quello italiano, ma non solo) proprio non piace. Se ne crei dunque un altro più confacente ai suoi gusti raffinati. E lo si faccia alla svelta, che tempo ce n'è poco.
Inizia Scalfari, dicendo che «l'Europa è a pezzi».
Oh bella! Ma non era l'Europa il destino già scritto del nostro futuro? E' successo forse qualche «piccolo incidente»? E quale? Meglio non parlarne, meglio riaffermare la certezza della necessità del «più Europa» e tirare avanti. E' con questo approccio che il «barbabianca» del giornalismo italiano passa la parola alla Boldrini.
La quale ricambia subito la stessa professione di fede: sì, l'Europa è un gran casino, al posto della libera circolazione rinascono i muri, ma proprio per questo è «sempre più necessaria la nascita della Federazione europea».
Non cercate nell'intervista una qualche relazione tra analisi e proposte. Di analisi proprio non ce ne sono, mentre la proposta è solo una: gli Stati Uniti d'Europa. Peccato sia la proposta alla quale nessuno ormai più crede. Evidentemente per il duo Eugenio-Laura questo è solo un dettaglio trascurabile. Loro hanno solo da puntare all'obiettivo.
Ma qual è l'ostacolo che si para di fronte al disegno federale? I popoli che, si sa, sono spesso un fastidioso intralcio dei più nobili progetti.
E Boldrini va subito al punto. Dopo aver descritto un terrificante futuro, fatto di nazionalismi, xenofobia e - peggio - fine dell'euro, la presidentessa ci informa con improvviso acume che: «se questo futuro non sarà sostituito da un'opinione pubblica di tutt'altra intonazione, il sogno europeo si dissolverà».
Avete capito il senso, per nulla criptico, di questa frasetta? Quel che conta è il suo «sogno», il quale essendo per i popoli piuttosto un incubo, va imposto appunto creando un «nuovo popolo». Operazione fortunatamente un po' complessa, ma il comitato centrale composto da Eugenio e Laura non dispera.
Fingendo di porsi qualche dubbio, Scalfari osserva che l'idea dell'Europa unita non sembra proprio andare per la maggiore. Rilanciarla non sarà forse un'utopia? Certo che sì: «E' vero. Io l'ho battezzata col nome di Eurotopia», risponde giuliva la presidentessa. Brava! «Eurotopia», vai pure avanti con quel marchio lì che il risultato è garantito.
Prima di tornare a bomba, i due si concedono una frecciata al Bomba. A Renzi non rimproverano lo stravolgimento della costituzione, l'annullamento dei diritti dei lavoratori, una legge elettorale ritagliata su misura. No, niente di tutto questo. Sapete cosa gli rimproverano? Di non volere un'Europa federata, ma solo confederata...
Barbabianca sa che sul punto Renzi non è solo, anzi. Ecco allora la domanda su Merkel ed Hollande. Potranno iscriversi costoro al partito federalista? Boldrini sa che non può tirare per la giacca i due, ma ne approfitta per tornare a quel che più gli interessa: «Lo spero, ma prove effettive da parte loro non sono ancora venute. Forse perché non esiste ancora una diffusa opinione pubblica europea che voglia gli Stati Uniti d'Europa. Questo è un punto essenziale: far sorgere un'opinione pubblica europea specie tra i giovani. Se i giovani guardano al futuro, al proprio futuro, il suo nome è Europa. Questo bisogna che la scuola gli insegni».
Il problema ancora una volta è l'«opinione pubblica», che è un modo indiretto per dire i popoli. I popoli europei non vogliono l'Unione Europea? Si cambino dunque i popoli con un intensa opera di indottrinamento.
Ora, per la verità questo indottrinamento è in corso da decenni. Se non ha funzionato qualche ragione ci sarà pure. Ma i due non indietreggiano, il Comitato centrale conterà pure qualcosa! Arriviamo così alle proposte di Laura Boldrini.
La presidentessa immagina, ad esempio, che qualche briciola sarebbe meglio farla cadere ai poveri - che tali debbono ovviamente rimanere - direttamente dal bilancio dell'Unione piuttosto che da quelli degli stati nazionali. A parte la modestia della trovata, volta più che altro a recuperare per strada qualche consenso, provi Boldrini a formulare una simile proposta ai leader europei, soprattutto a quelli che contano, e vedrà quale sarà la risposta...
Ma dove si raggiunge davvero il comico è nella parte in cui la presidentessa della Camera si lancia sul terreno del simbolico: «Prima parlavamo di simboli e di bandiere. La bandiera europea deve venire per prima; quella nazionale è importante ma viene dopo. E gli inni. Mameli va benissimo, nella nostra storia come la Marsigliese è la storia della Francia, ma l'Inno alla Gioia è l'Europa e deve essere suonato per primo in tutte le pubbliche circostanze».
Insomma, vi piaccia o non vi piaccia (e si sa perfettamente che non piacerà affatto) dovete essere prima di tutto europei. Bella come concezione democratica, in linea del resto con il modo boldriniano di condurre i lavori parlamentari.
Ma dopo questa fuga in avanti, ecco il ritorno con i piedi per terra. Siccome far cambiare opinione ai popoli non sarà per niente facile, meglio tornare alle vecchie sicurezze, alle imposizioni autoritarie, al potere delle figure tecnocratiche che nessuno ha eletto né eleggerà in futuro. Cosa di meglio di un ministro del Tesoro europeo per imporre senza problemi le peggiori politiche antipopolari? «Il ministro del Tesoro unico lo vedo come un obiettivo fondamentale. Ricordo che è una proposta di Draghi». Questa è Laura Boldrini, e non resta nulla da aggiungere.
O meglio, qualcosa ancora c'è, perché barbabianca conclude chiedendo se, in una futura Europa federale, non sarebbe preferibile un sistema presidenziale all'americana. Di fronte ad un implacabile Eugenio che, coerentemente con la sua impostazione, vuole chiudere il cerchio anche sulla struttura istituzionale del loro comune «sogno», Laura balbetta qualcosa sulla democrazia europea, ma non chiude del tutto neppure su questo: «Questo tema è di grande interesse, ma mi consenta di dire che è prematuro. Verrà il tempo. Intanto lavoriamo per l'Europa federata».
Già, verrà il tempo. Speriamo proprio non il vostro.
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